John Coltrane
(1926 - 1967)



album in pagina

- A Love Supreme
- Afro Blue Impressions
- My Favorite Things




collabora in:

- Circle In The Round
- Cookin'
- Kind Of Blue
- Milestones
- 'Round About Midnight

  (Miles Davis)




Il 17 luglio 1967, in un ospedale di Huntington, Long Island, si spegneva l'uomo che aveva aperto le strade del jazz moderno: John Coltrane.

Era nato ad Hamlet, nella Carolina del Nord, il 23 settembre del 1926; ed aveva iniziato a suonare il sax contralto e il clarinetto, per passare più tardi al sax tenore, stumento dal quale era rimasto affascinato dopo aver senstito Lester Young e Johnny Hodges. La sua carriera di musicista seguì, almeno nella prima parte, un iter tradizionale: dal 1946 al 1948 di dedicò prevalentemente al Rhythm And Blues, suonando dapprima in un gruppo diretto da Joel Webb ed in seguito nelle formazioni di Eddie Vinson e King Kolax.
Tra il '49 e il '51 fu al fianco di Dizzie Gillespie; dal '52 al '53 con Earl Bostic per confluire poi nel gruppo di Johnny Hodges, da poco reduce delle compagnie di Duke Ellington.

Nell'autunno del '55 approda alla corte di Miles Davis. Era ancora uno dei tanti anonimi boppers neri in cerca di fortuna.

Il processo di maturazione iniziò dopo l'incontro con Thelonius Monk.

Coltrane iniziò a suonare con lui nel 1957, in un quartetto del quale si parla tutt'ora negli ambienti del jazz; e la scrittura al Five Sport gli diede la possibilità di confrontarsi con le tematiche rivoluzionarie della musica di Monk: "il lavoro con Monk" disse John " mi portò vicino ad un architetto musicale di primissimo ordine. Ogni giorno imparavo da lui qualche cosa, per mezzo dei sensi, oltre che teoricamente e tecnicamente. Parlavo con Monk di problemi musicali e lui si metteva al piano e mi mostrava le risposte suonando. Io lo guardavo, e scoprivo ciò che volevo sapere".

Fu proprio allora che Coltrane sviluppò gli armonici che Ira Gitler chiamò
sheets of sound (lastre di suoni), per la velocità con la quale veniva eseguita una varietà di suoni acuti e bassi. Purtroppo non esistono incisioni rappresentative del quartetto di quel periodo, che possano illustrare la crescita tecnico-strumentale di Coltrane al fianco di Monk. Tuttavia è possibile valutare il potenziale raggiunto dal sassofonista in quei mesi grazie ad alcune registrazioni immediatamente successive per la Prestige e la Blue Note:
Blue Train è un blues che riscatta,, sia dal lato compositivo che da quello interpretativo, tutto ciò che Coltrane aveva inciso prima.

Nel 1958 ritorna con Miles Davis consapevole di essere un musicista maturo e con una gran voglia di scoprire cose nuove: "suonava accordi, e in accordo ne suonava un'altro, e poi die, poi li suonava in cento modi diversi". La sua incredibile versatilità e la fervida immaginazione, ebbero un riscontro più concreto quando, con Miles Davis, si comincò a battere la strada dell'improvvisazione modale, che costituiva una nuova e straordinaria fonte di ispirazione; completamente differente dalla concezione parkeriana, essenzialmente basata sulle sequenze armoniche e sui temi, l'improvvisazione modale si sviluppava sull'utilizzazione degli svariati tipi di scale o modi.

Alla fine del 1960, Coltrane incise quello che sarebbe poi diventato un capolavoro della storia del jazz:
My Favorite Things. E' questa un'incisione importantissima, sopratutto perchè segnò l'esordio di Coltrane al sax soprano, uno strumento dal quale era rimasto affascinato, dopo averlo sentito suonare da Steve Lacy, alla fine del 1959, in formazione allora con Thelonius Monk (Lacy, dopo Sydney Bechet, è stato il primo musicista del jazz moderno a rivalutare il suono del sax soprano). My Favorite Things era lo specchio della maturazione artistica raggiunta da Coltrane. Oltre agli sviluppi armonico-ritmici, veniva curata sapientemente la dimensione melodica del brano, che, vale la pena di ricordare, era un valzer tratto da un musical di Richard Rodgers. Gli anni che seguirono il 1960 si svilupparono all'insegna di una continua e frenetica ricerca, che ebbe come ultima spiaggia il rifugio del misticismo religioso. Sono di questi anni incisioni indimenticabili come Greensleeves, India e Impressions, che lo videro affiancato ad Eric Dolphy, con il quale condivise l'ammirazione per le culture musicali araba e indiana.

In quegli anni Coltrane aveva nel cuore anche Coleman, e l'incisione di
Ascension testifica il suo tributo al free jazz. Una conversione, la sua, che fondeva la libertà di una estetica musicale con un profondo credo religioso, universale e sotto certi aspetti cosmico.

