Wim Mertens



album in pagina:

- Educes Me
-
Maximizing The Audience
-
Vergessen
-
After Virtue
-
Instrumental Songs
-
A Man Of No Fortune And With
  A Name To Come




collabora in:

- Struggle For Pleasure
  (Soft Verdict)

Il pianista fiammingo Wim Mertens (nato nel 1953), che registra inizialmente sotto lo pseudonimo di Soft Verdict, è un compositore d'avanguardia capace di mescolare minimalismo e serialità in opere che si richiamano ad un'umiltà di stampo quasi francescano.

Del primo periodo di attività nei circoli dell'avanguardia sono testimonianza una cassetta di rumori di videogames (
For Amusement Only) e un 12" in trio con gli esuli americani Peter Gordon e Peter Principle.

Il suo secondo disco,
Vergessen, si svolge prevalentemente all'insegna delle meccaniche progressioni del minimalismo classico (Mildly Skeeming), ma sono già presenti alcune composte e austere partiture reminescenti della musica "ambientale" di Eno, in particolare l'ipnotica e romantica geometria di Circular Breathing), e una sonata per pianoforte sui generis, frenetica e cadenzata, come Four Mains. La seconda parte di Inergys, una danza per piccolo ensamble in lenta e ipnotica evoluzione, e il duetto di tastiera e viola di Multiple 12, traboccante di sonorità quasi rinascimentali, definiscono una nuova forma di minimalismo meno rigido e più emotivo, che Mertens battezzerà "petit musique de chambre".

In questa direzione di musica serena e romantica si situa il mini-album
Struggle For Pleasure, con la toccante sonata per pianoforte Close Cover, il salterello surreale di Salernes (per piccolo, sassofono, clarinetto, piano elettrico, arpa), la spettrale Bresque (per arpa e elettronica), la gioviale sarabanda minimalista di Gentleman Of Leisure, e l'incalzante StruggleFor Pleasure (una piccola Rainbow In A Curved Air per pianoforte, sassofono e sintetizzatore).

Mertens giunge così al suo capolavoro, il monumentale
Maximizing The Audience, tratto da uno spettacolo teatrale. In esso il musicista belga si inoltra nel territorio di un complesso serialismo meccanicistico (come in Circles, per sette clarinetti e sassofono soprano, e Wisper Me per viola, violoncello, soprano e tastiere, una delle sue composizioni più succubi delle millenarie atmosfere religiose), senza perdere nulla dell'umanità dell'opera precedente, come nel ricorrente, tristissimo tema di Lir, degno di una sonata romantica eppure tutto predefinito nelle sue glaciali geometrie, o in The Fosse, funereo Lied che si ripete all'infinito su un'incalzante cadenza alla Nyman.

Sono piccoli e geniali brani da camera orchestrati per ensemble di due o tre strumenti e costruiti su frasi melodiche e ritmiche del tutto elementari, sovrapposte e intrecciate secondo i canoni del minimalismo, che trasmettono sensazioni di pace celestiale.

A Man Of No Fortune And With A Name To Come, che contiene sei "romanze" dal vivo per solo pianoforte e canto (un canto altissimo, da castrato), inaugura una nuova stagione che lo vede impegnato in concerti solisti per arpa, clarinetto, flauto e pianoforte, nei quali un singolo accordo può essere ripetuto per minuti e la stessa sillaba può essere cantata all'infinito. Casting No Shadow è così un melodioso madrigale intriso di religiosità dolorosa ed estatica alla Hosianna Mantra (Popol Vuh), e You See è un'incalzante tripudio di progressioni romantiche. La commossa cantabilità di questi brani è degna dei repertori rinascimentali.

Di questo periodo sono rappresentativi la
Musique A Un Voix (1987, sette piece per solo sassofono, fra cui Exitium), il concept d'impianto medievale After Virtue, il mottetto minimalista A Visiting Card (1986), e sopratutto l'assolo d'arpa al ralentì di Educes Me (1986), forse il brano da camera più lento di tutti i tempi. Mertens continua anche a ri-orchestrare le piece più significative del passato, portando in primo piano gli elementi melodici e mimetizzando i processi teorici che lo sostengono.

