Fred Frith



album in pagina:

- Gravity
- Speechless
- Step Across The Border
- Rivers and Tides
- Live in Moscow, Prague and
  Washington
(with Chris Cutler)
- Quartets
- The Happy End Problem
- Allies
- Accidental


collabora in:

- Guitar Solo 2

  (AAVV)


- Un Peau De L'Aime Des Bandits
  (Aqsak Maboul)

- Hopes And Fear
- The World As It Is Today

- Winter Song

  (Art Bears)

- Rags/The Golddiggers
  (Lindsay Cooper)

- Another Green World
- Before And After Science

- Music For Film

  (Brian Eno)

- Domestic Stories
  (Lutz Glandien)

- Golden Palominos
  (Golden Palominos)

- Concerts
- Desperate Straights
- Duck and Cover
- In Praise Of Learning
- Legend

- Stockholm & Goteborg

- The Last Nightingale
- Unrest

- Western Culture

  (Henry Cow)

- Baseline

  (Bill Laswell)

- Killing Time
- Meltdown

  (Massacre)

- Memory Serves
- One Down

  (Material)

- Absinthe
- Naked City
- Radio
- Torture Garden

  (Naked City)

- Escape From Noise
  (Negativland)

- Commercial Albun
  (The Residents)

- Voice And Intruments
  (J. Steele/J. Cage)

- Rock Bottom
- Ruth Is Stranger Than Richard

  (Robert Wyatt)

- Film Works 1986 - 1990
  (John Zorn)



Compositore, improvvisatore e polistrumentista, Frith frequenta da oltre trent'anni i territori tra il rock e la nuova musica.


Co-fondatore degli Henry Cow (1968-1978), si è trasferito a New York alla fine degli anni Settanta venendo in contatto con musicisti quali John Zorn, Bill Laswell, Ikue Mori, Tom Cora, Zeena Parkins e Bob Ostertag, con i quali ha lungamente collaborato.

Ha dato vita a gruppi di rock sperimentale come Massacre (con Bill Laswell e Fred Maher), Skeleton Crew (con Tom Cora e Zeena Parkins) e Keep The Dog. 
Negli anni Ottanta si è dedicato anche a musiche per la danza, il cinema, il teatro, scrivendo per il Rova Sax Quartet, l'Ensamble Modern, l'Arditti Quartet e molti altri.

Noto come chitarrista improvvisativo, Frith ha inoltre suonato il basso nei Naked City di John Zorn, il violino con la Looping Home Orchestra di Lars Hollmer, e la chitarra su incisioni che vanno dai Residents a Renè Lucier, da Brian Eno a Amy Demio.

Insegna composizione al Mills College di Oakland, California, e nel 2008 ha ricevuto il Premio Internazionale "Demetrio Stratos" per la sperimentazione musicale. 

"Musica e Pubblico" di Gian Paolo Ragnoli
Musiche n° 11 Autunno 1991

"Chi è Fred Frith e perchè sta suonando davanti a quella gente?.

Spesso, negli ultimi tempi, diversi interventi su
musiche hanno manifestato un marcato fastidio per la presenza, all'interno dell'area delle nuove musiche, di una più o meno consistente fascia di pubblico trandy, radical chic o, comunque si voglia chiamarla, non "omogenea" ai musicisti ed al pubblico abituale di queste musiche.

Riflettendo su questa questione, se vogliamo di non  grande importanza, ci siamo però imbattuti in temi che crediamo centrali, e di queste riflessioni diamo conto ai lettori, scusandoci anticipatamente per le semplificazioni, inevitabili non volendo scrivere un trattato, cui ricorreremo in queste pagine. Riteniamo dunque utile sollecitare su tale argomenti una discussione che vada al di là delle polemiche spicciole, anche se talvolta doverose, su singoli episodi.

Il nostro punto di partenza è, e non potrebbe essere altrimenti, l'esperienza Rock In Opposition, RIO, è stata infatti l'esperienza centrale, decisiva nell'universo delle nuove musiche e ciò sopratutto dal punto di vista politico culturale, al di là della spesso altissima qualità della musica proposta. Il tentativo di Cutler e compagni si poneva orizzonti ben più ambiziosi che non soltalto farci ascoltare della buona musica, ed è su quelli che occorre rivolgere l'attenzione.

