Van Morrison
album
in pagina:
- Astral
Weeks
- Inarticulate
Speech Of The Heart
- Poetic
Champions Compose
- Veedom
Fleece
collabora in:
- The Last Waltz
(The Band)
Gli
Them avevano creato un alone di interesse attorno al loro
leader, Van Morrison, così nei peimi mesi del '67,
mentre l'irlandese si trovava nella natia Belfast, Bert
Berns, produttore e scrittore di canzoni di New York,
invita il musicista ad andare, a spese della sua
compagnia, la Bang Records, a New York, per incidere
qualche canzone. Berns era un geniale produttore, aveva
scritto parecchi brani di successo, tra cui Here Comes The Night per
gli Them, e la sua idea era quella di manipolare la
potente voce del focoso irlandese, e proporla in
un'edizione più commerciale, quindi riveduta e corretta,
adatta al pubblico americano. Diventato ricco per le
roylties di Twist
And Shout, million seller per gli Isley Brothers,
ripresa anche dai Beatles, popolare per aver portato al
successo i McCoys con Hang On Sloopy, Berns era un businessman
piuttosto geniale, e grazie a questi introiti aveva
fondato la Bang nel gennaio '67. Morrison tentenna prima
di avventurarsi negli Stati Uniti, ma poi l'offerta gli
aggrada, e nel marzo di quell'anno atterra a New York
City: Berns lo fa alloggiare nei pressi del Greenwich
Village, da sempre culla di artisti e mette giù i piani
del lancio americano di Morrison.
Decidono assieme di incidere 4 singoli, vale a dire otto
canzoni: con il primo brano Brown Eyed Girl, una song orecchiabile,
Morrison sfonda subito nelle chats americane, raggiungedo
facilmente i top ten.
Van aveva scritto tempo addietro la canzone, intitolata Brown Skinned Girl, ma Berns lo convince a
cambiare il titolo, dandogli così un'aria più
romantica.
Grazie al grande successo del singolo Bern convince Van a
fare il suo primo tour da solista, e gli affianca:
Charlie Brown (poi con i Deliverance), Eric Oxendine (poi
con R. Havens) e Bob Grenier.
Ma la tournèe è male organizzata e si conclude in un
fallimento, nel contempo il secondo singolo Bang Ro Ro Rosey entra di prepotenza nelle
classifiche, e, pur non vendendo come Brown Eyed Girl, aumenta la popolarità
dell'irlandese.
Berns decide così di pubblicare, sensa il consenso
dell'autore, Blowin'
Your Mind, il primo solo album di Van Morrison: il
disco consiste soltanto di otto brani, vale a dire i
quattro singoli incisi nelle prime sessioni della Bang, e
per nulla concepiti come album; infatti Morrison si
mostra deluso e sorpreso da quest'azione quasi illegale
della sua etichetta.
Un lungo discorso con Berns lo convince ad incidere altre
5 canzoni, che verranno poi pubblicate, un anno dopo, su The Best Of Van
Morrison, sempre della Bang, sempre senza il
consenso del suo autore: anche questa volta i brani erano
intesi come basic tracks, sessioni di studio, senza una
forma definitiva e completa, ma solo a livello di
provini. Van parlando di questo album lo definisce
amaramente:The Worst Of Van Morrison.
Improvvisamente, nel dicembre '67, Berns muore, in
seguito ad un improvviso attacco cardiaco: Van è libero
da qualunque impegno lo leghi alla Bang, così si dà da
fare per trovare una nuova etichetta.
Nel luglio del '68 è in California e si esibisce dal
vivo con uno strano trio: John Payne (flauto), Tom
Kilbania (basso), Van voce e chitarra.
Il suono è chiaramente jazzato, con forti influenze da
parte di Ray Charles, Sam Cooke e Chuck Berry per la
scelta del materiale,, ed una formazione curiosa e poco
usuale.
Lewis Merenstein, engineer e produttore, lo convince a
fare un'audience alla Warner, e dopo poche sessioni
l'irlandese è messo immediatamente sotto contratto.
Astral
Weeks
viene concepito in due sessioni di otto ore l'una:
soltanto sedici ore per creare un capolavoro immortale,
un disco talmente fulgido, che anche ascoltato oggi
sembra un prodotto incredibile. Considerato uno dei
cinque dischi più belli di ogni tempo: Astral Weeks è un punto di partenza per
ogni autore intelligente, un punti di riferimento
obbligatorio: la sua vena jazzata, con chiari riferimenti
blues, l'esecuzione impeccabile, il suono strabiliante
rimangono ancora oggi uno dei miracoli della musica rock.
