Luca Calabrese
album
in pagina:
-
I Shin Den Shin
ha
collaborato in:
- Alexndrine
- One Thousand Birds
(Grice)
- Planet
+ Persona
(Richard Barbieri)
DIALOGANDO CON LUCA CALABRESE
Come estimatore della musica penso che, quando ci si imbatte in un disco
che appassiona ed entusiasma, venga quasi naturale poi, la curiosità di
approfondire la conoscenza dei musicisti che lo hanno realizzato e di
tutti i retroscena che hanno portato alla sua concretizzazione.
Personalmente, essendo da sempre impegnato professionalmente e
intellettualmente in ambito culturale, nelle arti visive prima ed ora,
da oltre un decennio, nella gestione di un negozio che promuove musica
specializzata, ho avuto la fortuna di aver potuto incontrare nella mia
vita, molti degli autori e dei personaggi che ho amato e stimato sia
nel campo musicale che nell’ambito delle arti in senso lato.
Qualche anno fa, dopo l’uscita sul mercato discografico dell’album: “Alexandrine”
(2015) di Grice, in una luminosa mattina di primavera, vidi entrare nel
mio negozio Luca Calabrese; il quale, con molta gentilezza, si presentò.
Da allora nacque una sincera amicizia, consolidatasi nel tempo. Ebbi
modo di conoscere la tromba di Luca proprio nel cd sopracitato. Un suono
morbido e determinato nella sua precisione esecutiva, sostanziale nelle
atmosfere di tutte le incisioni a cui partecipa.
Dopo quel primo incontro, evolutosi nel tempo in sincera amicizia, è
scaturita questa idea di pubblicare qui, su Mat 2020, alcuni frammenti
dei nostri dialoghi sulle sue esperienze musicali.
Luca, quando è iniziata la tua passione
per la musica?
“La mia avventura nel mondo della Musica comincia nell’autunno del 1974.
L’occasione è un corso musicale ad orientamento bandistico tenuto dal
Maestro Giuseppe Intimo che si sarebbe tenuto nei locali della scuola in
cui frequentavo la quarta elementare. Circa un anno più tardi, dopo
tanto solfeggio parlato e cantato mi viene messo in mano un flicorno in
Mi bemolle, simile alla tromba, usato nelle bande per coprire il ruolo
della soprano dell’opera lirica. Solo in seguito paserò alla tromba e
dopo i tre anni di corso e relativo esame, mi iscriverò al Conservatorio
Antonio Vivaldi di Alessandria. Era il 1977”.
E poi…. Come
ti sei avvicinato al jazz?
“Più andai avanti con gli studi classici più venni attratto dalla musica
jazz e, con alcuni amici conosciuti in conservatorio demmo origine ad un
gruppo che definimmo una sorta di big band. Non era una big band vera e
propria per questione di organico, ma ne ricalcava il suono del
repertorio classico. Nel frattempo colsi al volo ogni occasione per
suonare e guadagnarmi da vivere, cosicché nel 1980 cominciai a suonare
in un gruppo professionale da ballo: venerdì, sabato, domenica
pomeriggio e domenica sera, per un anno, al Circolo Dopolavoro della
famigerata Eternit di Casale Monferrato. Quello fu il mio vero primo
lavoro”.
Mi stai incuriosendo Luca, vai avanti…
“L’importante passo successivo avviene nell’autunno dell’82. Una Big
Band (amatoriale ma con alcuni musicisti professionali) di Asti cercava
trombettisti e, per un caso fortuito, venne fatto il mio nome. Con
quella Big Band accompagnammo Gianni Basso in un concerto. Nell’autunno
del 1983 Gianni Basso si congedava dall’Orchestra RAI, tornava a vivere
ad Asti e cominciò a prendere in mano la direzione di quella Big Band.
Posso dire che, grazie a lui e alle prove settimanali, ho imparato il
linguaggio del jazz e sono entrato in quel mondo passando dalla porta
principale. Quello che era un mio grande desiderio, l’orchestra, la
sezione, erano diventati realtà. In quei anni i concerti furono molti,
spesso accompagnando grandi solisti come Toots Thieleman. Johnny Griffin,
Benny Bailey e tanti altri. Suonavo da Lead e a soli vent’anni mi
assumevo responsabilità importanti in seno all’orchestra. Nell’85
registrammo Miss Bo, il primo album della AT Big Band di Gianni
Basso e quel disco contiene la registrazione del mio primo solo di
jazz”.
