Art
Bears
album
in pagina
- Hopes And Fear
- Winter Songs
-
The World As It Is Today
Freschi reduci da avventure ad
alta gradazione creativa come Henry Cow e Slapp Happy, un bel
giorno del 1978 il chitarrista Fred Frith, il percussionista e
batterista Chris Cutler e la cantante Dagmar Krause decisero di unire
di nuovo le proprie forze col nome Art Bears... In realtà, come
vedremo, la cosa non andò esattamente a questa maniera e in ogni
caso, messa così, la vicenda di una delle formazioni più creative e
misconosciute della musica "altra" inglese degli anno '70
apparirebbe sin troppo scorrevole. Di facile invece - purtroppo e per
fortuna - in quell'avventura, come nelle precedenti, ci fu ben poco:
se notevoli furono e continuano ancora oggi a essere le fortune presso
la critica, indubbiamente nessuna di queste sigle è mai riuscita a
oltrepassare la soglia del culto, dacchè il pubblico ha sempre
preferito, alle parole dirette e politicamente ultraconsapevoli e alle
musiche per lo più "difficili" realizzate da questi
musicisti, la facile, scorrevole e disimpegnata narrativa delle coeve
e parentali formazioni progressive. Era questo difatti l'ambito entro
cui si muovevano all'epoca Cutler, Frith e Krause: quello molto
sommariamente circoscrivibile nell'alveo della musica progressiva
inglese/europea, anche se in realtà la loro collocazione era più
propriamente quella della ristretta, colta e politicizzata scena
(post-)canteburiana del "rock in opposition", che col
progressive divideva unicamente l'ansia di superare le forme
canzone-suono di stampo anglosassone contaminandole con quanto d'altro
all'epoca si poteva (r)aggiungere (persino con quello che non si
poteva (r)aggingere...).
In maniera similare ai migliori krautrockers, che nello stesso periodo
contribuirono a spostare il baricentro del rock dalle radici popular
americane - country e blues - ad altre più specificatamente europee,
anche i migliori progressisti attuarono un percorso che li vide
contaminare il rock di base con il folk (anglosassone e
mitteleuropeo), il jazz, le avanguardie e l'improvvisata in parti
quasi sempre equamente distribuite, come seppero magistralmente fare
proprio gli Henry Cow. I quali, a partire da un certo momento,
iniziarono a far combutta con la bizzarra formazione avant-pop degli
Slapp Happy (nei quali militava la cantante tedesca Dagmar Krause) e
con essi realizzarono, nel '75, anche un paio di album. La comunione
funzionò così bene che Frith e Cutler, nel '78, quando avevano già
pronti alcuni pezzi destinati a un nuovo album degli Henry Cow ma si
trovarono difronte all'impasse di una band ormai prossima allo
scioglimento, pensarono di chiamare la Krause stessa per realizzare
altre canzono e dar vita così a un album intero. Io trio prese il
nome di Art Bears e restò in attività fino all'81, il tempo di
realizzare altri due dischi che restano, col primo, tra le cose più
misconosciute ma vitali all'intero panorama (post)-canterburiano
(...).
Il primo album, Hopes And
Fears, uscì a metà '78 con
una formazione che, accanto a Cutler (percussioni acustiche ed
elettrificate), Frith (chitarre, violino, viola, harmonium, xilofono e
basso) e Krause (voce), registrava l'ovvia presenza (poichè, come
detto, alcuni pezzi erano già pronti prima della nascita del trio)
dei vecchi compagni di viaggio Tim Hosgkinson (organo, clarinetto e
piano) e Lindsay Cooper (oboe) oltre a Giorgie Born, nell'ultima
line-up degli Henry Cow ma senza mai essere apparsa in alcun album. Il
disco porta ancora evidenti le stimmate dell'esperienza precedente, ad
esempio nelle strutture a incastri di Joan
e Moeris Dancing,
nel minuettistico procedere di Terrain
e nella lunga In Two Minds,
quasi esplicitamente ispirata dalla Pinball
Wizard degli Who, qui
dilatata e sublimata con solenne enfasi brechtiana. Per il resto
appare una sorta di mutazione avant di musica da camera
post-rinascimentale, così intimamente antiche sono le linee melodiche
che nasconde e così dissonanti e aspre le partiture strumentali (Maze).
