Gavin Bryars
album in
pagina
-
Vita
Nova
-
After
The Requiem
- Jesus's Blood Never
Failed Me Yet
- Three
Viennese Dancers
- The
Last Day
- Farewell
To Philosophy
collabora
in
- The Pavillion Of Dreams
(Harold Budd)
|
- Vita Nova
(1994) ECM New Series 1133 - cd
1. Incipit Vita Nova 6.02 - 2. Glorious Hill 11.32 - 3. Four Elements 28.46 - 4. Sub Rosa 9.57
Musicians:
Gavin Bryars, David James, Annemarie Dreyer, Ulrike
Lachner, Rebecca Firth, John Potter, Roger Covey-Crump,
Gordon Jones, Tim Payne, Glen Martin, Richard Martin,
Henrik Sienkweicz, David Whitson, Christopher
Swithinbank, Gruffydd Owen, Keith Bartlett, Christopher
Brannick, Alan Taylor, Roger Heaton, Jamie McCarthy,
Alexander Balanescu, Martin Allen, John White
Produced by Manfred Eicher
Engineering by Peter Laenger, Chris Ekers
Recorded at CTS Studios, London, mixed at Rainbow Studio,
Oslo
Liner photos: Caroline Forbes
Dopo il successo di Jesus' Blood Never
Failed Me Yet nella sua nuova edizione,
su quest'ultimo disco di Bryars tornano a farsi sentire
composizioni recenti, del periodo tra il 1986 e il 1990.
Per densità sonora la distanza non potrebbe essere
maggiore da Jèsus' Blood Never Failed
Me Yet, considerando che al roboante
insieme di coro e orchestra si preferiscono qui brani per
organici più raccolti.
Il controtenore David James canta
Incipit Vita Nova assieme a un trio
d'archi e Glorious Hill assieme
a tre colleghi dell'Hillard Ensamble. La compostezza è
tale da rasentare la frigidità e l'impatto della musica
viene fortemente filtrato da un certo formalismo. Più
rilassati Four Elements
- una mezz'ora di musica per balletti, interpretata dal
Large Chamber Ensamble, con un'ampia gamma di atmosfere e
colori timbrici - e Sub Rosa,
un curioso brano che elabora materiali tematici tratti da
un brano di Bill Frisell (Throughout,
dall'album ECM In Line) e li affida a un organico
desueto, la scelta del quale, a detta dell'autore stesso,
è stata influenzata più dalla personalità dei
musicisti che da considerazioni sui timbri strumentali.
Sembra quindi opportuno citarli per esteso: Jamie
McCarthy al flauto dolce, Roger Heaton al clarinetto,
Alexander Balanescu al violino, Martin Allen al
vibrafono, John White al piano e Bryars stesso al
contrabasso. Forse perchè ricordano così da vicino
l'inebriante dolcezza di Hommages,
che Bryars poi ha tanto trascurato a favore di una
scrittura più austera ed enigmatica, gli ultimi due
brani, meno levigati e formali rispetto ai brani vocali,
sono quelli che riescono maggiormente a coinvolgere.
Andrea
Landini da Musiche n° 16 1994
- After The Requiem
(1991) ECM 1424 - cd
1. After The Requiem 15.38 - 2. The Old Tower Of Lobenicht 15.49 - 3. Alaric I Or II 15.04 - 4. Allegrasco 19.46
Musicisti:
Gavin Bryars, Bill Frisell, Alexander
Balanescu,
Kate Musker, Tony Hinnigan, Roger Heaton, Dave Smith,
Martin Allen, Simon Limbrick, Evan Parker, Stan Sulzmann,
Ray Warleigh, Julian Arguelles
Produced by Manfred Eicher
Engineering by Jan Erik Kongshoug
Recorded on September 1990 at CTS Studios, London, mixed
at Rainbow Studio, Oslo
Cover photo: Jim Bengston
Se certe
pagine del precedente album ECM Three
Viennese Dancers facevano trapelare tra
l'impeccabile bellezza della musica l'ombra di una
sottile noia, fatta eccezione per la memorabile Between
The National And The Bristol, scritta
per l'Arditti Quartet, suggerendo l'ipotesi di un Bryars
"prigioniero" della fredda estetica di Manfred
Eicher, dopo l'ascolto di After The
Requiem siamo costretti a ricrederci.
