Syd Barrett
album
in pagina:
- Barrett
- The
Madcap Laughs
collabora
in:
- The Piper At The Gates Of Dawn
- A Sarcerfull Of Secrets
- Relics
(Pink Floyd)
Quando
Syd si presentò da Waters e compagni con una stranissima
canzone, Have
You Got It Yet? la cui struttura, qualcuno avrebbe potuto
affermare, era in se stessa intrinsecamente diacronica (questo
"qualcuno" avrebbe potuto essere Robert
Sheckley - nel suo racconto - Mun Mun egli inventa una
lingua che cambia continuamente in modo che l'ascoltatore
è impedito nel comprenderla e nel parlarla), il bassista
incapace di cantarla affermò in una intervista a Zig Zag
che non era se non "l'opera geniale di un pazzo".
Non credo sia il momento adatto per rielencare ora le
pluricitate stranezze di Barrett, anche perchè per far
ciò basterebbe aver sottomano il discreto libruscolo di
G. Radice, o i buoni testi Floyd di Walter Binaghi, la
cui introduzione è già abbondantemente infarcita di
anedottica. Penso che sia necessario invece esaminare
alcuni dati di fatto.
Roger Keith Barrett pare tornato a buona popolarità; non
è certo quella dei primi anni settanta, ma è
sintomatico che se True West, Jesus & Mary Chain, un
Marc Almond nel suo "excursus" Mambas
s'attardano a recuperare note e versi, qualcosa è
rimasto. Certo, Barrett ha significato qualcosa in più;
la sua forma peculiare di "psicadelia" non si
limitava ad agire sul contenuto ma violava l'essenza
stessa della normale forma fruibile del brano. Alla
"linearità" si opponeva l'oltraggio sonoro,
almeno in tutto il periodo-Floyd. Trasgressione totale,
cosa che aveva trovato sedi differenti oltre oceano, ma
sopratutto ricerca intrapersobanel (così è stato
tramandato l'enigma) balenante in funzione della "nicominatide
dell'acido lisercico", ingerita od iniettata.
Probabilmente le grandi epoche di sogni in technicolor
hanno sommerso le "scoperte" successive
dell'uomo, che dalla critica non hanno mai ricevuto
troppo spazio. Merito di questo se le ostriche non sono
state dischiuse; ascoltare oggi Barrett è un'operazione
attuale e più produttiva che mai. "Fare un album
per me era una sfida, perchè non avevo niente da cui
iniziare". Alla logica mastodontica dei Floyd,
Barrett pone il suo strano veto. Un "veto" di
canzoni tutte da essere comodamente ascoltate, ma ridotte
ad un comune denominatore amcor molto di là dall'essere
compreso. Non per nulla, il disco più vicino alla
sensibilità a The
Madcap Laughs - sia pure con tutte le differenza di clima
e di "mood" - è proprio Chelsea Girl di Nico (e Trout Mask Replica dall'altra popolarità, non
prescindendo comunque da sottili implicazioni hendrixiane).
Un ascolto parallelo può forse dimostrare più attinenze
che contrasti, anche se da punti di vista sfalsati almeno
di un oceano. In realtà Barrett non ama le
semplificazioni, e sia The Madcap Laughs che Barrett lo stradiscono nel momento
in cui costruisce alcune delle più perfette progressioni
d'accordi concepibili in una realtà dove Wyatt è ancor
membro più o meno legale dei Soft Machine, e Canterbury
è solo un nome di là a venire. La sua vicenda è in
fondo affine a quella di Beefheart, entrambi troppo
creativi per la loro epoca, mitologizzati ed
ipostatizzati ancora prima di essere capiti. In I Poeti
Del Rock, antico libro di Bertoncelli, ne si coglieva a
più riprese piccoli parallali: il sottile estremismo
paragonato alla velocissima citazione del "Ginsberg
più spettinato" di Van Vliet. E per quanto i
Gabriel e i Bowie dai simboli fin troppo intelettualoidi
saranno i Breton della situazione, per poi ricadere nella
musica di massa quando il gioco più non varrà la
candela, noi tutti sappiamo bene dove il MODO è stato
originato.
Si dice spesso che le canzoni di Barrett siano malate. Terrapin, Baby Lemonade, Late Night lo sono, e dovono essere
comparate con altri "malati" ectoplasmi sonori
(anche se credo in un lettore smaliziato che intuisca
l'ironia della cosa). Il caso è quello che emerge dalle
consimili esperienze di Cope, se si vuole: non è
apprezzamento razionale quello che è richiesto. I mezzi
per svelarlo non esistono, vi sono solo i modi per
perdersi in esso. L'unica differenza è che il caos di
Barrett è più distante da noi, è un "vasto
campionario di musica dell'assurdo" come scrissero
altrove Al Aprile e Luca Majer. La "scrittura
spontanea" era da poco entrata nel rock n'roll, e già
qualcuno se la gestiva a suo modo dimostrando ampia
conoscenza e lungimiranza.
La strana ballata di Octopus, nel quale il tempo si
frattura più volte (come capita spesso in Barrett,
strane sincopi d'accordi rendono dinamico il fluire della
composizione e fuggono indistintamente per poi riuscire
d'accento - una ritmica molto insolita, per non nominare
poi il normale concetto d'assolo e delle sue alterazioni
- ) persiste nel voler affermare la logica sottilmente
Zen che era stata di The Gnome proprio così come Chapter 24 ricalcava più o meno
esattamente alcune idee numeriche del Tao-Te-Ching. Tale
la musica, tali le parole, anch'esse in fuga tangenziale.