Si diceva in quegli anni che il rock non fosse una musica, ma un pubblico, ed a questo pubblico, giovanile, di massa, più o meno radicalizzato si è cercato di far arrivare non solo una musica innovativa ma, insieme, un diverso modo di intendere la pratica musicale e tutto quello che gli stà prima/dopo/attorno, dalla scelta dell'indipendenza reale delle major al modo di organizzare i concerti, dai rapporti non gerarchici fra musicisti e tecnici a quelli non autoritari con il pubblico, dalla negoziazione della retorica rock alla ricerca di momenti di incontro e confronto e mille altre cose ancora.

Si trattava certo di verificare risultati del lavoro che aveva portato per anni gli Henry Cow attraverso l'Europa, ma sopratutto, partendo da quell'esperienza, di costruire in tutto il continente una rete di strutture culturali autonome,, consapevoli del proprio ruolo nel processo insieme artistico, culturale e politico che quell'ipotesi affermava.

Potremmo più esattamente allora dire che la scommessa fosse quella di formare un nuovo pubblico per molteplici nuove musiche anzichè limitarsi a portare la musica di R.I.O. al pubblico dei concerti rock, o a quello di jazz o a qualsiasi altro già delimitato e rinchiuso in steccati di genere.

Per la prima volta, grazie all'impegno dei fondatori di R.I.O., il discorso sui rapporti tra musica e politica cessava di essere tale, e cioè declamazione retorica buona per tutti gli usi, spesso utile a coprire opportunismi d'ogni sorta e diventava, finalmente, una pratica consolidata.

Disgressione: opportunamente la breve storia degli Henry Cow, contenuta nel recente cofanetto, inizia con il maggio '68; sarebbe infatti impensabile un'esperienza di quel genere senza "quel" background politico, culturale e, perchè no, esistenziale. Allo stesso modo il percorso che da gli Henry Cow porta a R.I.O. ed a Recommended Records non è possibile comprenderlo appieno al di fuori della dialettica politica di quegli anni in cui -che Intini ci perdoni- si teorizzava e si cercava di praticare "l'assalto al cielo", si voleva "bombardare il quartier generale", si riteneva (con Mao e Sartre) che "ribellarsi è giusto".

Sarà forse il caso di ricordare, visto che la memoria di quegli anni tende ad esser cancellata (e che nella storia -come sempre- i vincitori riscrivono non c'è posto che per omicidi, aggressioni, violenze, quasi che un'intera generazione avesse trascorso un decennio ad organizzare bande armate e ad assassinare il primo che passava per la strada) che questa esperienza ebbe un aspetto specificatamente italiano, con la fondazione, da una parte di Stormy Six, Ensemble Havadià, Guido Mazzon ed altri della Coperativa L'Orchestra, organismo di organizzazione autonoma da parte di musicisti ed operatori culturali che molto fece per riportare il "discorso sulla musica" con i piedi per terra, in un paese dove i militanti rivoluzionari attendevano le prime ombre della sera per riunirsi clandestinamente ad ascoltare Genesis, C.S.N. & Y. o i Greateful Dead, almeno finchè non fu strangolata dal mercato, dall'indifferenza e dall'incapacità a far davvero politica culturale (non solo propaganda) della sinistra, vecchia e nuova.

Tornando sulla rotta che ci eravamo prefissati è forse il momento di fare, pur provvisoriamente, il punto: abbiamo, alla fine di un decennio di offensiva della sinistra, un'associazione di musicisti progressivi, con propaggini in diversi paesi d'Europa e un'etichetta indipendente che pubblica solo materiali di elevata qualità, anch'essa con branche sparse qua e la sul continente e persino, per un certo periodo, in Giappone.

Il pubblico già esistente con cui poteva incontrarsi la musica di R.I.O. in attesa della nascita di un pubblico nuovo nei termini sopra accennati era certamente in gran parte la fascia più "evoluta" di quello rock, che potremmo schematicamente dividere in tre aree: il settore più politicizzato, che cercava segnali progressivi nella musica, abbastanza avveduto da non lasciarsi abbindolare dalla prima "Street Frighting Man" (o peggio) passata per radio; il settore più influenzato dalla controcultura, alla ricerca di musiche diverse -fuori dal "Sistema"- ed infine del fantasma di una fruizione comunitaria della musica; gli appassionati, strato difficilmente definibile ma sicuramente importante: culturalmente aperti e curiosi, sempre a caccia di nuove scoperte e di nuovi entusiasmi: diremmo, riferendoci alla situazione italiana, quel pubblico formatosi con Bertoncelli e successivamente con Gong, un pubblico disponibile al nuovo, attento alla musica più che all'involucro.

