John Mayall
album
in pagina:
-
Jazz
Blues Fusion
- Moving
On
- Looking
Back
- Blues
From The Lauriel Canyon
- Usa
Union
- The
Turning Point
- A
Hard Road
- Back
To The Roots
-
Bare Wires
- The
Blues Alone
- Crusade
collabora
in:
- Living The Blues
(Canned Head)
John Mayall fu per anni il punto di riferimento
della scena blues inglese. Amante dei cambiamenti, con le sue continue
evoluzioni ha effettivamente caratterizzato un'epoca.
Vecchio all'anagrafe e nello spirito, è sempre rimasto al di fuori
dei movimenti giovanili, badando unicamente a cesellare il proprio
stile e a scoprire talenti.
Dopo anni di oscuro apprendistato nella nativa Manchester, Mayall
giunge trentenne a Londra con i suoi Bluesbreakers.
Il suo blues bianco, elettrico e naif, veloce e rockeggiante, che
concede ben poco ai fiati, ruba in breve tempo il posto all'impacciato
rhythm and blues di Korner. Quattro anni dopo, nel 1965, Mayall scopre
una chitarra imberbe di nome Eric Clapton, che si è fatto le ossa nel
complesso beat degli Yardbirds, diligente e ordinato, in grado di
propellere una grinta e un ritmo più sostenuti, proprio ciò che
manca al suo sound cristallino. Gli ingenui assoli di Clapton e i
timidi ruggiti del leader, e sopratutto il fatto che siano
improvvisati, sconvolgono la Swinging London ormai sazia di canzoncine
beat. Dei brani originali svettano i lenti (Double Crossing Time e la lunga Have You Heard) e un vivace rhythm and blues, Key To Love. Le sigle dei concerti sono però All Your Love (di Dixon) e lo strumentale Steppin' Out.
Nel 1967, con il più fantasioso Peter Green allo strumento e Aynsley
Dumbar alla batteria, il blues chicagoano di Mayall diventa lo stile
classico del blues revival: Hard Road è il disco che lo incorona re del movimento
(anche se in Supernatural compaiono le prime avvisaglie di una
diserzione fantastica). Alla fine dell'anno, quando il leader comincia
a dar segni di megalomania, l'organico si rinnova, assumendo Mick
Taylor alla chitarra e due fiati. Il risultato, Crusade, è l'altro polo dello stile classico:
libertà stilistica e abbondanza strumentale (protagonista però
sempre l'arrangiamento di Mayall, come in Checking Up With My Baby e Death Of J.B. Lenoir). I dischi di questo periodo contengono le
direttive di tutto il blues revival inglese, e sullo scheletro delle
formazioni mayalliane nascono diversi complessi di primo piano, fra i
quali Cream, Colosseum e Fleetwood Mac.
Con Mick Taylor alla chitarra, Dick Heckstall-Smith al sax e Jon
Hiseman alla batteria, i Bluesbreakers compiono nel 1968 (Bare Wires) un passo storico, seppellendo il blues sotto
un cumulo di raffinatezze jazzistiche. La voglia di rinnovare per
correre dietro ai tempi è però fatale al vecchio lupo, che fuori dal
blues è come un pesce fuor d'acqua, respira con affanno e strabuzza
gli occhi paonazzo.
Turning Point (1970), con Jon Mark alla chitarra e Johnny
Almond al sax, riesce a suggestionare con un sound più sofisticato e
una struttura più libera dei brani: il travolgente jug di Room To Move, uno dei capolavori di Mayall all'armonica e
al canto, e la lunga ballata acustica swingante California, con un assolo jazz del sax e un assolo arabo
del flauto. USA Union (1971) torna alla forma-canzone e, grazie ad
una spalla di lusso come il violinista jazz Don Sugarcane Harris,
riesce a inventare alcune brillanti ballate jazz-blues (Night Flyer, Deep Blue Sea) e altre fedeli trasposizioni dello stile dei
neri (Took The Car). Nonostante queste sporadiche riuscite, la
jazz-blues fusion progettata da Mayall si rivela a lungo andare un ben
misero fallimento. E di quel passo finisce anche per perdere i
palafrenieri più fidi.
