Talking Head
album
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Remain
In Light
L'avventura parte nella
prima metà dei '70 nel Rhode Island, quando David Byrne e il
batterista Chris Frantz, compagni di classe in una scuola d'arte e
design, decidono di mettere su una band, Artistics, dopo alcuni
tentativi abortiti in formazioni più fragili.
Nel suo continuo peregrinare per gli Stati Uniti al seguito dei
genitori, Byrne accumula una passione per l'arte concettuale, per
l'architettura funzionale della scuola Bauhaus, e l'esperienza
musicale di un duo, Bizadi, in coppia con il futuro regista
"off" Marc Kehoe. Frantz ha un curriculum più modesto e un
trascorso in una rock band di Pittsburgh, i Beans. Martina Weymouth,
bassista e collega di corso che di lì a poco diventerà compagna e
poi moglie di Frantz, si unisce ai due dopo lo sciogliemento degli
Artistics: quel nucleo primevo dei Talkin Heads aveva già composto
numeri come Psyco Killer
e Warning Sun.
Weymouth è un'altra figlia dell'America che sacrifica la stanzialità
alle possibilità di carriera. Il padre è militare in marina e
costringe la famiglia a continui spostamenti,, dall'Europa alla
California, fino a Washington D.C. New York è l'ultima tappa dei tre
amici all'inizio del '75, in quel momento il crocevia musicale di
tutte le energie creative degli States. Destinazione: Lower East di
Manhattan, dove tutto sta avvenendo.
Neon Boys, Ramones, Dictators, New York Dolls, Patti Smith erano
portavoce di una nuova inquietudine artistica che di lì a poco il
mondo avrebbe conosciuto come punk. E' proprio nel bel mezzo dei '70
che il gruppo si dà un nome, Talking Heads ("l'America è un
popolo di teste parlanti alla Tv" spiegò David Byrne), un punto
di partenza (aprono per i Ramones nel giugno del '75 al CBGB's) e una
direzione (la combinazione di funk, punk e wave). All'inizio dell'anno
successivo registrano quattro canzoni, Psycho
Killer, First
Week, Last
Week/Carefree, Artist
Only e una versione live di
1, 2, 3 Red Light
come grimardello per entrare nelle grazie di qualche indipendente.
Quelle canzoni entreranno nella tracklist di un bootleg su Beserkeley
Records all'inizio degli '80, ma serviranno anche a guadagnare un
posto nella scuderia della Sire. Nel frattempo nella formazione è
entrato il tastierista Jerry Harrison, studente di architettura a
Harvard che si è formato nei Modern Lovers di Jonathan Richman e con
loro ha suonato sull'omonimo album d'sordio. Diventerà il tastierista
dei Talking Heads. Il gruppo è ancora fortemente influenzato da certo
garage-frat rock, come del resto tutte le band che gravitano nella
Bowery. I Television dal vivo suonano spesso Psychotic
Reaction dei Count Five, i
Voidoids eseguono Tired Of
Waiting For You dei Kinks e
i "nostri" non disdegnano I
Can't Control Myself dei
Troggs. Ma nel giro di breve il repertorio sempre più corposo
scalzerà le covers dalla scaletta. Stanno per nascere i Talking Heads
così come li abbiamo conosciuti.
