Joni Mitchell
album
in pagina:
- Song
To A Seagul
-
Clouds
-
Blue
-
Ladies Of The Canyon
-
For The Roses
- Miles Of Aisle
- Taming The Tiger
-
Night Ride Home
- Don
Juan's Reckless Daughter
- Mingus
- Dog
Eat Dog
- Wild
Things Run Fast
- Hejira
- Shadows
And Light
-
The Hissing Of A Summer Lawns
- Court
And Spark
- Chalk
Mark In A Rain Storm
-
Both Sides Now
-
Turbulent Indigo
collabora in:
- Blue
River
(Eric Andersen)
- The Last Waltz
(The Band)
- If I
Could Only Remember My Name
(David Crosby)
- Wild
Tales
(Graham Nash)
- Mud Slide Slim
(James Taylor)
Joni Mitchell (Roberta Joan Anderson) è la
massima cantautrice della musica rock. Inizio a suonare la chitarra (o
meglio l'ukelele)in Canada durante i suoi studi al college, nel
perioso in cui sposò il cantante che le diede il nuovo cognome e che
la portò negli USA.
Educata alla composizione dai bluesmen di Chicago, approffittò del
divorzio per trasferirsi al Grennwich Village, dove colse i primi
successi. Diversi artisti folk, fra cui Collins e Rush, usarono sue
composizioni nei loro dischi, contribuendo a costruirle una
reputazione.
Giunta in California (25enne) nel 1968, familiarizzò con i componenti
del supergruppo Crosby, Stills, Nash & Young, entrò a far parte
della loro cerchia e, pur conservando la propria personalità
artistica, si fece sovente aiutare dai valenti protettori. Ebbe una
relazione con Nash, la prima di una serie di avventure sentimentali
con divi del rock. Crosby le insegnò a suonare la chitarra con le
caratteristiche accordature ipercromatiche. Stills le fornì
l'accompagnamento strumentale per le sue incisioni.
La sua personalità è una delle più affascinanti del nuovo rock: è
una ragazza libera e intelligente, inserita in un particolare ambiente
musicale. La sua sensibilità è diretta da un lato alla sua
situazione, alla sua vita privata, costellata di ansie e felicità,
dall'altro al mondo delle star, del quale conosce a menadito i più
indiscreti segreti. La musica risulta così una sorta di cronaca
psicologica intima e pubblica, confessione sia della sua condizione
d'insicurezza sia del malessere dei divi in generale. Di sè rivela la
ragnatela di paure, il senso di impotenza di fronte alla società e di
fronte a se stessa, alla sua stessa scelta di indipendenza sociale.
Svela la dorata prigionia delle stars, il retroscena esistenziale
dello spettacolo. Non denuncia, confessa.
Se Grace Slick è la ragazza dell'utopia, dei sogni, delle illusioni,
Joni Mitchell è la ragazza reale, quotidianamente impegnata a
sopravvivere come individuo e artista, una ragazza la cui vita è
fatta di abitudini. Ed è una ragazza piena di contraddizioni, prima
fra tutte quel rapporto di odio e amore nei confronti della California
e dell'America tutta, disprezzata e agognata allo stesso tempo. La
morale, malinconica, riflette la contraddizione insita nella
contestazione stessa, in un modo di vivere giovanile che godeva la
propria civiltà e voleva contemporaneamente distruggerla, senza
averne la forza nè fisica nè morale. Joni Mitchell è il frutto di
queste tensioni generazionali.
Nei testi la donna riesplora maniacalmente le proprie inquietudini,
affonda il coltello nella piaga godendo del dolore e dell'atrocità
mentale che si autoinfligge. Le sue accese brame sentimentali hanno
sempre un che di cerebrale, tale da sinuarle in un limbo di
commiserazione universale, attaccate morbosamente a un senso cosmico
della solitudine e dell'estasi.
Oltre che a far parte di una "intellighenzia" rock, la
Mitchell è nota anche per la raffinatezza e l'atteggiamento
signorile, in vistoso contrasto con i personaggi rock degli anni
Settanta. L'intelligenza spiccata ne ha fatto col tempo una musicista
colta, capace di uscire dalle anguste stanze del folk per spaziare di
là dal jazz d'avanguardia.
La prima Joni Mitchell è una cantante country che aggiorna lo
stereotipo sia nella strumentazione (chitarra e piano) sia nei
contenuti. La sua è una poetica di frammenti, di particolari, di
piccoli fatti quotidiani, che lo svolgimento lineare delle sue storie,
ora fiabe moderne, con la tendenza a mitologizzare, ora acquarelli
impressionisti, rendono immediate e naturali.
Le sue canzoni hanno un tono discorsivo, piano e comune, si
scolpiscono nella mente per il fascino di una melodia rappresa attorno
a un'immagine. La voce, cristallina, educata a un cantato da soprano,
con la dizione limpida, le inflessioni agili, ha un modo quasi
accademico, straniante, di porgere i versi. (...)
Piero Scaruffi da:
Storia del Rock (dal Glam al Punk 1974-1980)
1990 ed. Arcana
|
- Song To A Seagul
(1969) Reprise rep 44051 - vinile
1. I Had A King 4.36
- 2. Michael From Mountains 3.46
- 3. Night In The City 2.33
- 4. Marcie 4.32
- 5. Nathan La Franeer 3.35
- 6. Sisotownbell Lane 5.07
- 7. The Dawntreater 5.05
- 8. The Pirate Of Penance 2.51
- 9. Song To A Seagul 3.46
- 10. Cactus Tree 4.51
Musicians:
Joni Mitchell, Stephen Stills, Lee Keefer
Produced by David Crosby
Engineering by Art Cryst
Cover by Joni Mitchell
- Clouds
(1969) Reprise 7599 27446 - cd
1. Tin Angel -
2. Chelsea Morning -
3. I Don't Know Where I Stand -
4. That Song About The Midway -
5. Roses Blue -
6. The Gallery -
7. I Think I Understand -
8. Song To Aging Children Come -
9. The Fiddle And The Drum -
10. Both Sides, Now
Joni Mitchell solo
Produced by Joni Mitchell
Cover by Joni Mitchell
- Blue
(1971) Warner Bros. 7599-27199 - cd
1. All I Want 3.32 - 2. My Old Man 3.33 - 3. Little Green 3.25 - 4. Carey 3.00 - 5. Blue 3.00 - 6. California 3.49 - 7. This Flight Tonight 2.50 - 8. River 4.00 - 9. A Case Of You 4.20 - 10. The Last Time I Saw Richard
4.13
Musicians:
Joni Mitchell, Stephen Stills, James Taylor, Sneeky Pete,
Russ Kunkel
Produced by Joni Mitchell
Recorded at A&M Studios, Los Angeles, California
Engineering by Henry Levy
Joni Mitchell è senza alcun dubbio una delle più
originali cantanti americane del momento. Qui non ci sono
messaggi tra le parole, nessun riferimento al folk
tradizionale, nessun boyscoutismo fuori posto. Joni
Mitchell canta le proprie esperienze, essenzialmente
amorose (ed è questo che innervosisce chi è refrattario
a questo tipo di linguaggio).
