Lindsay Cooper
album in pagina
- Oh
Moscow
- Sahara
Dust
- An
Angel On The Bridge
- Schrodinger's
Cat
- Rags/The
Goldiggers
- Pia Mater
collabora
in:
-
Hopes And Fear
(Art Bears)
- The Civil Surface
(Egg)
- The Rotter's Club
(Hatfield And The North)
- Fish Rising
(Steve Hillage)
- Unrest
- Western Culture
- The Last Nightingale
- Stockholm & Goteborg
- Concerts
- Desperate Straights
- In Praise Of Learning
(Henry Cow)
- Letters Home
- Work Resumed On The Tower
(News From Babel)
- Hergest Ridge
(Mike Oldfield)
-
Winter Come Home
(David Thomas)
- The
Cortège
(Mike
Westbrook)
Il pubblico delle avanguardie l'aveva conosciuta come fagottista degli
Henry Cow, quelli che gli adolescenti della Banda dei brocchi di
Jonathan Coe descrivevano così: "Imagine The Yardbirds getting into bed
with Ligeti in the smoking rubble of divided Berlin".
Nel gruppo Lindsay Cooper era entrata non ancora ventitreenne ma già
forte degli studi alla Royal Academy Of Music, dei tre anni nella
National Youth Orchestra, di qualche incisione di colonne sonore e
musica classica, e di un anno ciascuno con i Comus (band di folk
psichedelico per la quale aveva dovuto imparare anche oboe e flauto) e
il Ritual Theatre (con, fra gli altri, Clive Bell e Fred Frith).
Frith racconta così l'impatto della musicista sugli Henry Cow: "Restai
molto impressionato dall'assoluta faccia tosta con cui cominciò a
inserire nuovi strumenti nel gruppo mentre stava ancora capendo come
suonarli. (...) Imparammo da lei che prove più lunghe non significavano
musica migliore e che con l'autodisciplina potevamo diventare musicisti
migliori. Non che non avesse le sue idiosincrasie, tra cui
l'abitudine di esercitarsi sulle, parti intanto che ascoltava la radio e
guardava la tv con il volume azzerato.(...) Femminista appassionata e
combattiva, cambiò tutti noi in meglio: schietta, scherzosa, tosta,
fragile, militante, una musicista favolosa, una cara amica e una persona
che sapeva davvero come divertirsi".
Gli Henry Cow si sciolgono nel 1978 ma prima Lindsay Cooper fa in tempo
a registrare anche con gli Hatfield & The North (e poi National Health),
Steve Hillage, Slapp Happy, Egg, a scrivere per la rivista Musics il
fondamentale saggio Women, Music, Feminism: Notes (sul n° 14, ottobre
1977, cui seguirà -per Performance Magazine n° 19, ottobre-novembre
1982- una lunga intervista a Cathy Berberian, tra i suoi idoli assieme a
Leòs Janàcek a Martin Gatt) e a fondare con Georgie Born e Maggie Nicols
il Women's Improvising Group, poi Feminist Improvising Group, dal quale
transiteranno alcune delle più importanti improvvisatrivi europee (tra
cui Irene Schweizer) e la futura regista di successo Sally Potter, il
cui primo lungometraggio (The Gold Digger, 1983, con Julie Christie e Lol Coxhill) è uno
dei lavori cinematografici, televisivi, teatrali e coreutici (spesso su
tematiche femministe, antinucleari e pacifiste) per cui Lindsay Cooper
comporrà musiche negli anni Ottanta, parallelamente a quelle -ispiratissime-
per David Thomas, News From Babel (con Chris Cutler, Zeena Parkins,
Dagmar Krause, Robert Wyatt...) e per il disco di finanziamento ai
minatori in scipero antiThacher
The Last Nighttingale.
Dal vivo presenta molte di quelle composizioni alla testa dei
Golddiggers, altresì noti come The Film Music Orchestra o Filmgroup
(come una delle prime società inventate da Corman), suonando pure sax
contralto e sopranino, pianoforte e tastiere. Al sopranino è poi tra i
solisti di Westbrook-Rossini (1986) dopo aver lavorato con l'orchestra
del pianista in The Cortège (1982: suo impareggiabile assolo di fagotto
elettrificato in Democratie). Al finco di jazzisti sono anche
Live At The Bastille con Nicols e Joelle Leandre, due dischi con il
Maarten Altena Octet (& Nonet), gli incontri con Zorn, Marclay, Bennett,
Mori e altri per The Improvisors, le collaborazioni con Coxhill, Alfred
Harth, Hugh Hopper, John Wolf Brennan, i lunghi sodalizi con Marilyn
Mazur e Phil Milton, le composizioni per il Rova Saxophone Quartet e per
Kate Westbrook.