Complessivamente la sua opera monumentale non ha eguali nella storia
del blues moderno. Mayall ha creato più brani di ogni altro bluesman
ed è l'unico ad aver tentato e (seppur saltuariamente) raggiunto la
fusione sia con il rock sia con il jazz. Ma, per quanto finemente
cesellati, i numerosi classici del "Re Lear" del blues
inglese sono rimasti lettera morta e tutti i suoi seguaci hanno prima
o poi disertato la causa, chi per il jazz chi per l'hard rock chi per
la canzonetta.
Piero Scaruffi da:
Storia del Rock (Underground & Progressive 1967-1973) - 1989 ed.
Arcana
|
- Jazz Blues Fusion
(1972) Polydor 2391 032 L - vinile
1. Country Road 6.55 - 2. Mess Around 2.40 - 3. Good Time Boogie 8.20 - 4. Change Your Ways 3.25 - 5. Dry Throat 5.20 - 6. Exercise In C Major For
Harmonica, Bass And Shufflers 8.10 - 7. Got To Be This Way 6.15
Musicians:
John Mayall, Blue Mitchell, Clifford Solomon, Larry
Taylor, Ron Selico, Freddy Robinson
Produced by John Mayall
Recorded live in Boston on 18th November 1971 and Hemler
College New York on 3rd and 4th December 1971
La migliore formazione di Mayall degli
anni '70 per un disco strepitoso. Un'incisione dal vivo che rimane una
delle più belle pagine del blues jazzato dell'artista. Un Tourbillon
di suoni e un treno ritmico senza soste si accompagnano ad assoli e
peripezie di vario genere. Si parte con Contry Road, poi ci si
infila in Good Time Boogie e, attraverso i funambolici esercizi
per armonica, basso e fiati, si arriva all'apoteaosi finale di Got
To Be This Way.
Mauro Zambellini
da Rock Blues ed. Giunti
- Moving On
(1972) Polydor PD 5036 - vinile
1. Worried Mind 8.45 - 2. Keep Our Country Green 3.25 - 3. Christmas '78 4.54 - 4. Things Go Wrong 6.11 - 5. Do It 4.56 - 6. Moving On 4.22 - 7. Red Sky 3.47 - 8. Reason 3.10 - 9. High Pressure Living 6.59
Musicians:
John Mayall, Freddy Robinson, Blue Mitchell, Victor
Gaskin, Keef Hartley, Charles Owens, Fred Jackson, Ernie
Watts, Larry Taylor, Clifford Solomon
Produced by John Mayall
Recorded live at Whiskey A GoGo, Los Angeles on the 10th,
July 1972
- Looking Back
(1969) Decca SKL 5010 - vinile
1. Mr. James 2.48 (Mayall) - 2. Blues City Shakedown 2.21 (Mayall) - 3. Stormy Monday 4.33 (Walker) - 4. So Many Roads 4.44 (Paul) - 5. Looking Back 2.34 (Watson) - 6. Sitting In The Rain 2.56 (Mayall) - 7. It Hurst Me Too 2.52 (London) - 8. Double Trouble 3.18 (Rush) - 9. Suspiction 5.27 (Mayall) - 10. Jenny 4.38 (Mayall) - 11. Picture On The Wall 3.01 (Mayall)
Musicians:
John Mayall, Jack Bruce, Eric Clapton, Roger Dean,
Aynsley Dumbar, Mick Fleetwood, Peter Green, Keef Hartley, Mick Taylor,
Dick Heckstall-Smith
Produced by Mike Vernond
- Blues From The Laurien Canyon
(1969) Decca SKLI 4972 - vinile
1. Vacation 2.47 - 2. Walking On Sunset 2.50 - 3. Lauriel Canyon Home 4.33 - 4. 2401 3.42 - 5. Ready To Ride 3.32 - 6. Medicine Man 2.43 - 7. Somebody's Acting Like A
Child 3.27
- 8. The
Bear 4.40
- 9. Miss
James 2.30
- 10.
First Time Alone 4.49 - 11. Long Gone Midnight 3.27 - 12. Fly Tomorrow 8.59
Musicians:
John Mayall, Mick Taylor, Stephen Thompson, Colin Allen
Produced by Mike Vernon
Il primo album americano, diario sonoro
di un viaggio in California nel periodo più intenso della nuova
musica e della controcultura.
