Labradford



album in pagina:

- E Luxo So
-
Fixed: Contex
- Labradford
- Mi Media Naranja
- A Stable Reference
- Prazision




All'inizio della loro carriera, erano stati definiti la reincarnazione americana dei Pink Floyd. In seguito, i Labradford si sono affermati come una versione da camera dei gruppi che nel decennio Novanta hanno trascinato il rock oltre i suoi classici confini, facendogli vivere una vera rivoluzione. In altre parole: "quelli del post-rock", dai Tortoise ai Dirty Three, dai Gastr del Sol ai June of '44. Di questa galassia, dai contorni vaghi e indefiniti, i Labradford rappresentano l'ala più elettronica e minimalista, quella che ha saputo raccogliere l'eredità dei Pink Floyd, ma anche dei maestri tedeschi Neu!, Tangerine Dream e Klaus Schulze, nonché del padrino dell'ambient-music Brian Eno, ricollegandola alla coeva scena inglese (la cosiddetta Bristol-psycho), portata avanti da gente come Flying Saucer Attack e Main.

D'altronde, il post-rock si è presto trasformato in una semplice attitudine, fondata sulle contaminazioni più varie tra rock, jazz, musica classica ed elettronica. Ed è riuscito a cambiare il gusto degli appassionati di rock. Basti pensare al piccolo successo di un disco come
E Luxo So, interamente strumentale, senza titoli, minimalista e ripetitivo: un tempo sarebbe stato relegato nella ristretta nicchia dell'avanguardia, e guardato con diffidenza dai fruitori di chitarre e battute in 4/4. Un rock etereo, dalle fragili cartilagini, che vive di esili trame melodiche mandate in "loop" e di evanescenti divagazioni ambientali. Poche note, talvolta un semplice suono, vengono abbozzati e a partire da essi, attraverso un attento lavoro di sovrapposizioni strumentali, costruite impalcature sonore minime ma compiute.

I Labradford nascono a Richmond, Virginia, come un duo strumentale: Carter Brown (tastiere elettroniche) e Mark Nelson (chitarra e voce). Cominciano a suonare nel 1992, uniti dall'amore per i suoni più sperimentali e per il kraut-rock, la musica elettronica tedesca degli anni '70, che i due considerano "una vera e propria tradizione". La loro ricetta prevede l'uso contemporaneo degli strumenti tradizionali rock e delle moderne apparecchiature elettroniche.

Il monumentale
Prazision
, titolo inaugurale del catalogo Kranky, esce nell’ottobre del 1993, destando da subito l’attenzione di stampa specializzata e intellighenzia underground.

Registrato dai soli Carter Brown (moog, vocoder, synths) e Mark Nelson (chitarre elettriche e acustiche,
tape loops, voci), il disco è un’escursione lunga undici tracce in territori che solo di sfuggita lambiscono i luoghi comuni del rock, adottando piuttosto soluzioni prossime all’avanguardia.
Listening In Depth, posta in apertura, è un ottimo esempio di quest’attitudine, attraversata da venti psych a lambire figure industrial che pulsano statiche per tutta la durata del brano. Così come avviene in Experience The Gated Oscillator, costruita attorno a modulazioni noise o in Sliding Glass, dove sparute note di chitarra sono sommerse a intermittenza da bordoni cosmici.

Altrove a dominare sono invece le atmosfere più pacate, quasi ambientali, vedi
Splash Down, con una voce appena sussurrata che si perde tra tocchi di synth e trame chitarristiche minimali; è il caso di episodi come C. Of People, dell’eterea Disremembering o di Soft Return. Melodie a tratti impalpabili, talvolta tangenti l’isolazionismo si alternano a momenti di segno opposto, in cui a dominare sono scenari post-industriali e atmosfere cupe, opprimenti,
lynchiane. Suoni mai freddi o fini a se stessi, musiche sì d’ambiente ma dietro cui si celano le canzoni. A ribadirlo Accelerating On A Smoother Road, una chitarra acustica, quasi shoegaze nell’insistere su pochi accordi, quasi un folk apocalittico nell’incedere, porta da sola avanti il pezzo, accompagnata da sospiri e da pochi inserti pianistici. E poi via di seguito fino alla conclusiva Skyward With Motion, l’episodio più radicale del disco, un numero ambient-noise che si distende per oltre otto minuti prima di cedere spazio a un organo e poi, come da copione, al silenzio.