Navigando in rete, spesso mi sono
imbattuto in spezzoni di filmati che ti vedevano suonare all’interno di
orchestre televisive…
“Si, in quegli anni cominciai a suonare in altri ambiti orchestrali uno
dei quali era l’orchestra ritmo sinfonica diretta dal M. Fred Ferrari.
Grazie a queste frequentazioni, registrando in uno studio di Tortona,
conobbi il fisarmonicista Gianni Coscia il quale, pochi mesi dopo, fece
il mio nome a Dino Siani per l’orchestra di “Mezzogiorno è…” programma
di Gianfranco Funari in onda su RAI2 a mezzogiorno. Così cominciò il mio
percorso televisivo: in diretta prima cinque poi sei giorni alla
settimana per cinque anni. Un’esperienza incredibile per me che arrivavo
dalla campagna e mi trovavo a frequentare ambienti televisivi ed a
conoscere i personaggi più svariati della scena: attori, attrici,
cantanti ecc, ecc. Avevo ventitré anni e per me tutto questo era
un’esperienza prima ancora di essere un lavoro. Era un impegno notevole
che lasciava poco spazio ad altro, ma io riuscivo a continuare ed a
onorare gli impegni con la Big Band di Gianni Basso, che nel frattempo
aveva spostato il baricentro proprio a Milano. E proprio a Milano nacque
la nuova collaborazione fra Gianni Basso e Tullio De Piscopo che diede
origine a quello che considero il miglior periodo della Big Band (in cui
ho militato per ventisette anni). Dopo gli anni della RAI e delle reti
Mediaset cominciai a suonare salsa in una band latina formata da
musicisti provenienti un po’ da tutto il mondo latino americano e da
alcuni italiani. Uno degli italiani era il trombonista Beppe Caruso che
di lì a poco mi portò a conoscere Daniele Cavallanti, Tiziano Tononi ed
a suonare nel “Jazz Chromatic Ensamble” di Angiolo Tarocchi
(recentemente scomparso). Era il 1995 e questo rappresentò il mio
incontro con un altro me. Dopo tanti anni di mainstream, mi trovai nel
mondo dell’improvvisazione, della contemporaneità, del free jazz ed io
ebbi modo di scoprire che avevo una quantità incredibile di storie da
raccontare. Erano gli anni del JCE, dei Nexus, dei progetti guidati da
Cavallanti o da Tononi, del mio esordio con l’Italian Instabile
Orchestra”.
Da cosa e come sono scaturite le tue
molteplici partecipazioni internazionali?
“Alla fine degli anni ’90, dopo dieci anni passati sul Lago di Como,
torno a vivere nel Monferrato. Qui incontro il contrabbassista Franco
Ferruglio e il chitarrista Christian Saggese con cui formo un trio di
improvvisazione radicale; il Metamorfosi Trio. Grazie ad alcune
registrazioni veniamo scelti per un progetto culturale della Provincia
di Asti e della Contea dell’ Halland in Svezia. Due scuole d’arte e sei
musicisti, tre italiani e tre svedesi. I tre musicisti svedesi erano il
fulcro della band progressive Isildurs Bane. Da lì nacque una
collaborazione fra i due gruppi ed oggi sono orgogliosamente parte di
Isildurs Bane.
Piccoli tour in Svezia e in Italia e poi nel 2005 la prima edizione
dell’ IB Expo, un evento che prevede una settimana di prove in cui si
lavora sul materiale di ogni musicista coinvolto e che sfocia poi in un
concerto di tre ore. Il teatro dell’evento parte dalla sede degli IB nel
Kulturhuset di Halmstad. Ospiti della prima edizione Mike Karn, Jerry
Marotta e Tom Griesgraber. Da questo punto è partita la mia storia più
recente. Anno dopo anno IB Expo mi mette in contatto con realtà musicali
sempre nuove e il mio giro di collaborazioni si allarga sempre di più.
Grazie a Markus Reuter, incontrato nel 2006, e dopo alcune
collaborazioni discografiche, conosco Lee Fletcher che sta producendo
Propeller, il primo album di Grice Petters, e mi chiede di
parteciparvi. In seguito incontrerò Richard Barbieri e mi troverò a
dividere il palco con lui e David Torn. Dopo di che registrerò per il
nuovo album di Grice Alexandrine.
Di “Alexandrine” di Grice ne poi parlerò
recensendolo su questo stesso numero di Mat2020. Luca, Mi stai parlando
di musicisti che amo profondamente e che spero un giorno di poter
conoscere personalmente e manifestare la mia stima a loro con una forte
stretta di mano. Che ricordi hai di loro?