Ci pare addirittura di poter affermare che questo sia il
migliore album licenziato dal parco compositore inglese,
o quanto meno degno di stare alla pari con The
Sinking Of Titanic, vecchia gemma
recentemente restaurata, che inaugurò anni fa il
bizzarro catalogo Obsucre.
Tratti salienti, comuni a tutte e quattro le composizioni
di After The Requiem
sono la straordinaria misura, la felicità lirica,
l'invio al sogno, una malinconia serenamente temperata.
Fortemente differenziate sono invece le formazioni
chiamate ad eseguirle, primo fra tutte il quartetto di
sassofoni (due soprani, un contralto, un baritono)
presente nella acrobatica Alaric I Or II,
tra i quali spicca l'inconfondibile voce di Evan Parker,
e subito dopo l'eccentrico "quartetto d'archi"
(chitarra elettrica, due viole e un violoncello) messo in
campo per After The Requiem.
Più consuete quelle approntate per gli altri due brani, The
Old Tower Of Lobenicht e Allegrasso,
dove comunque è ancora presente la chitarra elettrica,
suonata da Bill Frisell, mentre gli altri musicisti - tra
di essi Alexander Balanescu, Dave Smith e Roger Heaton -
sono abituali collaboratori di Bryars.
Non possiamo tacere la nostra predilizione per la reverie
kantiana di The Old Tower Of Lobenicht,
ispirato da uno scritto di Thomas De Quincey sigli ultimi
giorni di Kant, ma troviamo in tutte le composizioni qui
contenute momenti appassionanti, tali da riconsegnarci
l'immagine di Gavin Bryars perfettamente capace di
evitare le trappole dell'estetismo e di comporre
"patchworks" in cui i vari aspetti della sua
formazione (il jazz, il romanticismo, l'opera) si
combinano felicemente.
Gian
Paolo Ragnoli da Musiche n°11 1991
- Jesus' Blood Never Failed Me Yet
(1993) Point Music 438 823 - cd
1.
Tramp with
orchestra (string
quartet) - 2.
Tramp with orchestra II (low strings)
- 3. Tramp
with orchestra III (no strings) - 4. Tramp with orchestra IV (full strings) - 5. Tramp and Tom Waits with
full orchestra - 6. Coda: Tom Waits with high
strings
Musicisti:
Sanford Allen, Elena Barere, Max Ellen, Mayuki Fukuhara,
Jean Ingraham, Nancy McAlhany, Jan Mullen, David Nadien,
Matthew Raimondi, Eriko Sato-Oel, Laura Seaton, Richard
Sortomme, Dale Stuckenbruck, Donna Tecco, Alfred Brown,
Juliet Haffner, Olivia Koppel, Paul Peabody, Semyon
Fridman, Beverly Lauridsen, Jeanne LeBlanc, Jesse Levy,
Clay Ruede, Mark Shuman, John Beal, Homer Mensch, Barbara
Wilson, Hampton String Quartet, Nina Kellman, Karen
Lindquist, Brian Koonin, Toni Miranda, Sharon Moe, Ron
Sell, Ann Yarborough, Neil Balm, Wilmer Wise, Keith
O'Quinn, James Pugh, Alan Raph, Frank Cassara, Michael
Parloff, Allen Blustine, Steven Hartman, Dorothy
Darlington, Kim Laskowski, Jeffrey Marchard, Michael
Riesman, Marion Beckenstein, Lisa Bielawa, Michele Eaton,
Kristin Norderval, Katie Geissinger, Margo Grib, Elsa
Higby, Jeffrey Johnson, John Konch, Eric Lamp, Jeffrey
Kensmoe, Gregory Pumhagen, Peter Stewart, Tom Waits
Orchesctra conducted by Michael Riesman
Produced by Michael Riesman
Engineering by Chris Ekers e Dante DeSole
Recorded and mixed at The Looking Glass Studios New York
City
Cover photo: Jim Nick White
Il disco
che inaugurò nel 1975 la Obscure Records di Brian Eno
deve aver rappresentato per Gavin Bryars una specie di
succinto e sofferto campionario, al punto che l'autore,
tanto tempo dopo, ha ripubblicato su cd i due brani in
esso contenuti, in versione notevolmente accresciuta: in
entrambi i casi la durata delle versioni precedenti ne
esce quasi triplicata, come se quelle prime versioni, di
venti minuti l'una, non fossero che degli assaggini.