Nel 1991 viene pubblicata la serie di sette dischi,
Alle Dinghe, lavoro colossale che ha richiesto otto anni di lavoro, in cui Mertens non suona, ma compone, orchestra, dirige e produce tutto il materiale. Divisa in tre parti (Sources Of Sleeplesness, Vita Brevis e Alle Dinghe), l'opera sembra un po' uno zibaldone di frammenti e di incompiuti che abbraccia tutto l'arco delle sue forme espressive.

Strategie De La Rapture, Epic That Never Was e Jeremiades ritornano alla sua "piccola musica da camera" per pianoforte e voce, ma Shot And Echo e Sense Of Place tentano l'avventura con un ensamble più vasto e vario, riuscendo soltanto a farsi ascoltare da un pubblico più ampio. Non contento, Mertens sforna la continuazione di Alle Dinghe, l'altrettanto monumentale(due doppi e due tripli cd) Gave Van Niets (You'll Never Be Me, Divided Loyalties e Reculer Pour Mieux Saiter le altre parti).

Cerebrale, ma comunicativo, il suo flusso polifonico di figure minimaliste rimanda alla musica corale del medioevo che si basava su presupposti assai simili, mentre rimane lontano tanto dalla trance di Terry Riley quanto dall'estasi di Brian Eno. I suoi pezzi suonano come astrazioni soprannaturali dei concetti tradizionali di melodia, ritmo e armonia. Eppure sono fra i pochi risultati dell'avanguardia europea a riuscire a commuovere ed emozionare.

La sonata per pianoforte di
Lir e il mottetto Whisper Me sono forse i suoi capolavori.

Piero Scaruffi da:
Enciclopedia della Musica New Age, Elettronica, etc
ed. Arcana (1996)



- Educes Me
(1986) Le Disques Du Crepuscles TWI 808 - vinile

1. A Visiting Card 6.47 - 2. The Fosse 7.54 - 3. No Plans No Projects 5.20 - 4. When The Line Grows Thick 5.03 - 5. Usura 2.40 - 6. Educes Me 16.42

Musicians:
Wim Mertens, Keiko Kusaka, Marc Grauels, Dirk Descheemaeker, Malufi Singers, Anne Crable, Chris Nieuwenhuysen, Rika Joris, Anne Van Den Troost

Produced by Wim Mertens
Recorded at BRT Studio 6, Brussels
Engineering by Werner Pensaert

Diviso fra i ruoli di compositore, esecutore ed arrangiatore/produttore, ma capace di concigliarli tutti con l'invidiabile naturalezza, il geniale Wim Mertens prosegue il suo viaggio creativo in ambito "avanguardistico", offrendoci ancora una volta un prodotto anticonvenzionale, imprevedibile e suggestivo; lavorando come di consueto su matrici sonore diversissime fra loro (il minimalismo elettronico, la musica classica, le più disparate miscele acustiche), il pianista belga ha partorito quello che, assieme ad Instrumental Songs, è da considerare il suo capitolo discografico più ostico all'ascoltatore distratto o non animato da un reale trasporto emotivo ed "intelettuale" verso una musica che, pur ricercando nuove vie di espressione, evita rigorosamente le soluzioni dissonanti fini a se stesse e sviluppa un discorso sempre ricco di armonia e nobile sentimento.
Educe Me, terzo 33 giri di Mertens a non essere marchiato con la denominazione Soft Verdict, raccoglie sei composizioni che sfuggono ad un'analisi globale: No Plains No Projects, a base di voce e sovraincisioni di tastiere, e la già nota The Fosse (una dolcissima litania di canto e pianoforte, edita anche su un raro 12 pollici distribuito ad alcune esibizioni concertistiche e su un altrettanto introvabile Ep natalizio) sono comunque gli episodi più vicini allo stile del "mite verdetto" assieme alla sognante A Visiting Card che qualcuno ricorderà compresa in un mix giapponese; le atmosfere, invece, mutano radicalmente nella seconda facciata, dove When The Line Grows Thick (sax, clarinetto e impasti di voci), Usura (solo voci) ed Educes Me (in una scarna versione di arpa, diversa da quella, decisamente più imponente con le sue trame di organo, che appare sul retro di A Visiting Card) tracciano geometrie minimali e spesso ipnotiche, confermando la poliedricità dell'artista e la sua realtà di personaggio fuori da ogni clichè.
Nonostante la sua compostezza, la sua solennità e la sua invidiabile perfezione formale, però, questo
Educes Me non è l'album più adatto per accostarsi per la prima volta al mondo etereo e quasi irreale di Mertens; a tale scopo sono sicuramente più indicati i vecchi lavori a nome Soft Verdict (mi permetto di consigliare Struggle For Pleasure) o magari A Man Of No Fortune And With A Name To Come, il cui linguaggio più diretto si farà recepire con minore difficoltà e stimolerà ad approfondire una conoscenza che non può e non deve rimanere superficiale.
Federico Guglielmi da Mucchio Selvaggio n° 112 maggio 1987