Il successivo
A Stable Reference ("Album dell'anno" per molte riviste in Inghilterra) arricchisce la formula con effetti melodici in stile vagamente gotico e con cadenze ritmiche più accentuate, grazie anche all'innesto del bassista Bobby Donne. Smussati parecchi spigoli, la musica del trio diventa meno stratificata e più quieta. Echeggia, a tratti, il tema conduttore di "Twin Peaks".

Nel successivo e omonimo
Labradford (1996) si compie un nuovo prodigio: la psichedelia, la musica industriale e quella ambientale vengono mescolate dalla band di Richmond attraverso l'umore del proprio tempo, ne consegue qualcosa di nuovo e inaspettato.

L'intento è dichiarato già dalla bellissima copertina, dove quei pilastri di metallo, forse un nastro trasportatore, risultano sfocati, come l'immagine onirica di un ricordo lontano sul punto di svanire per far posto alla veglia. E sono infatti degli anemici rumori d'acciaio ad aprire il disco, introducendo
Phantom Channel Crossing.

 Ciottoli e catene che si trascinano lentamente come trasportati da un vento cosmico, emesso da una cupa elettronica analogica.
Midrange, invece, si distende su territori armonici più usuali, ma soprattutto fa posto alla melodia e al canto, del tutto assenti nell'incubo precedente.

Il senso di dolore e desolazione si eleva su livelli quasi religiosi nella successiva
Pico. Un basso che pare il suono d'un orologio a pendolo prelude all'entrata di un tema d'organo salmodico, ma soprattutto di una voce che sembra recitare una preghiera, come a decretare il riposo eterno di una civiltà perduta. A dare il tempo i soliti ticchettii di orologio, metronomici e imperturbabili.

The Cipher è un altro incubo di devastazione psicologica, tra sibili intergalattici e palpitazioni sintetiche. La lunga processione di Lake Speed fa leva sempre sull'organo per esprimere il senso di martirio, accompagnato da una dissonanza intermittente. A rallentare il tutto, una chitarra svogliata e un basso abulico, insieme per segnare il passo di questa marcia deformata.

La dissonanza è la vera protagonista della successiva
Scenic Recovery, e quando si arriva alla conclusiva Battered, si è sfiniti ma anche affascinati dal viaggio, giusto in tempo per apprezzare l'ennesimo capolavoro, degno testamento finale di un disco irripetibile. Una chitarra tremolante invade la percezione col suo suono informe, stesso proposito seguito dalla tastiera, che si insinua così delicatamente da non farci quasi avvertirne la comparsa. Un orologio al quarzo fa sentire di tanto in tanto la sua presenza, mentre la voce annega e si dissolve, ormai liquefatta, in questo sterminato gioco di dissolvenze. D'improvviso tutto si interrompe, per far posto a un languido gioco di chitarra-basso-batteria di chiara ispirazione post-rock, che accompagna l'ascoltatore sino al termine del disco.

L'album accredita i Labradford come band di punta del nuovo rock strumentale americano, grazie anche a un discreto
battage pubblicitario.

Mi Media Naranja, disco quasi interamente strumentale, continua il percorso di abbandono dei riferimenti più rock della band. E il recente E Luxo So, melodico ed evanescente, tanto da indurre in una sorta di trance onirica l'ascoltatore, si presenta come il compendio del loro repertorio, con pregi e difetti. Può essere considerato il manifesto ideale di questa sorta di "cosmic-post-rock". Ma può anche apparire la cristallizzazione, al limite del manierismo, di uno stile che sacrifica talvolta l'emozione in un vortice di loop, campionatori e trance cosmiche.