Van Morrison è stato considerato da molti un genio,
sopratutto per questa sua prima opera, e se consideriamo
che l'album è stato prodotto con pochi soldi ed in due
sessioni giornaliere, il disco acquista di più nella
nostra mente.
La reazione critica è immediata, tutti gridano al
capolavoro, mentre il risultato commerciale è piuttosto
povero: a tutt'oggi si stima che l'album abbia venduto
250.000 copie circa (solo per gli USA).
Van non si perde d'animo, anzi ringalluzzito dalle lodi
dei critici, si concentra maggiormente: va a vivere a
Woodstock, piccola comunità (quasi) rurale della
campagna newyorkese, nota per il famoso festival (che
però si svolse a circa 60 miglia) e per essere stata per
anni sede della band di Robbie Robertson.
Alla fine del '68 Van aveva sposato Janet Planet, una
modella dal viso dolce e gentile, che molto avrebbe
portato al già potente romanticismo insito nell'animo
dell'irlandese.
Moondance viene inciso in poche
stringate sessions, sei giorni, e praticamente eseguito
dal vivo, anche se l'album è fatto in studio: infatti
Morrison, prima di iniziare a incidere aveva già in
mente tutto, le canzoni naturalmente, quindi gli
arrangiamenti, il sound etc., per questo decide di
autoprodursi. Moondance
conferma
l'eccezionale stato di grazia dell'irlandese, anche se il
disco è su un piano strutturale completamente diverso da
Astral
Weeks:
il tessuto sonoro è fortemente influenzato dal rhythm
and blues, e l'andamento delle canzoni è strutturato
principalmente sull'uso delle tastiere, che sono affidate
al grande Jeff Labes, in seguito uno dei fedeli
collaboratori dell'irlandese. La sequenza di canzoni, che
occupano la prima facciata, è di una bellezza
disarmante. And
It Stoned Me, Moondance, Crazy Love, Caravan, e Into The Mystic. Alcuni giornalisti
inglesi, Tobler e Frame in particolare, l'hanno definita
la più perfetta side di ogni tempo, infatti è difficile
trovare tanto gusto, tanta misura, tanta classe, tanta
genialità unite in un unico solco, in cinque eccezionali
canzoni.
Nell'estate del '70 Van inizia ad incidere il suo terzo
album His
Band And The Street Choir per la Warner Bros.
La critica ed il pubblico avevano risposto bene a Moondance, da più parti si era
gridato al capolavoro e le vendite dell'album, alla fine
del '70 si aggiravano sulle 300.000 copie.
Van incide cos' il suo quarto album, nel pieno della sua
potenza di musicista, ed il risultato è sempre ottimo,
anche se da molti critici, specialmente europei, questo
disco viene definito minore. Lo stesso Morrison non è
molto contento dell'album, ed in alcune interviste
concesse qualche anno dopo lo considerò uno dei suoi
albums meno belli. Personalmente sono abbastanza legato
al disco, a brani come Domino, Crazy Face, Call Me Up In
Dreamland, Gypsy
Queen,
Sweet
Jeannie, e non lo considero certamente uno dei
punti peggiori della sua disciografia. Ad un anno esatto
di distanza esce Tupelo Honey.
Inteso inizialmente come un album di country western, il
disco si è poi sviluppato su temi più usuali
all'artista.
Decisamente commerciale, vedi Wild Night, è l'album di Van che ha
venduto maggiormente negli States: oltre 400.000 copie. A
Morrison il disco non piace molto, anzi rinnega alcuni
arrangiamenti, e non gli piacciono nemmeno alcuni
canzoni. (...)
Contiene due lunghe epiche canzoni: Saint Dominic's
Preview appunto e la grande Listen To The Lion, ma in tutto il resto del
lavoro si respira nuovamente aria di creatività, che
negli ultimi due lavori sembrava essersi leggermente
inceppata.
Van è uno scrittore con i fiocchi, prolifero e personale
come pochi al mondo, geniale creatore di melodie, forse
debole nelle liriche talvolta, ma la sua reale forza, il
suo carisma, provengono principalmente dall'uso della
voce e della potente musicalità che ogni sua
composizione emana.
