Jon Hassell
album
in pagina:
- City:
Works Of Fiction
- Sulla
Strada
- Fascinoma
- Dream Theory In
Malaya
- Possible Music
(with
Brian Eno)
- Aka Darbari Java
- Power
Spot
- Flash
Of Spirit
(with
Farafina)
- The
Surgeon Of The Nightsky
Restores Dead Thing By The Power
Of Sound
- Vernal
Equinox
-
Earthquake Island
- Dressing
For Pleasure
- Last
Night The Moon Came
Dropping Its Clothes In The Street
- Maarifa
Street
-
Listening To Pictures
-
Seeing Through Sound
collabora in:
- Siwan
(Jon Balke)
- ...And Poppies From
Kandahar
(Jan Bang)
- On Land
(Brian
Eno)
- Passion
- Birdy
(Peter Gabriel)
- Your Sleekest Engine
(Genre Peak)
- Dreams House
(LaMonte Young)
- In C
(Terry
Riley)
- Brilliant Tree
- Words With The Shaman
(David
Silvian)
-
Remain In Light
(Talking Head)
<<I
miei inizi sono stati dedicati completamente ad una formazione
classica. Ho studiato in Conservatorio (conseguendo prima
il Master e il Ph.D.) materie tradizionali come armonia o
canto gregoriano e seguendo la strada per diventare
trombettista d'orchestra. Quindi nel '65 sono partito per
la Germania e lì, con riconoscimenti da parte del
governo tedesco, ho studiato per due anni con Stockhausen
musica elettronica. La cosa poi ha cominciato a non
interessarmi più e sono ritornato dalle mie parti - sono
nato a Menphis - iniziando a collaborare con Terry Riley
e La Monte Young. Nel '67 sono andato a Milano, dove mi
era stato commissionato un lavoro da parte dello studio
di Fonologia e, sempre lo stesso anno, ho iniziato una
collaborazione con il Centro Rockerfeller, dal quale ho
avuto anche delle soddisfazioni. Dal '69 al '75 ho
collaborato attivamente al Theater Of Eternal Music di La
Monte Young, mentre è dal '70 la prima di Solid State
(Time- sculpted dense-spectrum music) a Washington,
ripetuta poi nel '74 alla Kitchen di New York. Dal '72,
mi son messo a lavorare e studiare con Pandit Pran Nath
musica indiana, nella tradizione Kirana. E' stato un
punto cruciale della mia carriera: incontrai Pandit a
Roma, stavo suonando e lui si unì al mio suono,
iniziando a costruire arabeschi vocali attorno alla mia
melodia. Quei circoli, quei ghirigori mi convinsero che
avrei dovuto approfondire le mie conoscenze in quel
campo. Tutti gli esperimenti nei quali ero coinvolto, da
quelli video a quelli con suoni d'ambiente a quel
monumento sonoro concettuale che è Landmusic Series, passarono in secondo interesse.
Parallelamente si accrebbe il mio interesse verso la
parte più strettamente esecutiva, aspetto che avevo fino
ad allora trascurato a favore del momento compositivo. E'
in questo periodo che mi avvicinai anche al jazz: non ero
mai stato capace di avere sufficiente fluidità
nell'improvvisare con lo strumento per essere interessato
alla musica improvvisata, ma proprio dalla mia
rivalutazione dello strumento nacque l'avvicinamento alla
tradizione jazz. Non però quella classica, piuttosto il
Miles Davis elettronico, quello di On The Corner.
Il primo disco, Vernal
Equinox,
uscì nel '77 grazie alla Lovely Music e lo feci con
delle persone con le quali ero solito lavorare in quel
periodo, Earthquake
Island,
pubblicato dalla Tomato l'anno dopo, lo buttai più sul
jazz-rock o quantomeno sulla mia interpretazione del
jazz-rock, chiamando gente che con quella musica ci aveva
lavorato, ad esempio Miroslav Vitous. Poi venni
contattato da Eno che mi aveva sentito attraverso il
disco Lovely ed era rimasto affascinato. Fatto Possible Musics devo ammettere che l'interesse verso
di me è cresciuto un po' ovunque e, anche se il secondo
album non era andato poi tanto male, con questo sono
aumentate notevolmente anche le vendite. E non solo
dell'ultimo disco, ma anche degli altri due.
Ultimamente ho anche collaborato al quarto 'Lp dei
Talking Head: ma non è che questa notorietà - dovuta
bene o male a Eno - e questo essere richiesto qui e là
mi dia fastidio. Forse è solo che non ci credo
molto>>.
Hassell ha fatto di tutto ("quasi tutto"
ammette lui stesso) e ciò nonostante i suoi primi tre
dischi mantengono una inalterata unità di fondo. A lui,
piace cambiare stile e accompagnatori,
"sintonizzarsi" su diverse "lunghezze
d'onda"; ma non già per timore di ripetersi (cos'è
in fondo la ripetizione?) quanto, piuttosto, per tentare
di afferrare il maggior numero di colori ed
ambientazioni, di possibilità sonore.
Se il periodo passato a studiare il pentagramma in
Conservatorio si ricorda giusto per i risvolti pratici
(scrivere quella frase, analizzare una certa progressione
armonica), preferisce dimenticare quello a fianco di
Stockhausen e quello passato a sperimentare la musica
seriale. Cita una frase di La Monte Young ("E' una
musica tutto sommato molto triste") e difende
l'ingenuità e la profondità che le sono proprie. Del
jazz tira in ballo il Davis elettrico, quello degli
ululati al Fillmore o alla Carnegie Hall, e sbirciando
nella sua discoteca si vedono anche Weather Report; e poi
qualche amico odierno, Eno, i dischi Lovely.