Nel 2001 i Labradford hanno realizzato l'Ep
Fixed::Context, quattro brani di puro ambient-post-rock, a cominciare dall'iniziale Twenty, diciotto minuti di una lenta digressione rumorosa, silenziosa a tratti, inquietante. In maniera simile, la conclusiva Wien mantiene quell'aspetto di leggera tensione emotiva tipica del gruppo, mentre i due brani centrali mostrano il volto più quieto dei Labrafdord.

Mark Nelson ha poi dato vita anche al progetto
Pan American

Claudio Fabretti e Filippo Pennacchio



- E Luxo So
(1999) Blast First 7243 847 5622 - cd

Musicians:
Labradford, Peter Neff, Chris Johnston, Craig Markva, Jamie Evans

Produced by Labradford
Recorded and mixed at Sound Of Music, Richmond, VA
Engineering by John Morand and Brian Hoffa
Cover photo by Leta O'Steen

Continua l'uso di vocabolari stranieri per i titoli degli ultimi dischi dei Labradford, dopo Mi Media Naranja ora E Luxo So: i contenuti sono come sempre stranieri rispetto all'ascoltatore, ogni volta una nuova dimensione da esplorare; chi conosce già i Labradford è munito di coordinate per attraversare questo oceano di suoni, poco male comunque per chi è nuovo a questo gruppo, perdersi in questo mondo non è affatto spiacevole, anzi.
I Labradford hanno registrato un disco ancora una volta differente dai precedenti, e hanno tenuto in considerazione soprattutto l'esordio solista di Mark Nelson, col nome di
Panamerican, utilizzando le intuizioni presenti su quel bellissimo disco per modificare il suono complessivo facendo anche un'importante scelta strategica, decidendo per il completo abbandono delle parti vocali. L'effetto dell'equazione Panamerican+Labradford-cantato non è per niente trascurabile: ancora una volta il trio di Richmond regala grande musica a chi ha la pazienza di saper ascoltare (stupendo il brano d'inizio!). Al primo ascolto stupisce la presenza nel disco di un pezzo per solo piano romantico e sdolcinato, ma quando a metà il brano è interrotto da rumori casalinghi per poi riprendere tranquillo si comprende che non c'è in fondo troppa normalizzazione in questo nuovo disco, sono solo diversi da quelli ascoltati in precedenza e questo non è detto che sia un difetto, anche perché questo è un tipo di musica che è facilmente riproducibile (troppi gruppi ambient hanno inciso con la regola "un drone uguale una canzone").
In sostanza questo disco presenta moderate novità e ben si accorda con gli sviluppi che si sono succeduti album dopo album nella discografia dei Labradford; non ci resta che aspettare, ancora una volta incuriositi, il prossimo episodio.

- Fixed: Context
(2000) Blast First 7243 8508872 - cd

Musicians:
Carter Brown, Robert Donne, Mark Nelson

Produced by Labradford
Recorded and mixed at Electrical Audio on July 2000
Engineering by Steve Albini