L'uso di musicisti del calibro di Mark Naftalin e Ron
Elliott uniti ai soliti Schroer, Broussard, Mallaber,
Connie Kay (Modern Jazz Quartet, già grande in Astral Weeks) fanno di questo disco un
piccolo capolavoro sconosciuto, un cult album nel vero
senso del termine.
Un anno dopo, circa, esce il nuovo lavoro di Morrison,
quel Hard
Nose The Highway che
l'autore considera uno dei suoi migliori 'Lp in senso
assoluto. Da parte mia posso essere d'accordo solo in
parte con Morrison in quanto il disco è indubbiamente
buono, ma manca di quella potenza che ha caratterizzato
alcuni dei suoi precedenti capolavori. Hard Nose The
Highway ha dei momenti epici sopratutto in Wild Children stupenda canzone dedicata
alla generazione americana dei fifthies, con tanto di
citazioni e personaggi del calibro di Brando e Dean, e
nel toccante rifacimento della tradizionale Purple Heather. La lunga Autumn, pur bella, non ha però la
forza di brani come Listen To The Lion. Inoltre, per la prima
volta da quando incide per la Warner, Morrison canta
canzoni di altri autori: Purple Heather
appunto e Green di Joe Raposo, una canzone
della serie Sesame
Street,
che tra l'altro avrebbe dovuto essere il titolo di San Dominc's Preview.
Van Morrison è una star, non tanto per le vendite, che
non sono mai colossali, ma per il suo carisma, la sua
voce, la sua focosa personalità: quindi agli inizi del
'74, in pieno successo, la Warner decide di pubblicare un
doppio album dal vivo: It's Too Late To Stop Now.
Il disco esce doppio anche perchè la grande etichetta
californiana aveva rifiutato il progetto del musicista di
pubblicare Hard
Nose The Highway come album doppio, come era
nelle iniziali intenzioni dell'autore. Il doppio dal vivo
è chiaramente un album trionfale: splendida esecuzione,
splendida band (con gente del calibro di Labes, Platania,
Hayes, Schroer, Shaar) e contiene un po' tutto il genio
del musicista. Tramite i due dischi vediamo scorrere
quindici anni di carriera, i suoi brani preferiti, le sue
radici, i musicisti più amati: Sam Cooke, Sonny Boy
Williamsom, Ray Charles, Willie Dixon, Bobby Blue Bland,
quindi Cyprus
Avenue,
Gloria, Here Comes The Night, Caravan: una vita che scorre veloce
nei solchi di due stupendi albums.
La Caledonia Soul Orchestra, aumentata da una sezione
d'archi, è spettacolare ed il risultato non può essere
che positivo.
Il '74 è un grande anno per Morrison, lo dimostra la sua
serie impressionante di concerti, La Bang che pubblica il
suo terzo album non legale (T.B. Sheet, che contiene tra l'altro
le demo tracks di Madame George e Besides You) e lo stupendo Veedom Fleece, l'album pubblicato
nell'ottobre '74, un disco triste ed intimista, che
chiude in bellezza il primo ciclo della carriera del
grande irlandese.
Veedom
Fleece
viene concepito e registrato in pochi giorni, come Astral Weeks, e proprio al suo
capolavoro si deve fare testo in quanto questo nuovo
lavoro ne è il logico proseguimento. E' un album
spoglio, secco, poco strumentato, ma denso di musica,
genialità, emotività e passione: è dedicato
all'Irlanda, sua patria natia, come dimostra anche la
copertina, con una foto scattata appunto nella verde
isola. Brani come Bulbs, Streets Of Arklow (piccolo paese poco fuori
Dublino), Fair
Play,
Cul
De Sac
sono dei capolavori che rammentano la struggente bellezza
di Cyprus
Avenue
o Madame
George,
lo stesso Van è poi assai orgoglioso di questo suo
lavoro, tanto che, intervistato da un giornalista inglese
sul finire del '74, su quali lui considerasse fossero i
migliori dischi di ogni tempo risponde: 1) The Best Of Ray
Charles, 2) Ancient Music From European Age (musica medioevale), 3) Astral Weeks, 4) Shakey Blues di Shakey Jake, 5) Veedom Fleece. Presunzione! no,
piouttosto coscienza dei propri mezzi, autoconvinzione di
operare nel modo giusto, di essere uno degli autori più
importanti dell'era rock.