Della nuova edizione di The Sinking Of
The Titanic, uscita nel 1990, si è
già detto nel n° 11 di Musiche. E' adesso la volta di Jesus'
Blood Never Failed Me Yet, brano
costruito su una strofa cantata da un vagabondo, raccolta
da un cineasta amico di Bryars nel corso della
lavorazione di un documentario sui barboni londinesi.
Bryars recuperò dai materiali scartati al montaggio quel
brano di pochi secondi, ne fece un loop e vi sovrappose
un accompagnamento orchestrale in lentissimo crescendo
che si ripete implacabile assieme alla strofa per un
tempo che, più che essere intrinseco alla composizione,
è dettato dalle circostanze di esecuzione o dalle
caratteristiche del supporto sonoro. Il pezzo è in
genere molto amato ed è forse il brano più immediato di
un compositore che, più che oscuro, di solito è
"opaco", interponendo tra le sue lussureggianti
evoluzioni armoniche e l'ascoltatore una specie di
schermo polveroso costituito da strutture furtivamente e
delicatamente convolute (ad esempio i quartetti d'archi,
o anche i brani raccolti in After The
Requiem su ECM). A priori si penserebbe
che questa struttura molto semplice (quasi un esempio da
manuale di musica ripetitiva minimale) induca un ipnotico
straniamento (come nei più frequenti copioni
Glass/Riley/Reich). Di fatto però la forza del frammento
melodico è tale da dare al pezzo un carattere emotivo
molto specifico, tra l'estasi spirituale e la struggente
nostalgia. Bryars stesso definisce un contenuto omaggio
in memoria dello spirito e dell'ottimismo del vecchio
cantore. E l'enfasi che la ripetizione e il crescente
organico orchestrale che accompagna danno sempre più
alla musica è in qualche modo il commento a quella voce
da parte di chi "non condivide il semplice ottimismo
della sua fede" ma ne è comunque intimamente
toccato. La dimensione spesso elegiaca dei lavori di
Bryars, connessi, per temi o per dediche, a eventi
luttuosi o alla memoria di defunti, in questo caso si fa
appena più sorridente.
Per passare alla lista della spesa, inventariamo ciò che
la nuova versione offre rispetto alla precedente: oltre
alla durata (74'43), ci sono ora un coro, molti legni,
due arpe e Tom Waits. Il tutto è ben diluito: i primi
venti minuti sono praticamente identici all'originale e
il resto dell'organico si accumula in modo intenso ma
discreto e poco appariscente. La storia della
partecipazione di Tom Waits è abbastanza folkloristica:
sarebbe stato lui, tempo fa, a contattare Bryars perchè
gli procurasse una copia della versione originale, che
era "il suo disco preferito", perchè la sua
era andata persa. Bryars tempo dopo, ha ritenuto
opportuno coinvolgere Waits nella nuova versione: negli
ultimi venti minuti, il vocione rauco si affianca al
vecchio cantando con lui (mentre il coro si limita ad
accompagnare).