Il mondo di Barrett, per quello che possiamo saperne, è
un mondo di cose che non accadono, ed i motivi ci sono
preclusi: "Si, posso dire che tu non puoi essere
quel che vorrai" (No Good Trying).
Non abbiamo chiare idee sul bestiario geniale che
racchiude, oltre ai famosi elefanti effervescenti, anche
tartarughe marine, topi, una ridda zoomorfa "meditabonda"
che giunge alle note "api" rapidamente
tracciate su una copertina. Non è necessario scrivere su
questo "dotti" libri, come per la "Capra"
di Saba: chi scrive è fermamente convinto della
paragonabilità degli insetti di Barrett ai disegni del
"ribelle" Chu Ta, geniale evocatore, fattosi
passare per pazzo e muto al tempo della detronizzazione
dell'ultimo imperatore Ming, nel 1644. Memorabili le sue
idee, torve e bieche, aquile dal piumaggio di un "nero
inquietante" e che sembrano "non accordare al
mondo altro sguardo se non quello della loro fiera
indifferenza" (dal libro di Francois Cheng Mille
Anni Di Pittura Cinese .l'universo ineffabile). Delle
opere cinesi, sottili eterei messaggi troppo umani,
Barrett possiede l'uso dello sfondo vuoto. Le sue api
sembrano essere state prese da un etmologo e poste sopra
al nulla. L'uso preciso dei pastelli, del resto, le
tridimensionalizza. Come i pittori cinesi, sempre "paesaggisti"
per meglio descrivere le tortuose e involute zone d'ombra
interiori. E la "depressiva" chitarra è
l'involontario secondo pennello, il cui paesaggio ha
profondi echi chiaroscuri, una volta velocissimamente
disteso. C'è realmente, qui dentro, il respiro
dell'universo.
Comunqu, non c'è solo "sabbia delle passate
avventure", e nemmeno solo Mesca; ci sono già le
implacabili "inversioni" di note di Dominoes (un intero assolo "rivoltato",
mandato al contrario proprio come molte delle "voci
di End
Of An Ear e come Bowie stesso insegnerà a Fripp fra
una sbirciata e l'altra). Per tutto ciò che è
necessario che qui non sia detto, siamo tutti quanti
troppo poco documentati sui dipinti di Barrett e, se
continuassimo, il tempo potrebbe smentirci. Ma accadrà
forse che qualcuno recuperi da antiche e desuete stanze,
oltre a qualche foto e pacchetto vuoto di svedesi, anche
qualche polverosa tela.
A. S. da Rockerilla
n° 55 marzo 1985
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- Barrett
(1970) Harvest c154-50351 - vinile
1. Baby Lemonade 4.05 - 2. Love Song 2.59 - 3. Dominoes 4.03 - 4. It Is Obvious 2.54 - 5. Rats 2.56 - 6. Maisie 2.50 - 7. Gigolo Aunt 6.40 - 8. Waving My Arms In The Air I
Never Lied To You 3.54 - 9. Wined And Dined 2.52 - 10. Wolfpack 3.41 - 11. Effervesching Elephant 1.51
Musicians:
Syd Barrett, Jerry Shirley, David Gilmour, Richard Wright
Produced by David Gilmour and Richard
Wright
Engineering by Peter Brown
Cover photo by Blackhill Ents
- The Madcap Laughs
(1970) Harvest c154-50350 - vinile
1. Terrapin 5.00 - 2. No Good Trying 3.22 - 3. KLove You 2.25 - 4. No Man's Land 2.57 - 5. Dark Globe 1.58 - 6. Here I Go 3.07 - 7. Octopus 3.42 - 8. Golden Hair 1.55 - 9. Long Gone 2.46 - 10. She Took A Long Gold Look 1.53 - 11. Feel 2.16 - 12. If It's You 2.22 - 13. Late Night 3.11
Musicians:
Syd Barrett, Jerry Shirley, David Gilmour, Richard Wright
Produced by David Gilmour and Richard
Wright
Engineering by Jeff Jarratt, Pete Mew, Mike Sheady
Cover photo by Blackhill Ents
In una scena inglese con molti personaggi eccentrici,
lunatici, un po' folli, Syd Barrett è sicuramente lo psicorocker di
maggior culto. Dopo aver creato il primo magnifico album dei Pink Floyd,
Barrett Perde lucidità mentale e viene allontanato.
Questo suo primo 'lp è lo specchio della sua tormentata anima di artista
non-musicista, scrittore di fantastiche piccole storie di vita
immaginaria, di canzoni incerte, traballanti, incompiute eppure
affascinanti. Terrapin, Love You, Dark Globe,
Octopus, Long Gone dicono di uno stile assolutamente non
canonico nè melodico, a volte anche stonato ma seducente come raramente
capita nel rock.
Partecipano i Soft Machine e gli ex compagni David Gilmour e Richard
Wright. Dopo il secondo omonimo 'lp, alla fine del 1970, Barrett si
autoesclude dalla scena rock fino alla morte.
Cesare Rizzi
da The Prog Side Of The Moon ed. Giunti (2010)
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