Intorno al 1998 annuncia che l'aggravarsi della sclerosi multipla
(sottaciuta per anni) le impedisce di continuare a suonare. Gradualmente
le sue condizioni peggiorano fino a impedire prima di comporre e poi
quasi del tutto di comunicare. Il 18 settembre 2013, Cutler scrive: "So
sorry to pass on this unhappy news. Lidsay died this aftermoon. She had
contracted pneumonia and spent the last six day at home surrounded by a
few old friends. She died very peacefully".
Alessandro Achilli da
Musica Jazz, novembre 2011
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- Oh Moscow
(1991) Victo 015 - cd
1. England Descending 7.46 - 2. The Allies 5.30 - 3. Lovers 4.10 - 4. Oh The Passing Of Time,
Europe 4.12
- 5.
Liberty Bonds 6.38
- 6. On
German Soil 7.20
- 7.
Curtain Descending 3.10 - 8. Prayer 9.57 - 9. Forgotten Fruit 4.23 - 10. Oh Moscow 6.21
Musicians:
Lindsay Cooper, Elvira Plenar, Phil Milton,
Marilyn Mazur, Hugh Hopper, Sally Potter, Alfred Harth
Produced by Michel Levasseur
Recorded live at 7st. Festival International de Musique
Actualle de Victoria Ville on Sunday 8 October 1989.
Engineering by Charles Gray
Cover art by Francois Bienvenue
Tanto di Lindsay Cooper quanto di Sally Potter, Oh
Moscow - imperniato sul tema della
guerra fredda - è stato concepito nell'87, risultando
poi testimone nell'arco delle sue rappresentazioni dei
cambiamenti intervenuti in Europa nell'89. Il combo è
ragguardevole: oltre alla leader, Sally Potter, Alfred
Hart, Elvira Plenar, Hugh Hopper, Phil Milton e -
asecondo dei casi - Charles Hayward o Marilyn Mazour.
La musica, pur memore delle felici coordinate del
Golddiggers, deve fare i conti con scenari differenti:
quel progetto era nato in studio (pressochè in sordina)
e solo successivamente, concerto dopo concerto, aveva
assunto dimensioni imponenti. Qui l'atmosfera è meno
serena, consapevole di tempi in via di mutazione (per
quanto alll'epoca inimmaginabili nei loro sviluppi).
Avendo già raccontato (su Musiche n° 7) come tale
formazione si esprime in concerto e dato che il cd
accoglie una esibizione dal vivo ci limiteremo a qualche
considerazione aggiuntiva. Dalla presente registrazione
(invero un po' piatta) emergono la vivace ritmica della
Mazour (forse più elastica di quella haywardiana), la
rinnovata disciplina di Harth e la sensibilità della
Plenar. Preso singolarmente ogni brano si segnala per
sicure virtù e piccole smagliature: i westbrookismi di The
Allies offerti al
Milton gigione; il riff incisivo ed allarmante di On
German Soil; lo strumentale Oh
The Passing Of Time, Europe, ben
allineato da fagotto/sax tenore (e poi basso/fagotto) su
liquidi pianismi free; Liberty Bond,
ottima combinazione testo-musica, con un Hopper più fuzz
ed una gustosa fanfarina fiatistica; il melange di
musiche dell'est di Prayer
e l'anelito corale troppo affettato, quasi ecumenico.
Per alcuni tratti si seguono antiche ispirazioni, in
altri reperiamo intenzioni jazzistiche ancora in embrione
(ed oggi forse già superate), ma nel complesso
l'andamento è da musical comedy; per questo talune
sezioni (come il sottofinale di Forbitten
Fruit) si legittimano quasi
esclusivamente nell'economia dello svolgimento narrativo.
L'impianto concettuale dell'opera si avvale di testi
ispirati, con un epico crescendo che sollecita una chiave
di lettura teatrale, uno scioglimento del tema.
Purtroppo, quel nuovo ordine auspicato dalle liriche non
è coinciso con l'abbattimento di un muro, perlomeno non
nel senso inteso dalle due autrici. Speriamo pertanto che
Oh Moscow! eviti di
essere ricordato esercizio di belle speranze per pensare
di sentirsi più uniti:
L'opera peraltro dovrebbe continuare a vivere, quantomeno
nella sua prossima ripresa concertistica e forse anche
più in là: chi ha seguito le dichiarazioni post Venezia
di Sally Potter avrà annotato come nel carnet dei suoi
progetti registici ci sia posto per un musical con lo
stesso titolo.