Il debutto per l'etichetta che ospita anche i Ramones avviene
all'inizio del '77 con un singolo, Love
Goes To Building On Fire,
che reca sul lato B New
Feeling (poi nell'album
d'esordio). Nel settembre esce Talking
Head '77, indimenticato
acerbo capolavoro per Byrne e gruppo. La produzione di Tony Bongiovi (Ramones,
Kool and The Gang) ingentilisce appena il suono di questa formazione
atipica del downtown newyorkese che punta anzichè sull'energia e la
muscolarità del punk, su un approcio più meditato, più pop. Ma fin
dall'inizio è chiaro che quel pop soffre di dissociazione, è come un
funk alieno pieno di poesia urbana, fradicio di non sense: Psycho
Killer la cassa marziale e
dritta e Byrne in preda a delirium tremens è la storia di un killer
seriale liberamente ispirato al Norman Bates di "Psycho", New
Feeling e Don't
Worry About The Governement
costruiscono da sole una cosmogonia di suoni "art",
dissonanti, inediti nel panorama della New York del punk. Per
promuovere l'album i quattro arrivano in Europa con i compagna di
squadra Ramones. Siamo già nell'era "post", ma non tutti se
ne accorgono. Illuminante la recensione di NME di un concerto a
Londra: "David Byrne è un burattino folle, e quando canta Psycho
Killer non sembra
divertirsi, ma soffrire". Il 1978 è un anno importante per
Talking Head: l'inizio di una fruttuosa collaborazione con Brian Eno.
La prima produzione affidata all'ex Roxy Music è More
Songs About Building And Food
(Sire), che compie l'unica operazione possibile sul suono della band,
ovvero l'accentuazione della sezione ritmica.
More Songs About Building And Food
fa meno rumore del debutto (pure raggiunge lo status di disco d'oro)
ma contribuisce senza dubbio a cementare la stima che la critica e i
fans hanno della band. Il lavoro è ottimo, e non c'è una sola
canzone che non diventi un piccolo classico del repertorio dei Talking
Heads, dalla cavalcata di
Thank You For Sending Me An Angel,
ad Artist Only alla
cover di Take Me To The River
di Al Green, al lungo epilogo The
Big Country, ballata country
postmoderna che è anche uno sguardo, dall'alto di un aereo, su
un'America in cui il protagonista, cinico businessman, non si vuole
riconoscere. L'effetto della musica è straniante, quello dei testi,
sfuggenti e oligofrenetici, altrettanto. Weymout: "La chitarra di
David era incredibile. Aveva una capacità straordinaria di
trasformare abbozzi e mozziconi di accordi in canzoni davvero
originali".
Eno si occupa anche di Fear
Of Music (Sire), un viaggio
alla scoperta delle poliritmie africane senza spostarsi un metro da
Manhattan. Dall'altro si preme per imporre al gruppo una sterzata più
pop, in grado di portare la musica dei Talking Heads sulle onde delle
grandi FM che allora - MTV ancora un'idea iperuranica - erano in grado
di determinare il successo negli States. La risposta del gruppo è
esemplare, in questo assai più eticamente punk di qualsiasi altra
punk band: un album che solletica le velleità disco-soul di Byrne,
introduce guide ritmiche inconsuete, aggiunge un tocco melodico alla
tavolozza sonora della band, ma non ne vuole sapere di mutarsi in
carne di airplay. Eno ha un'intuizione geniale: Fear
Of Music dovrà assomigliare
a Byrne, muoversi come lui. "Lo guardavo in studio, si muoveva
con il bacino basso come guidato da impulsi irresistibili. Sembrava un
uomo delle pulizie in preda al malcaduco". I
Zimbra apre le danze
scombiccherate di Fear Of
Music, perfetto esempio di
"worl music", e mai parola fu usata più a proposito. Memories
Can't Wait è new wave
aggressiva che si stempera in uno dei più bei refrain dei '70, Cities
e Life During Wartime
hanno invidiabili passi di funk bianco, cenni di synth e percussioni
esotiche: la materia dell'intero lavoro. A dare una mano ai Talking
Heads ci sono due elementi di "disturbo" come Robert Fripp e
Ari Up (Slits).
