Ten Years After



album in pagina

- Watt
-
Recorded Live
- Rock'n 'Roll Music In The World



Se li sono dimenticati tutti, almeno qui da noi, ma ci fu un tempo in cui i Ten Years After erano famosi e riveriti, e non solo nei circoli esoterici del rock blues. Non fu proprio nel periodo che andiamo a raccontare, il 67-68 degli inizi, ma un po' più in là, intorno a Woodstock: perchè i Ten Years After parteciparono a quella storica cerimonia e per sei minuti, non poco, trionfarono anche nel film con cui Michael Wadleigh immortalò il festival. Si vedeva il cappelluto Alvin Lee, leader e fiammeggiante chitarra della band, vorticare senza pause sulle note di Goin' Home, uno dei brani più classici del repertorio; ed era uno spettacolo che piaceva, non proprio come i prodigi di Santana o Jimi ma un bel gioco di prestigio comunque. Fu quello il punto chiave della loro carriera e, se vogliamo, anche la piccola maledizione. Si legarono mani e piedi a quel successo, si convinsero che non valeva la pena di essere creativi, bastando un po' di facile illusionismo. Vissero di rendita per cinque anni, trascurando progressivamente il rock blues con cui avevano cominciato per un pirotecnico rock molto plateale. Più hard che heavy, anzi, più fast che altro. Ai Ten Years After piaceva la velocità - la chitarra che inanellava giri su giri, il treno ritmico che correva più veloce del treno famoso di Casey Jones. Il pubblico ci stava: quel pubblico dei '70 che, davanti alla complessità e anche alla crisi della scena, aveva deciso di prendere la scociatoia della semplicità.

Il disco d'esordio è dell'ottobre 1967 ma prima c'è una lunga marcia di avvicinamento che inizia a Nottingham, nel 1961, con un trio di pop rock chiamato Jay Birds. In quell'uovo originario ci sono il già inquieto Alvin Lee e il bassista Leo Lyons, entrambi adoloscenti. Segueno le onde delle musiche alla moda fino al 1965, quando imbarcarono un terzo Ten Years After, il batterista Ric Lee; poi decidono di farsi coraggio e si spostano verso cose nuove, trasferendosi contemporaneamente a Londra. Nella capitale non è facile. Per sbarcare il lunario, suonano in piccoli teatri del West End e fanno i turnisti in scena per gruppi-fantasma. Amano il blues, in realtà, e quando gli impegni di lavoro glielo concedono si buttano sull'amata black music e giocano a fare i Bluesbreakers, gli Yardbirds, i Cream. Suonano al Marquee, una sera, di spalla alla Bonzo Dog Doo Dah Band, e provano a farsi chiamare Blues Yard; ma li convince di più un'altra sigla, Ten Years After, e con quella si impongono alla 7a edizione del Festival Blues di Windsor, entusiasmando la platea e incuriosendo anche i discografici presenti.

Nel frattempo è entrato un quarto elemento, il tastierista Chick Churchill, con la sua passione per il soul jazz di Jimmy Smith e Georgie Fame.