A Love Supreme, del 1964, è un canto di lode a Dio un canto di amore e di preghiera, del quale Coltrane stesso scrisse il testo. Dal 1960 in poi Coltrane diresse, a parte aggiunte occasionali, un quartetto composto da Elvin Jones (batteria) e McCoy Tyner (pianoforte), mentre il contrabassista cambiava spesso, segno anche di una continua ricerca armonica di base: da Art Davis si passò a Reginald Workman, fino ad arrivare a Jimmy Garrison, l'unico musicista del quartetto che Coltrane tenne fino al 1965.

Tra gli esperimenti di questo periodo, ci fu anche l'utilizzazione contemporanea di due contrabassisti: un esempio è il sestetto che suonò in
Olè Coltrane, che vedeva John Coltrane al sax soprano, George Lane al flauto e sax alto, Freddie Hubbard alla tromba, McCoy Tyner al piano, Reggie Workman e Art Davis al contrabasso, Elvin Jones alla batteria. Il quartetto con Garrison fu comunqu la formazione che Coltrane amò di più, e da cui si staccò solo dopo il 1965, quando in ossequio ed una maggiore libertà di espressione scelse sua moglie Alice Coltrane al piano, Rashied Alì alla batteria, ed aggiunse il conturbante sassofono di Pharoah Sanders.

Il 1965 e il 1966 furono anni in cui la ricerca diventò spasmodica: "si occupava di musica giorno e notte" - diceva sua moglie Alice - "aveva disegnato un mappamondo pieno di numeri, dal quale ricavava delle scale...". Dopo un tour in Giappone, Coltrane rallentò vistosamente la sua attività ed entrò in studio per le ultime volte nel febbraio/marzo del 1967. Fu ricoverato in ospedale il 16 luglio per un cancro al fegato, e morì il giorno dopo, tra lo stupore dei parenti e degli amici più stretti, ai quali aveva nascosto la grande sofferenza che lo aveva tormentato negli ultimi giorni.

La vita per la musica, l'amore per Dio come reazione alla travagliata esistenza dei suoi fratelli neri e la inopinabile convinzione di quanto inesauribile sarebbe stata la sua ricerca, sono i parametri di un sistema di assi tridimensionali, per il quale non sarà mai possibile trovare dei valori idonei a raffigurare, in termini quantitativi, la grande figura di John Coltrane.

Maurizio Larentici da Buscadero n° 74 ottobre 1987


- A Love Supreme
(1964) Impulse impl 5000 - vinile

1. Acknowledgement 7.39 - 2. Resolution 7.15 - 3. Persuance/Psalm 17.40

Musicians:
John Coltrane,
McCoy Tyner, Jimmy Garrison, Elvin Jones

Produced by Bob Thiele
Recorded on 9th December 1964
Engineering by Rudy Von Geleder
Cover photo by Bob Thiele

A Love Supreme: un'opera d'arte, un capolavoro assoluto non solo della storia jazzistica, ma anche della cultura novecentesca, in grado di stare sul medesimo piedistallo ad esempio di Guernica di Piacasso, della Cappella Ronchamps di Le Corbusier o dell'Ulisse di Joyce.
A Love Supreme è un disco che vanta numerosissimi traguardi. Quasi impossibile elencarli tutti.
In primis è la summa della musica coltraniana, di questo inimitabile tenorsassofonista (1926 - 1967) che arriva molto tardi alla fama e alla maturazione della propria creatività, almeno per un jazzista: di solito i genii, nella black music, si manifestano già a ventenni, mentre lui si fa conoscere ormai trentenne, nel quintetto di Davies; con quest'ultimo inventa lo stile modale, basato sull'improvvisazione per scale e non più tematica. Incide i primi capolavori a suo nome per l'Atlantic attorno al 1960, poi il nuovo contratto per la Impulse gli permette di spingere ancora più a fondo una ricerca ormai personalissima che, subito dopo
A Love Supreme, sfocerà in un free jazz dal forte sapore mistico. Del resto trascedentale è anche la visione di A Love Supreme, dedicato appunto ad una fede superiore, ad un amore panreligioso, che supera le barriere delle fedi tradizionali, anche grazie al tramite della musica, forse l'unica forma umana in grado di avvicinarlo ad una sfera celeste. Ispirato dunque seriamente (non come alcuni gruppi beat) alle filosofie e alle musiche orientali, dall'India all'Arabia, Coltrane spinge il suo hard-bop modale verso l'infinito. Ed il risultato ha del sorprendente, anche in virtù della perfetta intesa con i suoi tre collaboratori, in quello che molti studiosi hanno giustamente definito il miglior quartetto jazz di ogni tempo: McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al contrabasso, Elvin Jones alla batteria. A Love Supreme era un concept album, o meglio ancora una suite articolata in quattro parti distinte (Acknowledgement, Resolution, Pursuance, Psalm) che oggi suona quasi classica.
Guido Michelone da Buscadero n° 241 dicembre 2002