Poi ci sono i suoi amanti. Tutti sanno di Crosby, Stills
e Nash, passando per James Taylor e arrivando a David
Blue al quale il disco è dedicato: tutte personalità al
di sopra della media, tutti mostri sacri sulla cui vita
privata molti credono, a torto o a ragione, di poter dare
dei giudizi (più o meno positivi).
Ma con la sua sensibilità e il suo talento
(eccezionali), Joni Mitchell passa sopra ognuno di loro. Blue
è una specie di giornale, di diario meravigliosamente
scritto e interpretato da una voce che potrebbe essere
d'opera ma che non perde mai la sua naturalezza pop e il
suo swing. Joni Mitchell canta l'amore in tutti i suoi
dettagli senza accantonare la sincerità di ogni
esperienza. E' lei la vera protagonista di ogni momento
vissuto.
Philippe
Rault da
Best, Settembre 1971
- Ladies Of The Canyon
(1970) Reprise w 44085 - vinile
1. Morning morgantown -
2. For Free -
3. Conversation -
4. Ladies Of The Canyon -
5. Willy -
6. The Arrangement -
7. Rainy Night Hous -
8. The Priest -
9. Blue Boy -
10. Big Yellow Taxi -
11. Woodstock -
12. The Circle Game
Musicians:
Joni Mitchell, Teresa Adams, Milt Hollund, Paul Horn, Jim Horn
Produced by Joni Mitchell
Recorded at A&M Studios, Hollywood, Ca
Engineering by Henry Lewy
Cover by Joni Mitchell
- For The Roses
(1972) Asylum w 53007 - vinile
1. Banquet -
2. Cold Blue Steel And Sweet Fire -
3. Barangrill -
4. Lesson In Survival -
5. et The Wind Carry -
6. For The Roses -
7. See You Sometime -
8. Electricity -
9. You Turn Me On I'm A Radio -
10. Blonde In The Bleachers -
11. Woman Of Heart And Mind -
12. Judgement Of The Moon And Stars (Ludwig's
Tune)
Musicians:
Joni Mitchell, Stephen Stills, Tom Scott, Wilton Felder, Russ Kunkel,
Bobbye Hall, Bobby Notkoff, Graham Nash, James Burton
Produced by Joni Mitchell
Recorded at A&M Studios, Hollywood, Ca
Engineering by Henry Lewy
Cover photo by Joel Bernstein
For The Roses (1972) chiude la trilogia dei capolavori folk. E'
un album decisamente al femminile che esplora la problematica amorosa
dal punto di vista della donna.
Se musicalmente è anche più astratto del precedente, in pratica è
più accessibile. Le contorsioni vocali si accostano in modo più
naturale e dell'autocommiserazione delle litanie di Blue, a
favore di un romanticismo più spontaneo. L'arrangiamento,
oculatissimo, per la prima volta contempla fiati, archi, chitarra
elettrica, batteria e basso, seppur dosati con discrezione. Una chiara
indicazione che Joni Mitchell sta mutando direzione, privilegiando la
musica rispetto ai testi.
La lingua pianistica di Blue si ascolta ancora in Banquet
e in Judgement Of The Moon And Stars, ai due capi del disco, ma
in Blonde In The Bleachers se ne può osservare la
trasformazione in un nuovo suono, più corposo e ritmato. Cold Blue
Steel And Sweet Fire affascina per i vocalizzi quasi hawaiani e
per l'arrangiamento sofisticato, Electricity è la sua versione
del kitsch sentimentale, Let The Wind Carry Me è un rhythm and
blues soffuso ed evocativo. L'orecchiabile You Turn Me On è il
manifesto personale di Woman Of Heart And Mind, oltre a dare un
vivido ritratto dell'autrice, hanno la tipica impostazione
californiana, sia nei vocalizzi sia nel fraseggio chitarristico.
All'interno della trilogia, Ladies Of The Canyon è il più
folk, Blue il più sperimentale, For The Roses la
sintesi di un folk progressivo ed intelettuale.
Piero Scaruffi
da Storia del Rock (dal Glam al Punk 1974-1980) - 1990 ed. Arcana
- Miles Of Aisle
(1974) Asylum w 63001 - vinile
1. You Turn Me On I'm Radio -
2. Big Yellow Taxi -
3. Rainy Night House -
4. Woodstock -
5. Cactus Tree -
6. Cold Blue Steel And Sweet Fire -
7. Woman Of Heart And Mind -
8. A Case Of You -
9. Blue -
10. Circle Game -
11. People's Party -
12. All I Want -
13. Real Good For Free -
14. Both Sides Now -
15. Carey -
16. The Last I Saw Richard -
17. Jericho -
18. Love Or Money
Musicians:
Joni Mitchell, Tom Scott, Max Bennett, John Guerin, Robben Ford, Larry
Nash
Produced by Joni Mitchell
Recorded at the Universal Amphitheatre, August 14 through August
17,1974, L.A. Music Center on March 4 1974 and Berkley Community
Center on March 2, 1974
Cover by Joni Mitchell
- Taming The Tiger
(1998) Reprise 9362-46451 - cd
1. Harlem In Havana 4.25 - 2. Man From Mars 4.09 - 3. Love Puts On A New Face 3.46 - 4. ead Balloon 3.38 - 5. No Apologies 4.17 - 6. Taming The Tiger 4.18 - 7. The Crazy Cries Of Love 3.54 - 8. Stay In Touch 2.59 - 9. Face Lift 4.41 - 10. My Best To You 2.52 - 11. Tiger Bones 4.22
Musicians:
Joni Mitchell, Brian Blade,
Wayne Shorter, Greg Leisz,
Larry Klein, Michael Landau
Produced by Joni Mitchell
Cover by Joni Mitchell
Al di là
delle mode, al di là delle correnti attendiamo sempre
con ansia un nuovo lavoro della signora Mitchell.