Se ci fossero ancora dubbi che Brown e Nelson sono interessati più alla forma che al contenuto, questo album dovrebbe fugarli definitivamente.
Lo spirito delle quattro lunghe tracce è un ritorno all'umore asettico della musica ambientale di Brian Eno (il programma originale, non quello da colonna sonora che va di moda oggi). Ma, se lo spirito è quello, la prassi è significativamente diversa, principalmente perchè la musica ambientale dei Labradford è più che mai una musica di "dettagli".
Ogni pezzo straripa di "materia oscura", di suoni invisibili che sono nondimeno la sostanza, mentre il tutto è semplicemente un veicolo, uno sfondo, un contesto.
Twenty
(diciotto minuti) procede per accumulo di rumori digitali, cavalloni ambientali, frequenze radio, sparuti timbri metallici, reverberi e tremolii onirici. Wien banchetta con echi fluttuanti di timbri alti e bassi. Il discorso vale un po' meno per le altre due composizioni, in quanto un'atmosfera serena e pacifica emana da Up To Pizmo e David. Entrambe sono cullate da onde: c'è un moto circolare in funzione che sostiene la melodia per armonica e twang della prima e il pattern chitarristico sonnambulo della seconda. Qui il "dettaglio" conta in effetti meno del "movimento". Ma ciò non altera il fatto che la musica è priva di emozioni, agli antipodi della definizione di musica rock.
Brown e Nelson si possono ormai permettere il lusso di giocare d'azzardo con le proprietà acustiche dei loro scheletrici paesaggi sonori (e con le orecchie dei loro ascoltatori).
Piero Scaruffi da Rockerilla n° 247 marzo 2001

- Labradford
(1996) Blast First bffp psg - cd

1. Phantom Channell Crossing
- 2. Midrange - 3. Pild - 4. The Lipher - 5. Lake Speed - 6. Scenic Recovery - 7. Battered

Musicians:
Labradford, Chris Johnston

Produced by Labradford
Recorded and mixed at Sound Of Music, Richmond, VA
Engineering by John Morand

I Labradford giungono con l'album omonimo al loro terzo lavoro sulla lunga distanza. La loro proposta rientra in quel calderone che è stato definito post-rock, un termine che alla musica della band di Richmond, Virginia, potrebbe anche calzare a pennello.
I territori esplorati dai Labradford vanno infatti oltre i confini del rock propriamente detto, ne citano liberamente le correnti più avanguardistiche e con estrema naturalezza e libertà ne percorrono nuove e personali strade.
L'ascolto di
Labradford non è uno dei più semplici, siamo veramente al di fuori di qualsiasi canone conosciuto nel rock, è musica che nasce dalla libertà di citare di tutto, dalla psicadelia all'ambient, al krautrock, e certe esperienze alla Spacement 3, su una base ritmica sempre garbata che in più di un'occasione riprende il ritmo della vita: il battito del cuore.
Musica sempre tra le righe, introspettiva, in buona parte solo strumentale (quando entra la voce questa è quasi solo un sussurro e più che cantare recita), che segue il corso della natura, musica in cui entrare in contatto intimo. Musica che dimostra che è ancora possibile creare qualcosa di nuovo in ambito rock.
Andrea Langè da Buscadero n° 177 febbraio 1997

- Me Media Naranja
(1997) Blast First bffp 144 - cd

1. S - 2. G - 3. Wr - 4. C - 5. I - 6. V - 7. P

Musicians:

Mark Nelson, Carter Brown, Robert Donne, Chris Johnson, Ulysses Kirksey

Produced by Labradford
Recorded and mixed at Sound Of Music, Richmond, VA
Engineering by John Morand
Cover by N. Terry