Che i tre dischi non posseggano tutti la medesima
ispirazione, la medesima rarefazione, è una cosa che non
lo preoccupa. Parlandone sembra d'avere davvero superato
ogni barriera di definizione, di etichetta: lo stile, la
"categoria" vengono utilizzati per qualità
intrinseche più che per le virtù accessibili
dall'esterno. Rimane la struttura udibile, questo si, ma
dentro, in questo piccolo mondo popolato dalle tablas, da
Synth Buchia e Serge, da chitarre e bassi, voci notturne,
la variazione è d'atmosfera, di temperatura, mai di
spessore, concentrazione. E rispetto alla "svolta
indiana" Hassell ha la sua motivazione, una
razionalizzazione accurata. Non ama confondersi con i
romantici junkies di Katmandu o con i sovracuti del Don
Cherry orientale, e questo non tanto per snobbismo ma
perchè nella tradizione musicale indiana ha completo
rispetto e perchè, dopo dieci anni di studi, si sente
ancora un neofita, anzi: sempre più un neofita nei
confronti del suo maestro Pandit Pran Nath. La
definizione di musica "del Quarto Mondo", come
appare nella sua più recente uscita, evoca una nozione
ottimistica di cultura scevra da ogni divisione e
competitività: ed è un concetto, ancora, ben deducibile
dai suoi lavori.
<<Tra le musiche che ritengo possibili in questo
mondo vi sono alcune particolari forme che giudico più
importanti di altre. In particolare la musica "del
Quarto Mondo", cioè oltre il Terzo Mondo, è
definita come un suono primitivo/futurista che combina
assieme particolarità di stili del mondo etnico con le
tecniche elettroniche più avanzate. Nelle sue
esplicitazioni più alte, questa miscela di influenze dà
la sensazione di un suono nuovo, compatto.
Alcuni casi possono essere definiti come Quarto Mondo
"cosmetico", in cui vengono utilizzate
definizioni musicali tradizionali arricchite da sapori
presi in prestito da strumenti esotici.
Alcuni lavori sono esempi di Quarto Mondo
"coperto", che in un certo senso è l'opposto
dell'approcio "cosmetico". In questi casi la
struttura di lavoro originale di una musica etnica viene
presa in prestito e presentata con un arrangiamento
occidentale. Qui il prestigio del lavoro aumenta
proporzionalmente all'ignoranza del pubblico nei
confronti del lavoro originale.
In alcuni casi esiste un Quarto Mondo
"inconscio", come nel caso della musica pop
asiatica o africana, che assimila alcuni aspetti del pop
occidentale, pur mantenendo colori e spiriti delle
tradizioni locali.
L'ultimo caso ipotizzato di Quarto Mondo musicale è
quello "visionario" cioè quello che, partendo
da una conoscenza globale più o meno perfetta delle
varie esplicitazioni di musica etnica nel mondo,
estrapola verso il futuro e/o il passato queste
conoscenze, tentando di presentare qualcosa - uno stato
d'animo, una visione, un particolare senso del tempo - in
una determinata e coerente forma sonora.
Questa particolare forma di musica è quella che più mi
interessa al momento, ma nella mappa di musiche possibili
non è che una possibilità. Altre possibilità sono
date, ad esempio, dalla musica con più livelli
d'ascolto, ove - è nella tradizione della critica d'arte
- il lavoro capace di trasmettere segnali su di un numero
rilevante di livelli è considerato "più
ricco" rispetto a quello capace di comunicare su di
un solo livello.
Altro esempio, ancora, è quello di musica nata su di una
struttura a banda ristretta - ad esempio gli ibridi
dell'arte pop - dove il lavoro si articola su di una base
delimitata dalla necessità di espressione esclusivamente
attraverso il long playing, da una parte, e, dall'altra,
da un seguire le richieste del mercato, dove i media non
soltanto riflettono bensì creano ex novo le attitudini
del pubblico.
La distinzione tra altre due forme di musiche possibili,
quella "alta" (classica) e quella
"bassa" (pop), varia secondo le latitudini:
nelle culture africane e indiane, ad esempio, la musica
classica è sensuale, costruita su ritmi molto accentuati
(jungle rhythms), e l'improvvisazione gioca un ruolo
primario, con il risultato - esprimere un determinato
sentimento o modo d'essere - che viene compreso da ogni
classe di persone. Nella tradizione occidentale,
viceversa, non esiste una forma musicale considerata
classica ove l'improvvisazione giochi un ruolo primario;
e così pure qualsiasi musica che utilizzi delle
inflessioni apertamente sensuali o accentuatamente
ritmiche è perennemente relegata a ruolo di musica
"bassa" (jazz, pop, d'atmosfera). E' un
meccanismo razzista quello che qui opera: "fai
questo, non fare quello".
Ulteriore divisione tra musiche possibili è quella
operabile tra un approcio sincero ed un approcio ironico.
Anche se in questi ultimi anni la mossa dell'ironia è
stata giocata spesso, in particolare dai gruppi del nuovo
rock, e con le peculiarità che la contraddistingue
(approcio distaccato, intelligente, solipsistico), non
esiste un sostituto reale alla trasmissione diretta ed
alla ricezione di messaggi provenienti dal cuore.
L'ululato del coyote è avvertito con grande intensità
(se non ci si accosta ad esso ironicamente) perchè è
sentito profondamente da una - quella - creatura che
conosce solo come essere se stessa e che dice ciò che
questo comporta. La musica può essere così: ma è molto
raro.
Alcuni aspetti della new wave, altra musica possibile,
possono essere letti come svincolamenti contro lo
strozzamento della musica da parte dell'industria a
favore dell'apertura di nuovi raggi d'influenza.
(Attenzione: la ribellione è utilizzabile di seconda
mano per venderla in offerta speciale). In questo senso
le musiche possibili possono essere gerghizzate come new
wave "orientata all'ascolto" in contrasto con
quella "orientata al ballo".
