Tom Waits



album in pagina:

- Closing Time
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The Heart Of Saturday Night
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Nighthawks At The Dinner
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Small Change
-
Foreign Affairs
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Blue Valentine
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Heartattack And Vine
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One From The Heart
- Swordfishtrombones
-
Rain Dogs
-
Franks Wild Years
-
Night On Earth
-
Bone Machine
-
The Black Rider
-
Mule Variations
-
Alice
-
Bloody Money
- Real Gone
- Orphans




collabora in:

- Lost In The Stars/The Music Of Kurt Weill
  (AA.VV.)


- Jesus's Blood Never Failed Me Yet
  (Gavin Bryars)

- Blinking Lights And Other Rivelations
 
(Eels)




Lasciate perdere bombardini, pesci gatto, puttane in bianco e nero, lampioni colorati di rosso, spezie. negozi del barbiere, falchi notturni, barboni,, robivecchi e ubriaconi. Lasciate perdere quelle folate d'alito vecchio e quei party con le noccioline al whisky. Tom Waits c'è due volte,non una. E' solo bino per ora; per essere trino si sta organizzando e noi non disperiamo. Lasciate perdere anche la carriera da attore, buon caratterista e nulla più.

Thomas Alan Waits che nasce il 7 dicembre 1949 a Popoma, California, per metà scozzese e per metà norvegese. Che nel '74 conosce Rickie Lee Jones, sua compagna di sbronze e letto per diversi anni. che nell'agosto dell'80 si sposa con Kathleen Brennan e nasce di nuovo.

Tom Waits incontra la script-editor e aiuto regista di Kathleen Brennan nel 1979 agli Zoetrope Studios di Francis Ford Coppola, dove lei lavorava e lui si reca per metter mano alla colonna sonora di "Un Sogno Lungo Un Giorno"; un incontro che diventa immediatamente legame sentimentale e poi matrimonio.

Cherchè la femme. L'importanza della Brennon nella seconda parte della carriera di Waits è stata sempre messa molto poco in rilievo. Quasi sempre la critica l'ha buttata sul romantico - l'ubriacone perso che viene redento dall'amore - sottolineando come la svolta dei primi anni ottanta sia stato frutto d'una improvvisa (per qualcuno persino improvida) ridiscussione esistenziale: Tom si sposa, smette di bere e di fumare, fa tre figli. Tutto vero, solo che l'influenza che ha avuto la moglie nello sviluppo e nella maturazione musicale di Waits non è stata affatto nell'aver ottemperato al ruolo di angelo del focolare che fa mettere la testa a posto al "comunque" creativo coniuge; perchè è lei l'intelettuale della coppia, è lei che introduce lui al teatro d'avanguardia, al cinema di Fassbinder e del Fellini più visionario, alle musiche di Nino Rota e all'utilizzo di certi "rumorismi" forse desueti nel mondo del pop ma abituali, per esempio, nelle insonorizzazioni teatrali, alle quale per l'appunto lei lavorava. La sua responsabilità diretta nel suono waitsiano degli ultimi ventanni è ancora tutta da rivendicare perchè è solo con il suo arrivo che nella vita di Tom cambia praticamente tutto ed è solo grazie a lei che assistiamo a quella radicale svolta testuale e musicale.

Fino ad allora Tom Waits era stato un buono e ottimo cantautore da piano bar, baciato a tratti dalla fortuna ma presumibilmente destinato a sparire di scena assieme al decennio che l'aveva partorito - quei certi anni settanta piccoli piccoli, nascosti e apolitici, intimisti e romantici, nostalgici e positivi, apparentemente del tutto fuori luogo rispetto alle impellenze del rock politicizzato ma in realtà ad esso speculari (e quindi funzionali) e con esso destinati a sparire all'alba degli '80.

Dal punto di vista intelettuale Waits passa così (e difatti) dal contesto delle bettole suburbane a quelle dei teatri off e dal mito vagabondo della strada a quello stanziale della ricerca; gli "aggiustamenti" musicali segnano lo spostamento dal jazz & blues più o meno elettrici a quelli rurali e dagli accordi e scale alle alliterazioni e dissonanze; i testi non raccontano più guasconerie da beatnik e squarci di vita vissuta ma s'adombrano di visionarietà, procedono per allusioni e simbolismi, non pretendono più di comunicare direttamente a chi ascolta facendolo specchiare nella culla delle proprie romantiche proiezioni ma danno luogo alle visioni e ai fantasmi più inconsci dell'autore, ai quali l'ascoltatore può a quel punto più o meno assoggettarsi ma nei quali non può più identificarsi. Nel complesso si tratta di un'operazione di distacco dal pubblico, di cesura con l'ammiccamento all'ascoltatore per entrare nell'universo della creazione "pura"; in pratica, altro non è che un passaggio da interprete ad autore.

Autore che Waits, inutile negare, fino a
Swordfishtrombones non era mai stato fino in fondo. Pochi dei pezzi scritti fino al allora avevano la stoffa dello scrittore personale quanto piuttosto quella dell'interprete e del continuatore di maniere così classiche da rasentare più volte - senza nulla togliere alla loro riuscita emotiva e compositiva - il plagio. Non solo la moglie spinge Waits a misurarsi con ambientazioni diversissime cercando di concigliarne le essenze ma intuisce nella scrittura realista di Tom una vena visionaria che è possibile sviluppare in senso oaradossalmente iperrealista, principalmente contraffacendo gli arrangiamenti attraverso la trasformazione degli strumenti in semplici "portatori di suono"; nella sua voce scopre un'autentica arma improprio duttile e fantasmagorica che è possibile sporcare e annientare, ridurre a spasmo e contrazione, che è possibile modulare da pantagruelica colata di catrame in gracchiante e dissodata isteria. La musica inizia così ad attingere a piene mani dal blues soffocato e costipato di Captain Beefheart mutandone l'ispirazione per vergare quadretti, schizzi e visioni che trasfigurano il pop "jazz'n blues" orchestrale che tanto materiale aveva offerto ad album come Small Change e Blue Valentine in claudicante neoespressionismo da Mitteleuropa completamente urbanizzata. La musica di Waits diventa in tutto per tutto europea.

"Kathleen ed io siamo arrivato a pensare di fare musica che fosse surreal - insieme surreale e rurale: surrurale. Lei inizia a parlare in mille lingue diverse e io riporto tutto a terra. Lei parte per mondi strani a cui io non saprei arrivare... Sono, come dire? troppo pragmatico. E' lei il segreto della famiglia. Io scrivo di cose che stanno nel mondo, che si raccontano nelle notizie della sera, che si vedono e si sentono in giro. Lei è più impressionistica. Fa sogni come Hieronymus Bosch e poi scrive direttamente dai suoi sogni". Sogni che si materializzano attraverso la reinvenzione e la riscrittura in senso acustico e musicale delle cianfrusaglie e dell'utensileria quoditiana meccanica e casaliga. Un martello può servire a battere il tempo, un cacciavite a suonare uno strumento a corde, un vecchio megafono a filtrare voce e suoni. Non è affatto paradossale pertanto che l'abbandono di jazz e del blues elettrici porti Waits a spingersi apparentemente a ritroso invece che avanti nel tempo; che lo spinga a manipolare country blues, polke, valzer e folk balcanico assieme a scansioni di sapore quasi quasi industrial; che l'ispirazione arrivi persino a guardare con qualche sospetto l'apparato strettamente tecnologico della musica compiendo un salto temporale che rimedia il lapsus di cinquant'anni di suono registrato mandando a nozze le strutture musicali degli anni Trenta e Quaranta con una strumentazione archeo-futuribile, da riciclo povero dell'era industriale. L'interesse per questo tipo di ricerca venne trasmesso a Tom direttamente da Kathleen, come lui stesso racconta nell'illuminante introduzione al volume Gravikords, Whirless & Pyrophones: Experimental Musical Intruments di Bart Hopkin: "All'incirca nell'82 Kathleen mi spinse a provare a cantare attraverso un megafono della polizia per far sì che la mia voce emergesse meglio quando si accostava a strumenti dello stesso calore. Naturalmente è possibile fare la stessa cosa anche con un equalizzatore ma nulla rende bene il senso di dramma come un megafono. (...)Sono molto interessanti anche quei giocattoli per bambini che possono cambiare la voce in quella di un astronauta, di un mostro o di un robot; trovo che respirare attraverso uno di questi così possa dare alla voce lo stesso tono che ha la chitarra dei Blue Cheer in Summertime Blues.(...) Ho fatto anche una serie di ricerche e registrazioni sui ritmi e sulle "voci" che si possono carpire facendo semplicemente muovere, per esempio, una sedia a dondolo. Si tratta di ritmi dai sapori molto meccanici nella loro reiterazione di squeek e chugs metallici; le barre di metallo della sedia danno l'idea di una macchina da scrivere. (...) Anche i parabrezza delle automobili possono formire grandi suoni (e alla stessa maniera) si possono ottenere degli armonici veramente impossibili con delle lamette arrugginite passate sopra le persiane di una finestra..."