Con i due aspetti di fondo si intreccia la robusta ascendenza
mitteleuropea di Dagmar, la cui vocalità eccheggia weilliana a
partire proprio dall'apertura di On
Suicide (di Bertold Brecht)
e dalla seguente The Dividing
Line. Un senso di dramma
immanente attraversa tutto l'album, dalle lugubri e terrifiche
dissonanze chitarristiche di The
Tube al marziale e
folkloristico procedere di The
Dance, dall'ansiogeno,
magistrale accostamento di poliritmie elettroniche e melodia
espressionistica di Labyrinth
alle tastiere acide di Riddle.
Per quanto ancora in qualche maniera larvale e non definitivamente
compiuta nella sua autentica essenza - e quindi per la sua condizione
d'involontaria traghettatrice tra passato e futuro - la musica di Hopes
And Fears lascia presagire
mille sviluppi e l'evidente impressione che il terzetto fosse in
grado, adesso, di poter suonare qualunque cosa e in qualunque
direzione. Aspetto, quest'ultimo, che diventava la caratteristica più
notevole dell'album, persino più della bellezza, per così dire
"oggettiva", delle canzoni stesse.
Il mutamento sarebbe diventato definitivo con il secondo album, Winter
Songs, che - come poi anche
il terzo - non prevedeva alcun ospite oltre ai tre e venne scritto e
registrato in tempi record. Le diverse influenze e i molteplici
aspetti che caratterizzavano il background dei tre confluivano,
finalmente mimetizzati, in una musica che diventava solo degli Art
Bears lasciandosi alle spalle ogni passato. Lamenti disastrati e
annichilenti di un "inverno" esistenziale - politico e
culturale - alla cui definizione certo non fu estraneo l'arrivo al
potere della Thatcher nel '78, le Winter Songs scorrono univocamente
ispirate tra post-folk insieme surreale e iperrealistico e forti
pulsioni avant-garde in un clima raccolto, da disperato intimismo, che
trova un unico scatto di follia nella straordinaria Rats
And Monkeys, epilessi
ritmico-armonica la cui deflagrante creatività avrebbe dato da
mangiare, nei decenni successivi, a una miriade di formazioni
avant-free-folk. Restava, caratteristica distintiva degli Art Bears,
il senso di tragedia eternamente immanente - vedi le scansioni
marziali di First Things
First o le punteggiature di
tastiere e percussioni tribali The
Skeleton - ma tutto era più
pesante e asfissiante, quasi in odore di nichilismo wave, aspetto in
qualche maniera confermato anche dai testi (scritti come sempre da
Cutler), che erano ispirati dai bassorilievi medievali della maestosa
Cattedrale di Amiens e che lasciavano pertanto in secondo piano, o
meglio dissimulavano in allegoria, le intenzioni politiche.
L'andamento jazz di Gold,
le cascate dissonanti di Man
And Boy, i numerosi overdub
vocali che straniavano e deturpavano l'ascendenza mitteleuropea della
Krause, e il complessivo, più accentuato utilizzo di oggettistica e
device sperimentali rendono quest'album il migliore, più avanzato e
convincente della breve esperienza Art Bears.
Esperienza che si concluse in maniera eccellente con The
World As It Is Today, album
in cui tornava più forte che mai l'ispirazione politica di Cutler.
Ogni pezzo è un manifesto ideologico, dalla sarcastica Song
Of Investment Capital Overseas,
che apre il disco, ad Albion,
Awake!, che lo chiude con un
invito alla rinascita della perfida Albione dal tono ancor più
perfido. Musicalmente l'album procede sulla linea modernista di Winter
Songs accentuandone ancor
più i tratti con interessanti deviazioni da funk mutante, come accade
in Truth,
significativamente solo strumentale (la verità non esiste?) e poi in Freedom,
blues nucleare massacrato dalla viola di Frith e dalla incredibile
voce della Krause, qui lacerata e scorticata come quella della prima
Galas. Perse le tracce folks del primo album e complessivamente
ridotte le dissonanze del secondo, la linea maestra sembrava quella di
un'improvvisazione avant attraversata da accorgimenti e arrangiamenti
inediti; con tutta evidenza Cutler e Frith, dopo averla influenzata,
avevano a loro volta assimilato la freschezza sperimentaloide delle
band new wave e ne avevano fatto tesoro per un album troppo spesso
ingiustamente sottovalutato. La chiusura con l'esperineza
canterburiana era ormai cosa fatta e se questo non era motivo di
rilievo particolarmente positivo in sè, certo schiudeva
definitivamente le porte verso quel futuro che nei decenni seguenti
avrebbe trovato sia il chitarrista che il percussionista ancora in
prima linea (...).