- Maximizing The Audience
(1985) Le Disques Du Crepuscles TWI 808 - vinile

1. Circles 18.28 - 2. Lir 18.18 - 3. Maximizing The Audience 11.43 - 4. The Fosse 4.32 - 5. Whisper Me 19.02

Musicians:
Wim Mertens, Dirk Descheemaeker, Hans Francois, Ine van Den Bergh, Valerie Koolemans, Geoffrey Maingart, Kris Van Severen, Minique Laperre, Minne Panwels, Andrè Van Driessche

Produced by Wim Mertens
Engineering by Werner Pensaert

Riecco Wim Mertens e la sua "petit musique de chambre". Alcune delle composizioni contenute in questo doppio 'Lp sono parte integrante di The Power Of Theatrical Madness, lavoro teatrale di Jan Fabre, rappresentato per la prima volta a Venezia nel 1984. Mertens ( e il suo Mite Verdetto, dalla formazione quasi sempre variabile) è giustamente considerato un continuatore della scuola minimale americana. Non solo: questo trentaduenne compositore belga, laureatosi in scienze politiche e sociali e in musicologia, circa due anni fece uscire (per la Khan & Averill di Londra) un fondamentale libretto intitolato American Minimal Music: introduzione esauriente e puntuale al consueto poker d'assi Glass-Reich-Riley-Young.
In
Maximizing The Audience i brani sono in genere molto più lunghi rispetto a quelli del precedente Struggle For Pleasure (con quella zuccherosa ma indimenticabile Close Cover).
L'iniziale
Circles è puro astrattismo sonoro: i sette clarinetti e il sax soprano formano un sofisticatissimo gioco ad incastri in cui le note sono semplici segni acustici. La composizione ha un andamento circolare, aperto. L'iterazione variata delle particelle sonore, pur procedento per accumulazione, non produce una progressiva tensione che viene allentata dopo il climax, il picco d'intensità (come in Glen Branca, il Richard Wagner dei nostri giorni): l'apparente monolitismo esterno viene riscattato da una continua ridefinizione e rielaborazione dello spazio interno d'ascolto - operazione, questa, del tutto soggettiva e variabile, completamente a carico dell'ascoltatore. Ascoltare Circles è come ammirare un diamante perfetto ed abbagliante e nello stesso tempo analizzare al microscopio la complessa struttura molecolare.
Per
Lir, come del resto nelle rimanenti composizioni, vengono ancora usati elementi ripetitivi, però in modo più tradizionale. La ripetitività non è affatto prerogativa esclusiva del minimalismo, solamente viene usata in un contesto diverso: "la ripetizione nel lavoro tradizionale appare come un riferimento a qualcosa che se n'è andato prima, così che ci si deve ricordare ciò che è stato dimenticato". Questa pratica direi è comune ad un numero estesissimo di espressioni artistiche: dal sonetto di Petrarca al Leit-motiv wagneriano, fino ad arrivare al riff chitarristico della canzone rock. In Lir, appunto, il tema iniziale viene poi ripreso (ripetuto) alla fine della composizione. La quale possiede così un carattere narrativo, in stretta analogia con l'andamento della trama di un racconto: i vari "conflitti" musicali vengono risolti dialetticamente in una sintesi finale che chiama in causa la memoria lineare dell'ascoltatore.
Questa peculiarità viene ribadita nelle rimanenti tre pièces, in ognuna delle quali viene usata anche la voce femminile:
The Fosse (che riprende elementi di Lir), Maximizing The Audience e Whisper Me sono le altre tessere di questo capolavoro, ibrido avvincente e significativo di tendenze vecchie e nuove.
Fabio Zucchella da Rockerilla n° 63 novembre 1983

