Tom Waits
album
in pagina:
-
Closing
Time
- The
Heart Of Saturday Night
- Nighthawks
At The Dinner
- Small
Change
- Foreign
Affairs
- Blue
Valentine
- Heartattack
And Vine
- One
From The Heart
- Swordfishtrombones
- Rain
Dogs
- Franks
Wild Years
- Night
On Earth
- Bone
Machine
- The
Black Rider
- Mule
Variations
- Alice
- Bloody
Money
- Real Gone
- Orphans
collabora in:
- Lost In The Stars/The Music Of Kurt Weill
(AA.VV.)
-
Jesus's Blood Never Failed Me Yet
(Gavin Bryars)
-
Blinking Lights And Other Rivelations
(Eels)
Lasciate
perdere
bombardini,
pesci gatto, puttane in bianco e nero, lampioni colorati
di rosso, spezie. negozi del barbiere, falchi notturni,
barboni,, robivecchi e ubriaconi. Lasciate perdere quelle
folate d'alito vecchio e quei party con le noccioline al
whisky. Tom Waits c'è due volte,non una. E' solo bino
per ora; per essere trino si sta organizzando e noi non
disperiamo. Lasciate perdere anche la carriera da attore,
buon caratterista e nulla più.
Thomas Alan Waits che nasce il 7 dicembre 1949 a Popoma,
California, per metà scozzese e per metà norvegese. Che
nel '74 conosce Rickie Lee Jones, sua compagna di sbronze
e letto per diversi anni. che nell'agosto dell'80 si
sposa con Kathleen Brennan e nasce di nuovo.
Tom Waits incontra la script-editor e aiuto regista di
Kathleen Brennan nel 1979 agli Zoetrope Studios di
Francis Ford Coppola, dove lei lavorava e lui si reca per
metter mano alla colonna sonora di "Un Sogno Lungo
Un Giorno"; un incontro che diventa immediatamente
legame sentimentale e poi matrimonio.
Cherchè la femme. L'importanza della Brennon nella
seconda parte della carriera di Waits è stata sempre
messa molto poco in rilievo. Quasi sempre la critica l'ha
buttata sul romantico - l'ubriacone perso che viene
redento dall'amore - sottolineando come la svolta dei
primi anni ottanta sia stato frutto d'una improvvisa (per
qualcuno persino improvida) ridiscussione esistenziale:
Tom si sposa, smette di bere e di fumare, fa tre figli.
Tutto vero, solo che l'influenza che ha avuto la moglie
nello sviluppo e nella maturazione musicale di Waits non
è stata affatto nell'aver ottemperato al ruolo di angelo
del focolare che fa mettere la testa a posto al
"comunque" creativo coniuge; perchè è lei
l'intelettuale della coppia, è lei che introduce lui al
teatro d'avanguardia, al cinema di Fassbinder e del
Fellini più visionario, alle musiche di Nino Rota e
all'utilizzo di certi "rumorismi" forse desueti
nel mondo del pop ma abituali, per esempio, nelle
insonorizzazioni teatrali, alle quale per l'appunto lei
lavorava. La sua responsabilità diretta nel suono
waitsiano degli ultimi ventanni è ancora tutta da
rivendicare perchè è solo con il suo arrivo che nella
vita di Tom cambia praticamente tutto ed è solo grazie a
lei che assistiamo a quella radicale svolta testuale e
musicale.
Fino ad allora Tom Waits era stato un buono e ottimo
cantautore da piano bar, baciato a tratti dalla fortuna
ma presumibilmente destinato a sparire di scena assieme
al decennio che l'aveva partorito - quei certi anni
settanta piccoli piccoli, nascosti e apolitici, intimisti
e romantici, nostalgici e positivi, apparentemente del
tutto fuori luogo rispetto alle impellenze del rock
politicizzato ma in realtà ad esso speculari (e quindi
funzionali) e con esso destinati a sparire all'alba degli
'80.
Dal punto di vista intelettuale Waits passa così (e
difatti) dal contesto delle bettole suburbane a quelle
dei teatri off e dal mito vagabondo della strada a quello
stanziale della ricerca; gli "aggiustamenti"
musicali segnano lo spostamento dal jazz & blues più
o meno elettrici a quelli rurali e dagli accordi e scale
alle alliterazioni e dissonanze; i testi non raccontano
più guasconerie da beatnik e squarci di vita vissuta ma
s'adombrano di visionarietà, procedono per allusioni e
simbolismi, non pretendono più di comunicare
direttamente a chi ascolta facendolo specchiare nella
culla delle proprie romantiche proiezioni ma danno luogo
alle visioni e ai fantasmi più inconsci dell'autore, ai
quali l'ascoltatore può a quel punto più o meno
assoggettarsi ma nei quali non può più identificarsi.
Nel complesso si tratta di un'operazione di distacco dal
pubblico, di cesura con l'ammiccamento all'ascoltatore
per entrare nell'universo della creazione
"pura"; in pratica, altro non è che un
passaggio da interprete ad autore.
Autore che Waits, inutile negare, fino a Swordfishtrombones non era mai stato fino in
fondo. Pochi dei pezzi scritti fino al allora avevano la
stoffa dello scrittore personale quanto piuttosto quella
dell'interprete e del continuatore di maniere così
classiche da rasentare più volte - senza nulla togliere
alla loro riuscita emotiva e compositiva - il plagio. Non
solo la moglie spinge Waits a misurarsi con ambientazioni
diversissime cercando di concigliarne le essenze ma
intuisce nella scrittura realista di Tom una vena
visionaria che è possibile sviluppare in senso
oaradossalmente iperrealista, principalmente
contraffacendo gli arrangiamenti attraverso la
trasformazione degli strumenti in semplici
"portatori di suono"; nella sua voce scopre
un'autentica arma improprio duttile e fantasmagorica che
è possibile sporcare e annientare, ridurre a spasmo e
contrazione, che è possibile modulare da pantagruelica
colata di catrame in gracchiante e dissodata isteria. La
musica inizia così ad attingere a piene mani dal blues
soffocato e costipato di Captain Beefheart mutandone
l'ispirazione per vergare quadretti, schizzi e visioni
che trasfigurano il pop "jazz'n blues"
orchestrale che tanto materiale aveva offerto ad album
come Small
Change
e Blue
Valentine in claudicante neoespressionismo da
Mitteleuropa completamente urbanizzata. La musica di
Waits diventa in tutto per tutto europea.
"Kathleen ed io siamo arrivato a pensare di fare
musica che fosse surreal - insieme surreale e rurale:
surrurale. Lei inizia a parlare in mille lingue diverse e
io riporto tutto a terra. Lei parte per mondi strani a
cui io non saprei arrivare... Sono, come dire? troppo
pragmatico. E' lei il segreto della famiglia. Io scrivo
di cose che stanno nel mondo, che si raccontano nelle
notizie della sera, che si vedono e si sentono in giro.
Lei è più impressionistica. Fa sogni come Hieronymus
Bosch e poi scrive direttamente dai suoi sogni".