Diciamo che grosso modo questi erano i settori del pubblico rock con cui arrivò a contatto la musica (ed il progetto) di R.I.O., cui possiamo aggiungere frange di pubblico jazz "liberato" dal free, pattuglie di cultori della contemporanea senza alterigia verso le "pratiche basse" e certamente anche fasce di pubblico nuovo, conquistate sul campo, suonando da un capo all'altro dell'Europa.

Il problema è che questo incontro avviene quando la situazione inizia a mutare radicalmente. Dalla fine degli anni '70 in poi lo scenario politico non mostra più la sinistra all'offensiva; assistiamo bensì, sconfitti ed impotenti, all'inizio dell'infame decennio del reaganismo, dello yuppismo, in una parola al ritorno dell'egemonia borghese anche sul terreno dell'immaginario, unico terreno su cui era stata sconfitta.

Tutto questo ovviamente porta ad una grossa difficoltà ad allargare l'area di interesse per musiche non compromesse come queste: anzi lo spazio tende a ridursi, giacchè anche le fascie di pubblico sopra elencate tendono a restringersi, vuoi per ragioni "anagrafiche", vuoi per il riflusso, vuoi perchè le motivazioni di carattere politico e/o controculturale hanno conosciuto in questi anni un misero destino.

La fine di R.I.O. come esperienza organizzata ci sembra quindi scritta nello scenario in cui si è trovata ad operare, come già quella dell'Orchestra in Italia, e crediamo non si possa non riconoscere che non sono stati gli eventuali errori di Cutler e C. (o di Fabbri e C.) ad essere determinanti: il conto semmai andrebbe presentato a chi, qui come altrove, ha abdicato senza alcun rimpianto ai propri compiti politici e culturali.

Va anzi rilevato come, nonostante la bancarotta della sinistra fosse già iniziata, lo "spirito di R.I.O." abbia continuato a circolare, facendo fiorire nell'arido terreno degli anni '80 diversi festival dedicati alle musiche innovative, di cui i lettori dovrebbero essere assai ben informati, vista la messe di reportage apparsi sulla nostra rivista. Abbiamo però l'impressione che, se pur alle mitiche prime edizioni del Mimi e del Taktlos il clima era quello dei giorni belli, col passare degli anni, complici forse certe discutibili scelte degli organizzatori, quella dimensione in cui interagivano le proposte degli organizzatori e dei musicisti con le istanze politiche, culturali e di ricerca di nuove scoperte da parte del pubblico si sia notevolmente affiesolita e sopratutto, ed è quello che più ci importa, ci pare non più in primo piano ma semmai implicita (nel ritrovarsi, anno dopo anno, negli stessi luoghi) quell'ipotesi di una comunità politicamente e culturalmente consapevole che avevamo vissuto (sognato?) nei momenti più alti di questa vicenda.

Qui, nell'impossibilità di dar corpo a questo disegno, vediamo il punto in cui è stato possibile che singoli musicisti o singoli appuntamenti siano potuti diventare fruibili, o meglio ancora degustabili, come calici di Lafleur-Mallett tra un'ostrica e l'altra.

Diceva Woody Guthrie: <<Folk song is big if Labour is big>>, e la storia del movimento del folk revival è a disposizione per verificare l'amara verità di questa affermazione.

Venuto meno il quadro complessivo in cui si inscriveva, il singolo disco, il singolo concerto di Fred Frith oggi,di Andrè Duchesne domani, quando Frith sarà talmente "in" da diventare per ciò stesso "out" possono essere consumati, e cioè acquistati ed esibiti come segnali che dimostrano il proprio buon gusto, l'elevato livello culturale, l'appartenenza all'esclisiva confraternita degli eletti.

Ancora una volta non è colpa di Frith: Frith, o chi per lui, continua a fare il suo lavoro, spesso egregiamente; è il contesto mutato che rende Frith, e tutti quanti, consumabili.

<<Società tutto è in ordine: le antiche gozzoviglie rantolano di nuovo nei vecchi lupanari>>. Così Rimbaud.

E non ci sarebbe davvero altro da aggiungere, se non forse avvertire che quanto scritto finora non intende consigliare ai lettori ed ai musicisti la via del ritiro monastico, in fiduciosa attesa che la ruota della storia compia un'altro giro.