- Vergessen
(1982) Le Disques Du Crepuscles 33033 - vinile

1. Inergys
3.08 - 2. Circular Breathing 3.47 - 3. Mildly Skeeming 7.10 - 4. Four Mains 3.11 - 5. Multiple 12 6.39 - 6. Inergys (reprise)7.00

Musicians:
Wim Mertens, Hans Francois, Herman Lemathieu, Gyde Knebush, Roger Nupie, John Ruocco, Karel Vereertbrugghen, Frans Vos

Produced by Wim Mertens
Engineering by Marc Francois

Con le sue tinte pastello e il suo morbido incanto ecco giungere a noi Vergessen, primo attesissimo album dei Soft Verdict.
Soft Verdict è forse la più avanzata ed emozionante esperienza maturata nell'ambito di questa piccola e prolifica etichetta belga - Les diques du crepuscle -, da un paio d'anni centro di raccolta di talenti estrosi e un po' demodè.
Dirò subito che ho un debole per i Soft Verdict - e il mio giudizio e probabilmente assai poco equilibrato.
Per me Soft Verdict è sinonimo di perfetta fusione di melodia e ripetitività, geniale recupero di temi e modi cari alla musica colta, abile innesto dell'elettronica in un contesto che parrebbe sconsigliarlo, insperato e felice convivenza di vecchio e nuovo.
Tutto ciò mi sembra distanziare Soft Verdict dai ridicoli vagiti di tanta nuova musica: da molto tempo non mi accadeva di intravvedere un progetto musicale così nuovo e stimolante.
Questo
Vergessen (parola tedesca che significa "dimenticato") è un lavoro interamente strumentale di grande rigore, al punto di risultare un tantino gelido e geometrico, specie a primo ascolto.
In realtà è disco di una dolcezza ossessiva, tormentosa, capace di produrre il più grande turbamento in chi l'ascolta; il suo calore si sprigiona lentamente, trasportato da una iterattività a tratti lenta, a tratti vertiginosa.
Melodie dilatate all'infinito, una melanconica a volte quasi morbosa, toni e atmosfere innegabilmente crepuscolari.
La bellezza di
Vergessen è la bellezza di ciò che è andato perduto.
Il lento spegnersi delle cose, il fluire rapido e inarrestabile di tutto ciò che accade, un doloroso senso di estraneità - ma anche la dolce culla della memoria, l'abbandonarsi al ricordo, l'incoffessata attesa di una pienezza intravista e inattingibile.
Una sensazione sruggente, una nostalgia imprecisata che abbraccia tutto.
Non mi sembra il caso di scomodare una parola vuota e abusata come "decadenza": qui siamo oltre il narcisistico autocompiacimento, qui non ci si lecca le ferite sputando sul mondo ma ci si nutre di amara consapevolezza.
Si ripete con
Vergessen la bellissima sorpresa di At Home/Not At Home, l'Ep d'esordio che si era avvalso del contributo di Peter Principle (Tuxedomoon) e di Peter Gordon (Love Of Life Orchestra). Qui tengono le redini del gioco Frans Vos e Wim Mertens, e bisogna davvero levare tanto di cappello.
Le mie preferenze vanno a
Circular Breathing, Inergys, e Multiple 12, ma tutto l'album si muove sempre a livelli altissimi.
Musica da ascoltare nei momenti adatti e di cui è comunque consigliabile fare un uso moderato,
Vergessen troverà una sicura cassa di risonanza presso gli animi gentili e delicati, e in quanti siano dotati della necessaria sensibilità.
Antonio Curtoni da Buscadero n° 24 marzo 1983