D'altronte dobbiamo considerare il fatto che Morrison non
è propriamente un rock fan, non è un acquirente di
dischi rock, ma un ricercatore, sulla linea di artisti
come Cooder o Bromberg: va a risentorsi vecchi dischi, di
jazz in particolare, pur non disdegnando, talvolta, di
ascoltare anche prodotti di autori a lui contemporanei:
infatti in una delle sue poche confidenze aveva detto che
gli piacevano molto Burnt Weeny Sandwich di Zappa,, per quella
seconda splendida facciata jazzata e un paio di brani di Low Spark Of High
Heeled Boys dei Traffic. Inoltre, sempre in confidenza,
dice che la sua migliore canzone in assoluto è Madame George, il masterpiece di Astral Weeks, seguita a distanza da
songs come Moondance (la devo rincidere, non mi
piace più la versione su disco), Caravan, Bulbs, etc.
La critica accoglie bene Veedom Fleece, ma non il pubblico,
infatti le vendite sono fallimentari, e questo crea
insicurezza nella mente di Morrison.
Cominciamo, con il '75, gli anni della crisi e dei
ripensamenti, gli anni in cui il nostro si ferma, non
smette di incidere, ma non pubblica nessuno dei suoi
lavori, non essendo convinto nè del risultato nè delle
sue composizioni. Sono anni amari, in cui i rapporti con
l'etichetta si fanno difficili, la critica, inglese in
particolare, lo sbeffeggia, lo ridicolizza, sia sui suoi
passati lavori, sia nelle sue rare performances dal vivo.
Un album, inciso nel dicembre '74, in Olanda, intitolato Mechanical Bliss, era già pronto per essere
pubblicato nel marzo dell'anno seguente ma l'autore,
incerto, ne ferma la pubblicazione, quando un 45 giri, Mechanical Bliss appunto era già stato
pubblicato, ed un lungo brano, This Is Not The
Twilight Zone aveva già avuto un consistente airplay
nella radio stations americane.
Lo stesso accade a Dream Theory, un titolo illusorio, altro
album inciso ma non pubblicato, che Van registra con i
Crusaders, una delle migliori formazioni di jazz rock.
Durante questi tre anni di stasi l'irlandese fa delle
sessions, ed in una di queste conosce Dr. John, con il
quale concepisce e costruisce l'album del suo ritorno.
Il rhythm and blues, il funky e certo jazz sono sempre
stati gli amori basilari di Morrison: ad esempio pochi
sanno che il nostro ama moltissimo Mose Allison, un
pianista californiano, depositario di uno stile
blues/jazz molto scolastico, ma assai efficace. Proprio
da Allison Van ha preso molto del suo stile originario,
la stringatezza delle composizioni, la tenue vena
jazzata, il modo di inserire la voce attraverso brevi e
ritmate frasi musicali. Allison a parte A Period Of
Transition vede la luce nell'ottobre del '77, ed il
disco, breve prima di tutto, quindi molto funky ed rhythm
and blues, risulta piuttosto deludente. Ho sempre cercato
di salvare e di capire quest'opera decisamente minore
dell'irlandese, ma, sentita oggi, mi sembra ancora meno
valida di quando era stata pubblicata. Morrison sembra
mancare assolutamente di ispirazione, ed il suo disco ne
risente pesantemente, malgrado la classe sia sempre
grande e la voce ineguagliabile.
Nel maggio '78 viene pubblicato il triplo album tributo
della Band, The
Last Waltz, in cui Van appare, in forma smagliante con
due stupendi brani, Caravan e l'inedita Tura Lura Lural: sia il film (diretto da
Scorsese), che la performance vitale ci fanno ritrovare
un musicista nuovo, nuovamente conscio del suo valore e
della sua classe.
La Warner punta molto sulla ritrovata vena del suo
pupillo e tenta un rilancio in grande stile: Van Morrison Live At
The Roxy è un promo album dal vivo, che l'etichetta
regala alle stazioni radio americane, per promuovere
l'uscita di Wavelenght.
Wavelenght vede la luce nell'ottobre
'78, ed è considerato da molti l'album della rinascita
di Van Morrison. E' un disco commerciale, ben fatto,
ottimamente strutturato, ma ancora privo secondo il mio
parere, dei dettami classici del genio morrisoniano,
anche se brani come Venice Usa e la lunga Take It Where You
Find It ci danno un Morrison che non sentivamo da
quattro anni, e l'epica Kingdon Hall è un perfetto trainer per
un lavoro, tutto sommato, positivo.