Completata la struttura concettuale entro la quale il suo
operare si dovrebbe svolgere, Hassell si interessa - la
successione non è strettamente temporale - a modificare,
asservire le caratteristiche del suo strumento ai propri
voleri. Introdotto da Pandi Prat Nath in quelle che lui
chiama "mutazioni continue", questo perenne
variare della linea melodica, questo inghirlandare una
frase con microtoni udibili a stento, il problema era di
tradurre simile tecnica nella tromba. Ed Hassel ci
riesce, sconvolgendo in buona parte la tradizionale
tecnica dello strumento. Il suono, spiega orgoglioso, non
è più modulato dalle valvole, ma è esclusivamente
controllato dalle labbra e dal bocchino cosicchè è
possibile ottenere quella policromia timbrica
("quelle a-e-o-i-u così semplici per Pandit")
agendo sulle valvole, senza che questo modifichi la
frequenza del suono. Così permette di passare
all'istante da una tecnica di modulazione tradizionale ad
un glissando "completo".
Qui, insomma, nasce la sua snake trumpet, quel suono
cupo, magari alterato da un sintetizzatore o moltiplicato
da un echoplex, sinuoso all'impossibile. Quello strumento
che evita la constatazione di una melodia ma che, attorno
ad un riferimento flebile, costruisce il suo piccolo
regno fatto di variazioni minimali, un perenne,
sottilissimo lavoro mai ultimato, che non si stanca di
ripetere i mille intervalli che separano due note.
Come musica possibile, la musica di Hassell trasmette a
più livelli; ma è difficile cogliere il marchio
"d'ambiente", o leggervi una qualsivoglia
ironia. Il cammino, piuttosto, conduce alla "musica
eterna" ipotizzata da La Monte Young, al completo
controllo delle possibilità sonore, al livello sul quale
l'impulso emotivo è immediatamente tradotto dal suono,
senza filtri razionali. All'ascoltatore occidentale viene
da pensare ad altri esperimenti (e ce ne sono: dal Wonderwall harrisoniano, a Quintessence, a
Mahavishnu) ma il paragone, la sola parola è blasfema,
insultante. Vernal
Equinox e Possible Musics - questi due, in particolare,
lasciano attoniti per le visioni incluse gratis nei
solchi, per quel permettere una sottigliezza d'ascolto
esemplare: c'è sincerità, ingenuità, nessun oboettivo,
se non il lasciare decantare uno specifico stato d'animo,
far si che il tempo, il suono, lo spazio lo cambino.
Un viaggio fuori dal contemporaneo, potrebbe dire qualche
fanatico del partecipazionismo, ma non è neanche così.
Il Quarto Mondo (che Interview ha definito semplicemente:
"Quello che ottieni sommando il primo - Eno e
Hassell - al terzo - Nana Vasconcelos e Ayibe
Dieng". Beata idolatria d'ogni formula multi-uso)
è, volendo, interazione, musica in divenire. Lì il
patrimonio etnico, un esperanto musicale che veda e legga
in sè la kalimba e il koto, la chitarra e le steel
drums, qua le conquiste della tecnologia. Le varie unioni
possono mancare in alcuni casi di continuità logica, ma
in altri, al contrario, rappresentano (per Hassell, senza
sorta di dubbio) la fusione di ogni cultura musicale in
un unico prodotto, come tale universale. Universale nei
risultati, non negli intenti, ci viene detto.
Nel disco Possible
Musics,
nei momenti migliori di questi 45 minuti, si riesce a
raggiungere un'unificazione suono/immagine del Quarto
Mondo; si mostra la possibuilità di un nuovo contesto
per il virtuosismo strumentale; si toccano livelli di
profondo sentimento; e, in genrale, soluzioni
standardizzate sono scartate a favore di scelte più
avventurose.
Il titolo del pezzo che occupa la seconda facciata, Charm (Over
Burundi Cloud)
riflette una formula compositiva nella quale il primo
piano Charm evolve lentamente da un brusio
consistente in due suoni-momenti "congelati"
(circuitizzati digitalmente in modo da essere ripetuti
infinitamente) chiamati Burundi Cloud. Questo sottofondo
"predice" il contesto, i colori e i limiti
entro i quali la musica può sviluppare se stessa. L'idea
deriva dll'antica forma indiana di composizione che
prescrive gruppi di note, forme delle note, ornamenti,
inflessioni ritmiche, ecc. e, sopratutto, uno specifico
stato d'animo, per ogni raga.
Infine, il lavoro grafico - una foto scattata da un
satellite di un'area a Sud di Khartoum - può essere
visto come correlato visivamente al pensiero musicale:
una parte "primitiva" della Terra come la si
vede da un punto nello spazio.
Rimane il dubbio sullo spazio d'intervento della
tecnologia occidentale contemporanea; come questa riesca
ad interagire - con i suoi scatti quotidiani, le continue
"scoperte" - con una cultura formata e
modellata dal tempo. Hassell non è pessimista. La
tromba, strumento di cesellatura, raramente si affida a
manipolazioni esterne ma quando succede, a variare è
giusto il timbro, la sua qualità, non l'altezza delle
note. L'andamento serpentino, l'accavvallarsi come nei
raga di note separate tra loro da quarti di tono in una
progressione studiata, il sinuoso flettersi delle linee
come di alghe su di uno scoglio sommerso, sono
"effetti" prodotti dall'uomo e la tecnologia si
limita a colorire gli spazi bianchi del (come lo chiama
Jon) brusio sottostante, si adopera soltanto per una
migliore intelligenza del risultato finale. Nei tre
dischi non vengono utilizzate grandi strumentazioni: c'è
un harmonizer, che raddoppia una singola nota con
un'altra d'intervallo desiderato, ci sono i vecchi loops
resi di più semplice attuazione con macchine d'eco
programmabili, ci sono synth sparsi tra le righe. (...)
Luca Majer da Musica 80 n° 11
Gennaio/febbraio 1981
|
- City: Works Of Fiction
(1990) Opal 9 26153 - vinile
1. Voiceprint (Blind From The Fact) 5.46 -
2. Pagan 4.26 - 3. Mombasa 8.03 - 4. Tikal 3.06 - 5. In The City Of Red Dust 5.37 - 6. Rain 6.28 - 7. Ba-Ya D. 6.02 - 8. Warriors 9.22 - 9. Out Of Aderara 5.07
Musicians:
Jon Hassell. Gregg Arreguin, Adam Rudolph, Jeff Roma,
Daniel Schawartz
Produced by Jon Hassell
Engineering by Harry Andronis
- Sulla Strada
(1995) Materiali Sonori Maso 90066 - cd
1. Sotto Il Cielo, In Un Punto
Qualsiasi Del Pianeta 1.19 - 2. Passaggio a Nord-Ovest 7.05 - 3. Ho Avuto Una Visione,
Anch'io! 1.16
- 4. Temperature
Variabili 7.00
- 5.