Ora la voce non ha più gli acuti dell'età giovanile e
il modo di cantare della signora canadese ha i toni
morbidi di un'età non più giovanile e il ricordo di
problemi fisici appena superati. Al di là di tutto
questo la bionda Joni è ancora in grado di regalare
emozioni ai suoi sostenitori. Taming The
Tiger esce dopo un silenzio durato
quattro anni è infatti di quattro anni fa il vangoghiano
Turbulent Indigo anche
se due anni fa erano uscite le due raccolte Joni
Mitchell Hits e Joni
Mitchell Misses.
Nonostante il lungo silenzio, dovuto a problemi fisici,
ci hanno pensato altri artisti a farla ricordare: Janet
Jackson ha ripreso e campionato Big
Yellow Taxi in Got 'Till
It's Gone scalando le classifiche
americane mentre il nuovo astro del jazz americano Jashua
Redman inserirà presto nel suo nuovo album Timeless
Tales il brano I Had A
King composto dalla Mitchell e presente
nel suo nuovo album.
E l'affinità con il mondo jazzistico continua anche in
questo album con la presenza del grande sax di Wayne
Shorter in Stay In Touch,
una dolce ballata cantata o quasi sospirata dalla grande
interprete canadese.
Non tutti i brani che compongono questo nuovo lavoro
portano la firma dell'artista, il singolo prescelto The
Crazy Cries Of Love - un brano per
niente facile e per niente "radiofonico" - è
stato scritto insieme al suo compagno Don Freed e
descrive il magico effetto dell'amore sugli umani.
La cover presente in questo album è una bellissima
versione di My Best To You composta
nel 1942 da Gene Willasden e Isham Jones e interpretata
dai Sons Of The Pioneers. Pur non conoscendo l'originale
si percepisce il lavoro di destrutturazione che l'artista
ha imposto al brano: tra le perle dell'album, per la
ricchezza compositiva e per l'alta interpretazione. Ma
l'album presenta molti aspetti interessanti: prima di
tutto gli arrangiamenti molto curati e
"difficili" che necessitano di diversi ascolti
prima di essere compresi e "catturati", poi lo
stile canoro della Mitchell. Ed anche nel suo nuovo
lavoro si capisce come questa signora sia stata e sia un
faro guida per moltissime cantanti. Infine i testi,
alcuni già pubblicati nel volume che la Giunti con
perfetta scelta di tempo, fa uscire nelle librerie in
contemporanea al nuovo album. Testi sempre diretti,
spesso autobiografici, scritti, come abbiamo citato più
volte, "con il proprio sangue" sulle
vicissitudini che accadono nella vita.
E Taming The Tiger,
oltre ad essere un bellissimo brano rivela l'amaro
commento dell'artista di fronte ai nuovi fenomeni
musicali. Di Taming The Tiger
(Domare la Tigre) esiste anche una versione
"nascosta" intitolata ironicamente Tiger
Bones (Le Ossa della Tigre) dove la
canzone è ripetuta solo con la presenza della chitarra e
di un arrangiamento minore. Il testo di Taming
The Tiger rimanda alla difficoltà di
convivere con il successo, la Tigre appunto, che appena
ti distrai può divorarti.
Tra i brani migliori l'iniziale Harlem
In Havana ricca di suoni e rumori, Man
From Mars dedicato al gatto domestico,
l'autobiografica Face Lift
e la già citata Taming The Tiger nelle
due versioni prima descritte senza dimenticare la
splendida Stay In Touch.
Guido
Giazzi
da Buscadero n° 195 ottobre 1998
- Don Juan's Reckless Daughter
(1977) Asylum w 63003 - vinile
1. Overture-Cotton Avenue 6.35 - 2. Talk To Me 3.40 - 3. Jericho 3.25 - 4. Paprika Plains 16.19 - 5. Otis And Marlena 4.05 - 6. The Tenth World 6.45 - 7. Dreamland 4.37 - 8. Don Juan's Reckless
Daughter 6.40
- 9. Off
Night Backstreet 3.22 - 10. The Silky Veils Of Ardor 4.02
Musicians:
Joni Mitchell, Jaco Pastorius, John Guerin, Don Alias,
Wayne Shorter, Larry Carlton, Michael Colombier, Manolo
Badrena, Alex Acuna
Produced by Joni Mitchell
Recorded at A&M Studios, Los Angeles, California
Engineering by Henry Levy and Stan Katz
- Night Ride Home
(1991) Geffen 9 24 302 - cd
1. Night Ride Home 3.21 - 2. Passion Play 5.25 - 3. Cherokee Louise 4.32 - 4. The Windfall 5.15 - 5. Slouchinh Towards Bethlehem 6.54 - 6. Come In From The Cold 7.31 - 7. Nothing Can Be Done 4.53 - 8. The Only Joy In Town 5.11 - 9. Ray's Dad's Cadillac 4.33 - 10. Two Grey Rooms 3.57
Musicians:
Joni Mitchell, Larry Kleine, Bill Dillon, Alex Acuna,
Wayne Shorter, Vinnie Colaiuta Michael Landau
Produced by Joni Mitchell and Larry Kleine
Recorded at The Kiva, A&M Studios and One One One
Studios
Engineering by Dan Marnien
(...) I toni sono al solito soffusi e freddi, non vi sono
più gli orientamenti jazz caratteristici di un periodo
artistico molto preciso della cantante e non si trovano
nemmeno tracce di musica etnica che aveva fatto capolino
nei suoi precedenti lavori.