"Quello che mi ha colpito dei Talking Heads è stata la
disciplina su cui la band ha costruito il proprio suono" disse
Eno. "La sezione ritmica, per esempio è come un treno, certa
della direzione. Su tutto questo regna però una domanda:'Qual'è la
nostra meta?'. E' un genuino senso di disorientamento che non ho
trovato in alcun altro, che mi piace di loro". Ed Eno è lì
apposta, a New York, a segnare la via anche nel quarto album del
gruppo, Remain In Light
(Sire), il più ambizioso e ricco di suggestioni e ospiti. Anzi, la
sua presenza è ancora più massiccia che in passato, la sua firma di
coautore compare su tutte le otto canzoni che compongono il lavoro
dell'80, e la febbre africana che l'ha colpito (e lo porterà poco
più tardi in Ghana a scoprire la musica di quei luoghi alla fonte)
pervade tutta la sua produzione. Oltre a una comparsa di Jon Hassell e
di Nona Hendryx, c'è anche il "guitarist extraordinaire"
Adrian Belew che tesse un minuzioso lavoro di fusione tra suoni
elettrici e elettronici, incastrandosi alla perfezione nelle trame
ritmiche della band. L'apertura di Born
Under Punches... rende
chiare le intenzioni dei Talking Heads, ancora una volta immersi nella
fascinazione della poliritmia, ma pronti a sussumere influenze hip hop
ed elettroniche che fanno di Remain
In Light un album
lungimirante. E poi c'è Once
In A Lifetime, il più
contagioso p-funk della storia (una lezione a cui anche Prince ha
attinto, per sua stessa ammissione, idee a profusione), un altro
lucido e impietoso affresco del fallimento del sogno americano
infranto contro un quotidiano ordinario, una delle ossessioni
sociologiche di Byrne. A sottolineare la propria vocazione
"black" i Talking Heads invitano nel tour nordamericano a
supporto di Remain In Light
Bernie Warrell, tastierista di Parliament e Punkadelic, coronando un
sogno.
Se il mondo si fosse fermato nell'81, i Talking Head avrebbero
consegnato alla storia quattro grandissimi albums, pressochè
inattaccabili, esempi notevoli di art-rock capace di utilizzare al
meglio linguaggi disparati. Per i fans "hardcore" del gruppo
newyorkese la storia si è veramente fermata quell'anno. Chi ebbe
orecchie buone per cogliere i primi flebilissimi scricchiolii capì
che
Remain In Light
fu l'ultimo lavoro ascrivibile a una formazione compatta e omogenea,
quella che al Max's Kansas City e al CBGB's aveva suonato e creduto
nelle proprie potenzialità e nella dimensione del gruppo come momento
di creazione e sperimentazione. Scricchilii, inudibili rumori di
assestamento, eppure qualcosa stava succedendo. Parallelamente a
Remain In Light, Byrne e Eno
fanno squadra nell'81 nel pastiche My
Life In The Bush Of Ghosts
(Sire), esperimento di "collage sonoro di voci casuali" che
colleziona estratti vocali da emittenti radiofoniche, sermoni e
litanie mediorientali (...).
Andrea Prevignano
da:
Rumore n° 143, dicembre 2003
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- Remain In Light
(1980) Sire Records 256 867 - cd
1.
Burn Under Punches (The Heat Goes On) 5.46 - 2. Crosseyed And Painless 4.45 - 3. The Great Curve 6.26 - 4. Once In A Lifetime 4.19 - 5. Houses In Motion 4.30 - 6. Seen And Not Seen 3.20 - 7. Listening Wing 4.42 - 8. The Overload 6.00
Musicians:
Adrian Belew, Jerry Harrison, David Byrne, Tima Weymouth, Chris
Frantz, Brian Eno, Jose Rossy, Robert Palmer,
Jon Hassell, Nona Hendryx
Produced by Brian Eno
Recorded at Compass Point Studios, Nassau, Bahamas
Engineering by Dave Jarden
Esordirono
ben tre anni fa con l'album 77,
ed oggi sono quasi un rito, un gruppo giuda che riempie
le pagine di "Rolling Stones" e "Melody
Maker. Tutti ricordano ancora la canzonetta Psycho
Killer, un dialogo fra voce e tastiere,
un pezzo che allora fece scalpore.