Sogni che si materializzano attraverso la reinvenzione e
la riscrittura in senso acustico e musicale delle
cianfrusaglie e dell'utensileria quoditiana meccanica e
casaliga. Un martello può servire a battere il tempo, un
cacciavite a suonare uno strumento a corde, un vecchio
megafono a filtrare voce e suoni. Non è affatto
paradossale pertanto che l'abbandono di jazz e del blues
elettrici porti Waits a spingersi apparentemente a
ritroso invece che avanti nel tempo; che lo spinga a
manipolare country blues, polke, valzer e folk balcanico
assieme a scansioni di sapore quasi quasi industrial; che
l'ispirazione arrivi persino a guardare con qualche
sospetto l'apparato strettamente tecnologico della musica
compiendo un salto temporale che rimedia il lapsus di
cinquant'anni di suono registrato mandando a nozze le
strutture musicali degli anni Trenta e Quaranta con una
strumentazione archeo-futuribile, da riciclo povero
dell'era industriale. L'interesse per questo tipo di
ricerca venne trasmesso a Tom direttamente da Kathleen,
come lui stesso racconta nell'illuminante introduzione al
volume Gravikords, Whirless & Pyrophones:
Experimental Musical Intruments di Bart Hopkin:
"All'incirca nell'82 Kathleen mi spinse a provare a
cantare attraverso un megafono della polizia per far sì
che la mia voce emergesse meglio quando si accostava a
strumenti dello stesso calore. Naturalmente è possibile
fare la stessa cosa anche con un equalizzatore ma nulla
rende bene il senso di dramma come un megafono. (...)Sono
molto interessanti anche quei giocattoli per bambini che
possono cambiare la voce in quella di un astronauta, di
un mostro o di un robot; trovo che respirare attraverso
uno di questi così possa dare alla voce lo stesso tono
che ha la chitarra dei Blue Cheer in Summertime
Blues.(...) Ho fatto anche una serie di ricerche e
registrazioni sui ritmi e sulle "voci" che si
possono carpire facendo semplicemente muovere, per
esempio, una sedia a dondolo. Si tratta di ritmi dai
sapori molto meccanici nella loro reiterazione di squeek
e chugs metallici; le barre di metallo della sedia danno
l'idea di una macchina da scrivere. (...) Anche i
parabrezza delle automobili possono formire grandi suoni
(e alla stessa maniera) si possono ottenere degli
armonici veramente impossibili con delle lamette
arrugginite passate sopra le persiane di una
finestra..."
E' per questo che dischi molto fortunati e celebrati come
Rain
Dogs
e Mule
Variations se confrontati a Swordfishtrombones, Frank's Wild Years e Bone Machine cedono irrimediabilmente il
passo. Perchè la compiutezza e la perfetta definizione
di questi ultimi sono in sè assolute mentre gli altri
certi svaccamenti cantautorali, certe digressioni
"rock", certi arrangiamenti sorprendentemente
piani stonano col resto riducendo quei dischi a
collezioni di grandi pezzi talvolta poco coerenti gli uni
con gli altri. Qualcuno ha letto Rain Dogs e Mule Variations come concessioni
commeriali; si è trattato in effetti di momenti in cui
l'autore ha tentato di rendere un po' più popolare una
materia così bollente da rifiutare qualsiasi trattamento
di bonifica ma hanno pagato, per questo, lo scotto di una
certa irrimediabile schizzofrenia di fondo. Non sarà
quindi un caso se Rain Dogs e Mule Variations sono gli album più amati
dagli americanofili "classici" e impenitenti
che avevano digerito poco una svolta così radicale come
quella attuata a partire dal capolavoro Swordfishtrombones e alla cui coerenza
metallurgica e quasi industrial fecero eco prima quella
teatrale e nostalgica di Frank's Wild Years e poi quella mortuaria e
afosa di Bone
Machine. (...)
Stefano
I. Bianchi da Blow Up
n° 48 maggio 2002
|
- Closing Time
(1973) Elektra 7559 - 60836 - cd
1. Ol' 55 - 2. I Hope That I Don't Fall In
Love With You -
3.
Virginia Avenue - 4. Old Shoe (& Pictire Postcards) - 5. Midnight Lullaby - 6. Martha - 7. Rosie - 8. Lonely - 9. Ice Cream Man - 10. Little Trip To Heaven (On The Wings Of Your Love)
- 11.
Grapefruit Moon - 12. Closing Time
Produced by Jerry Yester
Recorded at Sunset Sound, Hollywood
Engineering by Richie Moore
Cantautore in erba come tanti altri che frequentavano i
locali della West Coast a inizio anni Settanta, Tom Waits
venne scoperto per caso da Herb Cohen (all'epoca manager
di Frank Zappa, Captain Beefheart e Linda Rostadt), che
lo fece mettere immediatamente sotto contratto dalla
Asylum.
Prodotto dall'ex Lovin' Spoonful Jerry Yester, il suo
disco d'esordio è anche il suo più diverso. Non solo la
voce, poi tratto distintivo della sua musica, è ancora
giovane, alta e in molti momenti eccessivamente dylaniana
(Old Shoes), ma anche
il suono differisce parecchio da quel che arriverà in
futuro, dacchè qui la struttura è ancora in larga
misura legata al cantautorato westcostiano dell'epoca. Ci
sono però diversi episodi in cui certo jazz anni
Cinquanta e certa canzone americana classica (da Cole
Porter e George Gershwin) fanno capolino lasciando
intravvedere dov'è che l'autore sarebbe andato a finire;
Midnight Lullaby per
esempio, o Virginia Avenue,
o Little Trip To Heaven,
o ancora la splendida Martha,
che assieme a Ol' 55 rappresenta
le punte del disco; quest'ultima venne subito ripresa
dagli Eagles mentre la prima da un Tim Buckley ormai al
tramonto, che subito la inserì nel suo penultimo album, Sefronia.
Buon successo di critica ma scarsi risultati di vendita.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- The Heart Of Saturday Night
(1974) Asylum 7559 60597 - cd
1. New Coat Of Paint 3.20 - 2. San Diego Serenade 3.25 - 3. Semi Suite 3.22 - 4. Shiver Me Timbers 4.21 - 5. Diamonds On My Windshield 3.10 - 6. The Heart Of Saturday Night
3.50 - 7. Funblin' With The Blues 2.59 - 8. Please Call Me Baby 4.23 - 9. Depot Depot 3.42 - 10. Drunk On The Moon 5.05 - 11. The Ghosts Of Saturday
Night 3.17
Produced by Bone Howe
Recorded at Wally Heider Recorders, Hollywood
Engineering by Bone Howe
Cover illustration by Napoleon
Le copertine sono importanti. Dopo quella classica da
loner del pianobar del primo album, sul seguente The
Heart Of Saturday Night compare la
prima puttana; sul retro, un giovanissimo Tom davanti ad
una edicola notturna con uno strillo sui risultati delle
corse di cavalli in buona vista: sembra d'essere in un
romanzo di Bukowski.
La musica, prodotta stavolta da Bones Howe, perde del
tutto il country per immergersi nella canzone classica
americana del jazz melodico; la voce fa un primo passo
avanti in termini di sigarette e bourbon. Molti archi e
molto pianoforte, arrangiamenti orchestrali e un po'
d'enfasi vocale da teatro a tarda notte (Semi
Suite), resa anche visivamente (la
title track, con rumori d'automobili e clacson sullo
sfondo). San Diego Serenade,
Funblin' With The Blues,
Please Call Me Baby, Depot
Depot e Drunk On The
Moon i classici di un 'Lp che chiude le
due facciate con "il cuore" e "i
fantasmi" del sabato notte, a sottolinearne la
dimensione più propria.
Buono ma ancora, come il precedente, troppo
"larva".
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Nighthawks At The Dinner
(1975) Asylum as 63002 - vinile
1. (Opening Intro) 2.59 - 2. Emotional Weather Report 3.43 - 3. (Intro) 2.18 - 4. On A Foffy Night 3.49 - 5. (Intro) 1.55 - 6. Eggs And Sausage (In A Cadillac With Susan
Michelson) 4.13 - 7. (Intro) 3.22 - 8. Better Off Without A Wife 3.53 - 9. Nighthawks Postcard (From Easy Street) 11.27 -
10. (Intro) '55 - 11. Warm Beer And Cold Women 5.21 - 12. (Intro) '48 - 13. Putman County 7.34 - 14. Spare Part I (A Noctural Emission) 6.23 -
15. Nobody
2.49 - 16.
(Intro) '41 - 17. Big Joe And Panthom 309 6.30 - 18. Spare Part II And Closing 5.14
Musicians:
Tom Waits, Mike Melvoin, Pete Christlieb, Jim Hughart,
Bill Goodwin
Produced by Bones Howe
Recorded live at The Record Plant and Wally Heider
Recording, Hollywood on July 30, 31, 1975
Engineering by Bones Howe
"Falchi notturni a cena", copertina da
dopolavoro che ormai è mattina presto, voce finalmente
trasformata in catrame liquido. Nighthawks
At The Dinner è un doppio album
registrato dal vivo in studio (il pubblico era stato
invitato per l'occasione) con tutti pezzi nuovi, è un
disco logorroico e ubriaco, ridanciano e cabarettistico,
swingante e nostalgico, impastato col fasto dei poveri ed
enfatico in minore, come se a cantare fosse un borgotaro
immalinconito.
