Popol Vuh
album
in pagina
-
Hosianna
Mantra
- Agape
Agape
-
Tantric
Songs
-
In Den Garten
Pharoas
-
Sei Still, Wisse Ich Bin
- Die
Nacht Der Seele
- The
Best Soundtracks From Werner
Herzog Film
I Popol Vuh si costituirono nel
1970 attorno al tastierista Florian Fricke. Con il primo disco (Affenstunde,
1971) si inserirono nel filone della musica cosmica alla Schulze,
anche se con un vizio di spiritualismo che li distingue dal resto del
branco.
In Den Garten Pharoas (1972) segnò un radicale allontanamento dai
clichè della musica cosmica.
La title-track inizia in un clima apocalittico con un'enfatica
ouverture di organo e coro alla King Crimson, ma le percussioni (prima
dei tabla convenzionali, poi una rumoristica in crescendo più
lisercica) e il protrarsi ad libitum di quel "muro"
organistico rendono disumana, e sovrumana, quell'immagine surplace.
Fricke fonde il caos epico di Saucerful
Of Secrets
(percussioni assordanti più coro spettrale) e l'estasi del mantra
indiano.
Vuh,
primo capolavoro di spiritualismo atmosferico e celestiale, rinnega
definitivamente il tribalismo "nero" del rock teutonico e
abbraccia invece una forma di musica liturgica umile e immanente: un
rumore d'acque fruscianti, un vocalismo elettronico che fluttua inerte
e atemporale, un fitto tappeto di tabla, sibili galattici e alla fine
un concerto di note paradisiache. Tutto procede lentamente, con il
ritmo millenario del cosmo, in un senso inquietante di vuoto.
L'arte di Fricke esplora antri metafisici e tende a un'illuminazione
sull'essenza delle cose, al suono interiore di cui favoleggiano i guru
orientali.
Il nuovo corso di Fricke, inaugurato dalla messa Hosianna
Mantra (1973), consiste
proprio nel rinunciare all'elettronica magniloquente e nel riscoprire
un tono più intimo e raccolto della musica, rifondando con ciò la
musica cosmica come armonia universale e non come schizzo di
fantascienza, come fioretto francescano invece che ciclone sinfonico,
e in definitiva come musica di catarsi, infinitamente umana.
Il misticismo acustico di Hosianna
Mantra accosta antico e
moderno in una sorta di musica per catacombe spaziali. L'equilibrio
miracoloso del sound non ha precedenti nella storia del rock (non
certo l'ingenua messa degli Electric Prunes): fra cherubini che
suonano Chopin e fachiri minimalisti, canti gregoriani e soprano in
trance, Friche (piano) e i suoi cinque collaboratori (chitarra, oboe,
violino, tamboura e canto) tessono un'atmosfera sognante e
cristallina, esile ed evanescente, profumata ed ammaliante.
Il crepitio emotivo degli strumenti e le melodie lente e trasparenti
concorrono al restauro dell'ordine naturale, nel nome di un
revisionismo che ripudia la violenza come strumento di liberazione e
tende all'estasi immanente.
La formazione si arricchisce di strumenti anomali, fino a diventare un
piccolo ensemble da camera.
Ah!
apre l'oratorio sulle note intense e scarne del piano, che dialoga
quasi in lontananza con il cembalo e il violino, fino a costruirsi uno
schema compiuto che poi ripete con infinite variazioni. Il Kyrie
è cantato su un registro di bisbiglio onirico e i suoi struggenti
versi affondano in una pioggia rarefatta di tamboura, piano e oboe. Il
mantra eponimo è un crescendo nervoso di accordi paradisiaci che
fluttuano senza coesione, dominati dalle frasi melodiche dell'oboe.
Ancora l'oboe è lo strumento guida dell'Abschied,
teso in una struggente melodia che è una danza rinascimentale al
rallentatore. Ma in Segnung
e Nicht Hoch Im Himmel
si torna al rarefatto accompagnamento free form per il canto dimmesso
della soprano, librato in preghiere sempre più umili e liriche (in
particolare la seconda, un ghirigoro celestiale e onirico), a cui si
alterna talvolta la chitarra. La melodia è ridotta all'essenziale, a
una frase ripetuta all'infinito, e il ritmo è quasi del tutto
assente. Hosianna Mantra
capovolge il rapporto fra il rock e le sue aspirazioni, le quali in
questo caso sono, tra l'altro, tutte fuori dal seminato: il folk
indiano, la canzone rinascimentale, le suite barocche, la liturgia
gregoriana. Hosianna Mantra
è anche il capolavoro del rock religioso, infinitamente più geniale
del raga-rock e delle pose naif di Santana.