- Afro Blue Impressions
(1977) Pablo 2620 101- vinile

1. Lonnie's Lament (J. Coltrane) 10.02 - 2. Nalma (J. Coltrane) 7.55 - 3. Chasin' The Trame (J. Coltrane) 5.41 - 4. My Favorite Things (Rodegers/Hammerstein) 21.35 - 5. Afro Blue (J. Coltrane) 7.37 - 6. Cousin Mary (J. Coltrane) 9.52 - 7. I Want To Talk About You (B. Eckstein) 8.12 - 8. Spiritual (J. Coltrane) 12.15 - 9. Impressions (J. Coltrane) 11.30

Musicians:
John Coltrane,
McCoy Tyner, Jimmy Garrison, Elvin Jones

Produced by Norman Granz
Cover by Norman Granz and Sheldon Marks

La tournèe europea di John Coltrane fu uno dei grandi eventi jazzistici del 1962, in un momento di fervore di un'arte che stava affrontando una nuova radicale evoluzione. Era il secondo viaggio nel Vecchio Continente del grande sassofonista con un gruppo tutto suo, dopo una prima apparizione in Europa con un quintetto guidato da Miles Davis che si trovò al centro di furiose polemiche. I meno giovani appassionati milanesi ricorderanno benissimo quelle battaglie e quei momenti di esaltazione: le polemiche del Teatro Lirico agli inizi del 1960 lasciarono il posto, sul finire del '62, ai generali consensi che accolsero il gruppo di Coltrane, e lui in particolare, al Teatro dell'Arte al Parco.
Proprio da questa tournèe, scegliendo tra varie registrazioni, l'impresario di quella spedizione, nient'altri che il vulcanico Norman Granz, ha tratto quest'album doppio che con i suoi inediti obbliga ad aggiornare la discografia di Coltrane, e con la sua musica viva e intensa sottopone autentici gioielli ai vecchi e nuovi estimatori. Da quella tournèe hanno già attinto l'etichetta Historical Performances e altre "pirate", ma queste del disco Pablo sembrano tutte registrazioni inedite.
Granz non precisa da quali concerti siano stati singolarmente presi i nove brani, citando soltanto le piazze di Berlino e Stoccolma. Non so dunque, per ora, se fra gli applausi che si avvertono in questa presa "live" ci siano anche i miei di allora, però la commozione è la stessa, e l'apprezzamento anche maggiore, perchè ora possiamo inquadrare storicamente quel momento cruciale dell'evoluzione artistica di Coltrane. Ognuno di questi brani può infatti essere riferito ad altri da lui incisi in varie e disparate occasioni, qualcuna precedente, qualcuna successiva, in un paio di casi addirittura ad almeno un'edizione precedente e una più tarda, come è per
Naima che può essere confrontata con l'edizione in studio del 1959 su Atlantic 1311 e con l'edizione dal vivo del Village Vanguard nel maggio 1966 su Impulse 9124, e come è anche per il lungo My Favorite Thinghs, brano cui si deve tanto della popolarità improvvisa di Coltrane, reperibile su Atlantic 1361 (ottobre 1960) e sull'Impulse già citato.
Il gioco del confronto è aperto a tutti, invitante e vincente. Da parte mia direi che proprio
Naima e My Favorite Things offrono una testimonianza del progresso dell'artista: sono più elaborati qui che nelle precedenti versioni da studio. Evidentemente il tempo e il caso ( cioè l'esecuzione giorno per giorno nel corso della tournèe, e poi la scelta oculatissima di Granz) hanno fatto si che scaturisse il diamante dalla roccia. D'altra parte, alcune delle più belle incisioni di Coltrane sono venute proprio da concerti: si pensi che razza di miniera per la Impulse sono tuttora quelle poche serate del novembre '61 al Village Vanguard.
Ecco dunque un album di cui pare difficile poter fare a meno, amici coltranisti, e anche voi giovani che vi accostate al jazz e alle sue massime figure. In questo stile sono molte le domande e delle risposte che stavano alla radice dell'evoluzione del jazz in quegli anni, uno scrollone che si fa sentire ancor oggi. In più oltre ad un Coltrane al suo meglio, in grado di far presagire quelle che sarebbero state le sue ultime e più intense opere, c'è un quartetto ideale come complesso e come valore di singoli: Tyner, il compianto Garrison e l'esuberante Elvin non scrivevano certo sull'acqua; il loro messaggio al fianco di quello del dominante leader è intatto, il godimento è quello di autori ormai classici.
Gian Mario Maletto da Musica Jazz n° 3 marzo 1978

- My Favorite Things
(?) Atlantic 8122 - 75350 - cd

1. My Favorite Things 13.42 - 2. Everytime We Say Goodbye 5.39 - 3. Summertime 11.31 - 4. But Not For Me 9.35

Musicians:
John Coltrane,
McCoy Tyner, Steve Davis, Elvin Jones

Engineering by Tom Dowd and Phil Iehle
Cover photo by Lee Friedlander