Camminavo Nella Sera Piena Di Lillà '55 - 6. Tenera E' La Notte 13.28 - 7. Frontiera A Sud-Est 11.26 - 8. Tramonto, Caldo Umido 22.22 - 9. Notte, Umidità Crescente '27
Musicians:
Jon Hassell, Nana Vasconcelos, Miguel Frasconi, Michael
Brook,
Julie Ann Anzilotti, Marion D'Amburgo, Sandro Lombardi,
Federico Tiezzi, Richard Horowitz
Produced by Jon Hassell
Engineering by Michael Brook and Jon Hassell
Musica concepita per fornire un'atmosfera sonora
ritualizzata e densa di riferimenti etnici e drammatici:
questo disco racconta lo spettacolo allestito da Federico
Tiezzi e dai Magazzini e ispirato a On
The Road, il capolavoro di Jack
Kerouac.
Un'opera impegnativa, interamente musicale, fra il
melodramma epico e il musical generazionale, in cui del
celebre romanzo resta il senso del viaggio verso sud, che
non è solo il Messico, ma tutto il sud del mondo.
La suggestiva musica di Jon Hassell è la traccia ideale
per questo percorso.
Dall'incontro fra una delle compagnie teatrali italiane
più originali e il teorico della musica del Quarto
Mondo, un intreccio di ambienti e suggestioni di grande
fascino e attualità.
(Dalle note di copertina)
- Fascinoma
(1999) Water Lily WLA-CS-70 - cd
1. Nature Boy 2.45 - 2. Datura 4.31 - 3. Caravanesque 7.18 - 4. Wide Sky 6.35 - 5. Nevlana Duke 6.16 - 6. Secretly Happy 6.33 - 7. Poinciana 4.28 - 8. Sensuendo 5.15 - 9. Suite De Caravan 12.09 - 10. Estate 4.40
Musicians:
Jon Hassell. Ry Cooder, Jacky Terrasson, Rick Cox, Jamie
Muhoberac, Joachim Cooder, Rick Masterson, Rose Okada
Produced by Ry Cooder
Recorded in Christ the King Chapel, Sant'Anthony's
Seminary, Santa Barbara, California on October 1997 and
August and November 1998
Questa volta l'alieno trombettista americano Jon Hassell
ha eletto il suo quarto mondo - ipotetico continente di
musiche e sensazioni da lui sempre teorizzato - a luogo
delle memorie e della nostalgia. Lo ha fatto ispirandosi
a quel concetto di esotismo musicale che da giovane
percepiva da certe musiche radiofoniche o filmiche e che
in lui riuscivano a instillare una sorta di "oasi
permanente in technicolor". E interpretando, per la
prima volta, brani altrui come, a massima
esemplificazione, la Caravan di
Duke Ellington, cui dedica in questo nuovo album Fascinoma
ben due versioni. Insomma una
rivisatione del genere exotica, per antonomasia
sgargiante e un po' vacuo, che nelle mani di Hassell
diventa sonnolenta nebbia densa di miraggi e ricordi. Con
la tromba che, per una volta totalmente acustica e senza
un filo d'elettronica, sussurra più incantatoria che
mai.
Antonello
Antonelli da Worl Music n° 40 - dicembre 1999
- Dream Theory In Malaya
(1981) Eg egm 114 - vinile
1. Chor Moirè 2.18 - 2. Courage 3.28 - 3. Dream Theory 5.13 - 4. Datu Bintung At Jelong 7.03 - 5. Malay 10.10 - 6. Thes Times... 2.52 - 7. Gift Of Fire 5.00
Musicians:
Jon Hassell. Brian Eno, Michael
Brook,
Miguel Frasconi, Walter DeMaria
Produced by Jon Hassell
Engineering by Daniel Lanois
Recorded at Grant Avenue Studio, Hamilton, Canada
Cover painting by Mati Klarwein "Alexander's
Dream"
In anni
recenti si nota un risveglio d'interesse verso una
concezione non occidentale della cultura e della
struttura musicale che superi certi schemi
"rockistici" limitati/limitanti, così come
agli arbori dei '70, in diversa misura, con diverse
modalità e intenti, artisti di diversa estrazione e
provenienza (Terry Riley, Popol Vuh, ecc) intendevano; e
così come gruppi quali gli Embryo hanno continuato - non
curandosi delle mode e degli utili - a perseguire.
In questo "neo-universalismo" ha giocato e
gioca un ruolo importante, sia come artefice diretto che
come "richiamo" per atirare l'attenzione su
artisti e prodotti che altrimenti avrebbero poca speranza
di gareggiare con l'indifferenza della massa rockofila.
Jon Hassell ha avuto (qui da noi) il primo momento di
"notorietà", quando la Polygram si è decisa a
scendere in campo anche con la "linea" di
"musica/possibile e/o ambientale" che sta
qualificando in maniera positiva l'immagine (già
brillante: Roxy Music, King Crimson, Killing Joke, ecc)
della E.G: Fourth World Vol. 1 Possible
Musics di Hassell/Eno rappresenta
infatti l'eccellente ed eterogenea
"vinilizzazione" di quello che l'artista
intende per "musica del Quarto Mondo".