Selipreisung
(1973) e Einssjager Und
Siebenjager (1974), entrambi
tratti da libri sacri, ritornano a uno schema più convenzionale, con
la formazione ridotta a tre unità (Fricke, la cantante Djong Yun e il
percussionista-tastierista Daniel Fichelscher). Letzte
Tage Letze Nachte (1977)
muta direzione, verso un suono più facile e ritmato, lirico e
maestoso.
La monumentalità e il fascino arcano delle loro suite li porterà a
specializzarsi in colonne sonore, in particolare quella per Nosferatu
(Sohne Des Lichts,
1978, trionfo dell'horror).
I Popol Vuh furono invece importanti proprio per aver reagito al
monumentalismo "cosmico" e "nero" del rock tedesco
con opere di pura suggestione lirica, recuperando un far musica senza
ritmo di origini ancestrali.
Piero Scaruffi
da:
Storia del Rock (dal Glam al Punk 1974-1980)
1990 ed. Arcana
|
- Hosianna Mantra
(1973) Spalax 14209 - cd
1. Ah! 4.44 - 2. Kyrie 5.24 - 3. Hosianna Mantra 10.15 - 4. Abschied 3.12 - 5. Segnung 6.06 - 6. Andacht '43 - 7. Nicht Hoch Im Himmel 6.20 - 8. Andacht '44
Musicians:
Florian Fricke, Conny Veit, Robert Eliscu, Djong Yun,
Klaus Wiese, Fritz Sonnleithner
Produced by Florian Fricke
Engineering by Wolfang Loper and Hans Endrulat
Popol Vuh è il nome di un testo sacro, scoperto negli
anni '50, di una tribù indiana, i Quichè, diretti
discendenti dei Maya, i cui rituali erano incentrati
sulla potenza dinamica del suono e i suoi effetti
psichici. Il libro deve aver influenzato enormemente
Florian Fricke, giovane diplomato in piano e composizione
al Conservatorio di Friburgo,, appena iniziato agli
arcani della scienza maya dal suo grande amico il regista
tedesco Werner Herzog.
Fricke, infatti, chiama Popol Vuh l'ensemble musicale con
cui inzia nel 1969 uno straordinario viaggio, tutt'ora in
corso, dentro l'essenza più intima dei suoni e,
riconoscente, firmerà diverse colonne sonore per film
del suo amico cineasta. I primi due lavori, Affestunde
e In Den Garten Pharoas,
sono una rappresentazione del carattere primordiale del
suono: l'elettronica assoluta dei sintetizzatori
squarciata dalla fisicità arcana delle percussioni
turche.
La leggenda narra che Fricke abbia spacciato per anni
eroina allo scopo di acquistare il moog che campeggia
nella realizzazione di questi due dischi. Una leggenda
indubbiamente falsa e maligna, dato che la musica
realizzata, specie nel "Giardino Dei Faraoni",
raramente era arrivata a contemplare così da vicino la
sostanza stessa della vita, ma che spiegherebbe il
fortissimo senso di redenzione che emana dalla
realizzazione di Hosianna Mantra,
il terzo lavoro del 1973. Fortemente spirituale, quasi
totalmente acustico, questa congiunzione tra l'osanna
della tradizione cristiana ed il mantra orientale è
l'accostamento più prossimo alla perfezione assoluta
raggiunto dai Popol Vuh.
Fricke, abbandonata l'elettronica, siede dietro le
tastiere acustiche di un piano e di un clavicembalo e con
una formazione rinnovata intraprende una direzione
totalmente diversa da quella delle prime due opere. La
musica fa il verso al "lieder" dei compositori
romantici trasfigurati con un lirismo e una serenità
davvero sovrumani. All'uopo vengono adoperate le
tamboura, portate dalla Persia insieme agli insegnamenti
dei maestri sufi, di Klaus Wiese, allacciate a due
strumenti classici della tradizione occidentale come
l'oboe, suonato da Robert Eliscu, e il violino,
imbraqcciato da Fritz Sonnleithner. Tamboura, oboe e
violino volteggiano negli arabeschi delle scale
orientali, intonate, con delicatissima elettricità,
dalla struggente chitarra di Conny Veit e dal liquido
pianoforte di Florian, mentre su tutto la cantante
coreana Djon Yun, con voce sublime e sussurrata, salmodia
i versi sacri del libro do Mosè.
Assente ogni traccia di possibile barocchismo, Hosianna
Mantra è lo splendore semplice e
toccante di poche preziose note che si rincorrono e si
compongono in istantanei ceselli, frantumati e ricomposti
in forme diverse nello scorrere delle battute.