Stefano I. Bianchi
da
Blow Up n° 70 marzo 2004
|
- Hopes And Fear
(1978) Cuneiform abcd 2 - cd
1. On Suicide
- 2. The Dividing Line
- 3. Joan
- 4. Maze
- 5. In Two Minds
- 6. Terrain
- 7. The Tube
- 8. The Dance
- 9. Pirate Song
- 10. Labyrinth
- 11. Riddle
- 12. Moeris Dancing
- 13. Piers
- 14. All Hail!
- 15. Collapse
- 16. Coda To Man And Boy
Musicians:
Fred Frith, Chris Cutler, Dagmar Krause, Lindsay Cooper, Tim Hodgkinson, Peter Blegvad, Georgie Born, Marc Hollander
Produced by Art Bears
Recorded at Sunrise Studio, Switzerland and Kaleidophon Studio, London
on1978
Engineering by Etienne Corlod and David Vorhaus
Cover E.M. Thomas
Nel 1977 lo
scisma (Henry Cow): Hodgkinson, Cooper, Frith e Cutler registrano
Western Culture (1978), il loro album più aggressivo e razionale (con
i solenni crepuscoli di Industry
e On The Raft), senza improvvisazione e puramente strumentale,
con le redini saldamente nelle mani di Hodgkinson e Cooper; mentre
Krause e gli stessi Frith e Cutler danno vita agli Art Bears,
l'estremo fiore del rock espressionista.
I dischi di questo trio sono forse i risultati più radicali
dell'intera scuola di Canterbury. Hopes And
Fears (1978) isola i tre musicisti dal resto
del rock, approntando una fornace tragica di dissonanze, atonalità e
casualità.
La novità è sopratutto la frammentazione austera ed epigrammatica,
che rinuncia alle distese improvvisate a favore di una maggiore
sintesi espressiva. La rarefazione è maniacale: un ritmo lento e
percussioni povere, scarne linee (dissonanti e discontinue) di
harmonium, piano, violino o chitarra a guidare la melodia e il canto
gelido disperato a scandire testi lugubri.
I ritmi tribali, il piano marziale, il fischio elettronico di The
Dividing Line, le percussioni africane e i
campanelli di Labyrinth,
il bandismo dissonante di Joan,
le distorsioni maniacali e i riverberi della voce di The
Tube, l'ancor più agghiacciante tribalismo
di Riddle, avvolto
in scariche di radiazioni, e infine il gelido mantra di Piers,
con in comune la declamazione enfatica di Krause e l'incedere
angoscioso, danno una nuova definizione di "Lied", un Lied
che impiega detriti sottoculturali e proclama intenti didattici. Così
gli accordi di flamenco e i riff di hard rock di In
Two Minds creano una straniante
contrapposizione fra l'opera rock degli Who e l'operetta brechtiana.
Il cuore popolato di Frith, ingabbiato nelle maglie della
concettualità di Krause. batte più palese in Moeris
Dancing e più mimetizzato in Terrain,
ma infine lirico e maestoso nei contrappunti melodici di violino,
chitarra e sax e nel passo solenne di The
Dance. Le cupe linee d'organo, le armonie
vocali femminili e le dissonanze degli archi di Maze
tentano di creare un suono per ambienti chiusi, per arcate buie
esalanti odori d'eternità sepolte, musica per moderne cattedrali o
catacombe.
Il fascino di queste ballate notturne sta nell'esagerazione dei toni,
nelle atmosfere da incubo e nell'accostare le novità più audaci
dell'avanguardia alle strutture (compositive e strumentali)
tradizionali. Possente e suggestiva, apocalittica e catartica,
granitica ed emermetica, la musica di Hpes And Fiers apre un nuovo
fronte per la creatività rock.
Piero Scaruffi
da Storia del Rock (dal Glam al Punk 1974-1980) - 1990 ed. Arcana
- Winter Songs
(1979) Rec re 0618 - vinile
1. The Bath Of Stars - 2. First Things First - 3. Gold - 4. The Summer Wheel - 5. The Slave - 6. The Hermit - 7. Rats And Monkey - 8. The Skeleton - 9. The Winter Wheel - 10. Man And Boy - 11. Winter/War - 12. Force - 13. Three Figures/Three Wheels
Musicians:
Fred Frith, Chris Cutler, Dagmar
Krause
Produced by Art Bears
Recorded at Sunrise Studio, Switzerland between november
22 and december 5 1978
Engineering by Etienne Corlod and Rober Vogel
Cover by Art Bears
Trovarsi tra le
mani un album di musicisti come gli Art Bears è sempre
un evento unusuale. Infatti la distribuzione tramite
etichette discografiche di struttura alternativa,
allineate pertanto dal contesto dei normali canali di
consumo,costringe gli estimatori di tale musica a
complicate ricerche per impossessarsi delle incisioni
desiderate. Del resto è problematico seguire le numerose
metamorfosi che caratterizzano gruppi di questo genere.