E questo suo disco più recente, sottotitolato Fourt
World Vol. 2, prende essenza da musica e cultura di due
tribù malayane, quella dei Senoi e quella dei Semelai
che danno ad Hassell materiale anche
"spirituale" per creare quell'etereo ed
incredibilmente stimolante incontro fra
"primitività" e tecnologia, senza che alcuno
dei due abbia a sopraffare l'altro (e dove si ha
l'impressione che la nostra "preistoria"
riemerga dall'inconscio, per riproporci una dimensione
umana perduta con la così detta
"civilizzazione"), e senza per questo fare una
sterile ed accademica riproduzione del "suono
perduto" o collage di effettini elettronici e
"natural noise". Hassell cita l'usanza Senoi di
riunirsi al mattino per raccontare i sogni: quello
pauroso di un bimbo che sogna una caduta viene
interpretato come "dono" per imparare a volare
la notte successiva (Dream Theory).
Su questo e su altre espressioni tribali egli basa ed
intreccia le trame delicate e tuttavia dense di
sigificati e stimoli (come in Malay
dove usa un frammento di registrazione di "giochi
ritmici sull'acqua" dei Semelai).
Ci sono in lui, oltrechè la padronanza dell'alchimia
elettronica, anche un senso della misura ed una
sincerità che sono ammirevoli: ed i risultati si
sentono...
Si, Eno c'è, "addetto" a varie funzioni
strumentali e tecniche, come altri che aiutano a comporre
quest'opera degna di attenzione e non consumistica,
prodotta dallo stesso Hassell.
Gianni
Del Savio da Rockerilla n° 23 aprile 1982
- Possible Musics
with Brian Eno
(1980) Polydor 2335 207 - vinile
1. Chemistry (Hassell/Eno) 6.48 - 2. Delta Rain Dream (Hassell/Eno) 3.22 - 3. Griot (Hassell) 4.00 - 4. Ba-Benzele (Hassell) 6.06 - 5. Rising Thermal 14 16 N: 32
28 E (Hassell/Eno)
3.34 - 6. Charm (Hassell) 21.24
Musicians:
Jon Hassell. Brian Eno, Percy Jones, Nana Vasconcelos, Ayibe Dieng, Michael
Brook,
Paul Frigerald, Jerome Harris
Produced by Jon Hassell and Brian Eno
Recorded and mixed at Celestial Sounds, New York
Engineering by Michael Jay
Possible
Musics di Jon Hassell, assistito
dalloculatezza eniana, vede la germinazione di
semplici, ma ampie, inee sonore su timbri oscuri che
muovono da poche cellule tematiche, con frequenti
ripetizioni timbriche; il taglio informale e la cupa
insistenza su particolari articolazioni labirintiche, ora
frullate, ora graffiate, cui fanno seguito le sortite
elettroniche di Brian Eno, saturano gli echi del
discernimento conducendo ad una sorta di contemplazione
tristemente ineluttabile. In un contesto così turbato,
come straniato, che afferma le ragioni di unimpulso
scoperto, turbato, oscillante tra i poli
dellirrequietezza e del lirismo calcareo, le
musiche possibili traducono il contenuto in
termini sonori fortemente personalizzati, di sorprendente
densità evocativa. Le ombre lacerate sono percettibili
nel reperimento della modernità del linguaggio armonico;
una purezza recuperata al di là della parentesi
neo-artigianale.
Jon Hassell e Brian Eno anticipano in seno ad un periodo
di trapasso i tratti inallienabili di una diagnosi sempre
più attuale: malata dalla sua operante salute e sana
nella sua apparente malattia; Charm
è il simbolo di unarte totale che è prima e che
aspira ad essere anche dopo il trapasso.
Maurizio
Bianchi da
Rockerilla n° 8 novembre 1980
- Aka Darbari Java
(1983) EG Records 811 914 - vinile
1. Empire
I) 1.59 -
II) 4.51 - III) 7.05 - IV) 5.09 - V) 3.37
2. Darbari Extension
VI) 13.53
- VII) 7.20
Musicians:
Jon Hassell, Daniel Lanois, Abdou Mboup
Produced by Jon Hassell and Daniel Lanois
Recorded at Grant Studios, Hamilton, Ontario, Canada
Engineering by Bruno Planet
Cover painting by Mati Klarwein
Dice Jon
Hassell della filosofia che anima questo suo lavoro che
"è come creare una Monna Lisa che, allo sguardo
attento, si riveli composta di tanti piccoli Taj
Mahal". Di qui il carattere di musica più che mai
composita, a doppio e triplo fondo, offerto da Aka-Darbari-Java.
E rivelato infine dal titolo, che enuncia a tutte lettere
le sue componenti: "Aka" è la tribù dei
pigmei da cui sono state tratte alcune delle voci e delle
figure ritmiche del disco; "Darbari" è il
"raga" scelto questa volta per excursus della
tromba celebre; "Java" è la patria delle basi
percussive, come sempre dispari e poliritmiche. Con in
più un tocco quasi di frivolezza, l'inserimento di
qualche frase di musica hollywoodiana
"congelata" e inserita in un sintetizzatore.
Ci sono tutti gli ingredienti dell'assel migliore, tanto
più che l'inperturbabile trombettista ha qui scelto di
suonare in solitudine pressochè totale, con il solo
appoggio di un pecussionista giavanese. E senz'altro la
prima parte del disco, Empire,
una suite in cinque parti, restituisce le emozioni ormai
consuete per l'ascoltatore abituale di musiche
hasselliane, con l'aggiunta di una sensibilità ancor
più minimal dell'usato, e una sorta di decentramento
strumentale, che vede la tromba in posizione non più di
privilegio assoluto e lunghi passaggi affidati a
sintetizzatori e voci preregistrate.
Ma la parte seconda, Darbari Extension,
non può non suscitare qualche perplessità: è un po' un
Hassell che replica se stesso, un ritorno, a tratti
persino prolisso, alle classiche esecuzioni raga, con
netti segni di stanchezza.
Fatto, questo, che non toglie tutto il valore all'opera,
pur sempre molti gradini al di sopra della produzione
"media", anche di musica d'avanguardia. Si
vuole soltanto indicare come non sempre i geni producano
soltanto oro; nella speranza, s'intende, che il breve
smarrimento di Hassell non sia che sintomo di malessere
passeggero (e senza dimenticare che l'opera potrebbe
comunque essere scelta da un ipotetico neofita come buona
"introduzione" al complesso mondo hasselliano).