Joni Mitchell ritorna così al cantautorato raffinato che
lha resa celebre in tutto il mondo affidando alle
giovani leve lo sforzo di continuare il cammino da lei
intrappreso.
Le musiche sono delicate, la voce di Joni Mitchell resa
più calda e meno cristallina dalletà, dipinge con
intensità i paesaggi del suo animo: colori freddi, tra
lazzurro e largento, che solo con il tempo
emanano il calore emotivo.Calore suscitato anche dai
musicisti che laccompagnano come il coniuge Larry
Kleine, ora bassista di lusso, Bill Dillon alla chitarra
e Alex Acuna alle percussioni. La presenza di Wayne
Shorter al sax in due brani, rende più sofisticato il
tessuto delle canzoni.
(...) Questalbum piace senzaltro ai fans
della cantante, al solito gli arrangiamenti scarni, se si
esclude il brano Two Grey Rooms
con archi in sottofondo, lasciano grande spazio alla
vocalità, che grazie ai divertimenti in sala di
registrazione viene duplicata e triplicata nei
controcanti. Il rischio di queste composizioni sono le
esili strutture che in alcuni casi come in Nothing can be
done possono apparire troppo leziose.
(...) Si consiglia numerosi ascolti per entrare
lentamente nel sofisticato gioco sonoro della cantante,
capace in questi anni di ricevere un proprio stile
allormai esausto cantautorato.
Guido
Giazzi da
Buscadero n° 111 febbraio 1991
- Mingus
(1979) Asylum as 53 091 - vinile
1. Happy Birthday 1975 (rap) - 2. God Must Be A Boogie Man - 3. Funeral (rap) - 4. A Chair In The Sky - 5. The Wolf That Lives In
Lindsay -
6. I's A
Muggin (rap)
- 7. Sweet
Sucker Dance -
8. Coin In
The Pocket (rap) - 9. The Dry Cleaner From The
Moines -
10. Goodby
Pork Pie Hat
Musicians:
Joni Mitchell,
Jaco
Pastorius,
Wayne Shorter,
Herbie
Hancock, Peter Eskine, Don Alias, Emil Richards Wolves,
Pat Metheny
Produced by Joni Mitchell
Recorded at A&M Studios, Hollywood, California
Engineering by Henry Lewy and Steve Katz
Cover Painting by Joni Mitchell
Un mio
amico - che ha sempre seguito piuttosto da lontano i
passi di quest'artista dalle inesauribili risorse - una
volta avuto tra le mani l'album che mostra il connubio
abbastanza insolito tra una ex-"lady of the
canyon" e un be-boper scomparso di recente, mi ha
chiesto scetticamente: Ma come è questo disco?" Io
lo guardo fisso sul dipinto di copertina - ho preso a
dire sottovoce: "Vedi per me...", bloccandomi
immediatamente e alzando gli occhi per incontrare
l'espressione di divertito compatimento assunta
dall'amico. E' da quando ci conosciamo che mi rivolge la
stessa domanda ad ogni nuovo 'Lp di Joni, e
sintomatuicamente si ripete sempre la medesima scena.
Eppure ogni novità della bionda canadese è per me una
dolce sorpresa, anche se qui entra in ballo la questione
affettiva: il primo amore lascia sempre una traccia un
po' più profonda che nemmeno gli anni e nuove conoscenze
possono cancellare.
Effettivamente un connubio del genere è più che strano:
per me è qualcosa di stuzzicante, di pruriginoso. E gli
effetti sono esplosivi.
La Mitchell ha fatto registrare un'escalation graduale e
costante - avvertibile in ogni momento - e mentre molti
illustri colleghi che si erano nutriti dei suoi stessi
sogni sono morti di consumazione per non aver avuto quel
lampo geniale ed innovatore, Joni pare aver trovato la
panacea.
Partendo dalle prime avvisaglie jazzistiche di Court
And Sparks, è passata attraverso vari
stadi: l'agile fusione jazz-rock di Miles
Of Aisle - l'effettivo "turning
point" di questa magnifica eschimese -
l'intelettuale e sofisticato The Hissing
Of A Summer Laws, l'irragiungibile
"volo" di Hejira
- capolavoro di profonda penetrazione e di candore quasi
verginale - il controverso Don Juan's
Reckless Daughter, rivelazione di amori
esclusivi e non del tutto focalizzati, per arrivare
finalmente a questo Mingus,
che non so fino a che punto sia lecito definire
"disco di jazz". Il perchè ce lo spiega lei
stessa nelle note d'apertura: "Questo era un
progetto difficile ma stimolante. Cercavo di piacere a
Charlie e nel contempo di rimanere coerente con me
stessa. Inseguivo qualcosa di personale, di reciproco, di
indescrivibile".
Difatti,, pur emergendo in tutta la sua luce lo spirito
di Charlie Mingus - "un esoterico della musica"
- Joni è artista troppo geniale per fermarsi alla mera
interpretazione; con l'anima di un cenobita si è isolata
per meditare uno stile personale che - come al solito -
la staccassero da chiunque altro collocandola sul gradino
più elevato. Riuscendoci pienamente. Forse nella sua
ricerca avrà perso diverse posizioni nelle classifiche
di vendita, ma in compenso sarà soddisfatta di offrirci
ogni volta una capolavoro che il tempo non potrà nemmeno
scalfire.
Ultimamente Mingus aveva diradato i propri impegni, a
causa della malattia che da tempo lo aveva paralizzato e
che in seguito lo avrebbe portato alla morte; ma il suo
desiderio del momento era quello di comporre musica per
Joni Mitchell, vedendo in lei la persona ideale che
potesse combinare la musica con delle immagini. La
rivoluzione attuata nel jazz da Mingus - una volta
assimilata la lezione di Ellington - era proprio quella
di saper "narrare" mediante il pentagramma. Non
a caso venne scelto sovente a comporre musiche da film
(alcune opere di Cassavates, e di recente Todo Modo da un
romanzo di Leonardo Sciascia). Quindi questo disco,
proprio perchè voluto da Charlie, ai nostri occhi assume
l'importanza di una commemorazione drammatica,
commovente, intensamente vissuta. Per nulla retorica. Per
rendere meglio l'idea della veracità dell'opera, Joni ha
pensato bene di inframezzare le composizioni con dei
nastri concernenti dichiarazioni e conversazioni dello
stesso Mingus (c'è anche un brevissimo duetto vocale - I's
A Muggin
- tra Charlie e Joni); inutile dire che sono
importantissimi e che fortunatamente sono trascritti
all'interno insieme ai testi.