Scriveva Cutler nel suo File Under Popular che gruppi come Henry Cow, Egg e Comus svolsero, nei primi anni '70, "a kind of holding function", che in questo caso ci pare appropriato tradurre come la funzione di preservare la memoria storica di un'esperienza, nell'attesa di riavviare i processi che possono rendere possibile la ripresa ed il superamento. Ci pare questo un lavoro particolarmente importante adesso, e non certo limitatamente a ciò che riguarda la musica.

In ogni caso crediamo che i musicisti, i festival, le riviste che continuano ad operare in quest'area possano svolgere qui ed ora la medesima "holding function", pur sotto il fuoco incrociatodel silenzio dei media ufficiali ed i sottili tentativi di decontestualizzare e di appropriazione di questo e di quello messi in atto da quei settori di pubblico, critica ed organizzatori con cui così spesso abbiamo polemizzato.

Affermare che il futuro sarà nostro e che finalmente risplenderà il rosso sol dell'avvenire a riscaldarci mentre ascolteremo le
Nirvana For Mice del futuro prossimo ci pare assai azzardato, in giorni come questi che ci troviamo a vivere, ma se pensiamo al cosidetto Nuovo Ordine Mondiale ci salgono imperiosi alle labbra i versi del Grande Visionario: <<I will not cease from Mental Fight/Nor shall my Sword sleep in my hand/Till we have built Jerusalem/In England's green and pleasant Land>>.


- Gravity
(1980) Ralph FF 8057 - vinile

1. The Boy Beats The Rams (Kluk Tluce Berany) - 2. Spring Any Day Now - 3. Don't Cry For Me - 4. The Hands Of The Juggler - 5. Norrgarden Nyvla - 6. Year Of The Monkey - 7. What A Dilemma - 8. Crack In The Concrete - 9. Come Across - 10. Dancing In The Street - 11. My Enemy Is A Bad Man - 12. Slap Dance - 13. A Carereer In Real Estate - 14. Dancing In Rockville Maryland

Musicians:
Fred Frith, Hans Bruniusson, Eino Haapala, Lars Hollmer, Marc Hollander, Olicia Bruynhooghe, Chris Cutler, Tina Curran, Catherine Janiaux, Dave Newhouse, Tom Scott, Paul Sears, Bill Swanm, Frank Wuyts


Produced by Fred Frith
Recorded at Norrgarden Nyvla, Upsala, Sweeden - Sunrise Studios Switzerland and Catch-a-Buzz Studios, Rockville, Meriland, USA
Cover by Alfreda Benge

Fred Frith è, certamente, una delle figure più importanti della new music, il così detto Art Rock. Assai conosciuto anche in Italia, specialmente con i suoi lavori con gli Henry Cow, gruppo di punta dell'avanguardia inglese, approda oggi al suo primo sforzo solistico.
Il suo stile chitarristico è brillante ed inusuale, ed ha quale prerogativa principale quella di esplorare e fare suoi modelli sonori a noi sconosciuti. Gravity è stato inciso per la metà in Svezia e per la rimanente parte in Svizzera.. Non a caso, la cultura ed il backgroud culturale di questi due paesi si possono notare nelle songs di Gravity; atmosfere glaciali (Spring Any Day Now), fiabe nordiche (Norgadden Nyvla), utilizzazione di strumenti quali il clarino e l'accordion, che più hanno a che fare con la musica folk. E' impensabile il volere narrare di tutti i musicisti che aiutano Fred Frith nell'album; basta fare il nome di Marc Hollander e Tina Curran per capire che quelli utilizzati non sono dei "pellegrini" qualsiasi.
Dobbiamo dire che Fred Frith è forse l'unico musicista della Ralph che si discosta dai canoni usuali di questa label; la sua, infatti, non è una musica aspramente sperimentale, ma, specialmente nella prima side, pare prendere spunto dalla tradizione folkloristica inglese (
Don't Cry For Me, Year Of The Monkey), abilmente appesantita dall'abbondante uso dei sintetizzatori. La seconda side è invece condotta da un filo logico più crebrale; What A Dilemma, ad esempio, è scossa da sferzate elettroniche, My Enemy Is A Bad Man è un episodio quasi in stile jazz con abbondante uso di fiati, Dancing In Rockville Maryland è un impatto sonoro di grande potenza ed efficacia. Su tutte troneggia la cover di Dancing In The Street, vecchio hit dei Mamas & Papas, paragonabile al rifacimento Residents di Satisfaction.
Fabio Nosotti da Rockerilla n° 8 novembre 1980