Paolo
Bertrando da Buscadero n° 28 luglio-agosto 1983
- Power Spot
(1986) ECM 1327 - cd
1. Power Spot 7.07 - 2. Passage D.E. 5.25 - 3. Solaire 6.49 - 4. Miracle Steps 4.21 - 5. Wing Melodies 7.33 - 6. The Elephant And The Orchid
11.08 - 7. Air 5.20
Musicians:
Jon Hassell, J.A. Deane, Jean Philippe Rykiel, Michael Brook, Richard Horowitz, Brian Eno, Miguel Frasconi, Richard
Armin, Paul Armin
Produced by Brian Eno and Daniel Lanois
Recorded December 1984 and October 1983 at Grant Avenue
Studio, Hamilton Ontario, Canada
Engineering by Brian Eno and Daniel Lanois
Cover photo by Curtis Knapp
Forse il
metro di giudizio più corretto per valutare Jon Hassell
è quello che vale per Terry Riley: non cercare nelle sue
opere l'espressione d'un progresso o d'una ricerca in
progresso, ma la testimonianza di un'armonia raggiunta,
di una misura trovata una volta per tutte e ora
semplicemente applicata.
Mi piace pensare alla musica di Hassell come a una
costruzione circolare, atemporale, in cui le composizioni
si rimandano l'una all'altra formando una spirale più
che una linea: tanto che certe parti di questo Power
Spot potrebbero benissimo esser lette
come fonti d'ispirazione di Possible
Musics, che lo ha preceduto di sei anni
(idea questa che non è paradossale per chi, come
Hassell, sia educato al pensiero indiano, per cui lo
scorrere del tempo è poco più di un'opinione).
Si può comprendere, allora, come mai Power
Spot, che segue a distanza d'anni Aka-Darbari-Java,
presenti pochi, minimi aggiornamenti rispetto alle opere
precedenti. Le creature hasselliane mantengono il battito
dispari e variegato delle percussioni, qui più che mai
fondamento e sostanza della musica, la tromba
sapientissima, sussurrata e glissante, le note sostenute
della chitarra "perpetua" di Michael Brook.
Forse, c'è oggi un maggior uso dell'elettronica, con ben
due tastieristi in certi pezzi, percussioni artificiali e
filtri in quantità sulla magnifica tromba del leader,
impegnata ancora una volta a catalogare scale esotiche.
Brian Eno, come sempre strillato in copertina, mette di
suo poco più del nome; ma gli altri musicisti, sopra a
tutti il pecussionista J.A. Deane, il tastierista Jean
Philippe Rykiel e - dove presente - Michael Brook, si
trovano a memoria nelle eteree, sottili musiche. (...)
Paolo
Bertrando da Buscadero n° 64 novembre 1986
- Flash Of Spirit
with Farafina
(1988) Ariston 1c 068 7 811861 - vinile
1. Flash Of Spirit (Laughlin) 5.44 - 2. Night Movies (Fear) 2.23 - 3. Air Afrique (Wind) 3.59 - 4. Aout Pours (Kongo) Blue (Prayer) 7.10 - 5. Kaboo (Play) 2.52 - 6. (Like) Warriors Everywhere (Courage) 4.43 - 7. Dreamworls (Dance) 4.52 - 8. Tales Of The Near Future (Clairvoyage) 4.17 - 9. A Vampire Dances (Symmetry) 4.00 - 10. Masque (Strenght) 11.43
Musicians:
Jon Hassell, J.A. Deane, Paco Yè, Soungalo Coulibaly,
Tiawara Keita, Seydou Ouattara, Beh Palm, Baba Diarra,
Daniel Schawartz, Mahama Konatè
Produced by Jon Hassell, Daniel Lanois and Brian Eno
Recorded at Media Sound Studios, New York on August 1987
Engineering by Lolly Gardner
Cover art by Dennis Keeley
Di
contaminazioni, il signor Hassell se ne intende. Al punto
che può vantarsi di figurare tra i preferiti di Brian
Eno, qui co-produttore, che non definireemo proprio un
pivello in materia. Farafina, un gruppo di otto
musicisti-danzatori del Burkina-Faso, è uno dei nomi
emergenti della musica dell'Africa occidentale. Già ben
apprezzati in Francia Mahama Konatè e compagni sono a
loro volta sperimentatori nati, che lasciano volentieri a
casa la tradizione folk dell'ex Alto Volta per usare in
modo nuovo strumenti come il balafon e il djembe,
rispettivamente una sorta di vibrafono e un tamburo, e
pongono al vertice delle loro preferenze Art Balkey.
Dall'incontro scaturisce un disco di grandi atmosfere, un
concept-album rarefatto e spiritato in cui le due culture
si rapportano intelligentemente alla pari.
Paolo
Ferrari da Velvet n° 4 gennaio 1989
- The Surgeon Of The Nightsky Restores Dead Thing By The Power Of Sound
(1987) Opal 066-24 - vinile
1. Ravinia/Vancouver 20.53
- 2. Paris I 5.46
- 3. Hamburg 7.07
- 4. Brussels 10.54
- 5. Paris II 8.39
Musicians:
Jon Hassell. Jean-Philippe Rykiel, J.A. Deane, Richard Horowitz, Michael Brook
Produced by Jon Hassell
Cover art by Melissa Miller
- Vernal Equinox
(1978) Lovely lcd 1018 - cd
1. Toucan Ocean 3.50
- 2. Viva Shona 7.03
- 3. Hex 6.23
- 4. Blues Nile 9.54
- 5. Vernal Equinos 21.58
- 6. Caracas Night September 11, 1975 2.11
Musicians:
Jon Hassell. Nana Vasconcelos, David Rosenboom, Miguel Frasconi, Nicolas
Kilbourn, William Winart, Drone
Produced by Jon Hassell
Recorded at the York University Electronic Media Studios, Tonronto,
Ontario on October/November 1976
Engineering by Michael Brook, Rich LePage, Andy Jarison, David Rosenboom
(...) Vernal Equinox èuno struggente delirio di
paura e di speranza. Pur fra i rumori elettronici e le percussioni
esotiche (di Nana Vascancelos) è il timbro della tromba il protagonista
assoluto del disco: un timbro fatto di vento, di echi, di versi
animaleschi, di melma, di sabbie mobili, di canne di bamboo, di bruma
densa e lattiginosa. La tromba dipinge un affresco desolato di un altro
mondo (in cui risuonano echi d'Africa, Asia, Sudamerica) che è più
vicino dell'Occidente al suono primordiale. La tromba evoca civiltà
primitive con quel suo canto spezzato e sinuoso, filtrato da un
sintetizzatore o raddoppiato da un echoplex; un lamento senza fine,
lento e dimesso, che continua a mormorare la stessa apatica stanza
nenia.