"Volevo che Charlie assistesse al completamento del
progetto. Ha ascoltato tutte le canzoni tranne una - God
Must Be A Boogie Man -. So che gli
avrebbe procurato una risatina di compiacimento. E'
ispirata dalle prime quattro pagine della sua
autobiografia - "Beneath The Underdog" - la
notte del nostro primo incontro".
La sua famosa autobiografia si apre così: " Io sono
tre persone. Una sta nel mezzo impassibile, in attesa di
poter esprimere ciò che vede nelle altre due. La seconda
è un animale impaurito che aggredisce per timore
d'essere aggredito. La terza è un essere dolce e
affettuoso che ci rimette sempre e finisce per desiderare
di distruggere ogni cosa compreso sè stesso per essere
così stupido".
La chitarra acustica suonata con colpi secchi ed
improvvisi, il basso elettrico di Pastorius misterioso ed
avvolgente: così si alzano le prime note di Mingus.
Dalle battute iniziali di God Must Be A
Boogie Man diresti che i collegamenti
con Juan's Reckless
Daughter non sono del tutto recisi; ma
è soltanto questo pezzo e The Wolf That
Lives In Lindsay a riportare alla mente
i fraseggi di Otis And Marlena,
Cotton Avenue, The
Sylky Veils Of Ardor, - I rimanenti
quattro brani - parole di Joni adattate alla musica di
Charlie - assicurano l'esclusività. Qui la Mitchell
disegna con la voce delle suggestive immagini
impressionistiche - il corrispondente in musica dei
dipinti contenuti nell'elegante confezione - facendosi
accompagnare dalla crema del New Yorkish jazz
conteporaneo: Jaco Pastorius, Wayne Shorter e Don Alias -
riconfermati nei loro rispettivi ruoli - Herbie Hancock
al piano elettrico, Peter Eskin alla batteria - rimpiazza
John Guerin "silurato£ dopo cinque albums - e Emil
Richards alle percussioni.
Un fascino sofisticato, soffusi magnetismi e suggestivi
chiaroscuri pervadono i quattro memonti che siglano la
collaborazione tra i due artisti. A
Chair In The Sky, The
Sweet Sucker Dance, The
Dry Cleaner From Des Moines - che può
al limite ricordare Twisted
da Court And Sparks
per il taglio spiritoso conferitogli dal testo - e la
classica Goodbye Pork Pie Hat,
che Mingus incise nel 1959 su Ah Uhm come
epicedio per Lester Bowie; qui la Mitchell la riprende
invece per dire addio al suo vero autore. Un omaggio
migliore non poteva esserci.
Per quanto riguarda il linguaggio, è divenuto sempre
più esoterico, mirante a catturare "il
momento" mediante anche dei vocaboli adoperati in
chiave strettamente personale; per questo
l'interpretazione non è sempre facile e richiede molta
attenzione al fine di non lasciarsi sfuggire qualche
particolare. In una frase di Goodbye
Pork Pie Hat dice: "l'amore non è
mai facile, è meno della speranza che abbiamo di essere
felici". Joni sintetizza qua la turbante assenza
della vita, che non concede la felicità senza imporre il
dolore come contropartita, ma che in certi momenti alle
angosce e allo smarrimento fa seguire un attimo di
serenità. E sta forse nella costante ricerca d'affetto e
nel mitico sogno eterno di "magico accordo"
capace di sconfiggere le esasperazioni delle delusioni,
l'essenza di tutta la sua poesia, di tutta la sua vita.
L'avrete capito; questo disco è strano ma
indiscutibilmente prezioso.
Marco
Regali
da Rockerilla n° 9 ottobre 1979
- Dog Eat Dog
(1985) Geffen Records gef 26455 - vinile
1. Good Friends 4.25 - 2. Fiction 4.14 - 3. The Three Greats Stimulants
6.11 - 4. Tax Free 4.19 - 5. Smokin' 1.43 - 6. Dog Eat Dog 4.41 - 7. Shiny Toys 3.27 - 8. Ethiopia 5.53 - 9. Impossible Dreamer 4.30 - 10. Lucky Girl 4.02
Musicians:
Joni Mitchell, Larry Klein, Thomas Dolby, Mike Landau,
Vinnie Colaiuta, Michael Fischer,
Wayne Shorter, Alex
Acuna, James Taylor, Kazu Marsui
Produced by Joni Mitchell, Larry Klein, Mike Shipley and
Thomas Dolby
Recorded at Precision Lacquer Studio
Engineering by Zyg Winard and Dan Marnien
Cover painting by Joni Mitchell
Prima o
poi doveva succedere: anche la raffinata first lady Joni
Mitchell si è lasciata contagiare da fairlight e
drum-computers. Il cambiamento avviene con grande
eleganza sotto l'igida del più intelligente manipolatore
del momento, quel Thoas Dolby che ha portato alla
perfezione i Prefab Sprout e ora viene convocato da David
Bowie per ricondurlo ai migliori livelli artistici.
La Mitchell non è una cantante qualsiasi rispolverata da
triviali suoni alla moda, ma è un'autrice
intelligentissima che ha voluto studiare a fondo i nuovi
mezzi espressivi per utilizzarli nel modo migliore, senza
tradire la sua personalità. Quindi la voce è sempre
protagonista assoluta, le chitarre hanno ancora largo
spazio nelle orchestrazioni, gli arrangiamenti riescono a
conciliare la compattezza con gli spazi ariosi: Joni usa
le nuove sonorità come una tavolozza di colori inediti
per dipingere le immagini poetiche. Oltretutto riesce ad
evitare quell'immancabile freddezza che usualmente
contraddistingue le strumentazioni elettroniche; soltanto
i ritmi sono più scanditi e schematici dell'usuale sound
mitchelliano. La matrice jazzistica che circolava nelle
vene di Joni è apparentemente accantonata, in favore di
un sangue elettronico affine all'attuale
sophisticated-rock statunitense.