Paolo
Chang da
Musiche n° 14 1993
- Sahara Dust
(1992) Intakt 09 - cd
1. Part One 12.08 - 2. Part Two 6.15 - 3. Part Three 8.23 - 4. Part Four 10.49 - 5. Part Five 6.19
Musicians:
Lindsay Cooper, Phil Milton, Paul Jayasinha, Dean
Brodrick, Elvira Plenar, Robyn Schulkowsky
Produced by Rosmarie A. Meier
Engineering by Peter Pfister
Recorded at Radio Studio, Zurich on 3 and 5 August 1992
Cover by Polly Bertam, Alberto Vieceli
Con Sahara
Dust la Cooper sembra andare oltre il
pur illustre precedente, impegnando maggiormente il
bagaglio di conoscenze musicali (composizione,
arrangiamento, strumentazione) che gli è proprio, e non
mancando di raccogliere/sottolineare taluni aspetti del
discorso di An Angel On The Bridge:
alcune delle note paiono preservare quella placida
distensione, lo stesso lieve deambulare. I testi sono
affidati a Robyn Archer, cantante scittore regista
australiano con la quale la Cooper aveva già collaborato
per canzoni, concerti, programmi radiofonici e per la
pièce teatrale Cafè Fledermaus (un
pezzo omonimo, cantato da Archer).
Il brano - articolato in cinque momenti su quasi
quarantotto minuti - è stato concepito durante la Guerra
del Golfo e sebbene il plot non appartenga alla Potter
pare seguirne certe linee di pensiero, il medesimo
carattere "didattico". Anche per questo, a
differenza di altre occasioni, i riferimenti alle
poetiche di Eisler e Brecht non sono trascurabili,
sopratutto nella concezione del lavoro, nel suo
dimensionarsi in forma drammaturgica, là dove le sezioni
strumentali rafforzano emotivamente il senso delle parti
cantate.
La musica coglie l'opportunità (l'invito al Taktlos del
1991 e la disponibilità Intakt) per comporre un pezzo su
larga scala in cui impiegare veterani cooperisti quali
Phil Milton, Elvira Plenar e Dean Brodrick affiancati
dalla tromba (e violoncello) di Paul Jayasinha e dalle
ottime percussioni di Robyn Schulkowsky. Una formazione
atipica, con tre potenziali doppi (tromba, fagotto,
tastiere) e con Milton che -unica voce (e non accade
spesso) - esegue le parti con la grinta ben nota ma
diligentemente, senza ecedere (un buon modo per
preservarsi, l'afflato miltoniano può erodersi
facilmente e non sempre è chiamato a vibranti capolavori
come General Strike o Anno
Mirabilis...).
La forma è quella di suite, con una articolazione (non
dichiarata) alquanto classica, con interludi, raccordi,
arie cantate; pure se si ha il sospetto che cinque pezzi
separati e compiuti avrebbero servito la causa con uguale
se non superiore efficacia. La selezione strumentale
confera l'odierna passione per un sopranino dalle
suggestioni mediorentali, ma trova il suo elemento di
novità nell'avvento di talune percussioni (specie
marimba e metallofoni) e nelle sostanziose porzioni
affidate alla tromba, colorata di venature
mantler/sudamericane.
Se dunque i temi cooperiani son quelli tipici, i
meccanismi sembrano costruiti con ingranaggi più
piccoli, raffinati. La Part One
ne scompone parecchi, tesi a riprodurre lo stupore di una
scoperta, il fascino di una nuova consapevolezza. La Part
Four suggerisce l'immineza di uno
scatto, di un bruciante strattone di redini, di un
repentino cambio di passo; ciò non per deformazioni
rockistiche dell'ascoltatore, quanto perchè l'andamento
dell'opera, la creazione di un momento, avallerebbero
simili sviluppi. Niente di tutto ciò, semmai un lento
approssimarsi ad una rivelazione, un'indagine condotta
per piccoli indizi: si getta l'udito sui tappeti inquieti
di elettronica, sulle percussioni metalliche, si seguono
i passi dubbiosi di violoncello e piano, ci si avventura
nella gola mintoniana. L'approdo è la Part
Five, dove una bella aria, compiuta,
senza sbavature, presenta un finale non triofale benchè
prudentemente ottimista.