Hassell si ispira all'umanesimo di Don Cherry e ai raga di Pandit, ma
anche al minimalismo e al jazz-rock, dei quali assimila le tecniche in
un vocabolario più ampio. Ne risulta una babelica confusione di
patrimoni tradizionali (congas, tamburi, sonagli) e tecniche
elettroniche. Il viaggio trans-spirituale inizia con il suono
dell'oceano e i gorgheggi striduli della tromba in Toucan Ocean e
si inoltra nella giugla arcana di Viva Shona (per tromba, mbira,
campanelli e uccelli tropicali) in cui la tromba fa il verso degli
animali su un tappeto percussivo scarno, aritmico, dissonante, afono,
che trasuda umidità di palude e di foresta. Il ronzio da mosca tse-tse e
il ritmo tribale di Hex completano il viaggio nei meandri del
misterioso paesaggio esotico. Il solenne mantra di Blues Nile,
una sinfonia di echi per limo, sabbia, argilla e polvere che accompagna
il maestoso incedere del fiume, va invece oltre il puro descrittivismo.
La suite Vernal Equinox è un primo capolavoro della sua musica da camera
per tromba, elettronica e percussioni: il sintetizzatore non fa altro
che tenere lunghi accordi indianeggianti, le percussioni picchiettano in
sottofondo e la tromba, anemica e tisica, butta sangue e geme senza
forze, delira fino all'ultimo, logorroica ma fatalisticamente
rassegnata. E', in effetti, un raga dei poveri, un raga delle
popolazioni della jungla, un raga dei coltivatori di riso, delle
mangrovie, dei giaguari e dei boa. (...)
Piero Scaruffi da: Enciclodepia della Musica New Age, Elettronica,
Ambientale, Pan Etnica ed. Arcana (1996)
- Earthquake Island
(1989) Tomato 2696122 - cd
1. Voodoo Wind 9.29
- 2. Cobra Moon 4.49
- 3. Sundown Dance 4.43
- 4. Earthquake Island 10.07
- 5. Tribal Secret 3.44
- 6. Balia 4.32
- 7. Adios Saturn 1.52
Musicians:
Jon Hassell, Nana Vasconcelos, Miroslav Vitous, Claudio Ferreira, Ricardo
Silveira, Badal Roy, Dom Um Romao, Clarice Taylor
Produced by Jon Hassell
Recorded at Power Station Studios, New York City
Engineering by Burt Szerlip
Cover by Abdul Mati Klarwein
(...) Earthquake Island, con un combo di jazz
-rock, mette insieme altri sette tasselli del suo mosaico poliglotta,
affresco magico e lussureggiante di una paesaggio immaginario, e il
risultato è appena meno suggestivo; colpa di un nervoso ritmo
sudamericano (ancora Vasconcelos) che prevale sugli equilibrismi
spiritati della tromba, occludendo parte della sua espressività.
Voodoo Wind è la danza più stralunata, dominio dei tornadi
percussivi di Vasconcelos e di un canto femminile fatto di soli vagiti e
sillabe ritmiche, ma i più seducenti sono Cobra Moon, nel suo
sinistro incedere, fra i guaiti delle percussioni e la melodia ispida
della tromba, e Tribal Secret, con un tono minaccioso di
sintetizzatore e ritmi arcaici di palude. Se Sundance si scatena
in un delirio di clapping, Earthquake Island annega in un mare di
dissonanze anemiche.
Piero Scaruffi da: Enciclodepia della Musica New Age, Elettronica,
Ambientale, Pan Etnica ed. Arcana (1996)
- Dressing For Pleasure
(1994) Warner Bros 9362-45523 - cd
1. G-Spot 5.03
- 2. Villa Narco 4.32
- 3. Kolo X 3.48
- 4. Personals 4.13
- 5. Club Zombie 3.28
- 6. Zeitgeist 3.51
- 7. Steppin' Thru Time 4.08
- 8. Destination: Bakiff 4.16
- 9. Sex Goddes 4.30
- 10. Buzzword 4.28
- 11. The Gods, They Must Be Crazy 5.42
- 12. Mati 4.21
- 13. Blue Night 7.42
Musicians:
Jon Hassell, Pete Scaturro, Brain, Joe Gore, Blk Lion, Kenny Garrett,
Flea, Trevor Dunn, Leslie Winer, Islam Shabazz, Buckethead, Jamie
Muhoberach, Gregg Arreguin, Zoè Ellis, Greg Kurstin, Peter Freeman,
Adam Rudolph, Lee Curreri, Dj Grand Shogun Kb
Produced by Jon Hassell and Pete Scaturro
Recorded at Mutron Studios, San Francisco on July/December 1993
Engineering by Pete Scaturro
- Last Night The Moon Came Dropping Its Clothes In The Street
(2009) ECM 2077 - cd
1. Aurora 5.22
- 2. Time And Place 3.48
- 3. Abu Gil 13.04
- 4. Last Night The Moon Came 11.15
- 5. Clairvoance 1.05
- 6. Courtrais 5.44
- 7. Scintilla '50
- 8. Northline 6.43
- 9. Blue Period 7.58
- 10. Light On Water 7.59
Musicians:
Jon Hassell. Peter Freeman, Jan Bang, Jamie Muhoberac, Rick Cox, Kheir
Eddine M'Kachiche, Eivind Aarset, Helge Norbakken, Pete Lockett, Dino
J. A. Deane, Steve Shehan
Produced by Jon Hassell and Manfred Eicher
Engineering by Gerard De Haro and Nicolas Baillard at Studios La
Buissonne, Pernes-Les-Fontaines
Cover photo by Gerald Minkoff
I
profumi intensi e veraci di Pernes-les-Fontaines accompagnano questo
viaggio trasognato che il guru Jon Hassell si concede in compagnia di
giovani viandanti che lo proteggono dal soffio insidioso del Mistral. La
scelta di un territorio di riferimento è molto importante in un contesto
impalpabile come quello che caratterizza la musica di questo magnifico
trombettista e pensatore. La meravigliosa terra di Provenza, scelta come
location per la registrazione di buona parte delle 9 composizioni
racchiuse in questo album dal titolo chilometrico (tratto da un poema
del 13° secolo), ripaga con gli interessi l'investimento e dispiega il
mood giusto per uno dei lavori più affascinati della intera produzione
discografica dell'ultrasettantenne enigmatico filosofo delle note
musicali.
