Stephan Micus
album
in pagina:
-
Athos
- Implosions
- The
Garden Of Mirrors
- Ocean
- The
Music Of Stones
- Twilight
Fields
- Darkness
And Light
-
To The Evening Child
- Wings
Over Water
- East
Of The Night
- Toward
The Wind
- Snow
- On
The Wing
-
Bold As Light
Il polistrumentista
Stephan Micus ha lavorato al di fuori della corrente musicale principale
per oltre 30 anni. Con più di 15 album per l'etichetta tedesca ECM e,
nei primi tempi, la sua consorella JAPO, Micus ha creato un corpo
d'opera che è il risultato di anni di ampio viaggiare in tutto il mondo
per acquisire e imparare strumenti musicali che vanno dal duduk armeno a
doppia ancia alla bagana etiopica a 10 corde. Micus trova musica nei
materiali più curiosi e inattesi, compresi vasi da fiori d'argilla e
grandi pietre scolpite.
Eterno studente di
cultura e società, Micus trova nuovi modi per associare una ricca
varietà di strumenti etnici come non sarebbe semplicemente possibile in
altre circostanze, creando una musica multiculturale senza eguali. Il
dilruba indiano si fonde col nay arabo; campane tibetane si mescolano
con cetre bavaresi; e il dondon ghanese si unisce allo shakuhachi
giapponese nell'esplorazione, molto probabilmente l'idea più apertamente
dichiarata di World Music. E mentre molti musicisti prosperano in
gruppo, i pezzi grandemente stratificati di Micus sono l'esito di anni
di ricerca solitaria e scrupolosa.
L'ultimo
album di Micus (ora è il penultimo, N.d.R.),
Life
(ECM, '04), è in qualche modo il più ambizioso della sua carriera,
basato su un Koan giapponese, un indovinello riguardante il significato
della vita. Dalla complessa e estesa
Narration One and the Master's Question,
che incorpora la bagana a 10 corde etiopica, campane tibetane, kyeezee
(campane) e maung (gong) birmani, sho (organo a bocca) giapponese, voci,
fischietto e cetra bavarese, alla singola voce nuda di
The Master's Answer,
Life
conduce l'ascoltatore in un viaggio di scoperta e rivelazione dove le
risposte sono spesso tanto enigmatiche quanto le domande.
Gli inizi
Micus non
ebbe nessuna particolare esposizione alla musica da giovane. "Mio padre
era un pittore", dice Micus. "Crescendo non ho avuto in verità nessun
contatto intenso con la musica, invece ero più esposto a cose visive.
Molta gente dice che le copertine dei miei album sono del tutto
speciali, e credo sia perché ho scelto io stesso tutte le foto, così è
forse un riflesso dell'educazione visiva di mio padre."
"E poi nella musica,"
continua Micus, "ci sono entrato tutto da solo. E' veramente cominciato
al mio 12° compleanno quando ricevetti una chitarra, che desideravo
molto, così cominciai a imparare la chitarra. Più tardi, ascoltando i
Jethro Tull divenni interessato al flauto. A quell'epoca e a scuola
suonavo in gruppi rock. Abbastanza rapidamente me ne allontanai a
cominciai a fare musica con testi in inglese e chitarra acustica e, in
effetti, realizzai il mio primo album mentre ero ancora a scuola. Quando
stavo per finire la scuola nel '70-'71 sentii per la prima volta un
disco di musica classica indiana e quello fu, per me, un momento
incredibile, e diede veramente una forte influenza alla mia carriera e a
tutta la mia vita. Così quando finii la scuola andai in India viaggiando
via terra, era il '72, per imparare la musica indiana e il sitar, e da
allora c'è uno schema che continua ancora oggi, cioè che ascolto dischi
o concerti, sento qualche strumento che mi attrae veramente, e vado nei
paesi di origine per studiarli - molti strumenti compreso lo shakuhachi
giapponese e il duduk armeno."