E' il teatro quindi il luogo di rappresentazione di
quella che resta una piccola, eccentrica parentesi della
sua produzione e che delle molte possibili blocca
l'ispirazione alla fase d'un avanspettacolo snobbish e
proletario quanto misogino e vitellone: Eggs
And Sausage In A Cadillac With Susan Michelson,
On A Foggy Night e Better
Off Without A Wife diventano culto.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Small Change
(1976) Asylum 960 612 - cd
1. Tom Traubert's Blues 6.40 - 2. Step Right Up 5.39 - 3. Jitterburg Boy 3.41 - 4. I Wish I Was In New Orleans
4.50 - 5. The Piano Has Been
Drinking' 3.37
- 6.
Invitation To The Blues 5.20 - 7. Pasties And A G-String 2.32 - 8. Bad Liver And A Broken
Heart 4.46
- 9. The
One That Got Away 4.00 - 10. Small Change 5.03 - 11. I Can't Wait To Get Off
Work 3.20
Musicians:
Tom Waits, Shelly Manne, Jim Hughart, Lew Tabackin
Produced by Bones Howe
Recorded at Wally Heider Recording, Hollywood
Engineering by Bones Howe
Cover photo by Joel Brodsky
L'album del 1976 è il primo classico autentico di Tom
Waits; la voce e la musica sono definitivamente quelle
per cui la prima parte della sua carriera diventerà
quasi lo stereotipo del cantautore jazzy, dando il via ad
una nutrita serie di più o meno consapevoli imitatori.
Arrangiamenti moderatamente orchestrali con sezione
d'archi e piano (eccetto un paio di episodi, glu unici
strumenti presenti) per un disco dai toni dimessi, maturi
e dall'ormai acquisita consapevolezza compositiva che va
a cercarsi un posto tra i classici della canzone
americana (Tom Trubert's Blues,
Jitterburg Boy, I
Wish I Was In New Orleans, The
Piano Has Been Drinkin', Invitation
To The Blues) o in un divertito
scat-jazz (Step Right Up,
Pasties And A G-String)
che prelude, ancora una volta, a quel che arriverà negli
albums immediatamente seguenti (The One
That Got Away). Palma di episodio
migliore alla title track, solo voce recitante e sax e
una delle sue storie più commoventi di sempre.
La copertina stavolta tocca al camerino di una
spogliarellista, con Waits che se ne sta a sedere
pensoso, scarpe a punta, e sigaretta tra le mani. Da
notare che tutti i pezzi hanno dei lunghi sottotitoli a
sottolineare una forma narrativa a cui l'autore
evidentemente non sa rinunciare.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Foreign Affairs
(1977) Asylum 53068- vinile
1. Cinny's Waltz 2.16 - 2. Muriel 3.33 - 3. I Never Talk To Stranger 3.37 - 4. Meddley: Jack And Neil,
California, Here I come 5.00 - 5. A Sight For Sore Eyes 4.39 - 6. Potter's Field 8.38 - 7. Burma Shave 6.32 - 8. Barber Shop 3.52 - 9. Foreign Affairs 3.46
Musicians:
Tom Waits, Bette Midler, Jim Highart, Shelly Manne, Frank
Vicari, Jack Sheldon, Gene Cipriano
Produced by Bones Howe
Recorded at Filmway Heider Recording, Hollywood on July
28 and August 2, 11, 12, 15, 1977
Engineering by Bones Bones Howe
Cover photo by George Hurrell
Non ci sono sostanziali differenze in Foreign
Affairs rispetto a Small
Change nè tematicamente nè
musicalmente.
Ancora puttane gentili in copertina e nei testi, ancora
arrangiamenti orchestrali (anche se in misura minore) e
jazz d'atmosfera (in misura maggiore), mentre il suono
nel complesso si fa più mosso e mutante (Potter's
Field, orchestrazioni stranite su base
jazz. La bellissima Muriel,
il memorabile duetto con Bette Midler I
Never Talk To Stranger, il trascinante
blues jazzato Jack And Neil/California
Here I Come, la struggente A
Sight For Sore Eyes sono i momenti più
memorabili di un album comunque ottimo anche se
considerabile, almeno in parte, di
"transizione".
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Blue Valentine
(1978) Elektra 7559 - 60533 - cd
1. Somewhere 3.50 - 2. Red Shoes By The Drugstore 3.11 - 3. Christmas Card From A
Hooker In Minneapolis 4.30 - 4. Romeo s Bleeding 4.50 - 5. $ 29.000 8.12 - 6. Wrong Side Of The Road 5.11 - 7. Whistlin' Past The Graveyard
3.14 - 8. Kentucky Avenue 4.47 - 9. Sweet Little Bullet From A
Pretty Blue Gun 5.34 - 10. Blue Valentine 5.50
Musicians:
Tom Waits, De Ville Gonga, Rock Lawson, Roland Bautista,
Byron Miller, Frank Vicari, Ray Crawford, Charles Kynard,
Jim Hughart, Chip White, Bobbye Hall, Herbert Hardesly
Produced by Herb Cohen
Recorded at Filmway Heider Recording, Hollywood, on July
24, 25 and August 10, 17, 23 and 26 1978
Engineering by Bones Howe
Eccolo finalmente, il capolavoro della prima fase della
carriera di Tom Waits. Un disco che è anche una svolta:
molto elettrico a partire dalle chitarre, suonate a più
mani dallo stesso Tom e altri, fino alle tastiere e
all'atmosfera complessiva, che tratteggia una città
illuminata dai neon piuttosto che dalle lampade basse e
raccontata più dall'esterno, sulla strada, che
dall'interno. I protagonisti sono delinquenti di mezza
tacca lasciati morire sul selciato, puttane abbandonate e
poi recuperate, cimiteri, parti "sbagliate"
dell'esistenza, cartoline d'amore essicato.
Le mutazioni musicali lasciate solo intendere nei dischi
precedenti trovano infine compimento e allora ecco una Red
Shoes By The Drugstore che pare
preludere addirittura a Swordfishtrombones,
una Romeo Is Bleeding sciolta
e swingante, due blues agitati e cattivi come Whistlin'
Past The Graveyard e A
Sweet Little Bullet From A Pretty Blue Gun,
nei quali la voce catramosa di Tom comincia a farsi più
isterica e teatrale. Restano le romanze sentimentali come
Somewhere, tratta da
West Side Story, Christmas Card From A
Hooker In Minneapolis, Kentucky
Avenue, la title track.
Il disco indica il progressivo sfilacciarsi delle trame
da beatnik fuori tempo massimo e l'ispessirsi di quelle
cittadine; copertina storica e retro altrettanto classico
con Tom puntato su un'auto sopra la giovanissima Rickie
Lee Jones.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Hearattack
And Vine
(1980) Asylum 6e-295 cd
1. Heartattack And Vine 4.42 - 2. In Shades 4.04 - 3. Saving All My Love For You 3.39 - 4. Downtown 4.43 - 5. Jersey Girl 5.09 - 6. 'Til The Money Runs Out 4.20 - 7. On The Nickel 6.17 - 8. Mr. Siegal 5.13 - 9. Ruby's Arms 5.35
Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor, John Thomassier, Plas Johnson,
Roland Bautista, Ronnie Barron, Jim Hughart, Victor
Feldman, Greg Cohen, Michael Lang
Produced by Bones Howe
Recorded at Filmway/Heider Studio B., Hollywood
Engineering by Bones Howe
Heartattack
And Vine va considerato come
l’ulteriore e faticosissimo risultato di una
controllatissima e strenua costruzione di se stesso
intrappresa da Tom Waits a partire dal doppio album dal
vivo Nighthawks At The Dinner.