Il "pacchetto" è indubbiamente attraente
(sulle copie in vendita nel Regno Unito un adesivo
avverte che il disco è selezionato per la finale del
Mercury Music Prize per "l'album dell'anno"
1993). Alla fine, viene la tentazione di metterlo sullo
stesso scafale del film La Leggenda del Re Pescatore di
Terry Gilliam: tutt'e due ben fatti, tutt'e due con dei
barboni nella vicenda, tutt'e due in fondo ottimisti e
(moderatamente) consolatori, Tutt'e due con Tom Waits
come ospite speciale. Si potrà canticchiare il brano in
una varietà di contesti ricavandone edificazione e
conforto, per conto proprio o partecipando in stile
karaoke all'esecuzione orchestrale (viene molto
spontaneo). Si incoraggiano resoconti degli ascoltatori
su eventuali alterazioni dello stato di coscienza ed
altre esperienze generate dall'ascolto di tutto il cd
senza interruzioni, traguardo che il recensore, gravato
da triviali e mondane cure, confessa vergognoso di non
aver ancora conseguito.
Andrea
Landini da Musiche n° 15 1994
- Three Viennese Dancers
(1986) ECM New Series 1323 - cd
1. Prologue (1986) 4.35 - 2. String Quarter No. 1 (1985) 20.03 - 3. First Viennese Dancer (1985-86) 18.47 - 4. Epilogue (1986) 4.36
Musicisti:
Gavin Bryars, Pascal Pongy, Charles Fullbrook, Alexander Balanescu, Irvine Arditti, Levine
Andrade, Rohan de Saram
Produced by Manfred Eicher
Engineering by Martin Wieland
Recorded at Tonstudio Bauer, Ludwigsburd
Cover by Barbara Wojirsch
Compositore
sapiente quanto dotto, Bryars segue il verbo minimo fino
in fondo, facendo di Three Viennese
Dancers una costruzione tenuissima, in
cui la voce di un corno inglese solitario è sostenuta e
contrappuntata da una serie di percussioni, il cui
sottile gioco timbrico rivela incredibili ricchezze di
armonici.
Musica davvero ai confini del silenzio, che richiama -
senza mai forzarla - anche l'attenzione dell'ascoltatore.
Se anche il quartetto d'archi che occupa quasi una
facciata è un poco più del convenzionale e narrativo,
poco importa.
Bryars è certo il musicista che meglio ha appreso la
lezione dell'impalpabilità, facendone uno stile e una
precisa cifra musicale.
Paolo
Bertrando da Buscadero n° 65 dicembre 1986
- The Last Day
with Balanescu Quartet
(1995) Argo 448 175 - cd
1. String Quartet No 1 (1985) 21.55 - 2. Die Letzen Tage (1992)
a) prelude
(the roman ending) 4.08 - b) the venetian beginning 5.42
- c) intermezzo I 4.17 - d) intermezzo II 4.06 - e) the
corinthian middle 8.27
3. String Quartet No 2 23.46
Musicians:
Gavin Bryars, Balanescu Quartet: Clare Connors, Andrew
Parker, Sian Bell, Alexander Balanescu
Produced by Andrew Cornall
Engineering by John Dunkerley and Michael Mailes
L'incontro
artistico fra Alexander Balanescu e Gavin Bryars è un
fatto di rilievo.
Del primo, si sa che col suo quartetto d'archi ha inciso
tra l'altro un album di musiche dei Kraftwerk (Possessed,
1992), caldamente consigliato, nonchè composizioni del
sudafricano Kevin Volans (String Quartet
2 & 3) e di sè stesso insieme a
Clare Connors (Luminitza,
1994), in quest'ultimo caso ricavandone anche un
pregevole balletto.