L'incontro con Manfred Eicher
Dopo il suo
viaggio in India del '72, Micus trascorse circa sei mesi a New York,
stabilendo alcuni contatti che avrebbero alla fine portato al suo
incontro con il proprietario e produttore primario dell'etichetta ECM,
Manfred Eicher. "Quando vivevo a Manhattan", spiega Micus, "c'era una
stazione radio molto importante, WBAI. Gruppi come gli Oregon di solito
ci capitavano; era come un punto d'incontro per musicisti che incidevano
per la ECM nei primissimi tempi. A quel punto avevo realizzato la mia
prima registrazione in Spagna e alla regista Judy Sherman (ora
produttrice del Kronos Quartet) piacquero i miei nastri e fece un
programma di un'ora con la mia musica. Mi disse che quando fossi tornato
a Monaco, dove vivevo nella campagna circostante, avrei dovuto
incontrare una persona di nome Manfred Eicher, perchè lei pensava che la
mia musica gli sarebbe piaciuta. Da Manhattan andai in Giappone, e mi ci
vollero altri due anni per raggiungere di nuovo Monaco, ma quando alla
fine arrivai a casa lo chiamai e ci incontrammo. Cominciammo a lavorare
insieme, e l'abbiamo fatto per oltre 30 anni."
Diversamente da molti artisti ECM dove Eicher è molto spesso intimamente
coinvolto in qualsiasi cosa dalla pre-produzione fino alla
post-produzione, Micus è completamente lasciato alle proprie risorse,
registrando ogni cosa al suo MCM Studio fino da
To the Evening Child
(ECM, '92). "Questo è fantastico", dice Micus. "Oggi puoi avere uno
studio di qualità veramente alta per $15,000. Ottenere le
apparecchiature per produrre la stessa qualità del suono quando ho
cominciato costava un milione di dollari, così questo è veramente uno
sviluppo strabiliante e davvero fantastico per gente come me. Manfred
era con me in studio per i primi due dischi,
Implosions
(JAPO, '77) e Till the End of Time
(JAPO, '78, ristampato ECM ,'93), ma da allora non è più stato coinvolto
nelle mie registrazioni."
Ma
nei primi tempi a Micus furono imposte le stesse restrizioni della
maggior parte degli altri artisti ECM - tre giorni per registrare e
mixare. "Era veramente molto difficile" spiega Micus. "Quello che feci
con gli album successivi, prima di avere il mio proprio studio, era di
inserire un mese tra ciascun giorno. I primi li feci in tre giorni
consecutivi. Non so davvero dirvi come ho fatto. Sarebbe stato
assolutamente impossibile fare un album come
Life.
Ora che ho il mio studio personale posso investire tutto il tempo che
voglio non soltanto nella composizione e nella realizzazione di nastri
demo, ma anche nella effettiva registrazione finale."
Gli strumenti
Sarebbe
quasi impossibile contare il numero di strumenti che Micus ha acquisito
e usato nel corso degli ultimi 30 anni. "E' uno schema che è continuato
per tutta la mia vita" dice Micus, "nel quale mi innamoro di diversi
strumenti, e ne sono così attratto che non c'è altra strada che andare
nel paese e trovare un insegnante. Sono interessato non solo a studiare
la musica, ma anche tutta la cultura. Credo che per imparare veramente
uno strumento, specialmente da una località e una cultura straniera, non
si debba soltanto prendere lezioni di musica, ma occorra imparare la
filosofia, l'architettura, la poesia, la cucina. Bisogna stabilire
qualche contatto con la natura del posto. Così quella è stata la mia
intera vita.
"Naturalmente ogni
strumento ha la sua propria unica storia" continua Micus, "così lascia
che ti racconti della bagana. Suonavo in un festival a Milano, e c'era
questo musicista dall'Etiopia che suonava la bagana. Fui veramente
affascinato da questo strumento, e più tardi ebbi la fortuna di essere
presentato a quell'uomo così entrammo in contatto e appena ebbi un po'
di tempo libero andai in Etiopia, dove lui vive tuttora a Addis Abeba,
la capitale. Trascorsi là sei settimane, in parte con lui e in parte
viaggiando per il paese."
Ma
accanto al collezionare strumenti provenienti da culture differenti,
Micus talvolta deve modificare uno strumento o creare nuove accordature.