Premetto che ho amato profondamente il precedente 'Lp Wild
Things Run Fast e ho continuato a
canticchiare tutte le canzoni per lungo tempo: era un
album che entrava subito nella pelle con la sua raffinata
semplicità, senza mostrare la minima zona d'ombra. Il
disco attuale non seduce con la stessa rapidità, ma
forse fra un mese sarà in cima alla lista dei miei
preferiti.
E' proprio la prima facciata a risvegliare qualche dubbio
con proposte insolite. Tax
Free è una curiosa
song a intermittenza, che sembra spezzettata sui riflessi
di un pendolo per poi infiammarsi in improvvisi break
rock a muso duro, intercalati dagli aspri recitativi di
Rod Steiger nei panni di un predicatore evangelista; per
capirne di più bisogna seguire il testo, una chiara
condanna delle sette pseudo-religiose che succhiano soldi
alla gente in cambio di delirante panzane. Fa un certo
effetto sentire la Mitchell gridare "Fuck It!"
o cantare con grazia frasi rabbiose, ma indubbiamente le
liriche di questo brano sono le più azzeccate
dell'album.
Strano che il breve episodio Smokin' ritmato
sul loop di una macchinetta distributrice di sigarette,
con i cori a far da padroni in gropa al basso eletrico. The
Three Greats Stimulants
è una bella melodia mitchelliana, frazionata da un ritmo
singultante e da effetti di macchinari industriali. Good
Friends e Fiction
scattano più scorrevoli, pur concedendo ampio spazio ai
nuovi ingredienti e alla batteria heavy.
Viceversa la side two affascina e coinvolge, con tinte
più morbide e poesia palpabile. Si passa dalla seduzione
avvolgente di Dog Eat Dog
e Impossible Dreamer
all'euforia frizzante di Lucky Girl
e Shiny Toys,
variegate e multicolori; rapida ma succosa l'apparizione
del sax di Wayne Shorter. Ed è impossibile restare
insensibili al doloroso incedere di Ethiopia,
un'ipnotica ballda arsa dal sole con un testo crudo e
sincero in netta antitesi all'ottimismo pacchiano di USA
For Africa.
Questa splendida seconda facciata varrebbe già da sola
l'acquisto del disco e i tre anni di attesa, ma sono
sicuro che ripetuti ascolti delle altre canzoni
riusciranno a rivelare tutti i colori e le emozioni
profuse dalla Mitchell: anche dopo questo nuovo mutamento
di stile, Joni resta sempre fra i più grandi.
Massimo
Bracco
da Buscadero n° 54 dicembre 1985
- Wild Things Run Fast
(1982) Geffen gef 25102 vinile
1. Chinese Cafè 5.17 - 2. Wild Things Run Fast 2.12 - 3. Ladies man 2.37 - 4. Moon At The Window 3.42 - 5. Solid Love 2.57 - 6. Be Cool 4.12 - 7. (You're so square) Baby, I Don't Care 2.36 - 8. You Dream Flat Tires 2.50 - 9. Man To Man 3.42 - 10. Underneath The Streetlight 2.14 - 11. Love 3.46
Musicians:
Joni Mitchell, John Guerin, Larry Klein, Steve Lukather,
Larry Williams, Vinnie Colaiuta, Larry Carlton,
Wayne
Shorter, Russell Ferrante, Mike Landau, Kim Hutchcroft,
Victor Feldman, James Taylor
Produced by Joni Mitchell
Recorded at A&M Studios, Los Angeles, California
Engineering by Henry Levy and Skip Cottrell
Cover by Joni Mitchell
(...) Wild
Thing Run Fast è un disco sopratutto
d'amore, dieci canzoni costruite attorno alla parola LOVE
che ti scivolano addosso delicatamente, con ombre e luci,
alti e bassi senza scomporti troppo, senza richiederti
una partecipazione di troppa passione, con la certezza,
comunque, di ridurti al fine come una sgonfia palla di
gomma. Disposte a tutto per sua natura e sua geometria.
Le cose selvagge corrono veloci quindi beccale al volo,
godici dentro perchè sono meglio un po' di ragazzi
dietro la porta che un uomo solo, bello, sicuro, elegante
che si muove come un vandalo e preferisce la cocaina.
Questa è la Joni Mitchell di Wild
Things Run Fast e si rimarrebbe
sorpresi, imbarazzati da tale "torbida"
confessione se non fosse Love a
chiudere il disco, delicata confidenza sulle proprietà
balsamiche dell'amore.
Di nuovo Joni Mitchell con maniere eleganti, da furba
signora dei salotti hip rimette il tutto nei suoi
acquarelli e nella sua poesia e per un'altra volta la
nostra curiosità rimane solletticata e inappagata. Ma
chi è veramente questa bionda californiana che balla
sotto i lampioni, really rock n'rollin' per esatezza,
seduce un Ladies Man,
convince James Taylor ad essere Man to Woman piuttosto
che Man To Man,
richiede Solid Love e
conclude ineggiando alla triplice, Faith, Hope and Love.
Il disco, come l'autrice, è sorprendente e mostra
effettivamente dei cambiamenti rispetto al recente
passato.
Innanzi tutto la copertina, i soliti dipinti, il solito
sapore di California chic, le solite scarpe sbattute in
un angolo ed il solito televisore acceso.
Si proietta, non senza sorpresa, Against
The Wind di Bob Seger e forse è una
concessione al titolo del disco come d'altronte quella
brutta e stonata (per lo stile Mitchell) schitarrata in
apertura della title-track. Wild Things
Run Fast è sulla prima facciata
assieme a Chinese Cafè,
Moon At The Window, Solid
Love e Ladies Man
una deliziosa e amara canzone su una ladies man, un play
boy di classe, "un beniamino delle signore"
come riporta il vocabolario, tutto assorto nel proprio
ruolo e nella propria immagine che delude profondamente
la signora preferendogli la cocaina.