Rimane naturalmente da discutere quanto sua adeguato
questo modo di porre la contemporaneità, se siano
sufficienti gli aneliti corali della Cooper (o dei
Westbrook). Si può non essere solidali con la passione
che sgorga dalle note? E' possibile non prenderne atto
con trasporto? L'unico pericolo è che il mondo corra
più velocemente di quanto - seguendo simili approci - si
possa esprimere.
Dai tempi gloriosi (eroici?) del Filgroup la musica
cooperiana è sempre stata permeata da diverse
motivazioni. Si ha però la sensazione che oggi - su
taluni argomenti - aumenti la propensione alla
rappresentazione anzichè quella all'intervento diretto,
senza filtri, subito spendibile sul campo. Risultando
alla fin fine gradevole ed emozionante non solo (non
tanto?) per l'impegno civile, ma anche perchè trova nel
cuore di chi ascolta una breccia già aperta qualche
tempo prima.
Paolo
Chang da
Musiche n° 14 1993
- An Angel On The Bridge
(1991) ABC Records 846 594 - cd
1. The Hanging Garden 5.28- 2. An Angel On The Bridge 2.31 - 3. Suburban Tango 3.55 - 4. Fin De Siècle 4.01 - 5. Savannah 4.44 - 6. The Bush Photographer 4.36 - 7. A Small Town In Germany 4.52 - 8. Botticelli 2.20 - 9. Wiegenlied 5.45
Musicians:
Lindsay Cooper, Michael Askill, Louise Johnson, Cathy
Marsh
Produced by Diana Manson
Engineering by Guy Dickenson
Recorded on June 1990 at Megaphon Studio
Design by Bowra and Son
Chi però
dall'ascolto di Schrodinger's Cat
esce (legittimamente) dubbioso può venir risarcito con An
Angel On The Bridge, delle fatiche qui
attorno quella maggiormente apprezzabile.. Un lavoro
minore, piuttosto scarno, di stretto minutaggio, privo
sia della complessità (musico-testuale) dell'opera sia
dei riferimenti su cui è solita ergersi una colonna
sonora. Eppure riuscito.
Non eravamo più abituati a dosi così ricche di fagotto.
Il suo gemellaggio con l'arpa (fil rouge del disco) si
rivela straordinario e pressochè esclusivo, a parte
saltuari (tenui) interventi delle percussioni di Michael
Askill (e della voce). La produzione australiana
dell'album è talmente suggestiva da rendere i suoni
impensabili in altri contesti: quel sentimento del mondo
che altrove si vestiva di stoffa vittoriana, liberava
seducenti cantilene o affrontava con grinta il grosso
organico assume qui un sapore di spaesamento, di vuoto
sospeso, di dolce quanto fugace riflessione. La qualità
d'uso, certamente elevata, non affievolisce autonomia,
alterità, ambizione. In questo senso i territori
cooperiani non sono "la fine del mondo" e la
musica può diventare vapore misterioso per le fanciulle
di Hanging Rock o contrappunto per la malinconia Jane
Campion (ad unire le due non ci sono solo gli angeli dei
loro titoli, a dividerle vi è l'inutile passaggio delle
pellicole dall'atelier nymaniano...).
Gli episodi contemplano orizzonti tersi, racchiusi in
involucri arpeggiati, fissati in monologhi disadorni o
recite infagottate, sorretti da ritmi cangianti e marimbe
in amore. Fortemente espressivi i tratti dove fluttua il
canto (senza testo) di Cathy Marsh, lieve, insinuante,
perennemente doppiato dai fiati. Così le bellissime Suburban
Tango, Wiengelied
e Fin de Siècle.
Così la pregnante e rarefatta The Bush
Photographer, preparata con dosaggio
semplice ma efficace, che permette a voce e sopranino di
(chi)amarsi e rincorrersi in una suggestiva foresta
sonora.
Paolo
Chang da
Musiche n° 14 1993
- Schrodinger's Cat
(1991) Femme Music FECD9.01093 O - cd
1. The Realm Of Possibility 1.44 - 2. The Particle Dance 6.13 - 3. Pas De Deux 1.24 - 4. Rock Climbing 1.43 - 5. Salmon Leap '36 - 6. Out Of Nowhere 1.33 - 7. Salmon Leap Reprise 1.35 - 8. Alpha Beta 1.35 - 9. The Eleven Million Mile
High Dancer 1.28
- 10.
Flying 2.31
- 11. Uncertanty
Principle 1.51
- 12.
Strange Ideas 1.28
- 13.