Nel caso della bagana, è nota l'accordatura di solo cinque delle dieci
corde; il resto si è perso nell'antichità. Così per la musica di
Life
Micus ha escogitato un nuovo modo di accordare lo strumento in modo da
poter usare tutte le dieci corde. "Avrei potuto semplicemente continuare
alla stessa maniera degli Etiopi" dice Micus, "ma qui veniamo al punto
che è probabilmente responsabile di molte delle cose che ho fatto. Ho
questo stimolo, questo grande interesse, a sperimentare con gli
strumenti e cambiarli, modificarli; immaginare nuovi strumenti. Così,
naturalmente sarebbe stato impossibile avere cinque corde extra sulla
bagana senza utilizzarle. E' stato divertente far suonare nuovamente
tutte le dieci corde. Ovviamente un tempo gli Etiopi le usavano tutte, e
credo sia davvero notevole che per centinaia di anni lo abbiano
costruito con 10 corde ma usandone solo cinque. E' assolutamente
fantastico, pazzesco. Immagina di avere una chitarra 12 corde e non
sapere l'accordatura di 6 di esse, e tuttavia continuare a costruire le
chitarre per 12 corde; è assolutamente straordinario."
Attori e The Music of
Stones
Man mano che Micus acquisisce
nuovi strumenti e l'abilità di utilizzarli, ha un approccio molto
specifico per incorporarli in nuovi progetti. "Ho provato in molti
album, soprattutto negli ultimi, ad avere uno o due strumenti o attori
principali," spiega Micus, "e poi costruivo la storia attorno a questi
attori principali. Così possiamo dire, ad esempio, che in
The Music of Stones
(ECM, '89) gli strumenti di pietra sono il tema principale, e con
Towards the Wind
(ECM, '02) è il duduk, e per East of the
Night (ECM, '85) avevo
progettato un nuovo tipo di chitarra. Poi ci furono due album in cui il
tema primario erano i vasi da fiori. Perciò ci sono molti tipi di attori
principali.
"The Music of Stones fu un progetto molto speciale," continua Micus,
"perché mi ero interessato all'impiego di pietre come strumenti musicali
molto presto. Visitai la Corea nel '73 o '74, e là in un museo vidi uno
strumento di cui ero a conoscenza, che era uno strumento cinese molto
antico che i coreani adottarono successivamente. Così l'uso di pietre
come strumenti musicali risale a circa 2500 anni fa o più. Ciò mi ha
fornito molta ispirazione, e in effetti successivamente ho copiato
questo strumento, è come ardesia con una forma molto specifica. L'avevo
copiata in marmo e certe altre pietre, così c'ero già dentro.
"Poi ho sentito di
questo scultore tedesco," continua Micus, "che dedica il suo lavoro a
fare sculture che possano essere suonate come strumenti musicali. Andai
a vederlo e facemmo conoscenza. Dopo un anno o due mi chiamò e disse
'Guarda, faccio questa mostra veramente interessante nella cattedrale di
Ulm', che è una città della Germania meridionale, con una chiesa molto
grande che può contenere 7000 persone e il più grande campanile del
mondo; è la più grande chiesa protestante al mondo. Ha una acustica
stupefacente. Se batti le mani ci sarà suono per 8 secondi. Così è molto
estremo - la cosa fantastica è che quando i sacerdoti parlano non si
riesce a capire una singola parola.
"Ad ogni modo, aveva lì
una mostra," conclude Micus, "voleva fare un concerto e voleva che
scrivessi una composizione speciale per questo evento. Naturalmente ero
molto interessato, così lavorammo nella chiesa diverse notti, per un
periodo di 3-4 mesi, facemmo un programma e all'inizio non avevamo mai
pensato di realizzare un disco. Ma poi verso la fine vedemmo che era
stato creato del materiale veramente interessante, così dopo il concerto
prendemmo un'altro giorno per registrarlo. E' stato molto speciale; come
puoi immaginare in questa acustica occorre creare musica appositamente
per questo spazio. Se vai semplicemente lì a suonare musica ordinaria
diventa un'enorme zuppa."