E' per questo che dischi molto fortunati e celebrati come
Rain Dogs e Mule Variations se confrontati a Swordfishtrombones, Frank's Wild Years e Bone Machine cedono irrimediabilmente il passo. Perchè la compiutezza e la perfetta definizione di questi ultimi sono in sè assolute mentre gli altri certi svaccamenti cantautorali, certe digressioni "rock", certi arrangiamenti sorprendentemente piani stonano col resto riducendo quei dischi a collezioni di grandi pezzi talvolta poco coerenti gli uni con gli altri. Qualcuno ha letto Rain Dogs e Mule Variations come concessioni commeriali; si è trattato in effetti di momenti in cui l'autore ha tentato di rendere un po' più popolare una materia così bollente da rifiutare qualsiasi trattamento di bonifica ma hanno pagato, per questo, lo scotto di una certa irrimediabile schizzofrenia di fondo. Non sarà quindi un caso se Rain Dogs e Mule Variations sono gli album più amati dagli americanofili "classici" e impenitenti che avevano digerito poco una svolta così radicale come quella attuata a partire dal capolavoro Swordfishtrombones e alla cui coerenza metallurgica e quasi industrial fecero eco prima quella teatrale e nostalgica di Frank's Wild Years e poi quella mortuaria e afosa di Bone Machine. (...)

Stefano I. Bianchi da Blow Up  n° 48 maggio 2002


- Closing Time
(1973) Elektra 7559 - 60836 - cd

1. Ol' 55 - 2. I Hope That I Don't Fall In Love With You - 3. Virginia Avenue - 4. Old Shoe (& Pictire Postcards) - 5. Midnight Lullaby - 6. Martha - 7. Rosie - 8. Lonely - 9. Ice Cream Man - 10. Little Trip To Heaven (On The Wings Of Your Love) - 11. Grapefruit Moon - 12. Closing Time

Produced by Jerry Yester
Recorded at Sunset Sound, Hollywood
Engineering by Richie Moore

Cantautore in erba come tanti altri che frequentavano i locali della West Coast a inizio anni Settanta, Tom Waits venne scoperto per caso da Herb Cohen (all'epoca manager di Frank Zappa, Captain Beefheart e Linda Rostadt), che lo fece mettere immediatamente sotto contratto dalla Asylum.
Prodotto dall'ex Lovin' Spoonful Jerry Yester, il suo disco d'esordio è anche il suo più diverso. Non solo la voce, poi tratto distintivo della sua musica, è ancora giovane, alta e in molti momenti eccessivamente dylaniana (
Old Shoes), ma anche il suono differisce parecchio da quel che arriverà in futuro, dacchè qui la struttura è ancora in larga misura legata al cantautorato westcostiano dell'epoca. Ci sono però diversi episodi in cui certo jazz anni Cinquanta e certa canzone americana classica (da Cole Porter e George Gershwin) fanno capolino lasciando intravvedere dov'è che l'autore sarebbe andato a finire; Midnight Lullaby per esempio, o Virginia Avenue, o Little Trip To Heaven, o ancora la splendida Martha, che assieme a Ol' 55 rappresenta le punte del disco; quest'ultima venne subito ripresa dagli Eagles mentre la prima da un Tim Buckley ormai al tramonto, che subito la inserì nel suo penultimo album, Sefronia.
Buon successo di critica ma scarsi risultati di vendita.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- The Heart Of Saturday Night
(1974) Asylum 7559 60597 - cd

1. New Coat Of Paint 3.20 - 2. San Diego Serenade 3.25 - 3. Semi Suite 3.22 - 4. Shiver Me Timbers 4.21 - 5. Diamonds On My Windshield 3.10 - 6. The Heart Of Saturday Night 3.50 - 7. Funblin' With The Blues 2.59 - 8. Please Call Me Baby 4.23 - 9. Depot Depot 3.42 - 10. Drunk On The Moon 5.05 - 11. The Ghosts Of Saturday Night 3.17

Produced by Bone Howe
Recorded at Wally Heider Recorders, Hollywood
Engineering by Bone Howe
Cover illustration by Napoleon


Le copertine sono importanti. Dopo quella classica da loner del pianobar del primo album, sul seguente
The Heart Of Saturday Night compare la prima puttana; sul retro, un giovanissimo Tom davanti ad una edicola notturna con uno strillo sui risultati delle corse di cavalli in buona vista: sembra d'essere in un romanzo di Bukowski.
La musica, prodotta stavolta da Bones Howe, perde del tutto il country per immergersi nella canzone classica americana del jazz melodico; la voce fa un primo passo avanti in termini di sigarette e bourbon. Molti archi e molto pianoforte, arrangiamenti orchestrali e un po' d'enfasi vocale da teatro a tarda notte (
Semi Suite), resa anche visivamente (la title track, con rumori d'automobili e clacson sullo sfondo). San Diego Serenade, Funblin' With The Blues, Please Call Me Baby, Depot Depot e Drunk On The Moon i classici di un 'Lp che chiude le due facciate con "il cuore" e "i fantasmi" del sabato notte, a sottolinearne la dimensione più propria.
Buono ma ancora, come il precedente, troppo "larva".
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Nighthawks At The Dinner
(1975) Asylum as 63002 - vinile

1. (Opening Intro) 2.59 - 2. Emotional Weather Report 3.43 - 3. (Intro) 2.18 - 4. On A Foffy Night 3.49 - 5. (Intro) 1.55 - 6. Eggs And Sausage (In A Cadillac With Susan Michelson) 4.13 - 7. (Intro) 3.22 - 8. Better Off Without A Wife 3.53 - 9. Nighthawks Postcard (From Easy Street) 11.27 - 10. (Intro) '55 - 11. Warm Beer And Cold Women 5.21 - 12. (Intro) '48 - 13. Putman County 7.34 - 14. Spare Part I (A Noctural Emission) 6.23 - 15. Nobody 2.49 - 16. (Intro) '41 - 17. Big Joe And Panthom 309 6.30 - 18. Spare Part II And Closing 5.14

Musicians:
Tom Waits, Mike Melvoin, Pete Christlieb, Jim Hughart, Bill Goodwin

Produced by Bones Howe
Recorded live at The Record Plant and Wally Heider Recording, Hollywood on July 30, 31, 1975
Engineering by Bones Howe