È un Tom Waits comunque totalmente rinnovato nello
spirito e nello stile, che nulla ha da spartire con
quello di Closing Time
e di The Heart Of Saturday Night.
Heartattack And Vine
è pure l’ennesimo documento di un’adesione non
effimera, ma duratura, della concezione del musicista
inteso come antidivo. Le sue storie raccontano le serate
brave e licenziose in squallidi tuguri, nei quartieri
periferici e malfamati presumibilmente di Los Angeles. I
protagonisti della storia sono personaggi della più
infima specie: prostitute, ubriaconi, uomini falliti, i
cui sogni si librano nell’aria leggeri, avvolti
nella loro opacità, nella loro malinconia. È un mondo
tangibile, marginale, che vive e pulsa in una indefessa e
agognante volontà di risalita e di riscatto. Anche qui
come nei lavori precedenti c’è l’alternanza,
in una misuratissima e calibrata mistura di qualità e
abilità, di momenti musicali drasticamente recisi di
ogni implicanza sentimentale, contraddistinti da una
sfuggevole valenza erotica e nei quali vi alita
estremamente intimizzato un blues difficilmente
decifrabile e catalogabile ma individuabile, nella sua
essenza, per la sua sotterranea sobrietà, mai esplodente
ma sottilmente interiorizzata; con altri invece di
delicata tenerezza.
Ancora una prova quindi, di freschezza scattante, di
espressività visceralmente intesa e felice che pone Tom
Waits in una posizione privilegiata nella scena rock a
prescindere dalla sua schivezza.
Alvise
Riccioli
da Rockerilla n° 9 dicembre 1980
- One From The Heart
original
motion picture soundtrack
(1982) Columbia PC 37703 - vinile
1. Opening Montage 5.15 - 2. Is There Any Way Out Of
This Dream? 2.12
- 3.
Picking Up After You 3.52 - 4. Old Boyfriend 5.52 - 5. Broken Bicycles 2.51 - 6. I Beg Your Pardon 4.25 - 7. Little Boy Blu 3.40 - 8. Instrumental Montage 2.59 - 9. You Can't Unring A Bell 2.20 - 10. This One's From The Heart 5.44 - 11. Take Me Home 1.35 - 12. Presents 1.01
Musicians:
Tom Waits, Crystal Gayle, Bob Alcivar, Greg Cohen, Teddy
Edwards, Pete Jolly, Dennis Budmir, Shelly Manne, Jack
Sheldon, Gayle Levant, Emil Richards, Ronnie Barron, Gene
Cipriano, Larry Bunker, Chuck Findley, Dick Hyde, Don
Waldrop, Lanny Morgan, John Lowe, Leslie Thompson, Victor
Feldman, Joe Porcaro
Produced by Bones Howe
Recorded at Wally Heider Recording, Hollywood, California
Engineering by Bones Howe and Bill Dawes
Una storia impossibile sotto ogni punto di vista. Coppola
investì qualunque cosa nel progetto del film (Un Sogno
Lungo Un Giorno). Era una pazzia. Meravigliosa. Ma poteva
funzionare per cinema con la "c" maiuscola, ma
non per il botteghino. Il prodotto andò talmente male
che Coppola fu costretto a vendere i suoi studi Zoetrope
per far fronte ai debiti. Eppure gli effetti di One
From The Heart sono stati
artisticamente devastanti. Niente è stato più come
prima a cominciare dal modo di concepire la colonna
sonora. La coppia che per un giorno sogra di poter vivere
un'altra vita aveva bisogno di una doppia anima musicale
che ne cantasse le inquietudini.
L'esperimento fu tentato chiedendo a Tom Waits di
scrivere delle torch song che cantassero ogni sfumatura
dell'amor conteso. Coppola non poteva scegliere persona
più indicata. Waits era l'uomo delle "blue
valentines" e degli "heartattacks", il
maledetto che sapeva amare.
Lo scenario di una Las Vegas indimenticabile,
perfettamente ricostruita in studio, rese tutto ancora
più seducente. Ci sono momenti (ed era la prima volta
nel cinema non-musicale) in cui è un problema
distinguere la sceneggiatura dai testi delle canzoni.
Quando, come riavendosi dalla sbornia adulterina, Hank
and Frannie si prendono ognuno metà dello schermo e si
cercano con il cuore spezzato in due proprio come lo
schermo, Tom Waits e Crystal Gayle diventano le loro voci
interiori. Un capolavoro di sintesi fra immagini,
sensibilità musicale, capacità registica, calcolo dei
tempi di assimilazione emotiva del pubblico.
This One's From The Heart,
Old Boyfriend, Broken
Bicycles (da poco rilanciata da
Costello e la Otter), Is There Any Way
Out Of This Dream? sono i motivi di una
rivoluzione estetica che ha i ritmi della più alta
poesia musicale. Tom Waits già entrato nell'era dei
tromboni a forma di pesce spada ma per un attimo, forse
travolto egli stesso dall'enorme carico passionale del
film, seppe tornare ai toni crepuscolari e sofferti di
chi sa bene perchè raccontare qualcosa "che viene
direttamente dal cuore" comporta rischi infiniti.
Compreso quello di finire spezzato in due.
Enrico
Sisti
da Musiche di Repubblica n° 285 - 24 maggio 2001
- Swordfishtrombones
(1983) Island ilps 19762 - vinile
1. Undergound 1.58 - 2. Shore Leave 4.12 - 3. Dave The Butcher 2.15 - 4. Johnsburg, Illinois 1.30 - 5. 16 Shells From a 30.6 4.30 - 6. Town With No Cheer 4.22 - 7. In The Neighborhood 3.04 - 8. Just Another Sucker On The
Vine 1.42
- 9.
Frank's Wild Years 1.50 - 10. Swordfishtrombones 3.00 - 11. Down, Down, Down 2.10 - 12. Soldier's Thing 3.15 - 13. Gin Soaked Boy 2.20 - 14. Trouble's Braids 1.18 - 15. Rainbirds 3.05
(...) Difficile
descrivere Swordfishestrombones,
oscuro e quasi indecifrabile fin dal titolo. Si ascoltino
le note dimenticate di Hammond di altri tempi, convivono
chitarre elettriche e cornamuse, fisarmoniche e marimbas;
non c’è per la prima volta in dieci anni traccia di
sassofono.L’album si snoda secondo una logica
eccentrica e quasi iperscrutabile, imprevedibilmente
ferrea peraltro; atmosfere e scenari cambiano con ritmo
incalzante; i brani sono quindici, tutti diversissimi tra
di loro, così come gli stati d’animo e le stesse
sensazioni sollecitate. Ciò che rende unitari e coerente
questo itinerario intricato tracciato
nell’immaginario musicale americano è
l’assoluto e appasionante realismo con il quale Tom
Waits affronta ciascun singolo episodio rendendolo
indipendente e dotato di propria compiutezza. Tutti e
nessuno, quindi, gli episodi che si possono segnalare:
ognuno di noi finirà per avere la sua canzone preferita
da questo disco.
Il romanticismo cinico, l’aderenza del linguaggio
(musicale e verbale) alla realtà, la sobrietà
espressiva, l’essere infine protagonista, vittima e
insieme poeta della sua vita ha fatto di Tom Waits un
fulgido esempio di autonomia creativa, per questa
ragione, forse, regalato all’ambiguo ruolo di
cult-artist(...)