Skating 2.40
- 14. Zen 2.27 - 15. Spin, Speed, Collision 1.29 - 16. At Least One Star 3.41 - 17. Story Telling 3.49 - 18. A Cat Dreaming 2.55
Music commissioned with funks provided
by Arts Council of Great Britain and The Place Theatre,
London
Muisic for Maclennan Dance &
Company's EDGE. Choreography by Sue Maclennan
Musicians:
Lindsay Cooper, Dean Brodrick, Stuart Jones, Peter Whyman
Schrodinger's
Cat, uscito per la Femme Music (già
etichetta per Kate Westbrook e Frank Chickens), è stato
battistrada della superproduzione dell'ultimo biennio. Un
album interlocutorio, forse il meno significativo della
sua produzione, capace tuttavia di qualche lampo. Il
suono - spesso cameristico, con strumenti poggiati su
inflessibili piedistalli ritmici - conferma certe novità
trapelate nell'intervista su Musiche N° 7. Senonchè
l'apertura ad illustri collaboratori quali Stuart Jones,
Peter Whyman e Dean Brodrick, si rivela poco permeabile
alla loro cifra stilistica, rendendo irrisolta la
compresenz di elementi del vecchio e del nuovo stile.
La commissione - le coreografie di Sue Maclennan per la
compagnia Edge - segna come mai prima l'assemblaggio dei
brani, diciotto frammenti dalla grafia esatta ed
ortodossa. Fagotto/sopranino evocano scenari dolenti, nei
quali la particolarità delle orchestrazioni (fiati
sopratutto, con qualche fisarmonica/tastiera) produce
suoni pastorali, estatici, tendenti ad una
"neutralità" linguistica che è un topos degli
autori del settore (ma anche chi - con lusinghieri
risultati - vi si avvicina, vedi l'atipico Andriessen di Golven,
o il Ketting di Filmmusic).
La musicista - come è sua caratteristica - non esibisce
trascinanti leitmotiv, ma dissemina piccoli/insinuanti
rimandi tra i pezzi: ottimo il lirico tema portante di The
Realm Of Possibility, poi ripreso anche
in Alpha Beta e nella
conclusiva A Cat Dreaming.
Si respira, assai bene, anche con le due porzioni - brevi
ma ispirate - di Salmon Leap
(una "tubular" cooperiana?), nello stralunato
girotondo di Pas de Deux
o quando - dopo un sax immobile e lontano - Brodrick fa
partire la toccante fisarmonica di Skating.
Discutibile invece l'impiego di un drum programming
superfluo quanto timbricamente inadeguato: responsabile
dovrebbe esserne il fedele Charles Gray, non ammesso alla
formazione ma citato a vario titolo nella copertina. Si
sarebbe preferita la tranquilla imperfezione dei ritmi
acustici, poteva bastare un batterista in carne ed ossa.
I temi al sopranino (puntualmente doppiati) su ostinati
di piano, glu unisono di fagotti borbottanti, i
cromatismi fiatistici permangono affascinanti, specie se
li si immagina emanati da guance belle e un po'
imbronciate come quelle cooperiane. Ma qualche briciola
in più di partecipazione non avrebbe guastato.
Paolo
Chang da
Musiche n° 14 1993
- Rags/The Goldiggers
(1991) Rer lcd - cd
1. The Exibition Of Faschions -
2. Lots Of Larks -
3. General Strike -
4. Women's Wrongs 1
- 5. Women's Wrongs 2
- 6. The Charter -
7. Parliament Catch
- 8. Women's Wrongs 3 -
9. Film Music -
10. Prostitution Song -
11. 1848 -
12. The Chartist Anthem -
13. Cholera
- 14. Stitch Goes The Neddle
- 15. A Young Lady's Vision -
16. Pin Money -
17. Women's Wrongs 4 -
18. The Song Of The Shirt -
19. Seeing Red -
20. Iceland -
21. Celeste's Room -
22. Bankers Song -
23. The Empire Song -
24. Melodrama
- 25. Perfect Clue
- 26. Ruby's Gold -
27. Dawn Skyline -
28. Horse Waltz
Musicians:
Lindsay Cooper, Phil Milton, Marilyn Mazur, Sally Potter, Goergie Born,
Chris Cutler, Fred Frith, Eleanor Sloan, Collette Laffont, Dave Holland,
Kate Westbrook, Lol Coxill
Recorded at Kaledophon Studio in the Summer 1979 and 1980
Engineering by David Voorhaus
Cover art by Francois Bienvenue
-
Pia Mater
(1997) Resurgence res 124 -cd
1. Pia Mater I
- 2. Pia Mater II
Musicians:
Lindsay Cooper, Charles Gray
Produced by Charles Gray
|