Accantonate le ampie formazioni degli ultimi anni, Mayall si fa
accompagnare da un combo ridotto all'osso, in cui le chitarre sono
affidate a Mick Taylor, il basso a Stephen Thompson e le percussioni a
Colin Allen. Il risultato è un blues desertico, i cui i riferimenti
sono i Canned Head (The Bear), Mike Bloomfield e i nuovi
soggetti del revival americano. Sussurri vocali (First Time Alone)
e atmosfere tra il blues e il jazz (Lauriel Canyon Home, Miss
James), ma anche chitarre abrasive e fendenti di armonica (2401
e Ready To Ride) e un blues jammato di concezione psichedelica
(Fly Tomorrow).
Mauro Zambellini
da Rock Blues ed. Giunti
- Usa Union
(1970) Polydor 527 458 - cd
1. Nature's Disappearing 5.56 - 2. You Must Be Crazy 3.55 - 3. Night Flyer 5.33 - 4. Off The Road 2.47 - 5. Possessive Emotions 5.20 - 6. Where Did My Legs Go 3.45 - 7. Took The Car 4.08 - 8. Crying 6.27 - 9. My Pretty Girl 4.21 - 10. Deep Blue Sea 5.06
Musicians:
John Mayall, Don Harris, Larry Taylor, Harvey Mandel
Produced by John Mayall
Recorded ar Larrabe Studios, Los Angeles on 27th and 28th
July 1970
Engineered by John Judnich
Cover photo by Tapani Tapanainen
- The Turning Point
(1969) Polydor 24 28 309 - vinile
1. The Last Must Change (J. Mayall) 6.13 - 2. Saw Mill Gulch Road (J. Mayall) 4.38 - 3. I'm Gonna Fight For You J.B.
(J. Mayall)
5.11 - 4.
So Hard To Share (J. Mayall) 6.43 - 5. California (Mayall/Thompson) 9.14 - 6. Thoughts About Roxanne (Mayall/Thompson) 7.50 - 7. Room To Move (J. Mayall) 4.24
Musicians:
John Mayall, Jon Mark, Steve Thompson, Johnny Almond
Produced by John Mayall
Recorded live at The Filmore East, New York City on July
29, 1969
Engineering by Eddie Kraner
Nel luglio del 1968 John Mayall scioglie i Bluesbreakers
con cui aveva inciso Bare
Wires e va in vacanza
a Los Angeles. Di ritorno dalla California ordina i
ricordi in una sorta di concept album, Blues
From The Lauriel Canyon, dagli umori
americani in cui dedica una canzone (The
Bear) voluminoso cantante dei Canned
Head Bob Hite. Quando, nel 1969, anche Mick Taylor lo
lascia per unirsi ai Rolling Stones, l'indomito Mayall si
ritrova a un bivio. Il suo contratto con la Decca è
chiuso ma la Polydor gli offre la possibilità di
continuare la sua avventura artistica in piena libertà.
Piuttosto che replicare la formula di successo con cui si
era fatto conoscere in giro per il mondo, ovvero
attraverso quel british blues di cui è padre
riconosciuto, John Mayall realizza l'opportunità di
espandere i tradizionali confini del blues micelando
questo col jazz e con elementi di folk. L'ispirazione gli
deriva dall'ascolto della colonna sonora del film Jazz
On A Summer's Day del jazzista texano
Jimmy Giuffre.. Giuffre si era conquistato una certa
reputazione nel 1947 come compositore di Four
Brothers per Woody Herman e all'inizio
degli anni '50 si era imposto come sassofonista tenore e
baritono. Ma l'ammirazione dei critici e dell'avanguardia
jazzistica gli arrivò nel 1955 quando Giuffre studiò la
possibilità di usare un unico clarinetto e di fare del
jazz eliminando uno degli strumenti cardine, la batteria.
Stimolato dal lavoro di Giuffre, Mayal riduce il suo
blues all'essenzialità melodica, facendo a meno di quei
chitarristi elettrici (Clapton, Green, Taylor) che lo
avevano accompagnato in passato e ponendo, nell'economia
della band, gli strumenti sullo stesso piano, dando a
ognuno la stessa voce.
Mettendo in discussione quella formula che gli aveva
procurato successi, Mayall si ritrova a lavorare con un
combo ridotto costituito dal bassista di Blues
From The Lauriel
Canyon Steve Thompson, dal chitarrista
Jon Mark e dal sassofonista e flautista Johnny Almond, un
veterano delle session di Bluesbreakers
With Eric Clapton.
Piuttosto che incidere le canzoni in studio, la piccola
orchestra le porta direttamente "on the road"
sperimentando dal vivo il nuovo show con l'uso degli
strumenti acustici e l'assoluta mancanza della batteria.