Wavelenght ha comunque buon successo
di pubblico, e la critica americana ridà all'irlandese
una posizione più consona al suo reale valore.
Tornato all'apice della sua creatività l'irish cowboy
riprende a scrivere ed a incidere con rinnovato
entusiasmo: a cavallo tra il '78 ed il '79 incide vari
demos, a Mill Valley, con il fido David Hayes, Ronnie
Montrose, Terry Dolan ed altri musicisti della bay area.
Il nastro non viene pubblicato, ma le "white summer
session" co mostrano un Morrison decisamente
aggressivo, molto rockeggiate, vicino a certi limiti
musicali che non avweva mai sfiorato in passato.
Sommessamente, verso la fine di agosto del '79, esce Into The Music, che, ad un continuo
ascolto, posso facilmente considerare il miglior lavoro
del musicista dal '74 ad oggi. Into The Music è un'opera densa, musicale,
geniale, con delle composizioni classiche, con delle
invenzioni, con un Morrison decisamente e completamente
rinnovato: è un nuovo fantastico cult album.
La fede religiosa ritrovata, che si rispecchia attraverso
i testi mistici, il suo amore per l'Irlanda (Rolling Hills), la lunga ed inimitabile And The Healing Has
Begun
e l'omaggio all'eterno amore rhythm and blues con la
splendida riedizione del classico di Tommy Edwards It's All In The Game, fanno di questo album una
pietra miliare nella storia di Morrison musicista.
Gli anni ottanta si aprono con un nuovo capitolo: Common One. Un album difficile,
jazzato, denso di riferimenti letterari, che giunge dopo
tredici anni, a completare la logica trilogia iniziata
con Astral
Weeks
e continuata con Veedeom Fleece. Difficle e ostico nella
sua struttura sonora Common One si articola su sei brani,
di cui due lunghissimi: è un'opera destinata a crescere
nel tempo, è un lavoro interiore, meditato e costruito
attraverso un lungo studio di creazione e di lettura
musicale. Common
One
è quasi un capolavoro, gli manca solo un po' di
comunicativa, un pizzico di facilità, ma è comunque il
risultato di un artista sempre in movimento, sempre
pronto a ricercare ed a reinventare, cosa oggi sempre
meno comune nell'ambito della musica rock.
Paolo
Carù da
Buscadero n° 14 marzo 1982
|
- Astral Weeks
(1968) Charter Line ctr 26004 - vinile
1. Astral Weeks 7.00 - 2. Beside You 5.10 - 3. Sweet Thing 4.10 - 4. Cyprus Avenue 6.50 - 5. The Way Young Lovers Do 3.10 - 6. Madame George 9.25 - 7. Ballerina 7.00 - 8. Slim Slow Slider 3.20
Musicians:
Van Morrison, Connei Key, John Payne, Joy Berlinger,
Richard Davis, Warren Smith Jr.
Produced by Lewis Morenstein
Stupirà
pochi lettori la presenza di questo album nella nostra
selezione; in qualsiasi classifica che si rispetti le
"settimane astrali" di George Ivan hanno sempre
trovato spazio e positive critiche.
La registrazione eseguita, come la leggenda ricorda, in
presa diretta in un tempo record di otto ore, è ancora
oggi enconiabile per la bravura dei musicisti e per la
calda atmosfera che tutti i brani emanano.
Nel 1986 Van, come ben sanno i nostri lettori, dopo il
successo europeo con i Them e il primo raffazzonato album
edito dalla Bang di Bert Berns giunge alla più
importante label americana. Il giovane musicista
abbandona i panni del "three minutes composer"
nei quali aveva già dato prova della sua bravura e dai
quali aveva ricevuto la meritata "Gloria", per
creare una serie di bellissime composizioni completamente
al di fuori dai canoni allora vigenti.
L'album per questi motivi non rappresentò un successo di
vendita ma per gli stessi motivi è ancor oggi un'opera
importante nella giovane storia del rock. Dalla signorina
Gloria a Madame Giorge
dalla adolescenza alla maturità si attua la prima ascesa
artistica del musicista irlandese, a cui seguirà, subito
dopo, la notturna "Danza della luna".