Alberto Campo
da Rockerilla n° 39 novembre 1983
- Rain Dogs
(1985) Island ilps 9803- vinile
1. Singapore 2.46 - 2. Clap Hands 3.47 - 3. Cementary Polka 1.54 - 4. Jockey Full Of Bourbon 2.45 - 5. Tango Till They're Sore 2.49 - 6. Big Black Mariah 2.44 - 7. Diamonds And Gold 2.31 - 8. Hang Down Your Head 2.32 - 9. Time 3.55 - 10. Rain Dogs 2.56 - 11. Midtown 1.00 - 12. 9th And Hennepin 1.58 - 13. Gun Street Girl 4.37 - 14. Union Square 2.24 - 15. Blind Love 4.18 - 16. Walking Spanish 3.08 - 17. Downtown Train 3.53 - 18. Bride Of Raindog 1.07 - 19. Anywhere I Lay My Head 2.48
Musicians:
Tom Waits, Michael Blair, Stephen Arvizu Taylor Hodges,
Larry Taylor, Marc Ribot, Chris Spedding, Tony Garnier,
Robert Previte, William Shimmell, Bob Funk, Ralph Carney,
Greg Cohen, Keith Richard, Robert Quine, Ross Levinson, John Lurie
Produced by Tom Waits
Cover pho by Anders Petersen
(...)
Diciannove canzoni, cinquantatrè minuti d'inarrivabile
intrattenimento, collezione d'inestimabile poesie
randagie, abbecedario sofisticato di musica polare.
La vena di cabarettismo etnico - piacerebbe a Kurt Weil -
rivelatasi in Swordfishtombones è
qui ulteriormente ispezionata fin dall'iniziale Singapore,
via divagando quindi con l'incredibile parodia di Cementary
Polka e la marcetta
"beefheartiana" che intitola l'album tutto.
L'intrigo etno-musicale si dipana successivamente nel
fascino indolente di ritmi sonnacchiosi tropicali (tre
fra le più belle cose del disco: Clap
Hands, Jockey Full Of
Burbon e Hang Down
Your Head),
turgidi blues (segnalerei: Gun Street
Girl - cooderiana? - insieme a Walking
Spanish), country, jazzismo
orchestrale, "vaudeville", semplice
impressionismo, giù fino al delirante gospel che chiude,
suonando come una banda di "funeral marches",
quest'opera concepita con minuziosa ruvidezza.
Un disco insolito per Tom. Direi sopratutto per lo
stuolo,, mai così numeroso, di accompagnatori. E più
ancora per l'illustre linguaggio di alcuni tra essi.
Keith Richard? Che ci fa da queste parti? Lo troviamo a
colorare uno di quei blues da lupo mannaro caratteristici
del nostro uomo (Big Black Mariah),
regalare un "drive" rollingstoniano a Union
Square e soccombere al country finto -
mieloso di Blind Love.
John Lurie - Lounge Lizards, ricordate? Ma che attore,
pure, in Stranger Than Paradise! . manovra un sax
intrigante in Walking Spanish,
Robert Quine - quasi in tutte le bande no-newyorkesi e
ultimamente chitarrista di Lou Red - si segnala
particolarmente in Dowtown Train,
la canzone più "commerciale" mai scritta da
Tom (quasi quasi sbuca fuori lo spettro di Sprengsteen!)
che commuoverà chiunque e basta così. E poi ancora
Chris Spedding, altro prezioso veterano della chitarra,
torto algli altri non citati. Tom, per parte sua, suona
chitarra, Farfisa, pianoforte, organo e mantice, banjo e
harmonium. E canta. Basterebbe quest'ultimo verbo, da
solo, a spiegare tutto quanto a chi già lo conosce.
Ci si perde dentro a Rain Dogs:
troppe canzoni, troppe storie, troppe musiche differenti.
Troppa arte? Il giorno in cui l'avremmo definitivamente
conosciuto e assimilita, penseremo probabilmente che si
tratta d'uno dei dischi più importanti incisi in questi
ultimi anni.
Alberto
Campo
da Rockerilla n° 63 novembre 1985
- Franks Wild
Years
(1987) Island imcd 50 - cd
1. Hang On St. Christopher - 2. Straight To The Top (Rhumba) - 3. Blow Wind Blow - 4. Temptation - 5. Innocent When You Dream (Barroom) - 6. I'll Be Gone - 7. Yesterday Is Here - 8. Please Wake Me Up - 9. Franks Theme - 10. More Than Rain - 11. Way Down In The Hole - 12. Straight To The Top (Vegas) - 13. I'll Take New York - 14. Telephone Call From
Istambul -
15. Cold
Call Ground
- 16.
Train Song -
17. Innocent
When You Dream (78)
Musicians:
Tom Waits, Greg Cohen, Ralph Carney, Marc Ribot, William
Schimmel, Michael Blair, Larry Taylor, Francis Thumm,
Morris Tepper, Jay Anderson, David Hidalgo
Produced by Tom Waits
Il titolo riprende un pezzo di
Swordfishtrombones ed è a quel disco difatti che questo
si riallaccia. "Un Operachi Romantico In wo
Acts", recita il sottotitolo: si tratta della
colonna sonora di un'opera teatrale scritta da Tom e
dalla moglie ed elaborata sul testo del pezzo che gli dà
il titolo. L'atmosfera si adatta perfettamente alla
bisogna: Tom filtra spesso la voce attraverso un megafono
rendendola gracchiante e chioccia e la musica si adegua
tornando alla strumentazione improbabile (piano
preparato, optigon, fisarmonica, pump organ, Farfisa).
Si sforma in corpo slegato da qualsiasi aderenza alla
realtà, si deforma attraverso uno specchio
spaziotemporale che collega gli anni Trenta al futuro (Way
Down In The Hole, Telephone
Call From Istanbul), s'immagina
pantomima da cabaret mitteleuropeo che si supera a
sinistra rivedendo la tradizione americana (Blow
Wind Blow, Temptation,
More Than Rain) si
sbraca in coro avvinazzato da notte tarda (la superlativa
Innocent When You Dream),
in scenario aperto su una Lower East Side portoricana
notturna e frenetica (l'oscura rumba Straight
To The Top), in siparietto felliniano
da Amarcord della Vienna fin-de-siècle (Please
Wake Me Up), in musical spastico (I'll
Take New York). E' un quadro
espressionista lanciato al Duemila, un universo a sè
stante racchiuso nella palla di cristallo di una
fatucchiera o, se preferite, in una di quelle giocattolo
che s'agitano per far scendere delle neve finta: la
musichetta del carillon che ne accompagna il volteggio è
tutta dentro questo disco - poco importa quindi se pezzi
come la triste ballata western Yesterday
Is Here e le spingsteeniane Cold
Cold Ground e Train
Song esulano un po' dal contesto; sono
solo tre e neppure mal messe.
Un disco dalla coerenza interna quasi impossibile da
replicare (in questo superiore anche a Swordfishtrombones),
dalla magia nostalgica e dal trasporto emotivo
letteralmente insostenibili. Struggente e meraviglioso:
se dovesse servire, il mio preferito di tuta la
produzione di Waits e uno dei top cinque da isola
deserta.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Night On Earth
original
motion picture soundtrack
(1983) Island 262 370 - cd
1. Back In The Good Old World 2.25 - 2. Los Angeles Mood 3.20 - 3. Los Angeles Theme 4.48 - 4. New York Theme 4.04 - 5. New York Mood 3.18 - 6. Baby I'm Not A Baby Anymore
2.34 - 7. Good Old World 3.27 - 8. Carnival 3.34 - 9. On the Other Side Of The
World 5.15
- 10. Good
Old World 3.00
- 11. Paris Mood 2.40 - 12. Dragging A Dead Priest 4.00 - 13. Helsinky Mood 4.50 - 14. Carnival Bob's Confession 2.10 - 15. Good Old World 4.00 - 16. On The Other Side Of The
World 4.05
Musicians:
Tom Waits, Ralph Carney, Clark Suprynowitz, Joe Gore,
Francis Thumm, Mule Patterson, Josef Brinckmann
Produced by Tom Waits
Recorded at Praire Sun Studios
Engineering by Biff Dawes
(...) Night
On Earth è una colonna sonora, per tre
quarti è strumentale, ma è un disco di Tom Waits a
tutto tondo: la musica è la sua, le atmosfere quelle che
lui predilige. Composta con l’ausilio della moglie
Kathleen Brennan ed arrangiata in coabitazione con
Francis Thumm, è un tappeto sonoro che si adatta alla
perfezione alle immagini di Jim Jarmusch.
