Rolling Stones
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Aftermath
- Jou
Jouka
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- Aftermath
(1966) Decca 820 050 - cd
1. Mothers Little Helper - 2. Stupid Girl - 3. Lady Jane - 4. Under My Thumb - 5. Doncha Bother Me - 6. Goin' Home - 7. Flight 505 - 8. High And Dry - 9. Out Of Time - 10. It's Not Easy - 11. I Am Waiting - 12. Take It Or Leave It - 13. Think - 14. What To Do
Musicians:
Mick Jagger, Keith Richard, Brian Jones, Bill Wyman,
Charlie Watts, Jack Nitzsche, Jan Stewart
Produced by Andrew Loog Oldham
Recorded at RCA Studios, Hollywood
Engineering by Dave Hassinger
Aftermath
è il primo vero disco degli Stones inteso come
"concetto" nel senso di brani scritti apposta
per l'album tutti da Jagger e Richard.
E' l'album con cui gli Stones divengono adulti, i testi
si fanno più profondi e Brian Jones instiga verso una
creatività che vede il blues e il rock n'roll sposarsi
ingegnosamente e coraggiosamente con gli strumenti
tradizionali ed etnici. Sitar, dulcimer, marimbas,
xylofono, clavicembalo si integrano nell'anima nera delle
loro radici musicali e il risultato è fantastico, a
cominciare dal delirio di Goin' Home,
undici minuti di improvvisazione che abbaglia la futura
produzione di Doors e Love.
L'album avrebbe dovuto intitolarsi allegoricamente Could
You Walk On Water?, riferimento biblico
che coglie la dilatazione del loro senso musicale. La
misoginia di Mick splende in Under My
Thumb e Stupid Girl,
Lady Jane
(l'equivalente stoniano di Norwegian
Wood) appaga il barocco che alberga in
Brian Jones, Out Of Time
sarà la fortuna del cantante Chris Farlowe. Poi c'è una
sorta di moderno rockbilly in Mother's
Little Helper e il pericoloso volo di Flight
505.
Mauro
Zambellini da Buscadero n° 239 ottobre 2002
- Jou Jouka
(1971) Coc 49100 - vinile
1. Jou Jouka (part one) - 2. Jou Jouka (part two)
Musicians:
The Master Musicians of Jou Jouka, The Maalmin Of Ahl
Serif Jou Jouka Tatoof
Produced by Brian Jones
Engineering by George Chklantz
Cover painting by Hamri
Nel 1968,
un anno prima della sua morte, il chitarrista dei Rolling
Stones Brian Jones si recò in Marocco per registrare
musiche locali: Su indicazione di un pittore che già
viveva in quel luogo da parecchi anni, dal nome quasi da
"alter ego" di Brion Gysin, la rockstar arrivò
al villaggio di Joujouka, ai piedi della catena montuosa
del Rif. Alla fine del mese di Ramadam, con la luna
nuova, là si teneva una cerimonia. Il principale
protagonista dell'evento era una maschera, Bou Jeloud,
che gli etnologi ritengono discendere dal dio delle
selve, Pan il satiro, e la stessa cerimonia era forse
un'erede dei "lupercalia", le feste in onore
del dio che si tenevano nell'antica Roma in febbraio. La
maschera appariva nel cuore della notte, al suono
stridente di obi e flauti ed al ritmo incessante delle
percussioni, coperta da pelli di capra appena scuoiate,
brandendo due ferule di arbusti. Bou Jeloud afferrava le
donne, le faceva ballare, le frustava in un crescendo
isterico, sino ad incontrare la terza notte Aisha
Kandisha, Astarte, Diana, La Vergine Miriam, ed a
possederla simbolicamente, perchè il ciclo della vita
potesse ricominciare.
Quanto di tutto questo può restare in un disco? Mancano
i profumi delle notti africane, le mosche insistenti che
non lasciano pensare, gli odori che fulminano, i sorrisi
spesso un po' sdentati di laggiù, i coltelli, gli
animali sgozzati senza complimenti, la polvere che si
infiltra dappertutto. Mancano un po' troppe cose. Gli
anni sono passati, il "tè nel deserto" di
Brian Jones è stato bevuto, lui ha finito i suoi giorni
sul fondo di una piscina.
Nel frattempo, i musicisti di Joujouka sono stati ospiti
dei Rolling Stones in Steel Wheels,
si esibiscono al Womad e negli Stati Uniti, tutto scorre.
Oggi non si sa se appaia più remota la cerimonia di Pan
o un'hippy biondo e famoso che gira il mondo con un
registratore. Certo all'epoca tutto era autentico, i
musicisti di Joujouka non erano mai stati registrati,
ciò che è restato su quel nastro è vero, ma in fondo
è solo una reliquia.
Michele
Paparelle da Buscadero n° 163 novembre 1995
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