Questa facciata è vicina al suono del doppio live e di Hejira,
atmosfere melodiche raffinate e molto jazzy, poco ritmo e
poco swing e solita disposizione per la ballata-talking.
La seconda facciata è invece una variazione sul tema e
introduce nella generale atmosfera jazzy più swing e
più ritmo.
C'è anche per la Mitchell un certo avvicinamento al
rhythm & blues ed al soul, a suo modo indubbiamente,
ma la cover di un pezzo di Leiber and Stoller, due grandi
compositori del soul della Atlantic non sembra casuale.
You're So Square è
molto funky come pure You Dream Flat
Tires e Man To Man è
un grande esempio di Real Sweet Soul
Love Ballad. Una canzone piena di
velluto e di ambiguità, apparentemente distensiva mentre
si parla di un "difficile" ragionar d'amore con
il background di James Taylor.
Assieme a Ladies Man
è il pezzo che preferisco, una canzone di grande forza e
con un "suono della parola" notevole.
Wild Things Run Fast è
un disco di classe, con qualche cambiamento rispetto alla
precedente Mitchell, con parecchio swing e con il look
giusto di una serata d'amore sotto il lampione. (...)
Mauro
Zambellini da Mucchio Selvaggio n° 60 gennaio 1983
- Hejira
(1976) Asylum 253 053 - cd
1. Coyote 5.00
- 2. Amelia 6.00
- 3. Furry Sings The Blues 5.03
- 4. A Strabge Boy 4.15
- 5. Hejira 6.35
- 6. Song For Sharon 8.30
- 7. Black Crow 4.20
- 8. Blue Motel Room 5.03
- 9. Refuge Of The Roads 6.37
Musicians:
Joni Mitchell,
Jaco Pastorius, Larry Carlton, Victor Felman, John Guerin,
Max Bennett,
Neil Young, Bobbye Hall, Abe Most, Chuck Domanico, Chuck
Findley, Tom Scott,
Wayne Shorter
Produced by David Crosby
Recorded at A&M Studios, Hollywood, Ca
Engineering by Henry Lewy
Cover photo by Norman Seeff and Joel Bernstein
Bisogna attendere un altro anno prima
che l'artista si riprenda, con Hejira (Hejira è il volo
compiuto da Maometto dalla Mecca a Medina nel 622 d.C., l'evento da
cui ha inizio l'Islam), disco concepito come il flusso di musica e
parole che è nella linea di Blue, ma fedele al programma di
rinnovamento musicale lanciato con Court And Spark.
Le canzoni, ora calde e vivaci (Refuge Of The Roads, un
cocktail jazz d'atmosfera, Coyote a ritmo caraibico) ora tenere
e introverse (Amelia, requiem per languidi rintocchi di slide e
tintinni di vibrafono, Hejira, onirica e sconsolata grazie ai
vortici di basso di Jaco Pastorius), sono per lo più
"road-song" accompagnate da un discreto tessuto strumentale.
Il tema unitario è l'autostrada, luogo di viaggi, di solitarie
meditazioni, di avventure romantiche, di fughe, di addii, di ricordi.
Svettano gli otto liricissimi minuti di Song For Sharon,
sublimazione dello stile chitarristico e vocale californiano, e la
spettrale ballata in chiave minore Furry Sings The Blues, con
l'armonica arcaica di Neil Young.
D'altra parte l'intensità naif della prima Mitchell si è ormai del
tutto deteriorata, e la cantante sembra sempre più assorta in una
forma paranoica di autocommiserazione che altro non è se non un
tipico snobbismo da èlite di pop-aristocratici.
Piero Scaruffi
da Storia del Rock (dal Glam al Punk 1974-1980) - ed. Arcana
- Shadows And Light
(1980) Asylum w 62030 - vinile
1. Introduction -
2. In France They Kiss On Main Street -
3. Edith And The Kingpin -
4. Coyote -
5. Goodbye Pork Pie Hat -
6. The Dry Cleaner From Des Moines -
7. Amelia -
8. Pat's Solo -
9. Hejira -
10. Black Crow -
11. Don's Solo -
12. Dreamland -
13. Free Man In Paris -
14. Band Introduction -
15. Furry Sings The Blues -
16. Why Do Fools Fall In Love -
17. Shadows And Light -
18 God Must Be A Boogie Man -
19. Woodstock
Musicians:
Joni Mitchell,
Jaco
Pastorius,
Pat Metheny, Lyle Mays, Michael Brecker
Produced by Joni Mitchell
Recorded at Santa Barbara Country Bowl on September 1979
Engineering by Andy Johns and Henry Lewy
Cover photo by Joel Bernstein and Glen Christensen
- The Hissing Of A Summer Lawns
(1975) Elektra w 63028 - vinile
1. In France They Kiss On Main Street 3.17
- 2. The Jungle Line 4.20
- 3. Edith And The Kingpim 3.35
- 4. Don't Interrupt The Sorrow 4.04
- 5. Shades Of Scarlet Conquering 4.57
- 6. The Hissing Of A Summer Lawns 3.00
- 7. The Bohoo Dance 3.56
- 8. Harry's House Centerpiece 6.52
- 9. Sweet Bird 4.10
- 10. Shadown And Light 4.15
Musicians:
Joni Mitchell, Robben Ford, Jeff Baxter, Victor Feldman, John Guerin,
Max Bennett, Joe Sample, Larry Carlton, Wilton Felder, Chuck Findley,
Bud Shank, James Taylor
Produced by Joni Mitchell
Cover by Joni Mitchell
- Court And Spark
(1973) Asylum 253 002 - cd
1. Court And Spark 2.46
- 2. Help Me 3.22
- 3. Free Man In Paris 3.02
- 4. People's Party 2.20
- 5. Same Situation 3.05
- 6. Car On A Hill 2.58
- 7. Down To You 5.36
- 8. Just Like This Train 4.23
- 9. Raised On Robbery 3.05
- 10. Trouble Child 3.57
- 11. Twisted 2.18
Musicians:
Joni Mitchell, John Guerin, Max Bennett, Jom Hughart, Wilton Felder,
Milt Holland, Tom Scott, Chuck Findley
Produced by Joni Mitchell
Engineering by Henry Lewy
Cover by Joni Mitchell
Giunta a un punto di perfetto
equilibrio fra folk, musica colta e musica leggera, e fra angoscia ed
estasi, Joni Mitchell decide di assimilare anche il jazz, in modo da
bilanciare il suo pianto sommesso e semiconscio e la nevrosi latente
con un fluente arrangiamento, anche se a scapito di quelle folgoranti
lapidarie immagini-sensazioni di dolore.