Gianni
Galli
da Buscadero n° 100 febbraio 1990
- Inarticulate Speech Of The Heart
(1983) Mercury 811 140 - vinile
1. Highter Than The World 3.42 - 2. Connwater 4.09 - 3. River Of Time 3.02 - 4. Celtic Song 5.03 - 5. Rave On. John Donne 5.12 - 6. Inarticulate Speech Of The
Heart 4.53
- 7. Irish
Heartbeat 4.40
- 8. The
Street Only Knew Your Name 3.36 - 9. Cry For Home 3.44 - 10. Inarticulate Speech Of The
Heart II 3.53
- 11.
September Night 5.16
Musicians:
Van Morrison, Mark Isham, Chris Michie, David Hayes,
Peter Van Hooke, Pee Wee Ellis, Tom Donlinger, John
Allair, Arty McGlynn, Dave Spillane
Produced by Van Morrison
Sul finire degli anni '70, quando il presentimento delle
"settimane astrali" si segna realtà, si ha
l'impressione che Van Morrison abbia scritto, per il
passato e per il futuro, un'opera, sintesi dell'universo
interiore deformato e recondito che anima la sua natura
febbricitante. Astral Weeks
è il respiro della fantasia, sfuggevole e conturbante,
libero di stupire per la facile e difficile elusività
dei contorni. La porta dell'immaginazione si è aperta
all'abbraccio della notte e la musica, nostalgica di
un'ansia futura, scorre luminosa e profonda. La grandezza
del Van Morrison artista superiore è già un dato
definitivo; l'energia di trasformazione, la sua forza di
far rinascere la musica come da una sorgente vergine,
lasciano intravvedere l'essenza di uno spirito che si
compenetra inequivocabilmente alla musica, alla
vibrazione del suono e dell'animo. La musica è come una
glabra creatura che può vivere, morire e rinascere, e
Van Morrison con lei camminare, scendere al fondo del
buio, risalire verso la luce ed elevarsi al di sopra
delle forme e dei modelli.
Capito questo, di Morrison e della sua espressività,
tutto si chiarisce e poco importa che sia l'urlo lacerato
di T.B. Sheets, il
soul od il rhythm'n blues a pulsare caloroso, il
misticismo estatico di Beautiful Vision
a suggerire un alito di imbarazzo, la terra ad avvolgere
il figlio tra le braccia.
Nulla conta più della musica, di quella voce interiore
che trova vita e espressione nello strumento, nella
vocalità unica, nel candore di un'intimità libera di
sgorgare, vagare, esplorare i grandi spazi dell'anima e
della mente.
E questi "moti inarticolati del cuore" ancora
una volta allargano l'orizzonte di una inclinazione
antica e rinnovata, toccano la verità di una rinascita
spirituale, il fascino misterioso di un lirismo
traboccante. Che sia la sola musica turbata d'immensa
suggestione, o la voce calma e controllata dimentica
delle lacerazioni di un tempo, è poco importante, quel
che appare imprescindibile e fortemente persuasivo è lo
spettacolo di un'ispirazione gioiosa e sofferta che si
rigenera nell'esperienza del vivere la speranza, la
fatica, l'amore, il dolore.
In tutto questo non c'è novità o continuità, perchè i
valori di tempo e di spazio sembrano trasfigurarsi come
quei fremiti di vileann pipes che affiorano nella foschia
della commozione per andare lontano, là dove il cuore
può ancora suggerire un barlume di smarrimento ed un
presentimento farsi realtà.
Inarticulate Speech Of The Heart,
forse, null'altro che un gran disco.
Ugo
Bacci
da Rockerilla n° 34 maggio 1983
- Poetic Champions Compose
(1987) Mercury 832 585 - vinile
1. Spanish Steps 5.22 - 2. The Mystery 5.16 - 3. Queen Of The Slipstream 4.55 - 4. I Forgot That Love Existed 4.18 - 5. Sometimes I Feel Like A
Motherless Child 4.20 - 6. Celtic Excavation 3.17 - 7. Someone Like You 4.05 - 8. Alan Watts Blues 4.24 - 9. Give Me My Rapture 3.45 - 10. Did Ye Get Healed? 4.06 - 11. Allow Me 3.55
Musicians:
Van Morrison, Neil Drinkwater, Steve Pearce, Roy Jones,
Martin Drover, Mick Cox
Produced by Van Morrison
Recorded at the Townhouse Studios, London and The Wool
Hall Beckington
Engineering by Mick Glossop
Cover photo by Steve Rapport
Van
Morrison ha gridato la sua rabbia ai tempi dei Them,
scritto Astral Weeks
nel '68, ringraziato Ron Hubbard - il padre della
Scientologia - sulla copertina di Inarticulate
Speech Of The Heart nell'83, e
dichiarato la sua indipendenza mentale e ideologica
nell'album No Guru, No Method, No
Teacher. E' un celta mistico e inquieto
che appartiene a buon diritto all'ala colta del rock.