Tom Waits non `e più quello di Blue
Valentine e Jersey
Girl, sono anni che non lo è più, è
un poeta notturno, un randagio che striscia nei vicoli,
un masticatore di note.Night on earth raccoglie quanto il
protagonista ha seminato negli anni ‘80: spiccioli
di jazz, astrattismi sonori, echi di Bertold Brecht e
Kurt Weill, disarmonie armonizzate, voce sempre più
cavernova. Eppure, malgrado sia di difficile
assorbimento, Night On Earth
conserva in pieno il fascino del Waits-sound, tra valzer
e temi d’amore, tra brani oscuri e poco musicali e
pause jazzate che sfociano spesso nella pura
improvvisazione. Tom Waits sa scrivere come pochi, sa
creare quelle atmosfere che solo la sua voce sa poi
sfruttare appieno, e cava dal suo cilindro tre canzoni
strepitose ed una serie di strumentali pieni di pathos.
Paolo Carù
da Buscadero n° 121 gennaio 1992
- Bone Machine
(1992) Island 74321 1 0351 - vinile
1. Earth Died Screaming 3.36 - 2. Dirt In The Ground 4.07 - 3. Such A Scream 2.08 - 4. All Stripped Down 3.03 - 5. Who Are You 3.54 - 6. The Ocean Doesn't Want Me 1.49 - 7. Jesus Gonna Be Here 3.18 - 8. A Little Rain 2.58 - 9. In The Colosseum 4.50 - 10. Goin' Out West 3.20 - 11. Murder In The Red Barn 4.28 - 12. Black Wings 4.35 - 13. Whistle Down The Wind 4.35 - 14. I Don't Wanna Grouw Up 2.31 - 15. Let Me Get Up On It '53 - 16. That Feel 3.13
Musicians:
Tom Waits, Les Clypool, Larry Taylor, Ralph Carney, Joe
Gore, David Phillips, Joe Marquez, David Hidalgo, Keith
Richard, Waddy Watchel
Produced by Tom Waits
Recorded at Praire Sun Recording, Cotati, CA
Engineering by Billy Dawes
Il ritorno
alla musica "vera" avviene a cinque anni di
distanza dal disco precedente, con un trend che porterà
Tom a incidere, in quindici anni e comprendendo anche i
due appena pubblicati, solo sei dischi.
Il rumore d'ossa rotte che apre l'isterica Earth
Died Screaming funge perfettamente da
introduzione all'album e così, a seguire, la funerea Dirt
In The Ground.
Siamo esattamente a metà tra Swordfishtrombones
e Frank Wild Years; da
entrambi il disco eredita la coerenza interna anche se
non sempre la strumentazione atipica (tra le altre cose
però c'è il Chamberlain, una specie progenitore del
synth costituito da un registratore a nastro e una
tastiera, e il conundrum, uno strumento percussivo
autocostruito utilizzando dei ferri vecchi), la
cattiveria compositiva e la dimensione teatrale. In più
c'è un'attenzione fortissima per gli aspetti ritmici e
percussivi e un allargamento della gamma vocale a toni
impossibili (Tom non ha mai cantato così furiosamente
"bene"): ecco allora, esplici, il funk a
sincopi Such A Scream e
quello rumorista All Stripped Down
(con un falsetto da brividi); ma ecco anche un gospel
come Jesus Gonna Be Here
e un blues come In The Colosseum
che si restringono e si "schematizzano" fino a
diventare, anch'essi, delle strepitose mutazioni funk. E
il bello è che le percussioni sono suonate proprio da
Tom in persona; sentite il lavoro, semplice, essenziale e
potentissimo, fatto su Goin' Out West e ditemi se non
sarebbe il caso di farglielo fare più spesso.
Detto del caso a sè rappresentato dall'irresistibile
filastrocca I Don't Wanna Grow Up
(ricorderete uno dei video più belli che si siamo mai
visti), restano, al solito, alcune piccole note
"stonate": la ballad Who Are
You e A Little Rain,
il country & western Black Wings,
"l'irlandese" Whistle Down The
Wind e la corale That
Feel (con Keith Richard alla chitarra e
alla voce) che, posizionate come sono nella sequenza,
stridono un po', oltre ad essere composizioni non
esattamente memorabili. Ma sono comunque dettagli
dell'ennesimo disco straordinario che tra l'altro vince
un Grammy Award come miglior album di musica alternativa
e chiude una decina d'anni di produzione musicale senza
paragoni.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- The Black Rider
(1993) Island 74321 16822 - cd
1. Lucky Day (overture) 2.26 - 2. The Black Rider 3.20 - 3. November 2.50 - 4. Just The Right Bullets 3.35 - 5. Black Box Theme 2.45 - 6. I Ain't No Sin 2.35 - 7. Flash Pan Hunter (intro) 1.11 - 8. That's The Way 1.11 - 9. The Briar And The Rose 3.50 - 10. Russian Dance 3.10 - 11. Gospel Train 2.35 - 12. I'll Shoot The Moon 3.50 - 13. Flash Pan Hunter II 3.05 - 14. Crossroads 2.45 - 15. Gospel Train II 4.40 - 16. Interlude '30 - 17. Oily Night 4.25 - 18. Lucky Day II 3.45 - 19. The Last Rose Of Summer 2.10 - 20. Carnival 1.30
Musicians:
Tom Waits, Ralph Carney, Bill Douglass, Kenny Wollesen,
Matt Brubeck, Joe Gore, Nick Phelp, Kevin Porter, Greg
Cohen, Francis Thumm, William Burroughs, Henning Stoll,
Stefan Schafer, Wolker Hemken, Hans Jorn Braudenberg,
Linda DeLuca, Gerd Bessler, Christoph Moinian
Produced by Tom Waits
Cover by Robert Wilson
Artista ormai
multimediale, Tom Waits si conferma con The
Black Rider. Con questo nuovo lavoro
musicale, reale commento teatrale all’opera omonima,
Waits si avvicina al teatro tedesco, al cabaret
mitteloeuropeo che prima della Seconda Guerra Mondiale,
impose la Germania grazie all’intellighentia
proveniente dagli esuli dei Paesi dell’Est, come
faro culturale dell’Europa.
Coadiuvato nella preparazione teatrale da Robert Wilson,
già autore della messa in scena di "Einstein on the
beach" e considerato uno dei più importanti registi
internazionali, e dalla presenza del vecchio William
Burroughs, scrittore recentemente visto sullo schermo in
"Naked lunch" del 1991 film tratto dal suo
libro più noto scritto nel 1959. Un libro di culto per
molti fan della beat generation e Tom Waits è fra
questi.
William Burroughs interviene nell’opera non solo
nell’interpretazione di alcuni brani ma cede alle
melodie di Waits alcune liriche di notevole e cupa
bellezza.
Gli arrangiamenti musicali sono di Greg Cohen, spalla
artistica di Waits da ormai molti anni, mentre i
musicisti, forse per meglio adattarsi alla parte, sono
tutti di nazionalìtà tedesca molti dei quali
provenienti dalla musica classica.
Waits, al solito, invade con la sua personalità tutti i
solchi di questa nuova opera che vede una
contrapposizione tra i brani strumentali, e quelli più
tradizionali, dove il lato romantico del musicista
americano eccelle.(...)
Commovente e toccante riconosciamo il Tom Waits amato
quando riprende con maestria il tocco della romantic-song
e ascoltiamo allora per l’ennesima volta, con
immenso piacere The Briar And The Rose
con accompagnamento di viola e clarinetto. Al solito
musicalmente ricco di suoni e rumori, generati da
strumenti insoliti e da utensili, mentre l’ottima Russian
Dance è ritmicamente accompagnata da
viola, archi e stivali. Grande musica per un album
coraggioso, per niente commerciale ma che segue una
strada artistica bene avviata che lo pone tra i più
importanti compositori ed interpreti di questo decennio.
(...)