L'accoglienza del pubblico è entusiasmante, prima in
Inghilterra e Germania e poi negli Stati Uniti dove il 12
luglio del 1969 al Filmore East di New York viene
registrato, con l'ingegnere del suono Eddie Kramer, The
Turning Point uno dei più bei album di
Mayall e uno dei lavori più originali mai fatti
nell'ambito del blues bianco. Un album di una bellezza
stupefacente, dal feeling e dalla verve contagiosa, con
canzoni da antologia. Un disco dal suono morbido e soft,
che, appoggiandosi sulla strumentazione acustica e su una
ritmica ridotta all'osso, riesce a infondere una energia
e una intensità incredibili. Un miracolo di atmosfere
rarefatte, di sfumature e silenzi, di strumenti che si
intrecciano e creano uno stato di sospensione e di
delicata tensione, di colpi decisi e di eleganti
rifiniture jazzistiche. L'ascoltatore ne viene coinvolto
in un viaggio senza ritorno, in una sorta di blues
spaziale a quattro dimensioni.
Mayal canta con il suo tipico falsetto da alte quote,
suona l'armonica, la slide e la Telecaster, il diligente
Steve Thompson si occupa di fare il ritmo mentre il
pindarico Jon Almond con il flauto e il sax crea
situazioni atomosferiche di grande fascino e Jon Mark con
la chitarra acustica disegna un folk blues dalle linee
accattivanti. Il risultato è un soffice ed etereo jazz/blues
acustico che lascia spazio all'improvvisazione
strumentale e vocifera un blues sottpelle di grande
feeling. Tutto l'album è a livelli stratosferici, dalla
polemica anti-polizia di The Laws Must
Change al jazzato e
soffuso mood in Saw Mill Gulch Raod,
dall'omaggio al bluesman J.B. Lenoir (una delle influenze
maggiori di Mayall) di I'm Gonna Fight
For You J.B. alla
strepitosa California
e alla contagiosa Room To Move.
La prima è una lunga e notturna suite, avvolgente e
sinuosa, che dura più di nove minuti, la seconda è una
travolgente esibizione di ritmo, scat e armonica che
arriva dritta nelle radio americane, facendo di The
Turning Point il più grande successo
della carriera di Mayall.
Maurizio
Zambellini da Buscadero n° 234 aprile 2002
- A Hard Road
(1967) Decca skli 4853 - vinile
1. A Hard Road (Mayall) - 2. It's Over (Mayall) - 3. You Don't Love Me (Cobbs) - 4. The Stumble (King/Thompson) - 5. Another Kinda Love (Mayall) - 6. Hit The Highway (Mayall) - 7. Leaping Christine (Mayall) - 8. Dust My Blues (James) - 9. There's Always Work (Mayall) - 10. The Same Way (Grren) - 11. The Supernatural (Green) - 12. Top Of The Hill (Mayall) - 13. Someday After Awhile (King) - 14. Living Alone (Mayall)
Musicians:
John Mayall, Peter Green, John McVie, Aynsley
Dumbar, John Almond, Alan Skidmore, Ray Watleigh
Produced by Mike Vernon
Recorded at West Hampsted Studios on October 11, 12, 19,
24 and November 11, 1966
Engineering by Gus Dudgeon
Cover painting by John Mayall
A Hard Road è una
delle tappe storiche della creazione di un "suono
nuovo" e segue di un anno l'altro importante passo
di John Mayall With Eric Clapton.
Nel 1966 il pianista/armonicista/chitarrista e cantante
John Mayall, dopo Alexis Korner il più grande
divulgatore di blues in Gran Bretagna, si trova a
lavorare con Hughie Flint alla batteria, John McVie al
basso e con il giovane Eric Clapton, allora completamente
sconosciuto, alla chitarra. Il disco che ne esce è una
intesa interpretazione di blues urbano in cui il
particolare stile di canto di Mayall è sorretto da una
solida e puntuale base strumentale. La varietà degli
arrangiamenti è assicurata dall'impiego di organo, piano
e fiati mentre brani di Otis Rush e Freddy King
permettono a Clapton di imporsi in modo perentorio.