Mike Vernon, il produttore di John Mayall, li porta in studio e li fa incidere. La libertà è massima ma la band non si sente completamente a proprio agio. Forse è perfezionismo, forse paura di volare; fatto sta che Alvin Lee e i suoi non ameranno mai troppo quel primo disco, privo a sentir loro del fuoco e sangue che infiammano le esibizioni dal vivo nello stesso periodo. Il pubblico non la pensa allo stesso modo, e neanche la critica. Quando
Ten Years After esce, nell'autunno 1967, sono in diversi ad accorgersene, anche se è il momento forse più fulgido di tutta la storia del rock britannico e la concorrenza non manca. Piacciono la fantasia della band, il tiro secco dei ritmi, il tratto nitido della chitarra che si invola per le sue fantasie; e piace il repertorio, specie in quei brani che i Ten Years After hanno preso a prestito da altri e personalizzato con puntiglio. Spoonful, di Willie Dixon, regge il confronto con la gigantesca versione che Eric Clapton e i Cream stanno scolpendo in quegli stessi mesi; e meglio ancora Help, di Sonny Boy Williamson, uno slow blues che esalta le doti di suggestione di Alvin Lee. Bello anche I Want To Know, un beat spiccio di Paul Jones composto sotto pseudonimo; e ancora meglio Can't Keep From Crying Sometimes, un Al Kooper in origine scritto per i Blues Project in cui si rivela l'anima più delicata del leader, il suo gusto per fluidi fraseggi alla Wes Montgomery. I brani originali sono più deboli, un compitino dovuto per fare pratica e cercare nuovi sbocchi, a cominciare dalla calligrafia Jimmy Smith di Adventures Of A Young Organ; ma non rovinano il quadro complessivo, e l'idea di un blues portato "in the sky with diamonds"; negli spazi che l'emergente psichedelia e il nuovo rock progressivo stanno delianeando.

L'dea dello show come luogo ideale per la musica Ten Years After diventa una piccola ossessione e così, a primavera del 1968, il gruppo decide di interrompere la preparazione del secondo 'Lp in studio e registra al volo un disco dal vivo - c'è un tour americano in partenza e l'idea è che un live possa agevolare lo sbarco oltreoceano. Non ci sono però tanti mezzi e così la scelta cade sul
Kloock's Kleeck, una gloriosa topaia jazz blues a West Hampstead, Londra. John mayall ci aveva registrato il suo primo disco, e non per caso; il locale è fianco a fianco con gli studi Decca e con qualche filo volante si possono collegare i microfoni del palco con la consolle dello studio. Quella volta, a dire il vero, non va cos' liscia, la sala è occupata e bisogna inventarsi un desk di fortuna; ma il dado è tratto e il 14 maggio 1968 i Ten Years After vengono registrati in due appassionati set davanti a un pubblico su di giri. Solo una parte dello show però va su disco. Undead, qualche mese più tardi: il resto finisce nei cassetti, e qualcosa anche si perde.

Il nuovo
Undead di questi giorni ha una mezz'ora in più e rende meglio l'idea di quei giovani e frementi rocker "dieci anni avanti". I Ten Years After suonano come desiderato, sporgo e swingante. Non si calano negli abissi dell'intensità blues, curano poco le sfumature e badano piuttosto a pungere l'attenzione con rapide stilettate di chitarra, con il teso accompagnamento di basso e batteria e il gonfio suono hammond di Chick Chrchill. Più che Spoonful, comunque proposta con devozione, i brani-chiave sono I May Be Wrong e sopratutto Woodchopper's Ball, un lontano Woody Herman scoperto chissà come e fatto diventare un luogo classico degli show. Anche Can't Keep From Crying rende bene l'idea, intrecciata con una lunga Extension On One Chord di dodici minuti in cui finiscono citazioni di vario genere (anche gli Stones di Paint It Black). A Lee e alla sua banda piace dilungarsi, suonare in libera jam, alla californiana. Anzi, qui siamo agli inizi e l'approcio è perfino timido: i 5-10 minuti di molti brani diventeranno più avanti quarti d'ora, a cominciare dall'arcifamosa Goin' Home, che in Undead fa il suo debutto.

Per avere un'idea dei cambiamenti Ten Years After nel periodo, prima e dopo Woodstock, si può confrontare questo live con il doppio
Fillmore East 1970 che la Crysalis ha pubblicato l'anno scorso. "Uno dei migliori show di tutta la nostra carriera", giurano i protagonisti, e in effetti suona così; più liberi, più esperti, più sicuri di sè quei Ten Years After '70 - anche se un po' compiaciuti e molto, troppo scaltri.