Il secondo è un compositore attivo sin dagli anni
Settanta come improvvisatore jazz, ma "emerso"
nella sua veste attuale solo nei Settanta grazie
all'etichetta Obscure di Brian Eno, che anzi ebbe l'onore
di aprire con The Sinking Of Titanic
(1975), un album che sulla seconda facciata recava Jesus'
Blood Never Failed Me Yet, articolata
intorno al canto di un vagabondo.
Curiosamente, entrambe le composizioni sono state
rielaborate e reincise di recente, la seconda con
un'apparizione di Tom Waits, ma gli esiti non sembrano
eguagliare gli originali. Più che queste ultime cose,
chi volesse scoprire il compositore potrebbe farlo
ascoltando la bellissima The Green Ray,
contenuta in Saxophone Works di
John Harle, oppure le opere presentate in questa
incisione.
il Secondo Quartetto per archi, per citare subito il
brano più immediatamente coinvolgente della raccolta, è
un brano in cui il lirismo delle parti soliste è quasi
giocato "contro" la tessitura inquieta
dell'accompagnamento, come accade spesso e volentieri
nelle opere di Michael Nyman, che di questo gioco ha
fatto una costante.
Il Primo Quartetto, del 1985, è invece un prezioso
esercizio cromatistico, in cui le dissonanze costruiscono
un clima di sottile tensione mai risolta, e qui molti
troveranno analogie con certi King Crimson, nel periodo
Cross, Fripp, Wetton, Bruford.
The Last Day, infine,
è una serie di duetti per violino, in cui il dialogo fra
strumenti gemelli può ricordare vicende amorose, in
divenire.
Come John Adams, Bryars è "avanguardia" senza
perdere in umanità e senso della comunicazione.
Ascoltarlo non porta in vicoli ciechi, ma anzi può
indurre a riflessioni costruttive.
Michele
Paparelle da Buscadero n° 164 dicembre 1995
- Farewell To Philosophy
(1995) Point Music 454 126 - cd
1. Cello Concerto (farewell to philosophy) -
2. One
Last Bar, Then Joe Can Sing - 3. By The Vaar
Musicians:
Gavin Bryars, Charlie Haden, Julian Lloyd Webber,
English Chamber Orchestra, Nexus
Produced by Anna Barry, Bill Cahn and Ray Dillard
Engineering by Jan Wesselink, Douglass Blair, David A.
Dusman, Ray Dilalrd
Recorded at Kilbourn Hall, Eastman School of Music,
Rockester, N.Y. and Abbey Road Studios, London
Gavin
Bryars è forse uno dei pochi compositori inglesi il cui
nome passerà alla storia della musica di questi ultimi
decenni. La sua forza sta nel fondere i moduli espressivi
della musica classica con scelte estetiche e di atmosfera
che non ignorano nè il rock, nè il jazz.
Il pubblico rock, più attento ha apprezzato Jesus'
Blood Never Failed Me Yet, inciso nel
1975 per la Obscure di Brian Eno e registrato nuovamente
per la Argo nel 1994 con la collaborazione di Tom Waits.
Rispetto ai lavori citati, Farewell To
Philosophy è più di stampo
"classico", ma può piacere anche a chi non
abbia molta dimestichezza con il genere. Se infatti, da
un lato, l'eleganza della scrittura musicale richiama
addirittura le orchestrazioni di Franz Joseph Haydn,
d'altro lato l'atmosfera della composizione appartiene
inequivocabilmente al ventesimo secolo. La composizione
per "l'ensamble" di virtuosi delle percussioni
Nexus. Chi conosca ad esempio gli Uakti sa cosa sia
possibile estrarre da vibrafoni, marimbe e xilofoni, e
qui gli esecutori affrontano una partitura densa e
colorata, incantevole.
By The Vaar è un
lungo adagio per il contrabasso di Charlie Haden
accompagnato dal clarinetto basso, dalle percussioni e
dall'orchestra. Il timbro evocativo e risonante del
"pizzicato" di Haden conferisce al brano un
andamento pastorale di grande effetto.
Michele
Paparelle da Buscadero n° 175 dicembre 1996
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