“Più che di ricordi ti parlerei di
loro, del loro modo di essere e del perché ci si è trovati così bene
l’un con l’altro. Ti parlo di musicisti cui sono molto legato per i
motivi più vari. Il primo è sicuramente Mick Karn (ex Japan, ndr.)con
cui ho avuto un ottimo rapporto sin dal primo momento forse proprio per
il fatto che prima che ci incontrassimo ignoravo bellamente chi fosse.
Mick non era parte del mio background culturale e lui, così conosciuto
nel mondo e attento a sfuggire da chi cercava collaborazioni per
sfruttarne la fama, si è sentito tranquillo e apprezzato come musicista
sicuro del fatto che suonassi con lui per la musica che proponeva e per
il suo modo unico di suonare il basso e non perché era un personaggio
famoso a livello mondiale. Ognuno ha le proprie legittime paranoie ma le
sue mi sono subito sembrate più che giustificate. Il nostro è stato
subito un incontro fra persone. Un giorno, durante le prove, mi ha
preso in disparte per dirmi che la mia presenza nel suo progetto, di cui
si parlava in quei giorni, era imprescindibile. Il gruppo oltre a me,
prevedeva la partecipazione di Markus Reuter alla Touch Guitar e Pat
Mastelotto alla batteria. Purtroppo però Mick si è ammalato quasi subito
e dopo pochissimo tempo è “volato via”. Il nuovo gruppo di Mick Karn è
rimasto un bellissimo sogno.
Qualche anno dopo, all’IB Expo 2013 mi ritrovo a dividere la scena, la
sala prove, il ristorante e il bar con Richard Barbieri (ex Japan, ndr.)
e David Torn (ex Everyman Band, ndr.). David lo conoscevo per le sue
innumerevoli collaborazioni (fra le altre quella con Don Cherry) ma
suonare con lui e soprattutto poter condividere intere giornate e lunghe
chiacchierate è stato un grande privilegio che si è ripresentato più
volte da allora. E’ uno di quei personaggi che donano molto di sé
stessi, che si mettono in gioco completamente, dal quale apprendere cose
di cui ignoravi l’esistenza fino a un attimo prima e che scopri
importanti per la tua crescita, musicale di certo, ma sicuramente umana.
David non è un chitarrista: è la chitarra, in tutte le sue forme. E’ il
loop, è il suono ed è il rumore, programmazione e casualità. E’ un cane
sciolto come lo sono io e, forse, è proprio per questo che andiamo tanto
d’accordo. Ma lui emana luce propria.
Per Richard Barbieri il discorso è leggermente diverso, perché diverso è
il suo approccio alle cose della vita e alla musica, diverso è il
carattere della persona e quindi diverso è anche il modo di vivere la
musica e il palcoscenico.
Una
delle cose che mi sono sempre piaciute di Richard è che, in mezzo ad un
mondo di musicisti che si autoproclamano star (il mondo del cosiddetto
Jazz ne è pieno ma anche quello del Rock non scherza) lui continua a
definirsi con orgoglio musicista professionista e su questo dovremmo
ragionarci tutti un po' su. Richard è una persona estremamente gentile,
timida, sensibile. È un maestro del minimale e, come già detto per
David, lavorando con Richard mi sono reso conto di quante cose avevo da
imparare da lui. Lui è uno che ti riporta sempre all’origine, al
silenzio, al primo suono e questa è una condizione mentale prima ancora
che musicale. Da trombettista ho sempre sentito forte la lezione di
Miles Davis sul silenzio fra un suono e l’altro. Mettere in pratica
questa lezione non è sempre così semplice per i motivi più svariati che
vanno da un certo egocentrismo alle immagini distorte che si possono
avere di se stessi. Richard mi ha dato modo di migliorare sotto questo
aspetto, imparando a lavorare con umiltà estrema come lui stesso fa
quotidianamente e ho scoperto quanto può essere appagante diventare il
colore che poi lui userà per dipingere la sua opera. La collaborazione
artistica con Richard Barbieri è stata finora molto prolifica con
l’album
Planet +
persona,
i cinque Ep della serie Variants e il nuovo Ep appena pubblicato
Past Imperfect / Future Tense
che fa da ponte fra la musica dell’ultimo album e le nuove idee di
quello previsto per l’anno prossimo”
Mi commuove
sentire come li ricordi. Ora dimmi qualcosa di te, della tua vita
privata, dei tuoi progetti futuri, sempre che ti faccia piacere
parlarne.