Dopo tre anni di soddisfazioni incontrollate e di un
successo esilerante di critica e pubblico, per Tina
Weymouth e soci è giunta l'ora di gurardarsi allo
specchio, per capire se il nuovo corso iniziato, guarda a
caso, dopo l'incontro con Brian Eno (Fear
Of Music), che ha rinverdito e
radicalmente mutato il sound dei Talking Heads, sia
dovuto ad una crisi di identità, ad un tentativo di
commercializzare la propria musica per diffonderla in
ambiti più vasti o, più semplicemente, una splendida
evoluzione. Non ho mai avuto un debole incontrollato per
Brian Eno, ma devo qui ribadire che Brian Eno fu, forse,
la fortuna dei Talking Heads e Fear Of
Music era un grandissimo disco.
Se l'ideale che guidò 77
ed il successivo More Songs About
Buildings And Food era combattuto nello
scegliere un sound alienato ed aberrante a scapito di uno
normale e conforme alle regole, in Fear
Of Music l'imperativo era quello di
seguire la prima soluzione; Fear Of
Music sprigiona dai suoi solchi
un'ansietà ed una paranoia marcatissime, seguendo
l'ideale che questa sia anche la normalità.
Il nuovo 'Lp Remain In Light
coinvolge l'ascoltatore e lo affascina con i suoi
innumerevoli interrogativi. Se noi confrontiamo Remain
In Light a 77
notiamo una metamorfosi sconcertante, che, al di là di
un parere puramente estetico, nel bene e nel male, è
giustificata da una logica impeccabile.
(...) La metamorfosi dagli inizi a Remain
In Light è quindi giustificata da una
logica ben precisa; non si tratta, invero, di una
metamorfosi, come il profano potrebbe pensare, ma di una
evoluzione tecnico/stilista che oggi ha raggiunto la sua
perfezione. In Remain In Light
la ritmica latina e pulsante, che caratterizza tutte le
songs, impressiona; lo zampino di Brian Eno è qui
evidente, in quanto, da sempre, Eno è un fanatico
sostenitore del concetto di ritmica. Anche l'idea di
allargare la band a più elementi (Robert Palmer, una
sezione fiatistica nutrita) è, certamente, di Brian Eno,
il vero e proprio quinto elemento dei Talking Heads.
Talking Heads '80 è l'immagine di un sound psicotico e
nevrastenico, un esempio di analisi e psichiatria
musicale. La nevrosi della civiltà moderna traspare
chiaramente dalle composizioni dei Talking Heads.
L'ansietà perpetua insita nella psiche delle persone (Born
Under Punches), la stupenda frenesia
che accompagna certe esperienze, seguita da dubbi e sensi
di colpa (Crosseyed And Painless),
l'esigenza di rivedere e smentire certe convinzioni (The
Great Curve), sono, di per sè,
elementi caratterizzanti del discorso dei Talking Heads.
Al di là della commercialità esteriore, che può
evidenziare Remain In Light,
penso che mai un 'Lp sia stato così sincero ed
espressivo dal punto di vista musicale; l'impeccabilità
dell'esecuzione di Crosseyed And
Painless, la sua presenza e possenza,
la sua cristallinità nell'uso del basso secco e delle
chitarre, rendono perfettamente in musica quello che i
Talking Head potrebbero esprimere con un discorso a
parole.
Un dialogo fra uomo e musica, tra l'io e la sua psiche,
tra i sogni e la dura realtà, prosegue in Once
In A Lifetime, Listening
Winds, House In Motion,
Seen And Not Seen,
The Overload; la
musica, percussioni frenetiche e pulsanti, basso e
chitarre pervasi da nevrastenia imperante, è la dura
realtà, la voce, un monologo dialettico ed assente, un
sincopato susseguirsi di frasi, in netto contrasto con la
base strumentale, è il sogno dell'uomo, uomo che ha
trovato nella realtà Talking Heads un suo valido
portavoce.
Fabio
Nosotti da Buscadero n° 1 dicembre 1980
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