A Certain Ratio
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Each...
Una
delle registrazioni più nuove ed incredibili del moderno
panorama new wave inglese è senza dubbio la cassettina
dei A Certain Ratio, stampata in pochissimi esemplari
forniti di custodia rossa stile "borsetta da sera"
con due lettere, la A e la N, stampigliate in oro sul
retro dell'astuccio. I Certain Ratio avevano comunque già
esordito su vinile con il brano All Night Party, che li aveva subito
segnalati come una band estremamente promettente, anche
se limitata espressivamente da una tecnica un pochino
approssimativa. Mancava una batteria si diceva; ma ecco
arrivare prontamente questo incredibile prodotto, The Graveyard, che mette in mostra
proprio un bravissimo batterista, Donald Jones, un
ragazzo di colore entrato poco tempo fa a far parte
stabilmente della formazione. Parlando subito di lui
possiamo dire che il suo drumming è potente e preciso al
tempo stesso, e quel che più conta, dotato di una verità
espressiva davvero inusuale per un musicista di così
giovane età. Chi ha ascoltato All Night Party sa infatti che questa
canzone la batteria non è certo lo strumento base dei
Certain Ratio, orientati sin dall'inizio verso un modo di
fare musica un po' sullo stile dei moderni non-musicisti.
L'arrivo di Donald ha dunque contribuito ad irrobustire
ritmicamente la musica del gruppo che rimane pur sempre
immerso in una logica sperimentale e tecnologica sullo
stile delle migliori bands del genere come Joy Division e
gli ultimi Wire. Alcuni critici inglesi hanno coniato per
i Certain Ratio la frase "estrarre rumori dagli
strumenti", e direi che essa rende molto bene in
parole l'atmosfera di All Night Party.
Detto tra noi non è facile estrarre rumori dallo
strumento: ci vuole, anche in un'operazione di questo
genere, molta disciplina compositiva e poca
autoindulgenza, due virtù che pochi gruppi sembrano oggi
possedere in misura sufficiente. Ma stavamo parlando di
Dinald, il batterista: la sua figura, dicevamo, assume
un'importanza determinante in The Graveyard And
The Ballroom, contribuendo decisamente ad inquadrare la
musica del gruppo in un discorso ai limiti con il funky,
risolto sempre in modo estremamente moderno e dinamico.
Prima di parlare diffusamente di The Graveyard And
The Ballroom, vorrei dare però qualche piccola
informazione su questo nuovo e sconosciuto agglomerato
tecno-mucisale.
I Certain Ratio provengono da Manchester ed hanno
iniziato a suonare sotto l'ispirazione del primo album
dei Wire.
La vitalità e la linearità di Pink Flag colpirono particolarmente le
menti di Simon Topping e Peter Terrell che inizialmente
come duo diedero vita all'avventura musicale del gruppo.
Successivamente si aggiunsero all'organico Martin
Moscrop, chitarra e Jeremy Kerr, basso. Fu con questa
formazione che furono messi sotto contratto dalla actory
che pubblicò il loro primo singolo All Night Party. Il 45 giri non fu un
grosso successo (vendette sulle 3000 copie, che è pur
sempre, specialmente per una band sconosciuta, un
risultato di grosso rilievo) ma contribuì a far
circolare negli ambienti underground i nomi dei quattro
musicisti, la cui fama culminò poi, circa sei mesi più
tardi, con l'invito che venne fatto loro di suonare in
tour con i Talking Heads. Con l'aggiunta di Donald Jones,
i Certain Ratio riscossero ovunque un lusinghiero
successo di pubblico e spinsero dunque Tony Willson a
tentare la carta di un'incisione più importante che non
un semplice 45 giri. The Graveyard And The Ballroom appunto. Per un gruppo
autodidatta che non suona certamente per i soldi, questo
è un grosso risultato. Vorrei ricordare infatti che
Simon lavora a tempo pieno nelle ferrovie inglesi. Donald
fa il falegname e Martin è un apprendista elettricista.
Pensate che durante il tour con i Talking Heads, ogni
notte dopo il concerto, se ne tornavano a casa perchè il
giorno dopo ciascuno di loro doveva raggiungere il
proprio posto di lavoro. Se non è amore per l'arte
questo....