- Speechless
(1981) Ralph FF 8106 - vinile

1. Kick The Can (part one) - 2. Carnival On Wall St. - 3. Ahead In The Sand - 4. Laughing Matter - 5. Esperanza - 6. Women Speak To Men; Men Speak To Women - 7. A Spit In The Ocean - 8. Navajo - 9. Balance - 10. Saving Grace - 11. Speechless - 12. Conversations With White Arc - 13. Domaine De Planousset - 14. Kick The Can (part two)

Musicians:
Fred Frith, Gulgou Chenevien, Margot Mathieu, Ferdinand Richard, Jo Thirion, Tina Curran, Roger Kent Parson,
Bill Laswell, Fred Maher, Steve Buchanan, George Cartwright, Mars Williams

Produced by Fred Frith, Tina Curran, Etienne Conod
Recorded at Sunrise Studios Switzerland on July/August 1980 and Studio Freeson, Pujaut, France
Engineering by Francois Riether, Charlie Martin, Etienne Conod
Cover by Tina Curran

Il lavoro della prima fase solista di Fred Frith, quella dedita alle commistioni intelettual-goliardiche fra colto ed incolto musicale, trova un primo maturo approdo col capolavoro Speechless. Originariamente pubblicato, era il 1981, per l'etichetta californiana Ralph Records, noto catalogo zeppo di stravaganze musicali... inclusi i The Residents, l'album è ora reso un'altra volta disponibile dalla ReR di Chris Cutler.
La copertina nuova è grigia ed orribile. Per fortuna il contenuto sonoro è identico a quello d'una ventina d'anni fa: sbrecciature percussivistiche, strappi di "rumore concreto", musiche popolari fra Frank Zappa e Lol Coxill, armonie weilliane stile Art Bears, divagazioni prog strumentali efficavissime ed una buona dose di genio regalatoci dal nostro prima di darsi "in toto" alla sperimentazione accademica e seria (Zorn, Kaiser, etc).
A rendere verace l'ambizione di una musica che fonda i linguaggi, fino a smarrirne del tutto le primitive radici e con esse la voce ("speechless", per l'appunto), danno il loro prezioso aiuto Bill Laswell e Fred Maher (ossia i Material) oltre che George Carlwright e i para-jazzisti Etron Fou Leloublan.
Il disco riproduce, e riduce a "gag sonora ad effetto", il vociare della metropoli. La Grande Mela dei lofts, nel caso.
Ne vengono fuori brani come Kick The Can (protagoniste le urla dei bambini newyorkesi mentre giocano con un barattolo per strada), Ahead In The Sand o A Spit In The Ocean (i classici ballabili intelectual-disco in voga ai tempi), Laughin Matter/Esperanza (fra selvaggio west e vaudeville) e ancora Women Speak To Men (dal violino circense) piuttosto che i ritmi inafferrabili di Conversation With White Arc.
Per scoprirne la complessità non basterà certo un unico ascolto. Per rimanere invece "senza favella", forse si.
Massimo Padalino da  Blow Up n° 65 ottobre 2003

- Step Across The Border
(1990) Rec Rec RecDec 30 - cd

1. Sparrow Song 1.28 - 2. Voice Of Aneria (part 3)/Legs 4.24 - 3. Selluloid Restaurant/The Old Man Puts Out The Fire 3.09 - 4. After Dinner 1.47 - 5. Houston St. 2.54 - 6. Drum Factory 2.01 - 7. Regardless Of Rain 3.05 - 8. Candy Machine 2.59 - 9. Romanisches Cafe 6.19 - 10. The Border 3.29 - 11. Nirvana Again 1.53 - 12. Scottish Roppongi 1.46 - 13. Norrgarden Nyvla 2.58 - 14. Birds 2.18 - 15. The As Usual Dance Towards The Other Flight To What Is Not (part 3) 1.47 - 16. Williamsburg Bridge 1.53 - 17. Same Old Me/Williamsburg Bridge (reprise) 4.10 - 18. The As Usual Dance Towards The Other Flight To What Is Not (part 5) 2.24 - 19. Lost And Found 3.21 - 20. Nine By Nine 5.52 - 21. Evolution 3.20 - 22. Union Square 1.41 - 23. Morning Song 2.00 - 24. Voice Of America (part 4) 2.02 - 25. Too Much Too Little 2.08 - 26. Too Late 2.23