Court And Spark (1974), primo e migliore in questa direzione,
contiene anche il suo unico vero hit, il soul Help Me. con
tanto di fiati kitsch in sottofondo. Archi da camera, ritmi vivaci e
cori di contrappunto smantellano l'impianto introspettivo di Blue,
portando a compimento la progressione naturale che dal folk acustico
per sola chitarra l'aveva portata all'ensemble di For The Roses.
Un canto più sinuoso e meno avventuroso ricama le sue storie d'amante
tradita su un tessuto armonico più variopinto (Free Man In Paris,
Car On A Hill, The Same Situation) e talvolta persino
frizzante (il rhythm and blues scalmanato di Raised On Robbery,
lo scat swindante di Twisted). Lo stile pianistico
confessionale si replica in Down To You, tesissima e
classiccheggiante, e Court And Spark, The Hissing Of Summer
Law (1975) indulge in quell'easu listening di classe con risultati
più mediocri (The Jungle Line).
Piero Scaruffi da
Storia del Rock (dal Glam al Punk 1974-1980) - 1990 ed. Arcana
- Chalk Mark In A Rain Storm
(1988) Asylum ghs 24172 - vinile
1. My Secret Place 5.01
- 2. Number One 3.46
- 3. Lakota 6.25
- 4. The Tea Leaf Prophecy (Lay
Down Your Arms) 4.49 - 5. Dancin' Clown 4.09
- 6. Cool Water 5.25
- 7. The Beat Of Black Wings 5.19
- 8. Snakes And Ladders 5.37
- 9. The Reoccuring Dream 3.02
- 10. A Bird That Whistles 2.38
Musicians:
Joni Mitchell, Larry Klein,
Peter Gabriel, Steven Lindsay, Michael Landau,
Wayne Shorter, Thomas Dolby
Produced by Joni Mitchell and Larry Kline
Cover photo by Larry Kline
- Both Sides Now
(2000) Reprise rep 9362 - 47620 - cd
1. You're My Thrill
3.51 - 2. At Last 4.26 - 3. Comes Love
4.28 - 4. You've Changed
4.59 - 5. Answer Me, My Love
3.22 - 6. A Case Of You
5.50 - 7. Don't Go To Strangers
4.09 - 8. Sometimes I'm Happy
3.58 - 9. Don't Worry 'Bout Me
3.48 - 10. Stormy Weather
3.07 - 11. I Wish I Were In Love Again
3.35 - 12. Both Sides Now
5.16
Musicians:
Joni Mitchell, Chuck Berghofer, Peter Erskine, Wilf Gibson,
Herbie Hancock,
Rebecca Hirsch,
Mark Isham, Boguslav Kotecki, Rita
Manning, Jim McLeod, Perry Montague-Mason, Peter Oxer, Jackie Shave,
Wayne Shorter,
Gavyn Wright, Vaughan Armon, Cathy Thompson, Dermot Crehan, Everton
Nelson, Dave Woodcock, Chris Tombling, Roger Garland, Jonathan Strange,
Patrick Kierman, Maciej Rakowski, Ben Cruft, Kathy Shave, Simon Fischer,
Warren Zielinski, Mike McMenemy, Godfrey Salmon, Antonia Fuchs, Julian
Leaper, Matthew Scrivener, Peter Lale, Katie Wilkinson, Bruce White,
Catherine Bradshaw, Ivo Van Der Werff, Rachel Bolt, Bill Benhan, Don Mc
Vay, Anthony Pleeth, Helen Liebman, Paul Kegg, Frank Schaefer, Tony
Lewis, Martin Loveday, Dave Daniels, Chris Laurence, Mary Scully, Mike
Brittain, Anthony Pike, Skaila Kanga, Andy Findon, Helen Keen, Jamie
Talbot, Stan Sulzman, Phil Todd, John Anderson, Sue Bohling, Nick
Bucknall, Iain Dixon, Julie Andrews, Gavin McNaughton, Richard Skinner,
John Pigneguy, Richard Watkins, Nigel Black, Mike Thompson, Paul Gardham,
Hugh Seenan, Phil Eastrop, Derek Watkins, John Barclay, Andy Crowley,
Steve Sidwell, Gerard Presencer, Pete Beachill, Peter Davies, Richard
Edwards, Neil Sidwell, Dave Stewart, Richard Henry, Owen Slade, Frank
Ricotti, Dave Arch
Produced by Larry Klein and Joni Mitchell
Recorded at Air Studios,UK
Engineering by Geoff Foster
Cover by Joni Mitchell
- Turbulent Indigo
(1994) Reprise 9362 - 45786 - cd
1. Sunny Sunday
2.37 - 2. Sex Kills
3.56 - 3. How Do You Stop
4.09 - 4. Turbulent Indigo
3.34 - 5. Last Chance Lost
3.14 - 6. The Magdalene Laundries
4.02 - 7. Not To Blame
4.18 - 8. Borderline
4.48 - 9. Yvette In English
5.16 - 10. The Sire Of Sorrow
(Job's Sad Song) 7.08
Musicians:
Joni Mitchell, Larry Klein,
Wayne Shorter, Jim Keltner,Michael Landau, Steuart Smith,
Calos Vega, Greg Leisz, Bill Dillon, Charles Valentino, Kris Kello
Produced by Joni Mitchell and Larry Klein
Recorded at The Kiva Studios
Engineering by Dan Marnien
Cover by Joni Mitchell
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