Parliamo allora, senza più indugi, di questa promettente
registrazione che ha fatto dire a qualcuno, in terra
inglese, che ci troviamo difronte addirittura ai nuovi
Joy Division. Certamente il bagaglio tecnico strumentale
dei Certain Ratio è ancora un pochettino limitato, ma le
idee che mettono in mostra e sopratutto quella capacità
tutta particolare di calibrare, come sul bilancino di un
farmacista, le varie sonorità delle chitarre, ne fanno
un insieme di musicisti (o non-musicisti, se preferite)
veramente intelligente. I Certain Ratio sono pochissimi,
non lasciano nulla al caso, nulla all'improvvisazione,
ogni più piccolo accordo o linea ritmica sono
rigidamente programmati per essere inseriti in un tutto
geometrico costruito razionalmente. L'uso del distorsore
ad esempio assume nei vari brani tonalità diverse, più
o meno sporche, più o meno pesanti, a seconda che i
Certain Ratio lo desiderino. Nulla è lasciato al caso.
Un'altra cosa che mi ha favorevolmente impressionato in
questa registrazione è la formidabile compattezza sonora
che hanno dal vivo. La parte The Ballroom è stata infatti registrata
all'Eletric Ballroom nell'ottobre del 1979 e ci mostra il
gruppo persino più convinto e tecnicamente superiore
rispetto all'altra facciata. The Graveyard registrata in studio solo
un mese prima, ma meno brillante e forse anche più
monotona della precedente. Vogliamo parlare brevemente
delle canzoni migliori? Vorrei innanzi tutto menzionare The Fox, nella side live, uno dei
brani più belli mai ascoltati da un gruppo di new wave
ultimamente. Ecco gli elementi che compongono la canzone,
voce pastosa e macabra alla Joy Division più sezione
ritmica schizo-funky alla Talking Head più tromba alla
Miles Davis di Bitches
Brew.
Direi che è veramente il momento più alto di tutta la
cassetta, ed anche quello che esemplifica meglio il modo
di suonare dei Certain Ratio negli altri brani; le
componenti musicali sono infatti più o meno quelle.
Vorrei segnalare inoltre Do The Ducasse (con riferimenti al famoso
poeta maledetto Isodore Ducasse), Choir, dove la tensione macabra
nella voce di Simon è veramente pari a quella di un
adepto in una messa nera; e All Night Party, qui in versione live
arricchita dal potente drumming di Donald.
Che dire ancora? Che ci troviamo probabilmente di fronte
a un gruppo che sarà certamente tra i protagonisti negli
anni '80, visto e considerato che sono tutti ancora molto
giovani e che continuano a dare, sorprendentemente giorno
dopo giorno, segni inarrestabili di miglioramento
artistico. Forse la loro musica è ancora un po' acerba
ed ha bisogno di trovare più varietà di timbri, ma non
questo un ostacolo insormontabile; se continuano con
questa progressione (speriamolo), sicuramente il loro
primo 33 giri sarà uno dei migliori di questi
promettenti primi Eighties.
Claudio
Sorge
da Rockerilla
n° 4 aprile 1980
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- To Each...
(?) Fact 6 - vinile
1. Felch - 2. My Spirit - 3. Forced Laugh - 4. Choir - 5. Back To The Start - 6. The Fox - 7. Loss - 8. Oceans - 9. Winter Hill
Musicians:
Simon Topping, Peter Terrell, Jeremy Kerr, Donald Jones,
Martin Moscrop
Produced by Martin Hannett and A Certain Ratio
Recorded at E.A.R.S., East Orange, New Jersey
Engineering by Chris Nagle and Bruce Gerstein
Cover paintig by Ann
Dopo un paio di
singoli, l'esordio a 33 giri propone un suono new wave molto
cadenzato, che pesca nella tradizione soul e funky afroamericana per
innervarla nel postpunk, con fiati e ricerche ritmiche, il tutto con
la produzione di Martin Hannett.
Tra gli episodi più caratteristici si segnalano Felch (che
riesce a unire funky e ritmiche spumeggianti con un'atmosfera resa
cupa dalle tastiere e dall'impostazione vocale), l'oscura Forced
Laugh, Choir, che ricorda i Joy Division (sopratutto
nell'uso della voce, delle tastiere e del basso pulsante), e infine The
Fox, dai ritmi tribali alla Rip Rig + Panic.
Le promesse sperimentali della band non vengono però mantenute e il
sound si fa via via maniera, come nel caso di Sextet (1981), in cui si
segnala la presenza della vocalist Martha Tilson, e di I'd Like To
See You Again (1982).
Simone Arcagni
da New Wave, ed. Giunti
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