Composizione e registrazione - un processo unico
La
metodologia compositiva di Micus è abbastanza differente dalla maggior
parte degli artisti. Piuttosto che sedersi a uno strumento e annotare i
suoi pezzi, consiste più nel cominciare con un concetto e poi
sperimentare varie possibilità finché non si sviluppa qualcosa di
concreto. "Compongo attraverso molte improvvisazioni," spiega Micus,
"così di solito comincio con uno strumento, che o è quello che ho voglia
di suonare o è lo strumento che ho deciso che sarà il protagonista. Così
suono, diciamo, il duduk, e poi improvviso fino a che trovo dei pezzi
che reputo interessanti. Per tutto il tempo ho un deck a cassette che
registra per avere un riferimento. Quando penso che forse un passaggio
di 15 secondi è interessante, allora quello comincia a essere il seme
della composizione. Successivamente lavoro per sviluppare maggiormente
questa frase, finché non emerge forse un'intera melodia, e poi a un
certo punto decido se questo rimarrà un pezzo per solo duduk o, se ho la
sensazione che sarebbe bello avere un altro strumento, provo molti degli
altri strumenti che possiedo. Lavoro molto poco in un modo mentale, come
pianificare tutto questo a mente. Il modo in cui lavoro è di provare
molte cose diverse, in realtà suonandole. Non potrei mai comporre musica
con soltanto carta e matita, sarebbe assolutamente impossibile.
"Di
solito ho certe idee riguardo cosa potrebbe associarsi meglio allo
strumento principale," continua Micus, "ma alla fin dei conti il modo in
cui lavoro è provare tutte le possibilità che io penso potrebbero
funzionare in qualche modo, e di conseguenza ci sono spesso grandi
sorprese. Ecco perché non ho molta fiducia in un processo razionale dove
hai per esempio un duduk e pensi che la cosa migliore immediatamente
dopo potrebbe essere un violino, perchè ho visto moltissime volte
funzionare insieme cose che non avrei mai realmente immaginato, e arrivi
a luoghi completamente inattesi e nuove possibilità facendo tentativi.
Sono una persona molto pratica. Mi piace fare le cose con le mie mani;
devo udire il suono di uno strumento. Non potrei mai comporre musica per
uno strumento che non suonassi io stesso."
Micus ha spesso più di un progetto in marcia. C'è stata una
sovrapposizione, ad esempio, tra la registrazione di
Towards the Wind
e Desert Poems
(ECM, '01). "Adesso ho, per esempio, 15 minuti pronti per il prossimo
album," spiega Micus,"e questo nel momento in cui
Life è
stato rilasciato. Di solito ci sono alcuni pezzi che ho composto, oppure
ho in versione demo, che faccio mentre sto lavorando a un altro album.
Qualche volta è semplicemente che i pezzi non sono adatti o non hanno
senso su un certo album e forse andranno bene sul successivo. Altre
volte mi aiuta a rimettere a fuoco il mio progetto in corso rimanendone
distante."
E
mentre Micus spesso sovrappone molte tracce -The
Horses of Nizami da
Desert Poems,
per esempio, comprende il sarangi indiano, cinque dondon o tamburi
parlanti ghanesi, e non meno di 23 voci - intenzionalmente evita l'uso
di effetti o trucchi di studio che renderebbero le sue composizioni, se
dovesse riunire un gruppo sufficientemente grande, impossibili da
eseguire. "Tutte le mie composizioni potrebbero essere eseguite dal vivo
da un insieme di musicisti," dice Micus,"compongo la musica molto
coscientemente in modo tale che possa sempre essere eseguita, mettendo
insieme i musicisti. Cerco di evitare qualsiasi effetto, o l'uso degli
strumenti in un modo tale che non avrebbe senso sul palco. Talvolta
sento musica dove gli strumenti vengono usati per poco tempo e ti chiedi
perchè siano usati, o pensi a loro più come un effetto. Io cerco di
evitare questo genere di cose."
Sul palco
Micus si
esibisce in concerto raramente, di solito facendo non più di 10 o 15
date ogni anno. Piuttosto che mettere insieme un gruppo, comunque, per
riprodurre le sue incisioni, Micus vede la rappresentazione come
un'esperienza interamente separata. "Mi esibisco da solo, " spiega Micus,
"e ovviamente ci sono molte delle mie composizioni che non posso
eseguire da solo. Così i concerti sono alquanto diversi dagli album.