- After Virtue
(1987) Le Disques Du Crepuscles TWI 825 - vinile

1. Justice 7.21 - 2. Prudence 2.41 - 3. Temperance 3.49 - 4. Courage 3.12 - 5. Humility 2.54 - 6. Faith 8.28 - 7. Hope 7.26 - 8. Charity 2.56

Wim Mertens solo

Produced by Wim Mertens
Engineering by Werner Pensaert and Marc Francois

Ascoltando per la prima volta questo disco ho avvertito una strana sensazione, quella di "essere di troppo". Spesso succede che di fronte ad uno spettacolo cinematografico in cui sono rappresentate situazioni molto imtime e assolutamente personali, vengono prepotentemente a galla le componenti di voyoutismo e, al limite, di perversione scopica insite nel vedere senza essere visti, nello spiare da un buco della serratura simbolicamente rappresentato dall'obbiettivo della macchia da presa.
Naturalmente le istanze comunicative e ricettive implicate da un'opera discografica sono radicalmente diverse eppure, eppure difronte ad
After Virtue, l'ascoltatore si trova paradossalmente nella situazione di colui a cui capita involontariamente di ascoltare un dialogo di natura strettamente confidenziale e che pur cosciente della propria indiscrezione, rimane soggiogato dal fascino misterioso della conversazione in corso.
Wim Mertens infatti non si limita a suonare il suo pianoforte ma, al contrario, parla con "lui", gli confida le emozioni più intime, i sogni più segreti. Ed è questo un colloquio che non si articola lungo i parametri della fredda serialità minimalista ma che si abbandona ad un periodare melodico di ampio respiro, caratterizzato dal rincorrersi elegante di limpidi fraseggi carichi di romanticismo e malinconie autunnali.
Coloro che avevano apprezzato la dolcezza e l'intimismo della splendida
Close Cover rimaranno stregati dalle continue invenzioni melodiche di Mertens che, talvolta, sembra quasi improvvisare seguendo uno stream of consciousness impegnato nell'arduo tentativo di arginare le piene sentimentali e gli slanci emozionali della fonte da cui sgorga.
L'unica nota negativa dell'opera, per il resto assolutamente perfetta, può essere individuata nel suono eccessivamente metallico del pianoforte e in una presa sonora troppo ravvicinata che poco si adatta ad una materia sonora cos' fragile e delicata. Si tratta tuttavia di particolari incapaci d'inficiare il valore complessivo di un'opera da considerarsi certamente tra le cose migliori di quest'annata musicale.
Alberto Rossini da Buscadero n° 89 febbraio 1989

- Instrumental Songs
(1986) Lome Arme TWI 666 - vinile

1. Mimicry 4.49 - 2. Exitum 5.56 - 3. Confutatio 2.59 - 4. Pernicies 3.48 - 5. Condemnatio 7.21 - 6. Non Datur 5.59 - 7. Pranzo 4.19

Musicians:
Dirk Descheemaeker solo

Produced by Wim Mertens
Recorded at BRT Studio 6, Brussels on 1987
Engineering by Werner Pensaert