Il nuovo album dei Labradford (il loro quarto) era molto atteso da quanti si erano appassionati ai loro lavori precedenti. Inoltre, all'uscita di Labradford (il loro penultimo sforzo) alla fine del 1996, molto è stato detto sulle bands inquadrate nel movimento post-rock, di cui Labradford sono ritenuti (a ragione) uno dei gruppi di punta.
I Labradford utilizzano sia i tradizionali strumenti rock che le moderne apparecchiature elettroniche; partono dal folk (che non perdono occasione di proporre alla loro maniera,) per avventurarsi in territori che dai Pink Floyd dei primi anni Settanta portano all'ambient, fino a citare la musica da film e la new age. Musica minimale, dolce, lenta e sognante, fatta di atmosfere eteree e rilassate. Musica per l'anima, introspettiva, in buona parte solo strumentale.
Considerati un mix tra Flying Saucer Attack, Spaceman 3 e paragonati agli Spiritualized, con degli elementi di krautrock, i Labradford sono tutto questo e molto di più. Il loro stile richiama in minima parte i nomi citati, ma il loro suono è assolutamente personale e riconoscibile. Rispetto ad altri nomi di punta del post-rock come Tortoise e Gastr Del Sol la proposta dei Labradford è totalmente differente. Il loro punto di partenza è la melodia, sullo svoluppo della quale creano brani in "crescendo" molto coinvolgenti. La loro ritmica è quasi inesistente, mentre i Tortoise a esempio hanno hanno una delle loro carte vincenti nella particolarità dei loro ritmi.
Rispetto al passato
Mi Media Naranja il trio (formato da Mark Nelson, voce e chitarra, Carter Brown, tastiere e sintetizzatori, Robert Donne, basso) riduce l'utilizzo di certi suoni noise minimali che ne avevano caratterizzato il passato discografico. Suoni e rumori paragonabili a quelli dei Red Crayola dei primi lavori. Questa differenza, e di conseguenza un approcio ancor più melodico rispetto agli albums precedenti, e un maggiore utilizzo del violino (che con tastiere e chitarra già comunque costituiva uno dei fulcri del loro suono), sono le principali novità di un disco che prosegue il discorso musicale cominciato nel 1993 con Prazision ed egregiamente continuato con A Staple Reference (1995) e il citato Labradford dello scorso anno.
Musica che vi metterà in intimo contatto con la vostra anima.
Andrea Langè da Buscadero n° 185 novenbre 1997

- A Stable Reference
(1995) Kranky krank 0006 -cd

1. Mas - 2. El Lago - 3. Streamliming - 4. Banco - 5. Eero - 6. Balanced On It's Own Flame - 7. Star City, Russia - 8. Comfort - 9. SEDR 77

Musicians:

Robert Donne, Carter Brown, Mark Nelson

Produced by Labradford
Recorded and mixed at The American University
Engineering by Rob Christiansen

- Prazision
(1993) Kranki 001 -cd

1. Listening In Depth - 2. Accelerating On A Smoother Road - 3. Splash Down - 4. Disremembering - 5. Experience The Gated Oscillator - 6. Soft Return - 7. Sliding Glass - 8. C. Of People - 9. New Listening - 10. Gratitude - 11. Skyward With Motion - 12. Everlast - 13. Preserve The Sound Outside

Musicians:

Carter Brown, Mark Nelson

Produced by Labradford
Recorded and mixed at McKinley Hall and the Belt Trade Center
Engineering by Rob Christiansen and Shawn Collins

L'esordio dei Labradford è un compendio di quasi tutti i suoni e le atmosfere che si ritroveranno in seguito nella quasi totalità delle uscite della Kranky: sognanti melodie che si muovono languide e rarefatte accompagnate da rumori e/o suoni.
Da subito si possono trovare alcune ispirazioni guida che faranno anche in seguito parte del loro bagaglio sonoro, quali il dub, l'ambient, il rumorismo, la melodia. Il gruppo in questo primo periodo è ancora un duo chitarra e tastiere, per cui sono assenti i bassi pulsanti a cui le uscite successive ci abitueranno, tuttavia questo non è uno svantaggio, ma bensì un elemento di interesse, poiché in queste dodici composizioni c'è un'atmosfera più fredda e tesa, spazi aperti in cui si ritrovano sintonie con un altro progetto ai confini del suono, i Flying Saucer Attack
, esploratori come i Labradford di nuove atmosfere. A partire dalla gelida Listening In Depth (il nome è tutto un programma), continuando con Sliding Glass, dove un crescendo travolgente viene smorzato lasciando una impressione di incompletezza, il disco procede senza cadute di tono, a parte la comica Gratitude, dove su suoni ambientali i Labradford fanno i ringraziamenti di rito con la voce mascherata da un vocoder.