Nessuno sarebbe scioccato a vedere i miei concerti perchè sono fatti
delle stesse sensazioni, lo stesso mondo che la musica trasmette. Quello
che è differente è che io suono uno strumento in assolo oppure suono uno
strumento e canto con esso. In ogni concerto faccio anche due brani dove
ho un accompagnamento molto semplice su nastro che ho registrato io
stesso, e di solito su questa base suono i flauti. Ho alcuni
arrangiamenti per brani più complessi per farli in concerto in un modo
leggermente differente dall'album. Alcuni dei pezzi che suono in
concerto non sono in nessun album. Ma di solito non è un gran problema
come potrebbe pensare molta gente che non ha mai visto un concerto."
Mentre alcuni artisti che si esibiscono così di rado potrebbero
considerare di rilasciare un album dal vivo, questo è qualcosa che a
detta di Micus non capiterà mai. "Per me la bellezza di un concerto sta
nel fatto che succede una volta e poi è andato per sempre," dice Micus.
"Come musicista che lavora in studio, non avrebbe senso fare un album
live da un concerto perchè ho la sensazione che queste siano due cose
completamente differenti. Mi piace suonare concerti, è molto importante
per me farlo come un cambiamento dal lavoro di studio dove stai da solo
per settimane e mesi, e non ritorna nessun vero commento. E' molto
importante avere questa comunicazione con il pubblico, e trascorrere del
tempo insieme al pubblico in concerto e sentire che accade qualcosa, un
collegamento, una comunicazione diretta e opinioni."
La visualizzazione e il prossimo progetto.
Indifferentemente dal progetto, Micus lo tratta come un tutto unico;
un'entità completa; un arco narrativo che ha un inizio, centro e fine.
"Sicuramente cerco di visualizzare ogni album come una creazione,"
spiega Micus. "Forse alcuni dei miei primi album non avevano tanto un
concetto unitario; erano piuttosto raccolte di brani diversi che avevo
al momento. Ma in seguito, e certamente ora, avevo questa idea di
guardare a un album come a un tutto unico; che dovesse essere come un
viaggio, con un inizio, portando l'ascoltatore da qualche parte e anche
accompagnarlo in un certo luogo alla fine. Così io cerco assolutamente
di ottenere questo e voglio evitare il concetto di mettere semplicemente
insieme composizioni che non hanno niente a che fare l'una con l'altra.
Mentre Micus sta già
lavorando al nuovo progetto, è troppo presto per rivelarne molto. "Ho
tre pezzi," dice Micus, "ma è troppo presto per parlarne. Posso solo
dire che ho certe idee di quelli che saranno gli strumenti, ma ci sono
molte cose da investigare; in realtà sono ancora all'inizio, e si
potrebbe sviluppare in molti modi diversi. Ma sicuramente sarà coinvolto
il viaggiare. Sto andando in Birmania per la quarta volta. Faccio due
lunghi viaggi ogni anno. Molte volte c'è uno strumento specifico che
voglio studiare o acquisire; talvolta c'è musica che mi piacerebbe
sentire, ma sta diventando sempre più difficile poiché molte di queste
culture stanno scomparendo."
Mentre ci sono molti
artisti che portano avanti il genere chiamato "World Music", pochi sono
altrettanto ambiziosi di Micus nel riunire i suoni di culture differenti
e tempi differenti. E mentre altri cercano modi di fondere la musica
etnica di varie località con un approccio più occidentale, Micus spicca
isolato nel creare un suono che esiste al di là dei generi, creando
invece il suo proprio corso caratteristico che combina tessiture
intriganti, arazzi riccamente stratificati e una profonda spiritualità
che trascende interessi temporali e specificità religiosa.
|
- Athos
(1994) ECM 1551 - cd
1. On The Way 4.57 - 2. The First Night 5.35 - 3.
The First Day 6.38
- 4. The Second Night 4.47 - 5. The Second Day 3.32 - 6. The Third Night 6.19 - 7. The Third Day 5.55 - 8. On The Way Back 8.58
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded November 1993 - February 1994 at MCM Studios
Cover photos by Gerhard Trumler and Andreas Sfyridis
- Implosions
(1977) Japo 60017 - vinile
1. As I Crosses A Bridge Of
Dreams 20.52
- 2.
Borkenkind 6.45
- 3.