Ci arriva dal Belgio questo disco dall'elegante copertina e dal titolo vagamente ambiguo, "canti strumentali", a nome di Wim Mertens. Mertens è noto per la militanza nell'ensamble dei Soft Verdict, anche se il "soffice verdetto" altro non era che la denominazione sotto la quale veniva proposto il suo lavoro di compositore, con strumenti e musicisti ch cambiavano di volta in volta. (...) Il nostro amico appartiene di diritto a quella categoria di musicsti che hanno la particolarità di giocare un ruolo che si potrebbe definire di cuscinetto tra la musica colta e il rock, artisti europei o americani che alle spalle hanno una cultura di tipo classico, ma che non disdegnano affatto l'attenzione che il più disponibile pubblico del rock gli concede. E' senza dubbio questa disponibilità ad accettare linguaggi così apparentemente diversi tra loro, una delle ragioni che rendono grande la musica che amiamo.
(...) Un lavoro difficile, sette pezzi per solo sassofono soprano eseguiti da Dirk Desceemaeker e sovraincisi sette volte. Musica ad una voce, come precisa il sottotolo, la voce del soprano che narra una storia senza parole che al vocabolario antepone le suggestioni sonore. Un album che non permette un ascolto distratto. L'unico modo per capirlo è quello di lasciarsi trasportare dal suono di questa voce, seguire l'imprevedibilità dei passaggi, farsi cogliere dal fascino di questo linguaggio in apparenza così povero.
Il minimalismo di Mertens è indubbiamente più romantico di quello dei suoi colleghi americani, le sue reiterazioni hanno un sapore intimista che ne stempera la freddezza con un gusto squisitamente europeo. Ci troverete dei passaggi già uditi nei dischi dei Soft Verdict ma scarnificati all'essenza di arrangiamenti: una voce, una sola, che non ha intenzione di urlare per farsi ascoltare - lo si porebbe definire un approcio morbido - che alla fin fine chiede solo una piccola pausa al nostro caotico tempo per poter essere udito.
Renato Striglia da Mucchio Selvaggio n° 108 gennaio 1987

- A Man Of No Fortune And With A Name To Come
(1986) Le Disques Du Crepuscles TWI 748 - vinile

1. Casting No Shadow - 2. A Tiels Leis - 3. Hirose - 4. You See - 5. Multiple 12 - 6. Naviamente

Wim Mertens solo

Produced by Wim Mertens
Recorded live at Studio Impuls, Belgium, 13th and 14th March 1986
Engineering by Werner Pensaert
Cover photo by Hiroja Kaji

Con discrezione e classe, caratteristiche che gli sono proprie fin dal suo primo, timido apparire sulle scene discografiche, il pianista belga Wim Mertens propone ancora una volta il frutto vinilico della sua arte compositiva ed interpretativa confezionando un album significativamente intitolato "un uomo senza fortuna che deve farsi un nome".
In effetti, Mertens si era finora presentato in pubblico con la denominazione del suo ensamble "aperto" (quei magici Soft Verditc che da qualche anno stazionano in cima alle preferenze degli appassionati di musica d'avanguardia), conquistando una notorietà vasta ma sempre ristretta nell'ambito di una "elite" di consumatori; è perfettamente comprensibile, dunque, questa sua improvvisa decisione di realizzare un disco completamente solista firmato senza pseudonimo, così come è logico che egli abbia voluto sottolineare tale decisa sterzata nel modo di intendere il suo lavoro di artista cimentandosi in una lunga e proficua serie di esibizioni concertistiche.
Nel "nuovo corso" di Wim Mertens, questo
A Man Of No Fortune And With A Name To Come rappresenta il punto di avvio, un riuscitissimo tentativo di amalgamare le esperienze passate con i più recenti indirizzi creativi: i fraseggi ossessivi e contemporaneamente carezzevoli del pianoforte sono adesso accompagnati da una voce solenne e atipica, che alleggerisce le atmosfere altrimenti troppo monocordi (almeno per i gusti di alcuni, evidentemente abituati a sonoroità più "piene") e le arricchisce di sfumature inedite che conferiscono all'insieme un aspetto quantomai vivo e stimolante. L'album, dunque, differisce dai suoi precedessori pur rivelando la sua diretta discendenza da essi, e ribadisce come il talento dell'eclettico Wim sia ben lungi dal cristallizzarsi in posizioni statiche; A Man Of No Fortune And With A Name To Come, nonostante l'assenza di "trucchi" di studio (tutto è registrato dal vivo, seppure senza spettatori), è forse il capolavoro di questo personaggio schivo e geniale, uno dei pochissimi ad aver saputo dipingere la "sperimentazione sonora" di tinte calde ed umane: se Wim Mertens continuerà lungo questa via, disagevole ma meravigliosa, i tempi delle poche gratificazioni e dello scarso successo apparterranno ben presto al mondo dei ricordi.
Federico Guglielmi da Mucchio Selvaggio n° 104 settembre 1986