Musicians:
Fred Frith, Iva Buttova, Hans Bruniusson, Tom Cora, Tina Curran, Jean Derome, Pavel Fajt, Eino Haapala, Haco, Eitetsu Hayashi, Tim Hodgkinson, Lasse Hollmer,
Bill Laswell, Renè Lussier, Fred Maher, Kevin Norton, Bob Ostertag, Zeena Parkins, John Zorn

Produced by Fred Frith
Recorded in studios, streets, concerts, rehearsals, fields, hotel rooms and sundry other location between 1979 and 1989
Engineering by Benedykt Grodon
Cover photo by Oscar Salgado

Fred Frith si insedia a pieno titolo nell'anditus della "nuova musica", o "progressive" che dir si voglia, dall'alto della maturata esperienza ventennale (e più) nelle ardue estensioni della ricerca innovativa sul piano del linguaggio tecnico ed espressivo.
Non è quindi emulo o discepolo della coeva "puzzle music" (il cui artefice maggiormente anarchico e radicale può a ragione dirsi John Zorn), ma è indubbiamente tra i padri legittimi della dirompente e dissoluta ricerca timbrica e della frammentazione delle strutture canoniche ritmico-melodiche, nonchè della spregiudicatezza armonica del CD "free rock".
Unitamente a Lol Coxhill, ed in particolare con le esperienze di Henry Cow e Art Bears, Frith rappresenta l'anima della Scuola di Canterbury: l'evoluzione del rock imperniata sul fulcro del jazz. L'anima europea, sobria e austera, si è poi saldata con quella americana (New York e San Francisco), consumistica, autodistruttiva e contradditoria, esaltando quel "solismo creativo", cardine delle recenti forme di sintesi espositiva assunte a paradigma da artisti come Tim Berne, Wayne Horvitz, Henry Kaiser, Bill Frisell...
La "miniaturizzazione" contrapposta alla prolissità; il "segmento" come unità di misura, rispetto alle linee rette e parallele di tanta e tanta musica sempre uguale a se stessa.
Non esiste uno stile cui ricondurre il "mosaico" tassellato da miriadi di eventi sonori contrastanti; uno stilema orientaleggiante, una chitarra saturata, un gong, una sirena, l'allarme nautico, urla e gemiti, il canto soprano, il brulicare dei passanti, la voce distorta, messagi cifrati da ente spaziale; ed improvvise, mirabili aperture dense e ritmate, ossessive e dissonanti le costruzioni, brevi istanti e pulsazioni a mille.
Traspare alla base una grande voglia di comunicare continuamente tutto (il mondo e la galassia con quanto accade) in frammenti a tutti, per coinvolgere sensitivamente l'ascoltatore nel magma ordinato di note e rumori, suoni ed echi dell'esistenza, sommuovere e scuotere la passività troppo spesso rilevata a discapito della conoscenza dell'arte immaginativa e dell'improvvisazione controllata.
Registrazioni svolte in un decennio (1979/1989), "in studio, dal vivo, in prove, nei campi, in camere d'albergo, in ogni dove" si legge nelle note di copertina.
Patrizio Visco da Hi Folk n° 47 maggio/giugno 1991

- Rivers and Tides
(2003) Winter and Winter 910 092 - cd

1. Part One 10.08 - 2. Part Two 3.10 - 3. Part Three 2.22 - 4. Part Four 1.25 - 5. Part Five 4.40 - 6. Part Six 4.15 - 7. Part Seven 11.31 - 8. Part Eight 3.20

Musicians:
Fred Frith, Karoline Hofler, Bernd Settelmeyer, Wolfang Stryi


Produced by Fred Frith
Recorded at Jankowski Tonstudio, Esslinger, Germany
Engineering by Peter Hardt