"Falchi notturni a cena", copertina da dopolavoro che ormai è mattina presto, voce finalmente trasformata in catrame liquido.
Nighthawks At The Dinner è un doppio album registrato dal vivo in studio (il pubblico era stato invitato per l'occasione) con tutti pezzi nuovi, è un disco logorroico e ubriaco, ridanciano e cabarettistico, swingante e nostalgico, impastato col fasto dei poveri ed enfatico in minore, come se a cantare fosse un borgotaro immalinconito.
E' il teatro quindi il luogo di rappresentazione di quella che resta una piccola, eccentrica parentesi della sua produzione e che delle molte possibili blocca l'ispirazione alla fase d'un avanspettacolo snobbish e proletario quanto misogino e vitellone:
Eggs And Sausage In A Cadillac With Susan Michelson, On A Foggy Night e Better Off Without A Wife diventano culto.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Small Change
(1976) Asylum 960 612 - cd

1. Tom Traubert's Blues 6.40 - 2. Step Right Up 5.39 - 3. Jitterburg Boy 3.41 - 4. I Wish I Was In New Orleans 4.50 - 5. The Piano Has Been Drinking' 3.37 - 6. Invitation To The Blues 5.20 - 7. Pasties And A G-String 2.32 - 8. Bad Liver And A Broken Heart 4.46 - 9. The One That Got Away 4.00 - 10. Small Change 5.03 - 11. I Can't Wait To Get Off Work 3.20

Musicians:
Tom Waits, Shelly Manne, Jim Hughart, Lew Tabackin

Produced by Bones Howe
Recorded at Wally Heider Recording, Hollywood
Engineering by Bones Howe
Cover photo by Joel Brodsky


L'album del 1976 è il primo classico autentico di Tom Waits; la voce e la musica sono definitivamente quelle per cui la prima parte della sua carriera diventerà quasi lo stereotipo del cantautore jazzy, dando il via ad una nutrita serie di più o meno consapevoli imitatori.
Arrangiamenti moderatamente orchestrali con sezione d'archi e piano (eccetto un paio di episodi, glu unici strumenti presenti) per un disco dai toni dimessi, maturi e dall'ormai acquisita consapevolezza compositiva che va a cercarsi un posto tra i classici della canzone americana (
Tom Trubert's Blues, Jitterburg Boy, I Wish I Was In New Orleans, The Piano Has Been Drinkin', Invitation To The Blues) o in un divertito scat-jazz (Step Right Up, Pasties And A G-String) che prelude, ancora una volta, a quel che arriverà negli albums immediatamente seguenti (The One That Got Away). Palma di episodio migliore alla title track, solo voce recitante e sax e una delle sue storie più commoventi di sempre.
La copertina stavolta tocca al camerino di una spogliarellista, con Waits che se ne sta a sedere pensoso, scarpe a punta, e sigaretta tra le mani. Da notare che tutti i pezzi hanno dei lunghi sottotitoli a sottolineare una forma narrativa a cui l'autore evidentemente non sa rinunciare.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Foreign Affairs
(1977) Asylum 53068- vinile

1. Cinny's Waltz 2.16 - 2. Muriel 3.33 - 3. I Never Talk To Stranger 3.37 - 4. Meddley: Jack And Neil, California, Here I come 5.00 - 5. A Sight For Sore Eyes 4.39 - 6. Potter's Field 8.38 - 7. Burma Shave 6.32 - 8. Barber Shop 3.52 - 9. Foreign Affairs 3.46

Musicians:
Tom Waits, Bette Midler, Jim Highart, Shelly Manne, Frank Vicari, Jack Sheldon, Gene Cipriano

Produced by Bones Howe
Recorded at Filmway Heider Recording, Hollywood on July 28 and August 2, 11, 12, 15, 1977
Engineering by Bones Bones Howe
Cover photo by George Hurrell


Non ci sono sostanziali differenze in
Foreign Affairs rispetto a Small Change nè tematicamente nè musicalmente.
Ancora puttane gentili in copertina e nei testi, ancora arrangiamenti orchestrali (anche se in misura minore) e jazz d'atmosfera (in misura maggiore), mentre il suono nel complesso si fa più mosso e mutante (
Potter's Field, orchestrazioni stranite su base jazz. La bellissima Muriel, il memorabile duetto con Bette Midler I Never Talk To Stranger, il trascinante blues jazzato Jack And Neil/California Here I Come, la struggente A Sight For Sore Eyes sono i momenti più memorabili di un album comunque ottimo anche se considerabile, almeno in parte, di "transizione".
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Blue Valentine
(1978) Elektra 7559 - 60533 - cd

1. Somewhere 3.50 - 2. Red Shoes By The Drugstore 3.11 - 3. Christmas Card From A Hooker In Minneapolis 4.30 - 4. Romeo s Bleeding 4.50 - 5. $ 29.000 8.12 - 6. Wrong Side Of The Road 5.11 - 7. Whistlin' Past The Graveyard 3.14 - 8. Kentucky Avenue 4.47 - 9. Sweet Little Bullet From A Pretty Blue Gun 5.34 - 10. Blue Valentine 5.50

Musicians:
Tom Waits, De Ville Gonga, Rock Lawson, Roland Bautista, Byron Miller, Frank Vicari, Ray Crawford, Charles Kynard, Jim Hughart, Chip White, Bobbye Hall, Herbert Hardesly

Produced by Herb Cohen
Recorded at Filmway Heider Recording, Hollywood, on July 24, 25 and August 10, 17, 23 and 26 1978
Engineering by Bones Howe


Eccolo finalmente, il capolavoro della prima fase della carriera di Tom Waits. Un disco che è anche una svolta: molto elettrico a partire dalle chitarre, suonate a più mani dallo stesso Tom e altri, fino alle tastiere e all'atmosfera complessiva, che tratteggia una città illuminata dai neon piuttosto che dalle lampade basse e raccontata più dall'esterno, sulla strada, che dall'interno. I protagonisti sono delinquenti di mezza tacca lasciati morire sul selciato, puttane abbandonate e poi recuperate, cimiteri, parti "sbagliate" dell'esistenza, cartoline d'amore essicato.
Le mutazioni musicali lasciate solo intendere nei dischi precedenti trovano infine compimento e allora ecco una
Red Shoes By The Drugstore che pare preludere addirittura a Swordfishtrombones, una Romeo Is Bleeding sciolta e swingante, due blues agitati e cattivi come Whistlin' Past The Graveyard e A Sweet Little Bullet From A Pretty Blue Gun, nei quali la voce catramosa di Tom comincia a farsi più isterica e teatrale. Restano le romanze sentimentali come Somewhere, tratta da West Side Story, Christmas Card From A Hooker In Minneapolis, Kentucky Avenue, la title track.
Il disco indica il progressivo sfilacciarsi delle trame da beatnik fuori tempo massimo e l'ispessirsi di quelle cittadine; copertina storica e retro altrettanto classico con Tom puntato su un'auto sopra la giovanissima Rickie Lee Jones.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Hearattack And Vine
(1980) Asylum 6e-295 cd

1. Heartattack And Vine 4.42 - 2. In Shades 4.04 - 3. Saving All My Love For You 3.39 - 4. Downtown 4.43 - 5. Jersey Girl 5.09 - 6. 'Til The Money Runs Out 4.20 - 7. On The Nickel 6.17 - 8. Mr. Siegal 5.13 - 9. Ruby's Arms 5.35

Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor, John Thomassier, Plas Johnson, Roland Bautista, Ronnie Barron, Jim Hughart, Victor Feldman, Greg Cohen, Michael Lang

Produced by Bones Howe
Recorded at Filmway/Heider Studio B., Hollywood
Engineering by Bones Howe