Van Morrison sa di poesia, musica e letteratura; il folk
celtico resta al fondo della sua cultura, le musiche
nere, il blues, il soul e il jazz, ha imparato a
conoscerle penetrandone il dolore. Ha imparato anche a
dominare le interperanze del Rhythm & blues e dei
fiati, addomesticandoli ad una velocità lacerata e
imperiosa. Ogni anno licenzia un disco per sè e per chi
sa perdersi nel segreto della sua musica; da qualche
tempo senza entusiasmare forse, ma con classe e la
consapevolezza di essersi ritagliato un posto a parte
nello scaffale del cantautorato internazionale. Le sue
innate doti di antidivo, il fascino profondo di una voce
squisitamente umorale, il suo modo d'intendere la musica,
hanno valso al rock alcuni momenti davvero imperdibili.
Diversamente da Jagger o Paul McCartney, Van Morrison non
ha bevuto elisir di lunga giovinezza e porta su di sè i
segni di una vita non facile, con fierezza e
determinazione, senza l'intenzione di nascondere le
ferite dell'animo. A dispetto del suo aspetto goffo e
dimesso, Morrison è in grado di scuotere fortemente il
sentimento di chi l'ascolta, vuoi per quella voce
conturbante, vuoi per l'insinuante umanità della sua
musica.
Saremmo tentati a questo punto di definire Poetic
Champions Compose un album
"solito", legato al filo dell'ultima produzione
mistico-ancestrale di Morrison, ma un ascolto attento
impedisce di liquidare la questione in tal modo. E' vero
che l'album non aggiunge che poco a quel che già si
conosce dell'artista irlandese, ma è altrettanto vero
che nelle pieghe di Poetic Champions
Compose si rintracciano segnali
probanti di un'ispirazione ancora viva e turbata.
Tra utopie romantico-religiose, riferimenti colti e
ondeggianti di soul celtico, Van Morrison dispiega il suo
universo interiore e apre al jazz con sobria compostezza.
Lo discono apertamente Spanish Steps
e Allow Me, due
ballads jazzy appena sonnolenti; anche se a tutto
preferiamo la cover di Sometimes I Feel
Like a Motherless
Child, un traditional che Van Morrison
ha trasformato in un commovente e lacerato lamento.
Ugo
Bacci
da Rockerilla n° 86 ottobre 1987
- Veedon Fleece
(1974) Polydor 839 164 - cd
1. Fair Play 6.12 - 2. Linden Arden Stole The
Highlights 2.36
- 3. Who
Was That Masked Man 2.42 - 4. Streets Of Arklow 4.32 - 5. You Don't Pull No Punches
But You Don'y Push The River 8.48 - 6. Bulbs 4.15 - 7. Cul De Sac 5.42 - 8. Confort You 4.21 - 9. Come Her My Love 2.18 - 10. Country Fair 5.35
Musicians:
Van Morrison, Ralph Walsh, John Tropea, David Hayes, Joe
Macho, Dahaud Shaar, Allen Swartzburg, Jim Rothermel,
Jack Schroer, Jeff Labels, James Trumbo
Produced by Van Morrison
Recorded at Caledonia Studios, California and Mercury
Studios, New York
Engineering by Jim Stern, Dahaud & Jean Shaar, Elvin
Campbell
Cover photo by Tom Collins
Quando mi
è venuto in mente di riproporre Veedon
Fleece ho pensato subito che questa
idea voleva esse un omaggio all'Irlanda, prima ancora che
all'autore di un disco così bello. Per divertimento, ho
voluto cercare fra i miei libri un filo conduttore che mi
spiegasse una volta ancora perchè questa terra lascia
negli animi di chi la visita un delizioso senso di
serenità. Perchè, quando siamo là, anche le piccole
cose ci sembrano uniche e meravigliose. E, sopratutto,
perchè gli artisti avvertino sempre forte il desiderio
di raccontare quello che hanno visto e vissuto. Capire
queste cose può aiutare ad apprezzare ancora di più il
disco di Van Morrison. Nel suo libro dedicato
all'irascibile irlandese (1987 Gammalibri), Guido Giazzi
scriveva: "Veedon Fleece...è
il documento sonoro di un viaggio interiore, forse
l'album più autobiografico del musicista, che inserisce
nei solchi le sue sensazioni e i suoi ricordi...uno
straordinario ritratto ad acquarello dell'Irlanda".