Per l'occasione c'è anche un
ritorno a casa molto importante: infatti Jon Hassell aveva interrotto il
suo rapporto di collaborazione con la ECM nel lontano 1985, all'epoca di
Power Spot. In occasione di questa nuova collaborazione con
l'etichetta di Manfred Eicher il boss in persona (Eicher per l'appunto)
si è esposto in prima persona come produttore, a significare un evidente
intimo coinvolgimento che va certamente al di là di un semplice rapporto
basato sul business.
Una delle
caratteristiche più intriganti della musica di questo tipo, mutuata
anche dalle eccellenti collaborazioni con Brian Eno nei primissimi anni
ottanta, è la sua capacità di far emergere, apparentemente dal nulla,
fascinose suggestioni che si rincorrono senza fretta, senza ansia, senza
peso. La musica galleggia nell'aria e si muove lentamente, trovando un
percorso sempre sorprendente che sfugge via nella finta immobilità di
fondo.
L'approccio costruttivo e
organizzativo del cinema è sempre stata una fonte di riferimento per
Hassell e anche in questo caso l'album sembra costruito con gli stessi
criteri coi quali si costruisce un bel film. Si sceglie una trama più o
meno chiara, si sceglie una location che sappia fornire lo scenario
adatto, si scelgono gli attori e la troupe. E poi si fanno interagire.
Nel caso di Hassell gli attori sono certamente i musicisti e la troupe è
lo staff che gli consunte di utilizzare la tecnologia in maniera
trasparente ma indubbiamente efficace. E dal mondo del cinema viene
anche la capacità di sapere 'montare' gli elementi che si hanno a
disposizione. Un aspetto della strutturazione musicale reso
particolarmente importante a seguito delle splendide intuizioni di Teo
Macero e Miles Davis, da In A Silent Way in poi.
I musicisti scelti sono tutti perfetti nel loro ruolo ma in particolare
vogliamo segnare il bassista Peter Freeman, il batterista Helge
Norbakken, il violinista Kheir Eddine M'Kacich e il chitarrista Eivind
Aarset. Senza dimenticare la scelta dei punti di riferimento, elemento
sottile che fa da vero spartiacque per distinguere fra l'oro e il
piombo. Jon Hassell non ci delude neppure in questo particolare: sceglie
Gil Evans ed Hector Zazou, citati espressamente nelle liner notes. Ma
sappiamo per certo che sceglie come numi tutelari anche Miles Davis e
Mati Klarwein. Il Dio della musica e della vita lo abbia in gloria
Maurizio Comandini
Maarifa Street (Magic
Realism)
(2005) Nyen lblc 6674 - cd
1. Divine SOS 7.14
- 2. Maarifa Street 7.08
- 3. Warm Shift 4.22
- 4. Open Secret (Paris)
11.47 - 5. New Gods 7.55
- 6. Darbari Bridge 11.33
- 7. Open Secret (Milano)
11.42
Musicians:
Jon Hassell. Peter Freeman, Rick Cox, John Beasley,
Dhafer Youssef,
Paolo Fresu, Abdou Mboup
Produced by Jon Hassell
Engineering by Peter Freeman
All tracks recorded live in Milan, Montreal and Paris, 2002-2003,
except New God recorded at The Game Room, Los Angeles
Cover art by Abdul Mati Klarwein
-
Listening To Pictures
(2018) Ndeya 1 - cd
1. Dreaming
- 2. Picnic - 3. Slipstream
- 4. Al-Kongo Udu - 5. Pastorale Vassant
- 6. Manga Scene
- 7. Her First Rain
- 8. Ndeya
Musicians:
Jon Hassell, Rick Cox, John Von Seggern, Hugh Marsh, Peter Freeman,
Ralph Cumbers, Eivind Aarset,
Khneir-Eddine M'Kachiche, Christoph Harbonnier, Christian Jacob, Michel
Redolfi
Produced by Jon Hassell
Recorded at Studio Venice, California
Engineering by Al Carson and Jon Hassell
-
Seeing Through Sound
(2020) Ndeya ndeya 7 - cd
1. Fearless
8.04 - 2. Moons Of Titan
4.23 - 3. Unknow Wish
2.53 - 4. Delicado
4.02 - 5. Reykjavik
2,16 - 6. Cool Down Coda
1.41 - 7. Lunar 6.38 - 8. Timeless
8.11
Musicians:
Jon Hassell, Eivind Aarset,
Rick Cox, John Von Seggern, Kheir-Eddine M'Kachiche, Michael Redolfi,
Christoph Harbonnier, Christian Wittman, Peter Freeman, Hugh Marsch,
Jan Bang, Sam
Minae, Adam Rudolf
Produced by Jon Hassell
Engineering by Arnaud Mercier
Recorded at Stusio Venice, California
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