Non per fare lo snob, ma con
Stonedhenge, 1969, arriva il successo ma se ne va l'ispirazione. E' un disco sbiadito, furbino, che poggia sulla trovata di legare tutti i brani fra loro con una serie di evanescenti intermezzi. Rare tracce di blues, nessuna avventura fuori schema; e una serie di anemici brani, tutti scritti in proprio, che hanno il solo scopo di innescare la chitarra di Alvin Lee per infiniti giri d'onore. Una galleria di luoghi comuni: klo scat di Skoobly-Oobly-Doobob, i riff prevedibili di Hear Me Calling, la batteria-locomotiva di Speed Kills, che va a schiantarsi con effetti speciali. Il pubblico comunque mostra di gradire: sesto posto nelle classifiche e un bonus di popolarità che servirà anche per gli album successivi: Sssh, Crickewood Green e Watt.

Non sono più un gruppo di culto, i Ten Years After, non si provano neanche a onorare la loro impegnativa sigla, "dieci anni avanti". Finiscono nel rock "mainstream" e ci resteranno fino al '74, con un'intensa produzione e concerti. 100-200 concerti ogni anno, una trentina di tournèes nei soli Stati Uniti. Ai giorni di
Undead il loro produttore Mike Vernon li aveva definiti bene "musical gimnasts", atleti rock capaci di combinare muscoli e inventiva. A un certo punto rimarranno solo muscoli; ma certi creativi esercizi dei primi due album, quella eccentrica ginnastica rock blues, si può ricordarla ancora oggi con piacere.

Riccardo Bertoncelli da Rockerilla n° 265  settembre 2002


- Watt
(1970) Crysalis CHR 1085 - vinile

1. I'm Coming On (A. Lee) 3.45 - 2. My Baby Left Me (A. Lee) 5.20 - 3. Think About The Time (A. Lee) 4.41 - 4. I Say Yeah (A. Lee) 5.15 - 5. The band With No Name (A. Lee) 1.35 - 6. Gonna Run (A. Lee) 6.00 - 7. She Lies In The Morning (A. Lee) 7.21 - 8. Sweet Little Sixteen (C. Berry) 4.08

Musicians:
Alvin Lee, Leo Lyons, Chick Churchill, Ric Lee

Produced by Ten Years After
Recorded at Olympic Sound Studio
Engineering by Andy Jonns
Cover by Alan Black

- Recorded Live
(1970) Columbia c2x32288 - vinile

1. One Of These Days (A. Lee) 5.36 - 2. You Give Me Loving (A. Lee) 5.25 - 3. Good Morning Little Schoolgirl (Williamson) 7.17 - 4. Hobbit (R. Lee) 7.15 - 5. Help Me (Williamson) 10.44 - 6. Classical Thing (A. Lee) '55 - 7. Scat Thing (A. Lee) '54 - 8. I Can't Keep From Crying Sometimes (A. Kooper) 1.57 - 9. Extension On One Chord (Ten Years Aftter) 10.46 - 10. I Can't Keep From Crying Sometimes (A. Kooper) 3.21 - 11. Silly Thing (A. Lee) '26 - 12. Slow Blues In C (A. Lee) 7.26 - 13. I'm Going Home (A. Lee) 9.30 - 14. Choo Choo Mama (A. Lee) 2.56

Musicians:
Alvin Lee, Leo Lyons, Chick Churchill, Ric Lee

Produced by Ten Years After
Engineering by Chris Kimsey
Cover photo by Brian Cooke

- Rock'n 'Roll Music In The World
(1972) Crysalis CHR 1009 - vinile

1. You Give Me Loving 6.31 - 2. Convention Prevention 4.25 - 3. Turned Off TV Blues 5.12 - 4. Standing At The Station 7.07 - 5. You Can't Win Them All 4.05 - 6. Religion 5.44 - 7. Choo Choo Mama 4.00 - 8. Tomorrow I'll Be Out Of Town 4.26 - 9. Rock And Roll To The World 3.40

Musicians:
Alvin Lee, Leo Lyons, Chick Churchill, Ric Lee

Produced by Ten Years After
Recorded at Olympic Sound Studio
Engineering by Andy Jonns