“Non so se ci hai fatto caso: nel 1975 comincio a suonare la tromba, nel
1985 registro il mio primo disco di jazz, nel 1995 prendo ad esplorare
gli ambienti musicali meno mainstream, registro
Skydreams
con il Jazz Chromatic Ensemble ed esordisco con l’italian Instabile
Orchestra al jazz festival di Tivoli. Nel 2005 il primo IB Expo che come
già raccontato, ha reso possibili svariate collaborazioni e nel 2015, un
problema di salute mi obbliga a fermarmi per otto mesi durante i quali
però non mi abbatto minimamente e diventano un momento di profonda
riflessione su ciò che vorrò essere. Da lì è cominciata la vera
rivoluzione attraverso la ricerca del mio suono, un approccio
completamente diverso alla tromba, un’idea diversa di musica. Il
musicista che sta fermo su sé stesso non può andare da nessuna parte e
quella per me è stata l’occasione per mettermi in un viaggio lento ma
continuo che ha dato subito i suoi primi frutti. Posso citare
Colours Not Find
In Nature
con Steve Hogarth,
Off The Radar
e poi
In Amazonia
con
Peter Hammill. Tre album firmati Isildurs Bane che affiancano l'intensa
produzione con Richard Barbieri e l’ultimo Grice. Un saggio amico anni
fa mi diceva che avrei dovuto cercare l’originalità e rendere
riconoscibile il mio suono: se ancora non ci fossi arrivato, so di
essere sulla strada giusta.”
Grazie Luca…
da www.Mat
2020. com agosto 2020
Luca Calabrese al Feelin' Blue
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- I Shin Den Shin
(2024) Moonjune mjr 137 - cd
1. Dissolution 14.34 - 2. Appointement With he Truth 11.42
- 3. A New Reality 10.48 - 4. Pure Mind (without a body) 12.22
- 5. Heart To Heart Mind To Mind 11.09
- 6. Magnetic Soul 8.30
Musicians:
Luca Calabrese, Nguyen Le, Markus Reuter, Mark Wingfield, Alexander
Dowerk
Produced by Markus Reuter
Recorded at La Casamurada, Banyeres del Penedes, Spain on September 5,
2022
Engineering by Jesus Rovira
Photo of the band by Borislav Kresojevic and Leonardo Pavkovic
Il concept di questo album parte da I Shin Den Shin, ovvero
"da cuore a cuore" oppure "da mente a mente". Un concetto diffusissimo
in Asia che sta alla base e spiega la comunicazione non verbale tra due
o più soggetti. Tipico è il rapporto tra allievo e maestro. Come ben
descritto da Siggy Zielisnky recensendo l'album per Babyblue.
I Shin Den Shin tradotto direttamente: Da Cuore a Cuore.
Tali concetti e idee si adattano naturalmente perfettamente al mezzo
musicale, dove i messaggi vengono trasmessi esclusivamente attraverso i
suoni (idealmente senza testi). Tali idee derivano dalle filosofie
dell'Estremo Oriente del buddismo e del confucianesimo.
Accanto a questo concetto c'è l'esperienza di separazione
mente/corpo, provocata dall'anestesia durante un intervento chirurgico.
Al mio risveglio, per non perdere nulla di quanto provato, ho deciso di
fissare sulla carta fatti ed emozioni per poterli raccontare in seguito.
Ecco il resoconto: è un attimo, non te ne accorgi nemmeno ma
l'anestesista sta spruzzando il composto che ti farà dormire tra poco.