Sembra l'inizio di una grande collaborazione ed invece
poco dopo Clapton abbandona il campo e il suo posto viene
preso da un'altro giovane emergente, il dicianovenne
chitarrista Peter Green. Hughie Flint viene rilevato da
Aynsley Dumbar e con i Bluesbreakers così sistemati
Mayall dà alle stampe il seminale A
Hard Road, album che evidenzia il
nascente stile di Peter Green, rigoroso nei brani più
tradizionalmente blues e innovativo per certe aperture in
chiave psichedelica che saranno il marchio di
riconoscimento dei Fleetwood Mac periodo inglese.
La nuova enfasi chitarristica di Green si traduce in
giochi pirotecnici e in un suono dall'eco spaziale, ne
sono dimostrazione Dust My Blues e
sopratutto l'esotico strumentale The
Supernatural la cui atmosfera e i cui
effetti proto-psichedelici presagiscono l'onda mistica
che travolgerà Green.
John Mayall è stato la grande mente del British Blues e A
Hard Road rimane ancor oggi un disco
imprescindibile nella storia del genere.
Mauro
Zambellini da Buscadero n° 251 novembre 2003
- Bach To The Roots
(1971) Polydor 25-3002 - vinile
1. Prison On The Road 4.16 - 2. My Children 5.08 - 3. Accidental Suicide 6.15 - 4. Groupie Girl 3.52 - 5. Blue Fox 3.41 - 6. Home Again 4.55 - 7. Television Eye 7.31 - 8. Marriage Madness 3.34 - 9. Looking At Tomorrow 6.53 - 10. Dream With Me 5.19 - 11. Full Speed Ahead 5.20 - 12. Mr. Censor Man 4.42 - 13. Force Of Nature 6.32 - 14. Boogie Albert 2.16 - 15. Goodbye December 5.23 - 16. Unanswered Questions 4.40 - 17. Devil's Tricks 7.45 - 18. Travelling 4.38
Musicians:
John Mayall, Sugar Cane Harris, Eric Clapton, Larry
Taylor, Paul Logos, Johnny Almond, Harvey Mandel, Keef Hartley, Jerry McGee,
Steve Thompson, Mick Taylor
Produced by John Mayall
Recorded between the 15 and 25 November 1970
Se il John Mayall attuale è in stato di ottima forma,
come ha puntualmente notato Zambo, quello di Back
To The Roots, anno di grazia 1971,
veleggiava intorno al paradiso. Qui, l'idea di blues è
espansa ai massimi livelli con il meglio dei musicisti
che, nel corso degli anni, hanno popolato le bands di
John Mayall. Memorable man, li chiama il sottotitolo di Back
To The Roots e non è una esagerazione:
c'è un piccolo plotone di chitarristi guidato da un Eric
Clapton in stato di assoluta grazia a cui non sono meno
Mick Taylor e Harvey Mandel. Conosciutissimo il primo,
per via della lunga e pericolosa frequentazione con i
Rolling Stones (compreso Exile Main
Street, rock'n roll masterpiece a cui
diede un contributo non indifferente), un po' meno il
secondo (tra l'altro era uno dei nomi destinato a
succedere a Mick Taylor negli Stones) che comunque è uno
strumentista di grande gusto. Senza trascurare Jerry
McGee, anche se di suo in Back To The
Roots non ci mette granchè. Notevoli,
invece, i mezzi che mettono a disposizione Larry Taylor (bassista
che è passato attraverso John Mayall, partendo da Jerry
Lee Lewis e dai Canned Head per approdare, guarda un po',
a Tom Waits), i batteristi Keef Hartley e Paul Lagos
nonchè Johnny Almond (fiati, flauto compreso, già noto
per le sue performance in The Turning
Point) e Sucar Cane Harris il cui
violino se ne va a zig zag quasi in tutte le canzoni. In
poco più di una settimana, tra il 15 e il 25 novembre
1970, loro e un John Mayal particolarmente ispirato (anche
come songwriter) registrano tra Los Angeles e Londra le
tracce fondamentali di Back To The Roots
che, è un ritorno alla base, allo stile più consono del
leader dei Bluesbreakers. Non solo, c'è un'esplorazione
delle possibilità del blues che riporta direttamente
alla poliedricità dei Fleetwood Mac di Peter Green, a
certi frangenti degli Yardbirds o ai primissimi album dei
Jethro Tull (provate a sentire il flauto di Johnny Almond
in Travelling o Dream
With Me) con una carica innovativa che
è rimasta inalterata a distanza di trent'anni.