Waits si conferma autore interessante e la presenza di
Burroughs, rende l’atmosfera di questo album ancora
più sinistra.
Esluso l’rccrssivo sperimentalismo di alcuni brani,
tutto il lavoro ruota a perfezione attorno a Tom Waits e
la sua voce, sempre cupa e a volte simile al lamento di
un lupo o di un animale braccato, rende ancora più
freddo il panorama invernale che osserviamo dalla
finestra. Ancora un buon disco per il vecchio Tom.
Guido
Giazzi da
Buscadero n° 142 dicembre 1993
- Mule Variations
(1999) Epitaph 6547 - cd
1. Big In Japan - 2. Lowside Of The Road - 3. Hold On - 4. Get Behind The
Mule - 5. House Where Nobody Lives - 6. Cold Water - 7. Pony - 8. What's He Bulding? - 9. Black Market Baby - 10. Eyeball Kid - 11. Picture In A Frame - 12. Chocolate Jesus - 13. Georgia Lee - 14. Filipino Box Spring Hog - 15. Take It With Me - 16. Come On Up To The House
Musicians:
Tom Waits, Les Claypold, Larry Lalont, Ralph Carney,
Smokey Hormel, Chris Grady, Jacquire King, Stephen Hodge,
Larry Tylor,
Marc Ribot, Joe Gore, Charlie Musselwhite,
Christopher Marvin, John Hammond, Jeff Sloan, Andrew
Borger, Greg Cohen, Larry Rhodes, Nik Phelps, Dalton
Dillington, Linda Delucia-Ghidossi
Produced by Tom Waits and Katheleen Brennan
Recorded at Praire Sun Recording Studios, Hollywood
Engineering by Oz Fritz and Jacquire King
Cover photo by Matt Mahurin
Se non
consideriamo la sua presenza (documentaristicamente e
qualitativamente ovviabile) in Jesus'
Blood Never Failed Me Yet del
compositore Gavin Bryars, passano sei anni prima di
tornare a riascoltare un suo disco.
Mule Variations è il
suo album più lungo e più fortunato dal punto di vista
commerciale, esce per l'indie Epitaph e sconvolge
classifiche di vendita (anche in Italia) e Grammy Award.
Il disco a cui si ricollega più direttamente è
senz'altro Rain Dogs;
e comunque mai, nella sua storia, è stato così vicino
alla musica americana più classica. Molto fortunato
anche dal punto di vista dell'accoglienza critica, Mule
Variations, a conti fatti e riascoltato
in sequenza con gli altri, appare però una piccola
delusione; è un disco molto normalizzato nel suono,
medio-mediocre nell'utilizzo della voce, ora
completamente adattata sulle coordinate
dell'accettabilità roco-midwest, e di basso profilo
nella scrittura, in linea di massima scadente rispetto ai
suoi standard. Ovviamente "scadente" per Waits
significa oltre la media di quel che s'ascolta in giro
nel settore e quindi pezzi come Big In
Japan, What's He
Building?, Filipino
Box Spring Hog, Take
It With Me e Lowside
Of The Road, reggono ancora molto bene
l'ascolto. Ma non è questo il Waits che abbiamo nel
cuore.
Stefano
I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002
- Alice
(2002) Anti 3332 - cd
1. Alice - 2. Everything You Can Think - 3. Flower's Grave - 4. No One Knows I'm Gone - 5. Kommienezuspadt - 6. Poor Edward - 7. Table Top Joe - 8. Lost In The Harbour - 9. We're All Mad Here - 10. Watch Her Disappear - 11. Reeperbahm - 12. I'm Still Here - 13. Fish And Bird - 14. Bancarolle - 15. Fawn
Musicians:
Tom Waits, Eric Perney, Colin Stetson, Gino Robair, Myles
Boisen, Ara Anderson, Larry Taylor, Matt Brubeck, Bent
Clausen, Bebe Risenfors, Nik Phelps, Joe Gore, Carla
Kihlsted, Dawn Harms, Andrew Borger, Tim Allen, Stewart Copeland
Produced by Tom Waits and Katheleen Brennan
Recorded at In The Pocket Studio, Forestville, California
Engineering by Oz Fritz and Jeff Sloan
Cover photos by Matt Mahurin
- Bloody Money
(2002) Anti 6629 - cd
1. Misery Is The River Of The
World - 2. Everything Goes To Hell - 3. Coney Island Baby - 4. All The World Is Green - 5. God's Away On Business - 6. Another Man's Vine - 7. Knife Chase - 8. Lullaby - 9. Starving In The Belly Of A
Whale -
10. The
Part You Throw Away -
11. Woe - 12. Calliope - 13. A Good Man Is Hard To Find
Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor, Bebe Risenfors, Gino Robair,
Mule Patterson, Matthew Sperry, Colin Stetson, Don
Plonsey, Matt Brubeck, Ara Anderson, Bent Clausen, Stewart Copeland, Joe Gore, Nick Phelp,
Charlie Musselwhite, Casey Waits, Dawn Harms
Produced by Tom Waits and Katheleen Brennan
Recorded at In The Pocket Studio, Forestville, California
Engineering by Oz Fritz
Cover photo by Jesse Dylan
Due dischi
separati, una sola necessità: quella di rappresentare un
mondo squinternato, fatto di tristezza e follia, ma anche
di sogno e utopia.
Tom aits affida ancora una volta le sue canzoni alla
magia della ballata e, se in Alice
si permette, quasi per abitudine, qualche sconfinamento
nel pirotecnico carozzone del circo, in Blood
Money rimane splendidamente fedele a
una narrazione malinconica, incupita da quella voce
straordinaria a metà strada tra un colpo di tosse e una
carezza. I due cd sono separati e non uniti in un'unica
confesione solo perchè legati a genesi spazio-temporali
differenti, una dovuta alla messa in opera dell'omonimo
racconto di Lewis Carroll, e l'altra al Woyzrck di Georg
Buchner.
Entrambi i lavori nascono da una collaborazione teatrale
di Waits con Robert Wilson, commediografo d'avanguardia
con quale Ton ha già scritto il commento musicale della
piece The Black Rider,
da cui è nato il disco omonimo del '93. Lo spettacolo di
Alice è rappresentato
nel '92, ma solo ora esce la cononna sonora, naturalmente
riaggiustata all'originale. "Alice" dice il suo
autore, "è un disco per adulti che parla di
bambini, un susseguirsi di deliri febbrili che si
alternano a toni epici espresso con torch songs e valzer;
un'odissea che si dipana con una logica oririca e
nonsense". Il lavoro apre con il pezzo omonimo che
Waits dedica alla moglie Kathleen Brennan, preziosa
collaboratrice di tutte le sue composizioni. "Ma
devo essere pazzo per andare a pattinare sul suo
nome", dice la canzone, "nel tracciato per due
volte e cadere attraverso il ghiaccio di Alice";
"Kathleen", continua Waits, "è la mia
Alice; da oltre vent'anni mia moglie ha un ruolo
importante nella costruzione delle canzoni che scrivo e
sono affascinato dal suo metodo di lavoro. Si immerge
nella lettura simultanea di più giornali e racconti e si
perde in un susseguirsi di stimoli continui; poi, quando
alza la testa, ha già in mente la storia che deve
raccontare".
I pezzi che suogono mantengono la costruzione visionaria
dell'inizio, Everything You
Can Thing è un'ode
d'amore, dolce e disperata come il rumore del treno che
parte in apertura e chiusura del pezzo; Watch
'Em Disappear è costruita con flesh.
immagini veloci di ricordi che si intersecano con un
presente confuso e perso; Lost In The
Harbour, uno dei pezzi più belli, è
la negazione del desiderio da parte della realtà,
l'impossibilità di versare lacrime per lasciare spazio
unicamente allo strazio interiore.
Alice è un lavoro
delicato e sensibile costruito musicalmente in modo da
interiorizzare il più possibile il pathos delle storie
raccontate. La follia visionaria di Waits prende il
sopravvento su qualsiasi altra forma espressiva e
raggiunge punte di intenso lirismo che rimarrà nella
storia della sua produzione.