Amarchaj 5.15
- 4. For
The "Beatiful Changing Child" 3.40 - 5. For M'Schr And Djlnggis
Khan 6.24
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded March 1977 at Tonstudio Bauer, Ludwigsburg
Engineering by Martin Wieland
Cover photos by Dietmar Werie
- The Garden Of Mirrors
(1997) ECM 1632 - cd
1. Earth 6.24 - 2. Passing Cloud 5.13 - 3. Violeta 6.42 - 4. Flowers In Chaos 4.36 - 5. In The High Valleys 5.07 - 6. Gates Of Fire 6.08 - 7. Mad Bird 3.30 - 8. Night Circles 7.38 - 9. Words Of Truth 5.13
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded 1995-96 at MCM Studios
Cover photos by Michael Martin
Giunto al suo quattordicesimo album, il musicista tedesco
Stephan Micus riesce a profondere incanto e stupore in
modo anche più copioso che in passato.
La sua è una ben strana figure di polistrumentista:
quelli che lui sceglie per esprimersi sono sempre
strumenti delle tradizioni etniche di tutto il mondo,
orientale come occidentale, e cerca sempre di apprenderne
i rudimenti direttamente sui luoghi di origine, da
musicisti locali. Ma quella che Micus suona non è musica
etnica, bensì è l'espressione diretta del suo sentire,
è attualissima musica dei nostri tempi.
In questo The Garden Of Mirrors
aggiunge nuovi strumenti - le due arpe africane
bolombatto e sinding - al già vasto parco di
strumentazione etnica di cui si era finora servito. Qui
però, come non sempre gli era riuscito nelle opere
precedenti, gli strumenti e le sovraincisioni della sua
voce non sono usati preminentemente in senso timbrico.
Qui un'autentica magia sembra pervadere corde, pelli,
flauti e nastri magnetici, riuscendo a farne sgorgare
melodie di trascinante e profonda bellezza. Musica molto
meditativa, ma sopratutto musica per il cuore
Antonello
Antonelli da World Music n° 29 - novembre 1997
- Ocean
(1986) ECM 11318 - vinile
1. Part I 8.00 - 2. Part II 19.20 - 3. Part III 15.46 - 4. Part IV 7.12
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded on Janury 1986 at the Tonstudio, Ludwigburg
Engineering by Martin Wieland
Cover photos by Ansel Spring
A Stephan
Micus, da anni inveterato esploratore di connessioni
etnomusicali, non è mai stata negata una qualità: la
coerenza. Riconoscimento, questo, che sottintende di
solito un velato rimprovero di noia e monotonia, per la
verità alimentato da opere quali la recente East
Of The Night, fin troppo scheletrica ed
elegiaca. ma Ocean
sembra riportare Micus ai tempi migliori, quelli di Koan,
esibendo una testura ricca di strumenti esotici abilmente
armonizzati, d'ascolto variegato e piacevole.
Come per tutte le musiche modali (cioè non temperate e a
svolgimento non lineare), anche per quella di Micus vale
l'assunto che gli strumenti usati, l'ordito sonoro e
l'atmosfera ricavata contano di più del resoconto dei
pezzi, per altro difficilmente "narrabili",
dato il loro andamento ciclico e tutt'altro che
descrittivo. Micus si è sempre distinto per le sue
ricerche sulla compatibilità di strumenti musicali
appartenenti a vari ambienti culturali, in questo caso,
la preminenza spetta, accanto a strumenti che sono ormai
ineliminabili dal suo armamentario consueto (i flauti di
bambù, ad esempio), allo sho e al dulcimer a
percussione. Lo sho è una sorta di cornamusa giapponese
con effetto d'organo (il suono ricorda quello degli
harmonium indiani), che permette la respirazione continua
e quindi un mantenimento continuo dell'accordo di base.
Su questo bordone s'innesta la sonorità caratteristica
del dulcimer, srumento a corda simile alla cetra e comune
all'Europa orientale come nell'Asia. Ne risultano trame
delicate eppure dense, grazie anche all'uso di
sovraincisioni, su cui possono inanellare lunghi assoli
modali gli strumento mondici e - piccola novità - anche
la voce, utilizzata nell'apertura con effetto che ricorda
certa musica europea medievale.