Heartattack And Vine va considerato come l’ulteriore e faticosissimo risultato di una controllatissima e strenua costruzione di se stesso intrappresa da Tom Waits a partire dal doppio album dal vivo Nighthawks At The Dinner.
È un Tom Waits comunque totalmente rinnovato nello spirito e nello stile, che nulla ha da spartire con quello di
Closing Time e di The Heart Of Saturday Night.
Heartattack And Vine è pure l’ennesimo documento di un’adesione non effimera, ma duratura, della concezione del musicista inteso come antidivo. Le sue storie raccontano le serate brave e licenziose in squallidi tuguri, nei quartieri periferici e malfamati presumibilmente di Los Angeles. I protagonisti della storia sono personaggi della più infima specie: prostitute, ubriaconi, uomini falliti, i cui sogni si librano nell’aria leggeri, avvolti nella loro opacità, nella loro malinconia. È un mondo tangibile, marginale, che vive e pulsa in una indefessa e agognante volontà di risalita e di riscatto. Anche qui come nei lavori precedenti c’è l’alternanza, in una misuratissima e calibrata mistura di qualità e abilità, di momenti musicali drasticamente recisi di ogni implicanza sentimentale, contraddistinti da una sfuggevole valenza erotica e nei quali vi alita estremamente intimizzato un blues difficilmente decifrabile e catalogabile ma individuabile, nella sua essenza, per la sua sotterranea sobrietà, mai esplodente ma sottilmente interiorizzata; con altri invece di delicata tenerezza.
Ancora una prova quindi, di freschezza scattante, di espressività visceralmente intesa e felice che pone Tom Waits in una posizione privilegiata nella scena rock a prescindere dalla sua schivezza.
Alvise Riccioli da Rockerilla n° 9 dicembre 1980

- One From The Heart

original motion picture soundtrack
(1982) Columbia PC 37703 - vinile

1. Opening Montage 5.15 - 2. Is There Any Way Out Of This Dream? 2.12 - 3. Picking Up After You 3.52 - 4. Old Boyfriend 5.52 - 5. Broken Bicycles 2.51 - 6. I Beg Your Pardon 4.25 - 7. Little Boy Blu 3.40 - 8. Instrumental Montage 2.59 - 9. You Can't Unring A Bell 2.20 - 10. This One's From The Heart 5.44 - 11. Take Me Home 1.35 - 12. Presents 1.01

Musicians:
Tom Waits, Crystal Gayle, Bob Alcivar, Greg Cohen, Teddy Edwards, Pete Jolly, Dennis Budmir, Shelly Manne, Jack Sheldon, Gayle Levant, Emil Richards, Ronnie Barron, Gene Cipriano, Larry Bunker, Chuck Findley, Dick Hyde, Don Waldrop, Lanny Morgan, John Lowe, Leslie Thompson, Victor Feldman, Joe Porcaro

Produced by Bones Howe
Recorded at Wally Heider Recording, Hollywood, California
Engineering by Bones Howe and Bill Dawes


Una storia impossibile sotto ogni punto di vista. Coppola investì qualunque cosa nel progetto del film (Un Sogno Lungo Un Giorno). Era una pazzia. Meravigliosa. Ma poteva funzionare per cinema con la "c" maiuscola, ma non per il botteghino. Il prodotto andò talmente male che Coppola fu costretto a vendere i suoi studi Zoetrope per far fronte ai debiti. Eppure gli effetti di
One From The Heart sono stati artisticamente devastanti. Niente è stato più come prima a cominciare dal modo di concepire la colonna sonora. La coppia che per un giorno sogra di poter vivere un'altra vita aveva bisogno di una doppia anima musicale che ne cantasse le inquietudini.
L'esperimento fu tentato chiedendo a Tom Waits di scrivere delle torch song che cantassero ogni sfumatura dell'amor conteso. Coppola non poteva scegliere persona più indicata. Waits era l'uomo delle "blue valentines" e degli "heartattacks", il maledetto che sapeva amare.
Lo scenario di una Las Vegas indimenticabile, perfettamente ricostruita in studio, rese tutto ancora più seducente. Ci sono momenti (ed era la prima volta nel cinema non-musicale) in cui è un problema distinguere la sceneggiatura dai testi delle canzoni. Quando, come riavendosi dalla sbornia adulterina, Hank and Frannie si prendono ognuno metà dello schermo e si cercano con il cuore spezzato in due proprio come lo schermo, Tom Waits e Crystal Gayle diventano le loro voci interiori. Un capolavoro di sintesi fra immagini, sensibilità musicale, capacità registica, calcolo dei tempi di assimilazione emotiva del pubblico.
This One's From The Heart, Old Boyfriend, Broken Bicycles (da poco rilanciata da Costello e la Otter), Is There Any Way Out Of This Dream? sono i motivi di una rivoluzione estetica che ha i ritmi della più alta poesia musicale. Tom Waits già entrato nell'era dei tromboni a forma di pesce spada ma per un attimo, forse travolto egli stesso dall'enorme carico passionale del film, seppe tornare ai toni crepuscolari e sofferti di chi sa bene perchè raccontare qualcosa "che viene direttamente dal cuore" comporta rischi infiniti. Compreso quello di finire spezzato in due.
Enrico Sisti da Musiche di Repubblica n° 285 - 24 maggio 2001

- Swordfishtrombones
(1983) Island ilps 19762 - vinile

1. Undergound 1.58 - 2. Shore Leave 4.12 - 3. Dave The Butcher 2.15 - 4. Johnsburg, Illinois 1.30 - 5. 16 Shells From a 30.6 4.30 - 6. Town With No Cheer 4.22 - 7. In The Neighborhood 3.04 - 8. Just Another Sucker On The Vine 1.42 - 9. Frank's Wild Years 1.50 - 10. Swordfishtrombones 3.00 - 11. Down, Down, Down 2.10 - 12. Soldier's Thing 3.15 - 13. Gin Soaked Boy 2.20 - 14. Trouble's Braids 1.18 - 15. Rainbirds 3.05

(...) Difficile descrivere Swordfishestrombones, oscuro e quasi indecifrabile fin dal titolo. Si ascoltino le note dimenticate di Hammond di altri tempi, convivono chitarre elettriche e cornamuse, fisarmoniche e marimbas; non c’è per la prima volta in dieci anni traccia di sassofono.L’album si snoda secondo una logica eccentrica e quasi iperscrutabile, imprevedibilmente ferrea peraltro; atmosfere e scenari cambiano con ritmo incalzante; i brani sono quindici, tutti diversissimi tra di loro, così come gli stati d’animo e le stesse sensazioni sollecitate. Ciò che rende unitari e coerente questo itinerario intricato tracciato nell’immaginario musicale americano è l’assoluto e appasionante realismo con il quale Tom Waits affronta ciascun singolo episodio rendendolo indipendente e dotato di propria compiutezza. Tutti e nessuno, quindi, gli episodi che si possono segnalare: ognuno di noi finirà per avere la sua canzone preferita da questo disco.
Il romanticismo cinico, l’aderenza del linguaggio (musicale e verbale) alla realtà, la sobrietà espressiva, l’essere infine protagonista, vittima e insieme poeta della sua vita ha fatto di Tom Waits un fulgido esempio di autonomia creativa, per questa ragione, forse, regalato all’ambiguo ruolo di cult-artist(...)