A distanza di quasi vent'anni risulta un'opera unica,
fuori dal tempo; la sua particolare musicalità verrà
ripresa dai Popol Vuh nelle opere successive ma mischiata
ad altri modi espressivi e non usata in un compatto
"continuum" come qui. Dalle sue schegge più
superficiali e appariscenti trarrà ispirazione il filone
new-age, altre, più preziose, le troveremo degnamente
utilizzate nella musica ambient o nelle proposte di
soffice ricerca di David Sylvian, ma il corpo, l'essenza
dell'opera, rimane a tutt'ora integra e inesplorata.
L'album, da tempo è di difficile reperibilità.
Antonello
Antonelli da World Music n° 7 gen/feb 1992
- Agape Agape
(1983) Union Records u o15 - vinile
1. Hand In Hand 3.00 - 2. They Dance, They Laughed, Af
Of Old 4.53
- 3. Love,
Life, Death 1.27
- 4. The
Christ Is Near 3.50
- 5. Love
Love 5.24
- 6.
Behold, The Drover Summonds 5.55 - 7. Agape Agape 4.56 - 8. Why Do I Still Sleep 8.00
Musicians:
Florian Fricke, Conny Veit, Daniel Fichelscher, Renate
Knaup
Produced by Florian Fricke/Popol Vuh
Recorded and mixed at the Bavarian Musikstudio, Munich on
June-October 1982
Engineering by Stefan Massimo Jaunch, Peter Kramper amd
Angie Melitoupulos
Non tutti
sanno che anticamente la misura veniva utilizzata come
potente strumento di guarigione. Presso le civiltà
precolombiane - ma anche in alcune tribù di pellerossa e
in numerose zone dell'Africa - vi è testimonianza di
questo uso "magico" del suono. Malattie anche
gravissime venivano curate e guarite grazie alla musica:
si riteneva vi fosse una sorta di armonioso suono
interiore che - alterato dalla malattia - era
indispensabile ritrovare per ristabilire l'equilibrio
perduto. Questo segreto è ormai sconosciuto ai più, e i
tristi musici che affollano oggi le sale d'incisione
pensano innanzi tutto a risanare la salute del proprio
portafogli. I Popol Vuh - sulla scena da ormai quindici
anni e forti di una discografia ricca di almeno una
dozzina di titoli - sembrano a essere gli unici veri
custodi di questa antica capacità terapeutica.
Da sempre ai margini della produzione musicale, trattati
con cortese sufficienza dalla critica e salutati da un
briciolo di popolarità (conquistata musicando i films
del geniale Werner Herzog), i Popol Vuh non si sono mai
esposti alle lusinghe dello "show business".
Florian Fricke fondatore del gruppo, ha trovato nel libro
sacri degli indiani Quichè (popolo colto ed
evolutissimo, discendenti dai Maya, spazzato via dalla
ferocia del famigerato Cortes), la saggezza e la
profondità di cui ha penetrato la propria musica. Un
delicato panteismo accompagna tutta la produzione dei
Popol Vuh; il desiderio di fondersi con il mondo, di
partecipare al flusso che attraversa ogni cosa.
Nobilitata da un amore profondo per tutto ciò che è
vivo, questa musica non è in fondo nient'altro che una
semplice silenziosa preghiera rivolta al Dio-Natura, un
Dio che non ha bisogno di comandamenti e che nulla ha a
che vedere con la tetra vendicatività che è di tante
religioni. Qui c'è gioia, c'è la voglia e il bisogno di
respirare insieme, c'è una fiera e insopprimibile
serenità. E se un nemico c'è, questo è certamente il
linguaggio che divide e classifica, la parola col suo
potere di corrompere le cose nel momento stesso in cui le
nomina ("non si può avere libertà che fuori dal
linguaggio").
Agape Agape cerca di
dire quel continuo innamoramento che si trova a vivere,
che ritrova il giusto rapporto con la vita. Non a caso
"Agape - comunemente "banchetto, convito di
amici - significa etimologicamente "amore" (ma
gioca anche con una ulteriore, deliziosa ambiguità,
poichè in inglese significa anche "a bocca
apert", e quindi "stupore",
"meraviglia").
Con estrema naturalezza Agape Agape
si riappropria dei frammenti più genuini di Aguirre
e Die Nacht Der Seele
e li restituisce arricchiti da cori di grande bellezza
(alcuni brani sono esclusivamente vocali) e dagli
incantevoli arabeschi chitarristici di Conny Veit,
rientrato nell'organico. Qua e là reminescenze di musica
antica conferiscono un tono maestoso e solenne
all'insieme; tuttavia, escludendo la voluta opacità di Love,
Life, Death e la dissonanza che
troviamo in Behold, The Drover
Summonds, la quiete e
la dolcezza risultano essere ancora una volta il tratto
più caratteristico dell'opera.