Paolo
Bertrando da Buscadero n° 62 settembre 1986
- The Music Of Stones
(1989) ECM 1384 - cd
1. Part One 13.27 - 2. Part Two 5.22 - 3. Part Three 5.03 - 4. Part Four 11.38 - 5. Part Five 6.22 - 6. Part Six 8.46
Musicians:
Stephan Micus, Nabuko Micus, Elamr Daucher, Gunther
Federer
Produced by Stephan Micus
Recorded live in the Cathedral of Ulm - Germany
Inner photos by Jean Gallus
- Twilight Fields
(1988) ECM 1358 - vinile
1. Part One 8.35 - 2. Part Two 8.00 - 3. Part Three 4.35 - 4. Part Four 10.00 - Part Five 15.01
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded at Tonstudio Bauer, Ludwigsburh on November 1987
Engineering by Martin Wieland
Cover photos Guiodo Mangold
- Darkness And Light
(199o) ECM 1427 - cd
1. Part One 29.43
- 2. Part Two 10.15
- 3. Part Three 13.10
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded January/February 1990 at MCM Studios, at Studio Glesing,
Munchen
Engineering by Tom Batoy
Cover photo by Mirjiam Daum
- To The Evening Child
(1992) ECM 1486 - cd
1. Nomad Song 8.58
- 2. Yuko's Eyes 5.51
- 3. Young Moon 5.58
- 4. To The Evening Child 9.30
- 5. Morgenstern 2.08
- 6. Equinox 9.47
- 7. Desert Poem 4.11
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded on January/February 1992 at MCM Studios
Cover photo by Jean Gallus
- Wings Over Water
(1982) Japo 60038 - vinile
1. Part One 7.25
- 2. Part Two 6.05
- 3. Part Three 12.50
- 4. Part Four 1.40
- 5. Part Five 10.40
- 6. Part Six 14.12
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded January 1981 at Ibiza Sound Studio and
October 1981 at Tonstudio Bauer, Ludwigsburg
Engineers: Manfed Baliheimer, Martin Wieland
Cover photo: Horst Munzig
- East Of The Night
(1985) Japo/ECM 60041 - vinile
1. East Of The Night 25.25
- 2. For Nobuko 22.10
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded at Tonstudio Bauer, Ludwigsburg on January 1985
Engineering by Martin Wieland
Cover photo by Guido Mangold
- Toward The Wind
(2002) ECM 1804 - cd
1. Before Sunrise 3.33
- 2. Morning Breeze 2.16
- 3. Flying Horses 8.48
- 4. Padre 3.56
- 5. Birds Of Down 7.37
- 6. Virgen De La Nieve 5.29
- 7. Eastern Princess 8.46
- 8. Crossing Dark Rivers 10.32
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded between 1999 - 2001 at MCM Studios
Cover photos by Yann Arthus-Bertrand
- Snow
(2008) ECM 2063 - cd
1. Snow 4.47
- 2. Midnight Sea 5.46
- 3. Sara 7.05
- 4. Nordic Light 4.52
- 5. Almond Eyes 7.00
- 6. Madre 3.56
- 7. For Ceren And Hail 10.58
- 8. Brother Eagle 7.41
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded 2004 - 2008 at MCM Studios
Cover painting by Eduard Micus (1925-2000)
- On The Wing
(2006) ECM 1987 - cd
1. On The Wing 3.19
- 2. Winterlight 5.10
- 3. Gazelle 3.35
- 4. Blossoms In The Wind 4.33
- 5. The Bride 6.25
- 6. Ancient Trees 5.16
- 7. In The Dancing Snow 5.05
- 8. The Gate 4.17
- 9. Turquoise Fields 7.03
- 10. Morning Sky 3.17
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded between 2003-2006
Cover photos by Claudine Doury
- Bold As Light
(2010) ECM 2173 - cd
1. Rain 4.00 - 2. Spring Dance
4.52 - 3. Flying Swans
6.01 - 4. Wide River
3.46 - 5. Autumn Dance
3.20 - 6. Golden Ginkgo Tree
5.29 - 7. The Shrine
4.38 - 8. Winter Dance
4.50 - 9. The Child
4.45 - 10. Seven Roses
6.30
Stephan Micus solo
Produced by Manfred Eicher
Recorded 2007 - 2010 at MCM Studios
Cover photo by Trent Parke
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