Alberto Campo
da Rockerilla n° 39 novembre 1983

- Rain Dogs
(1985) Island ilps 9803- vinile

1. Singapore 2.46 - 2. Clap Hands 3.47 - 3. Cementary Polka 1.54 - 4. Jockey Full Of Bourbon 2.45 - 5. Tango Till They're Sore 2.49 - 6. Big Black Mariah 2.44 - 7. Diamonds And Gold 2.31 - 8. Hang Down Your Head 2.32 - 9. Time 3.55 - 10. Rain Dogs 2.56 - 11. Midtown 1.00 - 12. 9th And Hennepin 1.58 - 13. Gun Street Girl 4.37 - 14. Union Square 2.24 - 15. Blind Love 4.18 - 16. Walking Spanish 3.08 - 17. Downtown Train 3.53 - 18. Bride Of Raindog 1.07 - 19. Anywhere I Lay My Head 2.48

Musicians:
Tom Waits, Michael Blair, Stephen Arvizu Taylor Hodges, Larry Taylor,
Marc Ribot, Chris Spedding, Tony Garnier, Robert Previte, William Shimmell, Bob Funk, Ralph Carney, Greg Cohen, Keith Richard, Robert Quine, Ross Levinson,
John Lurie

Produced by Tom Waits
Cover pho by Anders Petersen

(...) Diciannove canzoni, cinquantatrè minuti d'inarrivabile intrattenimento, collezione d'inestimabile poesie randagie, abbecedario sofisticato di musica polare.
La vena di cabarettismo etnico - piacerebbe a Kurt Weil - rivelatasi in
Swordfishtombones è qui ulteriormente ispezionata fin dall'iniziale Singapore, via divagando quindi con l'incredibile parodia di Cementary Polka e la marcetta "beefheartiana" che intitola l'album tutto. L'intrigo etno-musicale si dipana successivamente nel fascino indolente di ritmi sonnacchiosi tropicali (tre fra le più belle cose del disco: Clap Hands, Jockey Full Of Burbon e Hang Down Your Head), turgidi blues (segnalerei: Gun Street Girl - cooderiana? - insieme a Walking Spanish), country, jazzismo orchestrale, "vaudeville", semplice impressionismo, giù fino al delirante gospel che chiude, suonando come una banda di "funeral marches", quest'opera concepita con minuziosa ruvidezza.
Un disco insolito per Tom. Direi sopratutto per lo stuolo,, mai così numeroso, di accompagnatori. E più ancora per l'illustre linguaggio di alcuni tra essi. Keith Richard? Che ci fa da queste parti? Lo troviamo a colorare uno di quei blues da lupo mannaro caratteristici del nostro uomo (
Big Black Mariah), regalare un "drive" rollingstoniano a Union Square e soccombere al country finto - mieloso di Blind Love. John Lurie - Lounge Lizards, ricordate? Ma che attore, pure, in Stranger Than Paradise! . manovra un sax intrigante in Walking Spanish, Robert Quine - quasi in tutte le bande no-newyorkesi e ultimamente chitarrista di Lou Red - si segnala particolarmente in Dowtown Train, la canzone più "commerciale" mai scritta da Tom (quasi quasi sbuca fuori lo spettro di Sprengsteen!) che commuoverà chiunque e basta così. E poi ancora Chris Spedding, altro prezioso veterano della chitarra, torto algli altri non citati. Tom, per parte sua, suona chitarra, Farfisa, pianoforte, organo e mantice, banjo e harmonium. E canta. Basterebbe quest'ultimo verbo, da solo, a spiegare tutto quanto a chi già lo conosce.
Ci si perde dentro a
Rain Dogs: troppe canzoni, troppe storie, troppe musiche differenti. Troppa arte? Il giorno in cui l'avremmo definitivamente conosciuto e assimilita, penseremo probabilmente che si tratta d'uno dei dischi più importanti incisi in questi ultimi anni.
Alberto Campo da Rockerilla n° 63 novembre 1985

- Franks Wild Years
(1987) Island imcd 50 - cd

1. Hang On St. Christopher - 2. Straight To The Top (Rhumba) - 3. Blow Wind Blow - 4. Temptation - 5. Innocent When You Dream (Barroom) - 6. I'll Be Gone - 7. Yesterday Is Here - 8. Please Wake Me Up - 9. Franks Theme - 10. More Than Rain - 11. Way Down In The Hole - 12. Straight To The Top (Vegas) - 13. I'll Take New York - 14. Telephone Call From Istambul - 15. Cold Call Ground - 16. Train Song - 17. Innocent When You Dream (78)

Musicians:
Tom Waits, Greg Cohen, Ralph Carney,
Marc Ribot, William Schimmel, Michael Blair, Larry Taylor, Francis Thumm, Morris Tepper, Jay Anderson, David Hidalgo

Produced by Tom Waits


Il titolo riprende un pezzo di Swordfishtrombones ed è a quel disco difatti che questo si riallaccia. "Un Operachi Romantico In wo Acts", recita il sottotitolo: si tratta della colonna sonora di un'opera teatrale scritta da Tom e dalla moglie ed elaborata sul testo del pezzo che gli dà il titolo. L'atmosfera si adatta perfettamente alla bisogna: Tom filtra spesso la voce attraverso un megafono rendendola gracchiante e chioccia e la musica si adegua tornando alla strumentazione improbabile (piano preparato, optigon, fisarmonica, pump organ, Farfisa).
Si sforma in corpo slegato da qualsiasi aderenza alla realtà, si deforma attraverso uno specchio spaziotemporale che collega gli anni Trenta al futuro (
Way Down In The Hole, Telephone Call From Istanbul), s'immagina pantomima da cabaret mitteleuropeo che si supera a sinistra rivedendo la tradizione americana (Blow Wind Blow, Temptation, More Than Rain) si sbraca in coro avvinazzato da notte tarda (la superlativa Innocent When You Dream), in scenario aperto su una Lower East Side portoricana notturna e frenetica (l'oscura rumba Straight To The Top), in siparietto felliniano da Amarcord della Vienna fin-de-siècle (Please Wake Me Up), in musical spastico (I'll Take New York). E' un quadro espressionista lanciato al Duemila, un universo a sè stante racchiuso nella palla di cristallo di una fatucchiera o, se preferite, in una di quelle giocattolo che s'agitano per far scendere delle neve finta: la musichetta del carillon che ne accompagna il volteggio è tutta dentro questo disco - poco importa quindi se pezzi come la triste ballata western Yesterday Is Here e le spingsteeniane Cold Cold Ground e Train Song esulano un po' dal contesto; sono solo tre e neppure mal messe.
Un disco dalla coerenza interna quasi impossibile da replicare (in questo superiore anche a
Swordfishtrombones), dalla magia nostalgica e dal trasporto emotivo letteralmente insostenibili. Struggente e meraviglioso: se dovesse servire, il mio preferito di tuta la produzione di Waits e uno dei top cinque da isola deserta.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Night On Earth
original motion picture soundtrack
(1983) Island 262 370 - cd

1. Back In The Good Old World 2.25 - 2. Los Angeles Mood 3.20 - 3. Los Angeles Theme 4.48 - 4. New York Theme 4.04 - 5. New York Mood 3.18 - 6. Baby I'm Not A Baby Anymore 2.34 - 7. Good Old World 3.27 - 8. Carnival 3.34 - 9. On the Other Side Of The World 5.15 - 10. Good Old World 3.00 - 11. Paris Mood 2.40 - 12. Dragging A Dead Priest 4.00 - 13. Helsinky Mood 4.50 - 14. Carnival Bob's Confession 2.10 - 15. Good Old World 4.00 - 16. On The Other Side Of The World 4.05

Musicians:
Tom Waits, Ralph Carney, Clark Suprynowitz, Joe Gore, Francis Thumm, Mule Patterson, Josef Brinckmann

Produced by Tom Waits
Recorded at Praire Sun Studios
Engineering by Biff Dawes

(...) Night On Earth è una colonna sonora, per tre quarti è strumentale, ma è un disco di Tom Waits a tutto tondo: la musica è la sua, le atmosfere quelle che lui predilige. Composta con l’ausilio della moglie Kathleen Brennan ed arrangiata in coabitazione con Francis Thumm, è un tappeto sonoro che si adatta alla perfezione alle immagini di Jim Jarmusch.
Tom Waits non `e più quello di
Blue Valentine e Jersey Girl, sono anni che non lo è più, è un poeta notturno, un randagio che striscia nei vicoli, un masticatore di note.Night on earth raccoglie quanto il protagonista ha seminato negli anni ‘80: spiccioli di jazz, astrattismi sonori, echi di Bertold Brecht e Kurt Weill, disarmonie armonizzate, voce sempre più cavernova. Eppure, malgrado sia di difficile assorbimento, Night On Earth conserva in pieno il fascino del Waits-sound, tra valzer e temi d’amore, tra brani oscuri e poco musicali e pause jazzate che sfociano spesso nella pura improvvisazione. Tom Waits sa scrivere come pochi, sa creare quelle atmosfere che solo la sua voce sa poi sfruttare appieno, e cava dal suo cilindro tre canzoni strepitose ed una serie di strumentali pieni di pathos.