Se Alice è un gran
bel disco, Bloody Money lo
è forse ancora di più; le canzoni di questo cd sono
particolarmente ispirate e si affidano a melodie
romantiche per parlare di brutalità e tenerezza,
sentimenti contrastanti che nei rapporti umani spesso si
intersecano fino a creare complicate conflittualità
esistenziali. "La vita è un errore continuo...e non
ne uscirò vivo", dice Waits in Starving
In The Belly Of A Whale come se il
destino dell'uomo fosse tracciato da una mano scura e non
lasciasse spazio ad alcuna forma di riscatto. Bloody
Money trae spunto da un dramma
dell'Ottocento tedesco e ha una forte caratterizzazione
socio-politica. Il soggetto delle canzoni è quasi sempre
l'uomo sfruttato e depredato della sua libertà, troppo
schiacciato dalle catene del potere per potersi
svincolare e ritrovare un'umanità. Il cd è musicalmente
omogeneo, concepito, come si diceva, intorno alla ballata
malinconica, sostenuto da interventi strumentali soffici
ed efficaci, con i fieati in primo piano a gonfiare il
cuore di mestizia. Il resto lo fa, esattamente come in Alice,
la voce straordinariamente aspra e spigolosa di Waits,
presente in tutte le tracce tranne che in Calliope,,
strumentale di grande spessore.
Roberto
Caselli da Jam n° 82 maggio 2002
- Real Gone
(2004) Anti 6678 - cd
1. Top Of The Hill - 2. Hoist That Rag - 3. Sins Of The Father - 4. Shake It - 5. Don't Go Into The Barn - 6. How's It Gonna End - 7. Metropolitan Glide - 8. Dead And Lovely - 9. Circus - 10. Trampled Rose - 11. Green Grass - 12. Baby Gonna Leave Me - 13. Clang Boom Steam - 14. Make It Rain - 15. Day After Tomorrow
Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor,
Marc Ribot, Brain, Casey Waits,
Les Claypool, Harry Cody, Mark Howard
Produced by Tom Waits and Kathleen Brennan
Engineering by Mark Howard
Photos by Dylan Barlow
Real
Gone è una sfida.
Un disco infarcito di blues, ma non nella maniera
tradizionale.
Waits rifiuta le ovvietà e si getta in un toubilon di
suoni e rumori, dove la melodia ha sempre meno spazio e
la ricerca si fa sempre più avventurosa. Una scelta
radicale, fatta però in funzione delle canzoni che il
nostro interpreta. Real Gone
è un disco influenzato dal blues (Make
It Rain su tutte), ma non è un disco
di blues.
E' un lavoro intenso in cui confluiscono elementi attuali
come tracce di hip hop, groove jamaicani, ritmi e melodie
di derivazione africana e latina. Waits chiama questo
melting pot cubist funk e questo disco allontanerà
ulteriormente i suoi fans ancora legati al romantico
ballader degli anni settanta.
Quel Tom Waits è scomparso ed in Real
Gone non ve ne è traccia. Ne ve ne
sarà in futuro.
Real Gone richiede
passione e pazienza, va distillato nota dopo nota,
bisogna dargli tempo, ma poi matura, cresce e anche i
rumori diventano suoni, si modificano, diventano forme
sonore con una logica, legate le une alle altre. Se
l'iniziale Top Of The Hill
è un pugno allo stomaco, al primo ascolto, poi diventa
imprescindibile.
Fa lo stesso effetto di un brano di Ornette Coleman, ti
assale con i suoi vibranti e disarmonici, ma poi ti
coinvolge.
Un disco certamente non facile, che richiede prolungati
ascolti ma che rivela poi canzoni di grande fascino:
canzoni come Hoist That Rag, Sins Of The Father,
Dead And Lovely, Trampled
Rose, e le già citate Day
After Tomorrow e Make
It Rain.
Il beat latino di Hoist That Rag
è tra le cose più affascinanti sentite ultimamente (fa
il paio con Kitate,
l'ardita e umoristica collaborazione del nostro con i Los
Lobos), ma ha più grinta e forza interiore.
E se Day After Tomorrow
rimane una delle canzoni più intense e commoventi di
quest'anno, da sentire e risentire per lungo, lungo
tempo, che dire della notturna Dead And
Lovely, che lascia di stucco per la
bellezza.
Waits non concede nulla ma è in grado di fare sempre e
di continuo grande musica, checchè se ne dica.
Detrattori e nostalgici sono banditi, Waits va dritto per
la sua strada. Amatelo o lasciatelo.
Settanta minuti di musica, settanta minuti di emozioni,
per un disco che dura a lungo, molto a lungo e che, se
all'inizio richiede attenzione, poi si fa fatica levarlo
dal lettore. (...)
Paolo
Carù da
Buscadero n° 261 ottobre 2004
- Orphans (Brawlers,
Bawlers and Bastards)
(2006) Anti lc 02576 - cd
Brawlers:
1. Lie To Me
- 2. Low Down
- 3. 2:19
- 4. Fish In The Jailhouse
- 5. Bottom Of The World
- 6. Lucinda
- 7. Ain't Goin' Down To The Well
- 8. Lord I've Been Changed
- 9. Puttin' On The Dog
- 10. Road To Peace
- 11. All The Time
- 12. The Return Of Jackie And Judy
- 13. Walk Away
- 14. Sea Of Love
- 15. Buzz Fledderjohn
- 16. Rains On Me
Bawlers:
1. Bend Down The Branches
- 2. You Can Never Hold Back Spring
- 3. Long Way Home
- 4. Widow's Grove
- 5. Little Drop Of Poison
- 6. Shiny Things
- 7. World Keeps Turning
- 8. Tell It To Me
- 9. Never Let Go
- 10. Fannin Street
- 11. Little Man
- 12. It's Over
- 13. If I Have To Go
- 14. Goodnight Irene
- 15. The Fall Of Troy
- 16. Take Care Of All My Children
- 17. Down There By The Train
- 18. Danny Says
- 19. Jayne's Blue Wish
- 20. Young At Heart
Bastards:
1. What Keeps Mankind Alive
- 2. Children's Story
- 3. Heigh Ho
- 4. Army Ants
- 5. Books Of Moses
- 6. Bone Chain
- 7. Two Sisters
- 8. First Kiss
- 9. Dog Door
- 10. Redrum
- 11. Nirvana
- 12. Home I'll Never Be
- 13. Poor Little Lamb
- 14. Altar Boy
- 15. The Pontiac
- 16. Spidey's Wild Ride
- 17. King Kong
- 18. On The Road
Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor,
Marc Ribot, Brain, Anger Amar, Bobby Baloo, Seth
Ford-Young, Joe Gore, Charlie Musselwhite, Casey Waits, Dave Alvin,
Andrew Borger, Ralph Carney, Les Claypool, Steve Foreman, Brett
Gurewitz, Ron Hacker, John Hammond, Spephen Hodges, Larry Lalonde,
Gino Robair, Jeff Sloan, Bobby Black, Carla Kihlstedt, Nic Phelps, Ray
Armando, Matt Bribeck, Dan Cantrell, Bent Clausen, Jimmy Cleveland,
Harry Cody, Greg Cohen, Chris Grady, Billy Higgins, Art Hillery,
Trevor Horn, Adam Lane, Eric Perney, Dan Plonsey, Steve Prutsman, Bebe
Risenfors, Mike Silverman, Nolan Smith, Matthew Sperry, Francis Thumm,
Leroy Vinnegar, Sullivan Waits, Tom Yoder, Ara Anderson, Michael Blair,
Crispin Cioe, Bent Clausen, Eddie Davis, Darrell Devore, Mitchell
Froom, Bob Funk, Arno Hecht, Bart Hopkins, Guy Klesevik, Gary Knowlton,
Mike Knowlton, Paul "Hollywood" Litteral, Tom Nunn,
Colin Stetson, Richard Waters
Produced by Tom Waits and Kathleen Brennan
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