Un secondo e conseguente riferimento letterario mi è
venuto dallo scrittore tedesco Heirich Boll, autore del
"Diario d'Irlanda (l'ultima edizione è negli Oscar
Mondadori, numero 2097). Nella prefazione di questo
splendido volume, Italo Alighiero Chiusano scriveva
"...un pezzo di letteratura, ma vorrei dire quasi di
musica, che sa davvero di vacanze, di respiro
ossigenante, di sogno o di favola".
Neanche sforzandomi potrei trovare analogie fra Morrison
e Boll. L'arte e il sentimento che la genera, invece, li
unisce, come la casualità che li ha visti entrambi,
anche se in epoche differenti, ma per motivi simili, a
spasso per l'Irlanda. Da questi due viaggi sono nati un
grande disco e un grande libro, due raccolte di
sentimenti e di poesia.
Il ritorno musicale di Van Morrison nella sua Irlanda
inizia nei profumi e nella pace interiore di Fair
Play, uno stato d'animo che si respira
in tutto il brano, nella dolcezza e, insieme, nella forza
dei rintocchi pianistici, nel lavoro cesellato e
incessante delle chitarre. Fair Play
è una parabola descrittiva che racchiude tanti temi
musicali cari al suo autore. Con Linden
Arden Stole The Highlights, dove il
pianoforte è sempre in grande evidenza, Van Morrison ci
porta davvero lontano, la melodia vola alta nel cielo,
accarezzando il verde e sacro mantello del Belbulben per
poi svanire fra le nuvole irrequiete. La poesia prosegue
in Who Was That Masked Man:
insieme al brano precedente, poco più di cinque minuti
di musica immortale. Delle Streets Of
Arklow, la bella cittadina un poco a
sud di Dublino, anch'essa affacciata sul mare ho anch'io
un bellissimo ricordo. Questa musica che la racconta ne
conserva i colori e anche la tiepida allegria.
You Don't Pull No Punches, But You Don't Push The River
si muove a lungo su un navigato mare di suoni e di
parole, con il suo ritmo ossessivo, con il canto
aggressivo di Morrison ed i suoi timbri così
particolari. Cul De Sac
è un segno di pace, è il sentirsi dinuovo a casa, è il
Van Morrison che ammiro di più, quello che veste i panni
del narratore e che affascina con le sue storie, con la
sua voglia di gridare i suoi pensieri al mondo. E quando
la soffice dolcezza del paesaggio ammorbidisce il suo
cuore nasce Comfort You,
dove Morrison dà retta ai consigli delle fate e
accompagna le note ad ascoltare l'oceano che si nasconde
nella fredda sabbia nella baia di Dingle. Come
Her My Love, magari
vicino a un semplice fuoco di torba, in una casa dalle
pareti con il colore del cielo, dove un vaso d'erica e un
pizzo ricamato sono l'unico orpello di una terra povera. Country
Fair è una canzone davvero intrisa
d'Irlanda, l'emozione rallentata di tante melodie che si
ripetono e si rinnovano nel tempo e nella tradizione. E'
il brano che chiude il trittico della pace sognata e
ritrovata, un motivo che mi piace pensare contenga secoli
di gioia, di tristezza e di speranza. Perchè nei paesi
d'Irlanda si respira ovunque il desiderio della speranza,
tante volte anche la malinconia della rassegnazione,
sempre il sentimento dell'amore per questa terra.
Di "quell'Irlanda" di cui ci hanno raccontato i
grandi scrittori e i poeti, oppure i musici, con le loro
note piene di pioggia come i campi e i sentieri, come gli
alberi e come il cielo. Tanti anni dopo Veedon
Fleece, Van Morrison tornerà a casa
per accarezzare i mattoni di Hyndford Steet, tornerà a
cercare i suoi ricordi e il suo passato nella musica che
li ha tenuti in vita.
Roberto
Anghinoni da Buscadero n° 147 maggio 1994
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