Gli Art Bears sono infatti espressione di una delle
molteplici facce musicali del suono canterburiano più
spiccatamente sperimentale ed avanguardista che riconosce
le sue radici nel nome Henry Cow.(...)
Gli sviluppi del progetto nellarco di dieci
anni,allinizio equivocamente tacciato come
utopico,si possono riscoprire ampliati e rivisti
dialetticamente nelle vicende sonore odierne degli stessi
protagonisti di ieri.(...)
Nellalbum Winter songs oltre a recepire varietà di
linee programmatiche,si possono apprezzare le qualità
vocali di Dagmar Krause che sperimenta sonorità molto
interessanti intrecciandole alle ricerche acustiche di
Fred Frith e Chris Cutler.
Lo spunto per tutto il lavoro e per i testi stessi,è
preso da alcuni bassorilievi della bella cattedrale
gotica di Amiens in Francia,riportati in foto sulla
copertina dello stesso album.Ogni bassorilievo
rappresenta una piccola storia cantata da Dagmar Krause
in maniera perfettamente aderente al tema
trattato,coinvolgendo chi ascolta in atmosfere ora di
sapore favolistico,ora di solenne e religiosa ispirazione.
Tutto ciò comunque è contorniato dalla ricerca di novità
sonore che indubbiamente contnuano a caratterizzare gli
Art Bears e la loro musica,espressione della prolifica
cerchia di artisti emarginati delle terre canterburiane.
Franco
Scarpa da
Rockerilla n° 6 luglio 1980
- The World As It Is
Today
(1981) Re 6622 - vinile
1. The Song Of Investiment
Capitol Overseas - 2. Truth -
3. Freedom - 4. Peace - 5. Civilisation - 6. Democracy - 7. The Song Of The Martyrs - 8. Law - 9. The Sonf Of The Monopolis - 10. The Dignity
Musicians:
Fred Frith, Chris Cutler, Dagmar
Krause
Produced by Art Bears
Recorded at Sunrise Studio, Switzerland between august 24
and september 7. 1980
Engineering by Etienne Corlod and Rober Vogel
Cover Chris Cutler
Estrema proiezione
dellideologia musicale canterburiana gli Art Bears
intendono forme espressive dinamiche,libere e mutanti,
che accostano con severità e rigore le angolature della
realtà contemporanea. Urlo e dolore, ossessione, ironia
acuta, riflessione e delusione si articolano secondo una
logica ben determinata avviata per un itinerario
esplicativo, complesso ed esatto. Le traiettorie segnano
così spazi precisi dove lispirazione ideale riesce
ad elevarsi al di sopra della condizione di fatto per
imporsi come alternativa reale.
Musicalmente il discorso procede ad effetto di ciò che
denota. Ogni materiale è utilizzabile sino al possibile
limite di rottura della regola, e la risultanza è una
sorta di pluralità integrale di mezzi solo
apparentemente disordinati e squilibrati, in realtà
associati nel più lucido dei pensieri. Se la verità del
mondo contemporaneo corre ad una velocità storica
vertiginosa, il processo evolutivo di questa musica non
può fermarsi, nè regalarsi ad uno schema. E così è;
il sistema degli Art Bears si impernia su di un
canovaccio libero di ricerca e sperimentazione sonora e
musicale sospinto laddove il gioco atonale convive con lo
spirito improvvisativo della nuova avanguardia jazz, per
dialogare sensibilmente con unidentità pop-folk-rock
di futura memoria. Il valore semantico del segno-suono si
accredita perfettamente e tutto linsieme assume un
consistente significato logico e descrittivo. IL MONDO
COME E` OGGI in tutte le sue contraddizioni viene a
concretizzarsi in unevocazione sostanziale e
fantastica, dove atmosfere oscure, luminose ed assurde si
stemperano in un crogiuolo di suoni crudi in calda libertà.
Ugo Bacci da Rockerilla n° 19 dicembre 1981
|