Paolo Carù
da Buscadero n° 121 gennaio 1992

- Bone Machine

(1992) Island 74321 1 0351 - vinile

1. Earth Died Screaming 3.36 - 2. Dirt In The Ground 4.07 - 3. Such A Scream 2.08 - 4. All Stripped Down 3.03 - 5. Who Are You 3.54 - 6. The Ocean Doesn't Want Me 1.49 - 7. Jesus Gonna Be Here 3.18 - 8. A Little Rain 2.58 - 9. In The Colosseum 4.50 - 10. Goin' Out West 3.20 - 11. Murder In The Red Barn 4.28 - 12. Black Wings 4.35 - 13. Whistle Down The Wind 4.35 - 14. I Don't Wanna Grouw Up 2.31 - 15. Let Me Get Up On It '53 - 16. That Feel 3.13

Musicians:
Tom Waits, Les Clypool, Larry Taylor, Ralph Carney, Joe Gore, David Phillips, Joe Marquez, David Hidalgo, Keith Richard, Waddy Watchel

Produced by Tom Waits
Recorded at Praire Sun Recording, Cotati, CA
Engineering by Billy Dawes

Il ritorno alla musica "vera" avviene a cinque anni di distanza dal disco precedente, con un trend che porterà Tom a incidere, in quindici anni e comprendendo anche i due appena pubblicati, solo sei dischi.
Il rumore d'ossa rotte che apre l'isterica
Earth Died Screaming funge perfettamente da introduzione all'album e così, a seguire, la funerea Dirt In The Ground.
Siamo esattamente a metà tra Swordfishtrombones e Frank Wild Years; da entrambi il disco eredita la coerenza interna anche se non sempre la strumentazione atipica (tra le altre cose però c'è il Chamberlain, una specie progenitore del synth costituito da un registratore a nastro e una tastiera, e il conundrum, uno strumento percussivo autocostruito utilizzando dei ferri vecchi), la cattiveria compositiva e la dimensione teatrale. In più c'è un'attenzione fortissima per gli aspetti ritmici e percussivi e un allargamento della gamma vocale a toni impossibili (Tom non ha mai cantato così furiosamente "bene"): ecco allora, esplici, il funk a sincopi Such A Scream e quello rumorista All Stripped Down (con un falsetto da brividi); ma ecco anche un gospel come Jesus Gonna Be Here e un blues come In The Colosseum che si restringono e si "schematizzano" fino a diventare, anch'essi, delle strepitose mutazioni funk. E il bello è che le percussioni sono suonate proprio da Tom in persona; sentite il lavoro, semplice, essenziale e potentissimo, fatto su Goin' Out West e ditemi se non sarebbe il caso di farglielo fare più spesso.
Detto del caso a sè rappresentato dall'irresistibile filastrocca
I Don't Wanna Grow Up (ricorderete uno dei video più belli che si siamo mai visti), restano, al solito, alcune piccole note "stonate": la ballad Who Are You e A Little Rain, il country & western Black Wings, "l'irlandese" Whistle Down The Wind e la corale That Feel (con Keith Richard alla chitarra e alla voce) che, posizionate come sono nella sequenza, stridono un po', oltre ad essere composizioni non esattamente memorabili. Ma sono comunque dettagli dell'ennesimo disco straordinario che tra l'altro vince un Grammy Award come miglior album di musica alternativa e chiude una decina d'anni di produzione musicale senza paragoni.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- The Black Rider
(1993) Island 74321 16822 - cd

1. Lucky Day (overture) 2.26 - 2. The Black Rider 3.20 - 3. November 2.50 - 4. Just The Right Bullets 3.35 - 5. Black Box Theme 2.45 - 6. I Ain't No Sin 2.35 - 7. Flash Pan Hunter (intro) 1.11 - 8. That's The Way 1.11 - 9. The Briar And The Rose 3.50 - 10. Russian Dance 3.10 - 11. Gospel Train 2.35 - 12. I'll Shoot The Moon 3.50 - 13. Flash Pan Hunter II 3.05 - 14. Crossroads 2.45 - 15. Gospel Train II 4.40 - 16. Interlude '30 - 17. Oily Night 4.25 - 18. Lucky Day II 3.45 - 19. The Last Rose Of Summer 2.10 - 20. Carnival 1.30

Musicians:
Tom Waits, Ralph Carney, Bill Douglass, Kenny Wollesen, Matt Brubeck, Joe Gore, Nick Phelp, Kevin Porter, Greg Cohen, Francis Thumm, William Burroughs, Henning Stoll, Stefan Schafer, Wolker Hemken, Hans Jorn Braudenberg, Linda DeLuca, Gerd Bessler, Christoph Moinian

Produced by Tom Waits
Cover by Robert Wilson

Artista ormai multimediale, Tom Waits si conferma con The Black Rider. Con questo nuovo lavoro musicale, reale commento teatrale all’opera omonima, Waits si avvicina al teatro tedesco, al cabaret mitteloeuropeo che prima della Seconda Guerra Mondiale, impose la Germania grazie all’intellighentia proveniente dagli esuli dei Paesi dell’Est, come faro culturale dell’Europa.
Coadiuvato nella preparazione teatrale da Robert Wilson, già autore della messa in scena di "Einstein on the beach" e considerato uno dei più importanti registi internazionali, e dalla presenza del vecchio William Burroughs, scrittore recentemente visto sullo schermo in "Naked lunch" del 1991 film tratto dal suo libro più noto scritto nel 1959. Un libro di culto per molti fan della beat generation e Tom Waits è fra questi.
William Burroughs interviene nell’opera non solo nell’interpretazione di alcuni brani ma cede alle melodie di Waits alcune liriche di notevole e cupa bellezza.
Gli arrangiamenti musicali sono di Greg Cohen, spalla artistica di Waits da ormai molti anni, mentre i musicisti, forse per meglio adattarsi alla parte, sono tutti di nazionalìtà tedesca molti dei quali provenienti dalla musica classica.
Waits, al solito, invade con la sua personalità tutti i solchi di questa nuova opera che vede una contrapposizione tra i brani strumentali, e quelli più tradizionali, dove il lato romantico del musicista americano eccelle.(...)
Commovente e toccante riconosciamo il Tom Waits amato quando riprende con maestria il tocco della romantic-song e ascoltiamo allora per l’ennesima volta, con immenso piacere
The Briar And The Rose con accompagnamento di viola e clarinetto. Al solito musicalmente ricco di suoni e rumori, generati da strumenti insoliti e da utensili, mentre l’ottima Russian Dance è ritmicamente accompagnata da viola, archi e stivali. Grande musica per un album coraggioso, per niente commerciale ma che segue una strada artistica bene avviata che lo pone tra i più importanti compositori ed interpreti di questo decennio. (...)
Waits si conferma autore interessante e la presenza di Burroughs, rende l’atmosfera di questo album ancora più sinistra.
Esluso l’rccrssivo sperimentalismo di alcuni brani, tutto il lavoro ruota a perfezione attorno a Tom Waits e la sua voce, sempre cupa e a volte simile al lamento di un lupo o di un animale braccato, rende ancora più freddo il panorama invernale che osserviamo dalla finestra. Ancora un buon disco per il vecchio Tom.
Guido Giazzi da Buscadero n° 142 dicembre 1993