Sembra che dopo un prima fase di attività di ricerca, il team stia ora
studiando la situazione. Davanti ai tuoi occhi un monitor mostra una
Mappa 3D del tuo cuore. Sembra di essere in un videogioco con zone che
si illuminano e altre che si spengono, cambiando colore. Non so perchè
sono attratto dalle zone viola. Vedo due parti del cuore. Potrebbero
anche essere due cuori diversi per quanto dissimili e nel frattempo i
settori viola si intensificano e si moltiplicano fino ad estendersia
tutta la superficie cardiaca. Oggi mi chiedo se tutto questo non fosse
già una creazione della mia mente ma sono passato dall'osservare il mio
cuore, diviso in piccoli settori sempre più viola, al diventare io
stesso semplicemente una singola parte di quell'immenso puzzle 3D
composto da centinaia di frammenti completamente e perfettamente uguali
a me. Dall'osservare le cose dall'esterno, come essere umano, all'essere
parte di un sistema complesso, ordinato, preordinato, matematico. In un
istante ho capito che questa era la mia nuova condizione di vita, una
condizione che accettavo dal primo momento e accettazione che sanciva la
fine definitiva della mia esistenza di essere umano per essere "mente
pura". Una mente capace di crescere rapidamente, parte di un sistema
dove migliaia di unità perfettamente uguali a me, perfettamente
allineate, danno vita a un'unica entità. Ero a bordo e allo stesso tempo
un tutt'uno con una specie di macchina bianca, molto luminosa e vista da
fuori era come se avessi un casco rosso. Ci muovevamo velocemente, tutti
insieme, a semicerchio e quella luce rossa che avevamo sulla testa
cambiava da rossa a blu molto velocemente. Ognuno di noi doveva
raggiungere il suo posto, io ero nella fila in basso. Di nuovo un
pensiero sulla nuova condizione di mente senza corpo e qui affiora il
ricordo di Lucia con la voglia di tornare a vive la nostra vita insieme.
Il pensiero successivo è per Markus a cui dovrò necessariamente
raccontare questa nuova realtà che magari ci suggerirà spunti per il
concept e i titoli per il prossimo album. Mi accorgo che sto riprendendo
contatto con il mio corpo. Non ci sono più piccole entità bianche con
luce rossa ma inizio a vedere il soffitto della sala operatoria molto
sfocato. Vedo il rettangolo blu sopra di me e sento le voci delle
persone intorno. So che l'anestesista è dietro di me. Sono un po' scosso
ma allo stesso tempo eccitato da ciò che ho vissuto e vorrei comunicare
subito la mia sorpresa e meraviglia. Continuo a dire "che film!" ma
nessuno raccoglierà i miei pensieri e la mia storia. "Me lo racconterai
dopo", dice ma poi se ne sarà andata. Cerco di raccontarmelo per
preservarne il ricordo il più possibile. Essere mente senza corpo è
stata un'esperienza sorprendente, affascinante...
Senza corpo non c'è parola. E' come se il corpo fosse un limite.
Come se il corpo ci togliesse la possibilità di esplorare la parte più
alta di noi. Quando provi un'esperienza simile cambia la percezione del
tuo essere ma sopratutto, almeno nel mio caso, impari a scavare in
profondità dentro te stesso.
Nell'album ci sono riferimenti a varie fasi di questo processo. A
partire da Dissolution uso il suono per raccontare tutto quello
che ho dentro. Tutte le mie paure, tutto l'amore che provo. Tutta la mia
vita è esposta di fronte a tutti. A volte racconto come se fossi
chiamato a giudizio ma di fronte a me non c'è un giudice o un dio. Di
fronte a me c'è una grande folla che ascolta quello che ho da dire,
senza giudicare le mie parole e le mie intenzioni. Una grande folla o
anche una sola persona così come sto facendo con te ora. Appointement
With The Truth. Una verità che dentro di me. C'è sempre stata anche
se non sono mai riuscito a vederla o a comprenderla e solo alla fine del
viaggio tutto sarà chiaro. A New Reality è la nuova condizione di
essere conscio perchè dopo aver conosciuto la verità,la tua vita non può
continuare come prima. Pure Mind è l'accettazione della verità e
della nuova condizione che ti permette di andare oltre al concetto
stesso della verità. Non è più un concetto umano perchè tu non sei più
umano ed è bellissima la sensazione di essere parte di un sistema
complesso formato da entità uguale a te. Ognuna indipendente ma allo
stesso tempo interindipendente dalle altre. Heart To Heart è
iltitolo che racchiude tutto quello che volevo raccontare. E' l' I Shin
Dem Shin, la comunicazione non verbale, la capacità di capirsi con uno
sguardo ma anche sentirsi, avvertirsi a distanza, da una parte all'altra
del mondo. E' un viaggio nella luce. Una passeggiata nel bosco, un tuffo
nell'iride, come nel più bello dei laghi. Magnetic Soul è
semplicemente la terrazza da dove stai guardando tutto questo. E' il
prossimo passo, la prossima esperienza, il prossimo suono.
Ed è tutto qui. Si potrebbe scendere ncora più nei dettagli,
lasciare che la parola prenda il sopravvento ma c'è la musica ed è
l'unica in grado di permetterci di scendere davvero in profondità dentro
noi stessi.
P.S. la lettera che mi ha inviato Luca Calabrese inviandomi I
Shin Den Shin
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