High Tide



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- High Tide



Gli  High Tide furono i massimi esponenti del culto esoterico del rock. Forti di una tradizione secolare di fantasmi e leggende, forti di un retroterra culturale che affonda nei reperti ossianici e nel cinema dell'orrore, i quattro fecero del mistero il tema conduttore per lunghi trip sabbatici in stile improvvisato, condotti dal magico violino di Simon House (il Jimi Hendrix del violino elettrico) o dalla chitarra rutilante di Tony Hill (ex Misunderstood) lungo itinerari eroici e terribili.

Sea Shanties (1969) evoca climi lugubri e repellenti, sopratutto in Death Warmed Up, demenziale schizofrenico canto per violino e chitarra, ma indugiando troppo sulla carogna ormai spolpata. High Tide (1970) prende meglio le misure e cuce le smagliature armoniche in tre lunghe suite, essenzialmente strumentali: l'angoscia lancinante di Blankman Cries Again, furibondo, selvaggio ed estenuante amplesso di violino; il più pacato deliquio chitarristico di The Joke, con finale melodico di violino; e la titanica mitologia del male Saneonymous, altalena di emozioni dalla tumultuosa iniziazione ai segreti dell'ignoto, che ricompare in forma di orgia per doppio assolo ( di violino e di chitarra), e alla solenne elegia violinistica, che torna alla fine per suggellare una sinistra cerimonia funebre.

Ignorati dal pubblico e dalla stampa, si sciolsero. House passò alla Third Ear Band e poi agli Hawkwind, per diventare session man professionale e ben pagato. Gli altri scomparvero nell'anonimato.

Il dark sound sarebbe stato semplicemente una volgarizzazione delle loro fantasie infernali, e i "neri" tedeschi avrebbero lavorato assiduamente sul tessuto spesso e macabro del loro stile sonoro.

Piero Scaruffi da:
Storia del Rock (Underground & progressive 1967-1973)
1989 ed. Arcana


- High Tide
(1970) Repertoire rep 4413-wy - cd

1. Blankman Cries Again 8.28 - 2. The Joke 9.29 - 3. Saneonymous 14.30

Musicians:
Tony Hill, Simon House, Peter Pavli, Roger Hadden


Produced by High Tide and George Chkiantz
Recorded at Morgan Studios and Olympic Studios

Il disco precedente rimane più devastante e innovativo negli effetti, questo è molto più rifinito, paradossalmente gradevole nella sua insostenibile tensione strumentale che scorre come un fiume in piena lungo le due facciate.
Dei tre brani, Blankman Cries Again è un massiccio muro strumentale per chitarra e violino, i flutti melodici che si rincorrono in The Joke uno dei momenti di massimo splendore di tutta la scena progressiva, l'intera facciata di Saneonymous una sorta di minacciosa improvvisazione ciclica di vaga ispirazione acida.
Ciò che spicca maggiormente sono i segni di una certa melodia lisergico-romantica, le suggestioni esotiche, i sapori acido lisergici, e se ci sono tracce di dark sono tra le più delicate e impalpabili, neppure paragonabili a qualsiasi altra cosa dell'intera scena hard.
E' uno dei grandi momenti del progressive inglese e l'ultimo sussulto di gloria di una band passata direttamente al mito.
Cesare Rizzi da Progressive & Underground, ed. Giunti