- Mule Variations
(1999) Epitaph 6547 - cd

1. Big In Japan - 2. Lowside Of The Road - 3. Hold On - 4. Get Behind The Mule - 5. House Where Nobody Lives - 6. Cold Water - 7. Pony - 8. What's He Bulding? - 9. Black Market Baby - 10. Eyeball Kid - 11. Picture In A Frame - 12. Chocolate Jesus - 13. Georgia Lee - 14. Filipino Box Spring Hog - 15. Take It With Me - 16. Come On Up To The House

Musicians:
Tom Waits, Les Claypold, Larry Lalont, Ralph Carney, Smokey Hormel, Chris Grady, Jacquire King, Stephen Hodge, Larry Tylor,
Marc Ribot, Joe Gore, Charlie Musselwhite, Christopher Marvin, John Hammond, Jeff Sloan, Andrew Borger, Greg Cohen, Larry Rhodes, Nik Phelps, Dalton Dillington, Linda Delucia-Ghidossi

Produced by Tom Waits and Katheleen Brennan
Recorded at Praire Sun Recording Studios, Hollywood
Engineering by Oz Fritz and Jacquire King
Cover photo by Matt Mahurin

Se non consideriamo la sua presenza (documentaristicamente e qualitativamente ovviabile) in Jesus' Blood Never Failed Me Yet del compositore Gavin Bryars, passano sei anni prima di tornare a riascoltare un suo disco.
Mule Variations è il suo album più lungo e più fortunato dal punto di vista commerciale, esce per l'indie Epitaph e sconvolge classifiche di vendita (anche in Italia) e Grammy Award. Il disco a cui si ricollega più direttamente è senz'altro Rain Dogs; e comunque mai, nella sua storia, è stato così vicino alla musica americana più classica. Molto fortunato anche dal punto di vista dell'accoglienza critica, Mule Variations, a conti fatti e riascoltato in sequenza con gli altri, appare però una piccola delusione; è un disco molto normalizzato nel suono, medio-mediocre nell'utilizzo della voce, ora completamente adattata sulle coordinate dell'accettabilità roco-midwest, e di basso profilo nella scrittura, in linea di massima scadente rispetto ai suoi standard. Ovviamente "scadente" per Waits significa oltre la media di quel che s'ascolta in giro nel settore e quindi pezzi come Big In Japan, What's He Building?, Filipino Box Spring Hog, Take It With Me e Lowside Of The Road, reggono ancora molto bene l'ascolto. Ma non è questo il Waits che abbiamo nel cuore.
Stefano I. Bianchi da Blow Up n° 48 maggio 2002

- Alice

(2002) Anti 3332 - cd

1. Alice - 2. Everything You Can Think - 3. Flower's Grave - 4. No One Knows I'm Gone - 5. Kommienezuspadt - 6. Poor Edward - 7. Table Top Joe - 8. Lost In The Harbour - 9. We're All Mad Here - 10. Watch Her Disappear - 11. Reeperbahm - 12. I'm Still Here - 13. Fish And Bird - 14. Bancarolle - 15. Fawn

Musicians:
Tom Waits, Eric Perney, Colin Stetson, Gino Robair, Myles Boisen, Ara Anderson, Larry Taylor, Matt Brubeck, Bent Clausen, Bebe Risenfors, Nik Phelps, Joe Gore, Carla Kihlsted, Dawn Harms, Andrew Borger, Tim Allen,
Stewart Copeland

Produced by Tom Waits and Katheleen Brennan
Recorded at In The Pocket Studio, Forestville, California
Engineering by Oz Fritz and Jeff Sloan
Cover photos by Matt Mahurin

- Bloody Money
(2002) Anti 6629 - cd

1. Misery Is The River Of The World - 2. Everything Goes To Hell - 3. Coney Island Baby - 4. All The World Is Green - 5. God's Away On Business - 6. Another Man's Vine - 7. Knife Chase - 8. Lullaby - 9. Starving In The Belly Of A Whale - 10. The Part You Throw Away - 11. Woe - 12. Calliope - 13. A Good Man Is Hard To Find

Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor, Bebe Risenfors, Gino Robair, Mule Patterson, Matthew Sperry, Colin Stetson, Don Plonsey, Matt Brubeck, Ara Anderson, Bent Clausen,
Stewart Copeland, Joe Gore, Nick Phelp, Charlie Musselwhite, Casey Waits, Dawn Harms

Produced by Tom Waits and Katheleen Brennan
Recorded at In The Pocket Studio, Forestville, California
Engineering by Oz Fritz
Cover photo by Jesse Dylan

Due dischi separati, una sola necessità: quella di rappresentare un mondo squinternato, fatto di tristezza e follia, ma anche di sogno e utopia.
Tom aits affida ancora una volta le sue canzoni alla magia della ballata e, se in
Alice si permette, quasi per abitudine, qualche sconfinamento nel pirotecnico carozzone del circo, in Blood Money rimane splendidamente fedele a una narrazione malinconica, incupita da quella voce straordinaria a metà strada tra un colpo di tosse e una carezza. I due cd sono separati e non uniti in un'unica confesione solo perchè legati a genesi spazio-temporali differenti, una dovuta alla messa in opera dell'omonimo racconto di Lewis Carroll, e l'altra al Woyzrck di Georg Buchner.
Entrambi i lavori nascono da una collaborazione teatrale di Waits con Robert Wilson, commediografo d'avanguardia con quale Ton ha già scritto il commento musicale della piece
The Black Rider, da cui è nato il disco omonimo del '93. Lo spettacolo di Alice è rappresentato nel '92, ma solo ora esce la cononna sonora, naturalmente riaggiustata all'originale. "Alice" dice il suo autore, "è un disco per adulti che parla di bambini, un susseguirsi di deliri febbrili che si alternano a toni epici espresso con torch songs e valzer; un'odissea che si dipana con una logica oririca e nonsense". Il lavoro apre con il pezzo omonimo che Waits dedica alla moglie Kathleen Brennan, preziosa collaboratrice di tutte le sue composizioni. "Ma devo essere pazzo per andare a pattinare sul suo nome", dice la canzone, "nel tracciato per due volte e cadere attraverso il ghiaccio di Alice"; "Kathleen", continua Waits, "è la mia Alice; da oltre vent'anni mia moglie ha un ruolo importante nella costruzione delle canzoni che scrivo e sono affascinato dal suo metodo di lavoro. Si immerge nella lettura simultanea di più giornali e racconti e si perde in un susseguirsi di stimoli continui; poi, quando alza la testa, ha già in mente la storia che deve raccontare".
I pezzi che suogono mantengono la costruzione visionaria dell'inizio,
Everything You Can Thing è un'ode d'amore, dolce e disperata come il rumore del treno che parte in apertura e chiusura del pezzo; Watch 'Em Disappear è costruita con flesh. immagini veloci di ricordi che si intersecano con un presente confuso e perso; Lost In The Harbour, uno dei pezzi più belli, è la negazione del desiderio da parte della realtà, l'impossibilità di versare lacrime per lasciare spazio unicamente allo strazio interiore.
Alice è un lavoro delicato e sensibile costruito musicalmente in modo da interiorizzare il più possibile il pathos delle storie raccontate. La follia visionaria di Waits prende il sopravvento su qualsiasi altra forma espressiva e raggiunge punte di intenso lirismo che rimarrà nella storia della sua produzione.
Se
Alice è un gran bel disco, Bloody Money lo è forse ancora di più; le canzoni di questo cd sono particolarmente ispirate e si affidano a melodie romantiche per parlare di brutalità e tenerezza, sentimenti contrastanti che nei rapporti umani spesso si intersecano fino a creare complicate conflittualità esistenziali. "La vita è un errore continuo...e non ne uscirò vivo", dice Waits in Starving In The Belly Of A Whale come se il destino dell'uomo fosse tracciato da una mano scura e non lasciasse spazio ad alcuna forma di riscatto. Bloody Money trae spunto da un dramma dell'Ottocento tedesco e ha una forte caratterizzazione socio-politica. Il soggetto delle canzoni è quasi sempre l'uomo sfruttato e depredato della sua libertà, troppo schiacciato dalle catene del potere per potersi svincolare e ritrovare un'umanità. Il cd è musicalmente omogeneo, concepito, come si diceva, intorno alla ballata malinconica, sostenuto da interventi strumentali soffici ed efficaci, con i fieati in primo piano a gonfiare il cuore di mestizia. Il resto lo fa, esattamente come in Alice, la voce straordinariamente aspra e spigolosa di Waits, presente in tutte le tracce tranne che in Calliope,, strumentale di grande spessore.
Roberto Caselli da Jam n° 82 maggio 2002