In Back To The Roots le
canzoni vibrano in tutte le tonalità del blues, senza
perdere di vista il songwriter di John Mayall (qui al
meglio) eppure provando in continuazione nuove soluzioni,
con il sovrapporsi delle chitarre elettriche (da urlo),
del violino, dell'armonica dello stesso Mayall o dei
fiati di Johnny Almond. Creatività sembra essere stata
la parola chiave e, nel giro di pochi giorni, l'idea di
base che John Mayall aveva di Back To The Roots
(quella di andare a reincidere con i migliori musicisti
con cui aveva collaborato in precedenza) diventa una
super session stratosferica.
Marco
Denti
da Buscader n° 224 maggio 2001
- Bare Wires
(1968) Deram 820 538 - cd
1. Bare Wires Suite 22.54
a) Bares Wires - b) Where Did I
Belong - c) Startwalking - d) Open A New Door - e) Fire - f) I Know
Now - g) Look In The Mirror
2. I'm A Stranger 5.11
- 3. No Reply 3.06
- 4. Hartley Quits 2.53
- 5. Killing Time 4.45
- 6. She's Too Young 2.20
- 7. Sandy 3.45
Musicians:
John Mayall, Chris Mercer,
Dick Heckstall-Smith, Jon Hiseman, Henry Lowther,
Mick Taylor, Tony Reeves
Produced by Mike Vernon and John Mayall
Recorded Decca Studios, West Hampstead, London on 3rd, 9th, 24 th and
30th April 1968
Engineering by Derek Varnals
Cover photo by Pete Smith
Se Crusade è una sorta di
tributo ai maestri che hanno ispirato Mayall, quest'album rappresenta
per il linguaggio blues un balzo in avanti in senso progressivo. I
Bluesbreakers ampliano il range introducendo violino, chitarra
hawaiana, clavicembalo e harmonium, in un mosaico sonoro in cui blues,
jazz, freeform e originali episodi d'atmosfera si compongono con
effetti di grande suggestione e mistero.
Fondamentale è l'apporto del batterista, Jon Hiseman e del tenore
sassofonista Dick Heckstall-Smith, i due jazzisti che contribuiscono a
destrutturare le regole classiche del blues.
Mauro Zambellini
da Rock Blues ed. Giunti
- The Blues Alone
(1967) Deram 820 535 - cd
1. Brand New Start 3.23
- 2. Please Don't Tell 2.29
- 3. Down The Line 3.40
- 4. Sonny Boy Blow 3.46
- 5. Marsha's Mood 3.11
- 6. No More Tears 3.08
- 7. Catch That Train 2.16
- 8. Cancelling Out 4.17
- 9. Harp Man 2.41
- 10. Brown Sugar 3.41
- 11. Broken Wings 4.12
- 12. Don't Kick Me 3.06
Musicians:
John Mayall solo
Produced by John Mayall and Mike Vernon
Recorded at Decca Studios, West Hampstead, London on May 1st 1967
Engineering by Gus Dudgeon and David Grinstead
Cover photo by John Mayall
- Crusade
(1967) London 820 537 - cd
1. Oh, Pretty Woman -
2. Stand Back Baby -
3. My Time After Awhile -
4. Snowy Wood -
5. Man Of Stone -
6. ears In y Eyes -
7. Driving Sideway -
8. The Death Of J.B. Lenoir -
9. I can't Quit You Baby -
10. Streamline -
11. Me And My Woman -
12. Checkin' Up On My Baby
Musicians:
John Mayall, Mick Taylor, John McVie, Keef Hartley, Chris Mercer, Rip
Kant
Produced by Mike Vernon
Engineering Gus Dudgeon
Una crociata a favore del blues e contro il dilagante
pop canzonettaro vede i Bluesbreakers in formazione a sestetto, con
una piccola sezione di fiati. La ritmica è affidata a Keef Hartley e
John McVie, mentre Nick Taylor, giovanisimo enfant prodige del blues
bianco, è il nuovo chitarrista.
Formato per la parte da cover di Albert King, Buddy Guy, Freddy King,
Eddie Kirkland, Otis Rush e Sonny Boy Williamson, è un lavoro fedele
ai modelli originali. The Death Of J.B. Lenoir rende maggio al
misconosciuto maestro di Mayall, morto in quel periodo dopo una vita
di stenti e censure.
Mauro Zambellini da Rock Blues ed. Giunti
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