Agape Agape è un
disco che rasserena. Non una delle tante cianfrusaglie
sopravvissute alla scomparsa della musica
"cosmica", non la colonna sonora per i sogni di
un'improbabile "gioventù lisergica", ma il
soffio gentile di una musica nata per celebrare la vita -
o più precisamente ciò che la vita dovrebbe essere.
Antonio
Curtoni da Buscadero n° 30 ottobre 1983
- Tantric Songs
(1981) Celestial Harmonies cel 006 - vinile
1. Mantra Of The Touching Of
The Heart 1.50
- 2.
Mantra Of The Touching Of The Heart II 2.14 - 3. Angel Of The Air 2.39 - 4. Angel Of The Air II 2.53 - 5. In The Realm Of Shadow 2.12 - 6. Wanderer Through The Night 4.09 - 7. Listen He Who Ventures 5.56 - 8. Brother Of Darkness-Sons Of
Light 16.42
Musicians:
Florian Fricke, Daniel Fichelscher, Susan Goetting, Bob
Eliscu, Al Gromer, Ted De Jong
Produced by Florian Fricke
Engineering by Hans Keller and Rudolf Wohischager
Cover photo by Florian Fricke
- In Der Garten Pharoas
(1975) PDU sq 6009 - vinile
1. Vuh 19.48 - 2. In Der Garten Pharoas 17.37
Musicians:
Florian Fricke, Holger Trulzsch, Frank Fledler
Produced by Popol Vuh
Due altre lunghe sedute di ipnosi elettronica,
una per facciata secondo la classica
stesura degli album "cosmici" del periodo: il brano omonimo risale
all'anno prima e mostra un'evoluzione del suono verso forme di
elettronica più calde e coinvolgenti, con le percussioni a dare un po'
di inquietudine e un vago afflato mistico che anticipa la svolta
di Hosianna Mantra. Vuh è registrata dal vivo in una
chiesa bavarese e sconta i toni forse troppo magniloquenti dell'organo e
l'eccessivo sovraccarico sonoro della parte centrale.
Cesare Rizzi da The Prog Side Of The Moon ed. Giunti (2010)
- Sei Still, Wisse Ich Bin
(1981) Innovative Comunication ks 80 007 - vinile
1. Wehe Khorazin 6.21
- 2. Und Als Er Sah Es Gehy Dem Ende Zu 7.10
- 3. Garten Der Gemeinschaft 4.45
- 4. Germeinsam Afen Sie Das Brot 3.00
- 5. Laff Los 6.44
- 6. Germeinsam Tranken Sie Den Wein 4.00
- 6. ...Als Lebten Die Engel Auf Erden 2.15
Musicians:
Florian Fricke, Renate Knaup, Daniel Fichelscher, Chris Karrer
Produced by Klaus Schulze
Cover photo by Thomas Lindner
- Die Nacht Der Seele
(1992) Spalax 14204 - cd
1. Mantram Der Erdberuhrung 2.14
- 2. Engel Der Luft 2.40
- 3. Mit Haden, Mit Fussen 2.44
- 4. Wo Bist Du, Der Du Uberwunden /Gesegnet Du,
Bei Deiner Ankunft 5.42 - 5. Mantram Der Erdberhrung II 2.14
- 6. Im Reich Der Schatten 2.14
- 7. Wanderer Durch Die Nacht 4.09
- 8. Mantram Der Herzberhurung 1.49
- 9. Auf Dem Weg 2.55
- 10. Mantram Der Herzberhurung II 1.41
- 11. In Der Halle Des Lernens 4.03
Musicians:
Florian Fricke, Daniel Fichelscher, Djong Yun, Renate Kraup, Susan Goetting, Bob
Eliscu, Al Gromer
Produced by Florian Fricke
Engineering by Hans Keller, Rudolf Wohischager, Eberhard Pann, Robert
Wedel
Recorded at Bavaria Ton Studio, Munchen
- The Best Soundtracks From Werner Herzog Film
(1992) High Tide tide 9110 - cd
1. Engel Der Luft
2.37 - 2. Wehe Khorazin
5.36 - 3. Im Gartem Der Gemeinschaft
4.42 - 4. ...als Lebten Die Engel Auf Erden
2.11 - 5. Lacrimè Di Rei
6.13 - 6. Hore, Der Du Wahst
1.40 - 7. Bruder Des Schattens/Sohne Des Licths
16.19 - 8. Die Umkehr
1.17
Musicians:
Florian Fricke, Conny Veit, Robert Eliscu, Djong Yun, Daniel Fichelscher,
Renate Kraup, Susan Goetting, Al Gromer, Chor Ensamble der Bayerischen
Staatsoper Munchen
Produced by Florian Fricke
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