- Real Gone
(2004) Anti 6678 - cd

1. Top Of The Hill - 2. Hoist That Rag - 3. Sins Of The Father - 4. Shake It - 5. Don't Go Into The Barn - 6. How's It Gonna End - 7. Metropolitan Glide - 8. Dead And Lovely - 9. Circus - 10. Trampled Rose - 11. Green Grass - 12. Baby Gonna Leave Me - 13. Clang Boom Steam - 14. Make It Rain - 15. Day After Tomorrow

Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor,
Marc Ribot, Brain, Casey Waits, Les Claypool, Harry Cody, Mark Howard

Produced by Tom Waits and Kathleen Brennan
Engineering by Mark Howard
Photos by Dylan Barlow

Real Gone è una sfida.
Un disco infarcito di blues, ma non nella maniera tradizionale.
Waits rifiuta le ovvietà e si getta in un toubilon di suoni e rumori, dove la melodia ha sempre meno spazio e la ricerca si fa sempre più avventurosa. Una scelta radicale, fatta però in funzione delle canzoni che il nostro interpreta.
Real Gone è un disco influenzato dal blues (Make It Rain su tutte), ma non è un disco di blues.
E' un lavoro intenso in cui confluiscono elementi attuali come tracce di hip hop, groove jamaicani, ritmi e melodie di derivazione africana e latina. Waits chiama questo melting pot cubist funk e questo disco allontanerà ulteriormente i suoi fans ancora legati al romantico ballader degli anni settanta.
Quel Tom Waits è scomparso ed in
Real Gone non ve ne è traccia. Ne ve ne sarà in futuro.
Real Gone richiede passione e pazienza, va distillato nota dopo nota, bisogna dargli tempo, ma poi matura, cresce e anche i rumori diventano suoni, si modificano, diventano forme sonore con una logica, legate le une alle altre. Se l'iniziale Top Of The Hill è un pugno allo stomaco, al primo ascolto, poi diventa imprescindibile.
Fa lo stesso effetto di un brano di Ornette Coleman, ti assale con i suoi vibranti e disarmonici, ma poi ti coinvolge.
Un disco certamente non facile, che richiede prolungati ascolti ma che rivela poi canzoni di grande fascino: canzoni come
Hoist That Rag,
Sins Of The Father, Dead And Lovely, Trampled Rose, e le già citate Day After Tomorrow e Make It Rain.
Il beat latino di
Hoist That Rag è tra le cose più affascinanti sentite ultimamente (fa il paio con Kitate, l'ardita e umoristica collaborazione del nostro con i Los Lobos), ma ha più grinta e forza interiore.
E se
Day After Tomorrow rimane una delle canzoni più intense e commoventi di quest'anno, da sentire e risentire per lungo, lungo tempo, che dire della notturna Dead And Lovely, che lascia di stucco per la bellezza.
Waits non concede nulla ma è in grado di fare sempre e di continuo grande musica, checchè se ne dica. Detrattori e nostalgici sono banditi, Waits va dritto per la sua strada. Amatelo o lasciatelo.
Settanta minuti di musica, settanta minuti di emozioni, per un disco che dura a lungo, molto a lungo e che, se all'inizio richiede attenzione, poi si fa fatica levarlo dal lettore. (...)
Paolo Carù da Buscadero n° 261 ottobre 2004

- Orphans (Brawlers, Bawlers and Bastards)
(2006) Anti lc 02576 - cd

Brawlers: 1. Lie To Me - 2. Low Down - 3. 2:19 - 4. Fish In The Jailhouse - 5. Bottom Of The World - 6. Lucinda - 7. Ain't Goin' Down To The Well - 8. Lord I've Been Changed - 9. Puttin' On The Dog - 10. Road To Peace - 11. All The Time - 12. The Return Of Jackie And Judy - 13. Walk Away - 14. Sea Of Love - 15. Buzz Fledderjohn - 16. Rains On Me

Bawlers: 1. Bend Down The Branches - 2. You Can Never Hold Back Spring - 3. Long Way Home - 4. Widow's Grove - 5. Little Drop Of Poison - 6. Shiny Things - 7. World Keeps Turning - 8. Tell It To Me - 9. Never Let Go - 10. Fannin Street - 11. Little Man - 12. It's Over - 13. If I Have To Go - 14. Goodnight Irene - 15. The Fall Of Troy - 16. Take Care Of All My Children - 17. Down There By The Train - 18. Danny Says - 19. Jayne's Blue Wish - 20. Young At Heart

Bastards: 1. What Keeps Mankind Alive - 2. Children's Story - 3. Heigh Ho - 4. Army Ants - 5. Books Of Moses - 6. Bone Chain - 7. Two Sisters - 8. First Kiss - 9. Dog Door - 10. Redrum - 11. Nirvana - 12. Home I'll Never Be - 13. Poor Little Lamb - 14. Altar Boy - 15. The Pontiac - 16. Spidey's Wild Ride - 17. King Kong - 18. On The Road

Musicians:
Tom Waits, Larry Taylor,
Marc Ribot, Brain, Anger Amar, Bobby Baloo, Seth Ford-Young, Joe Gore, Charlie Musselwhite, Casey Waits, Dave Alvin, Andrew Borger, Ralph Carney, Les Claypool, Steve Foreman, Brett Gurewitz, Ron Hacker, John Hammond, Spephen Hodges, Larry Lalonde, Gino Robair, Jeff Sloan, Bobby Black, Carla Kihlstedt, Nic Phelps, Ray Armando, Matt Bribeck, Dan Cantrell, Bent Clausen, Jimmy Cleveland, Harry Cody, Greg Cohen, Chris Grady, Billy Higgins, Art Hillery, Trevor Horn, Adam Lane, Eric Perney, Dan Plonsey, Steve Prutsman, Bebe Risenfors, Mike Silverman, Nolan Smith, Matthew Sperry, Francis Thumm, Leroy Vinnegar, Sullivan Waits, Tom Yoder, Ara Anderson, Michael Blair, Crispin Cioe, Bent Clausen, Eddie Davis, Darrell Devore, Mitchell Froom, Bob Funk, Arno Hecht, Bart Hopkins, Guy Klesevik, Gary Knowlton, Mike Knowlton,  Paul "Hollywood" Litteral, Tom Nunn, Colin Stetson, Richard Waters

Produced by Tom Waits and Kathleen Brennan