Suggestionato dalle immagini dell'omonima pellicola di Thomas Riedelsheimer per il quale ha composto le musiche, Frith si mostra meno aggressivo del consueto, privilegiando la rarefazione, l'attesa, la sospensione, il vuoto pneumatico, addirittura il silenzio. E' musica per giorni acquosi, da giardino zen dell'anima, e non è forse un caso che numerosi passaggi rievochino suoni in qualche modo apparentabili con tratti orientaleggianti tradizionali sino-giapponesi.
Il buon Fred si districa con assoluta calma tra chitarra, violino, piano, campionamenti e un timido berimbao, aiutato da un trio teutonico non dozzinale, composto da Karoline Hofler (basso), Bernd Settelmeyer (percussioni), Wolfang Stryi (sax soprano). Tutto rimane volutamente sottotono, come annaspante in un liquido amniotico quando non addirittura sprofondato negli inferi, in particolare allorchè Stryi soffia in un gorgogliante clarinetto basso. E' come aspettare eternamente il treno in Patagonia, si sente il vento ma non si vede giungere la locomotiva e dopo un po' ci si comincia a preoccupare.
Senz'altro è musica da film.
Piercarlo Poggio da Blow Up n° 64, settembre 2003

- Live in Moscow, Prague and Washington
with
Chris Cutler
(1990) RèR ccffcd - cd

1. Moscow
(May 31 1989. Culture Palace S.P. Gorbunov. Recorded casually on a Sony Professional with 2 PZM microphones in the room) - 2. Prague (May 25 1979. Lucerna Hall. Recorded by Ji Ri Munzar on a Sony 4-tracks with microphones in the auditorium. Live concert mix by E.M. Thomas, on the occasion of the eighth - and to date last- "Jazz Days" organised by Jazzove Secke) - 3. Washington (December 20 1979. DC Space Concert organised by John Paige who also recorded it with mikes in the room. This extract was taken from the middle somewhere and mixed itself)

Musicians:
Fred Frith, Chris Cutler

Cover design and photographic work by E.M. Thomas

- Quartets
(1994) RecRec RecDec 44 - cd

1. 1.57 - 2. 3.34  - 3. '49 - 4. 3.12 - 5. 1.52 - 6. 4.11 - 7. 3.29 - 8. 1.05 - 9. 2.33 - 10. D 3.42 - 11- B 2.37 - 12. C 2.17 - 13. G 2.02 - 14. H 3.03 - 15. F 2.33 - 16. A 6.45 - 17. E 5.37

Musicians:
Fred Frith, Violet Wires Ann Morfee, Abigail Brown, Phil D'Arcy, Liz Parker, Nick Didkovsky, Mark Howell, Renè Lussier


Produced by Fred Frith
Recorded at Angel Studios, London on December 1992 and Sorcerer Sound, New York on april 1992
Engineering by Tom Leader and David Avidor

- The Happy End Problem
(2006) Rer fra 05 - cd

1. Ukon 6.18 - 2. Kira 5.37 - 3. Kio 2.33 - 4. Tan 3.05 - 5. Shi-o 1.33 - 6. Beni 3.52 - 7. Kasumi 2.15 - 8. Sumi 1.12 - 9. Hanabira 3.48 - 10. The Happy End Problem 21.00

Musicians:
Fred Frith, Kikutsubo Day, Carla Kihlstedt, William Winant, Theresa Wong, Patrice Scanlon, Sheela Bringi, Heather Vorwerk, Wu Fei


Produced by Fred Frith
Recorded at Guerrila Sound, Oakland on February 2003 and February 2004
Engineering by Myles Boisen

- Allies
(2004) Rer fro 07 - cd

1. Rifka - 2. Small Mercy 1 - 3. Nenad - 4. A Rock And A Hard Place - 5. Davor And Dzeneta - 6. Small Mercy 2

Musicians:
Fred Frith, Joey Baron, George Cartwright, Tom Cora


Produced by Fred Frith
Recorded at BC Studios, Brooklyn, N.Y. on October 1989 and at Studio Jankowski, Stuttgard on Novemeber 1995
Engineering by Martin Bisi and Peter Hardt

Cover photo by Heike Liss

- Accidental

(2001) Rer fra 01 - cd

1. The Tangled Bank 3.40 - 2. Hit And Run 2.57 - 3. Gatto Nero 1.33 - 4. Old Geometry 2.24 - 5. Their Blood Is Black And Yellow 4.33 - 6. In A Heartbeat 1.15 - 7. Fooled Again 5.04 - 8. Accidental 3.27 - 9. Absinthe Memories (for Phil Minton) 3.00 - 10. Incoming 6.20 - 11. Almight Home At Last 5.12

Musicians:
Fred Frith solo


Produced by Fred Frith
Recorded at Studio Jankowski, Stuttgart on December 1995 and January 1996
Engineering by Peter Hardt