Brian Eno
album
in pagina:
-
Another
Green World
- The
Drop
- The Pearl
(with
Harold Budd)
- My Life In The Bush
Of Ghosts
(with
David Byrne)
- The
Plateaux Of Mirror
(with
Harold Budd)
- Wrong
Way Up
(with
John Cale)
- Nerve
Net
- On
Land
- Apollo
- Thursday
Afternoon
-
Music For Film III
-
Music For Film
-
Neroli
-
After The Heat
-
Cluster & Eno
-
Before And After Science
-
Another Day On Earth
- Taking Tiger Mountain
- Small Craft On A Milk Sea
(with Jon Hopkins and Leo Abrahams)
- Lux
- The Ship
collabora in:
-
Bright Red/Tightrope
- The Ungly One With The Jewels
(Laurie Anderson)
- Hybrid
(Michael Brook)
- Heroes
- Lodger
- Low
(David Bowie)
- The Pavillon Of Dreams
(Harold Budd)
- The Catherine Wheel
(David Byrne)
- Slow Dazzle
- Helen Of Troy
- Words For The Dying
(John Cale)
- Rain Dances
(Camel)
- The Equatorial Stars
(Robert Fripp)
- The Lamb Lies Down On Broadway
(Genesis)
- Tracks And Traces
(Harmonia)
- Dream Theaory In Malaya
- Flash Of Spirits
- Possible Music
-
Power Spot
(Jon Hassell)
- Diamond Head
- Listen Now!
(Phil Manzanera)
-
Little Red Record
(Matching Mole)
- Undark One Strange Familiar
(Russell Mills)
- The End
(Nico)
- Faith And Courage
(Sinead O'Connor)
- For Your Pleasure
- Roxy Music
(Roxy Music)
- Remain In Light
- Fear Of Music
- More Songs About Building And Food
(Talking Head)
- The Unforgettable Fire
- Zooropa
(U2)
-
Comicopera
-
Cuckooland
-
Ruth Is Stranger Than Richard
-
Shleep
(Robert Wyatt)
-
Quadri + Chromies
(Hector
Zazou)
Non-musicista? Oh si, se la musica è, come
accade nell'ordine dell'abitudine, sistema di regole
fisse, di sensi unici, di posti di blocco che occludono,
immobilizzano, sezionano, sanzionano. Non-musicista nel
senso di Eric Satie o in quello di John Cage. Inventore,
dunque; progettista di situazioni nelle quali il suono
possa accadere, procedere da sè, vibrare di vita
propria. Questa l'appassionante frequenza su cui si è
installato Brian Eno, prodigioso prefiguratore che
coniuga una sensibilità estetica di raffinato sapore
settecentesco con un istinto stralunato per le vibrazioni
della metropoli elettronica.
Eno, dunque, sceglie di chiamarsi fuori da qualunque
ordine normativo o "altro" che sia. Coglie il
limite mortale della filosofia rock nella sistematica
riduzione di ogni tendenza inventiva nelle pillole di una
formula (perfino Jim Morrison, Jimi Hendrix, Patti Smith,
hanno contratto il contagio). E opera allora un decisivo
mutamento di scenario: non - si badi bene - una semplice
rottura, una trasgressione. Uno spostamento, piuttosto:
la scelta di un'angolazione che, situata fuori da orbite
già codificate, offra una visuale più nitida della
realtà e spalanchi orizzonti inediti e ineludibili.
Strategie ubique: così, con seducente effetto
prospettico, Eno battezza questa pratica espansiva. E che
Eno dia spessore e ali un'appassionante figura di
musicsta traversale, lo attesta ogni particella del suo
universo polimorfe. Se è vero che - come dice Borges -
"il fatto estetico non può prescindere da qualche
elemento di stupore... stupirsi a memoria è
difficile", Eno visibilmente annoiato dalla piatta
confermazione del paesaggio sonoro, muove dunque verso
spazi inesplorati, dove limiti e steccati fra uno stile e
l'altro smettono di esistere. Ricomporre l'universo
sonoro, dunque: ricomporlo nel solo modo emozionante,
quello della possibilità.
Tanta apertura non si traduce - non soltanto - nella
semplice somma pop+contemporanea, energia
comunicativa+raffinata cultura (due mezze verità, comeè
noto, non danno luogo a nulla di buono...). No, Eno tende
irriducibilmente più in alto, verso una musica ancora
più indeterminata, fluida, ariosa. Verso gli
imprevedibili scenari dell'infinitezza. Da una parte,
dunque, distende risonanze e climi di vertiginosa
spazialità, dall'altra mette in circolazione una
molteplicità percettiva ed espressiva, formale e
linguistica (intuendo sulla soglia degli anni Ottanta,
nel mezzo della mutazione elettronica, ogni esperienza
sensoriale non può non essere pluridimensionale).
In questa pratica di ubiquità, Eno è dunque, di volta
in volta, musicista e non-musicista, stratega e
fiancheggiatore, inventore visionario e beffardo
masticatore di banalità, discreto collezionista di
eventi e improbabile divo della soversione. Sul fronte
della canzone - dagli esordi con i Roxy Music inquietanti
e kitsch alla didattica dell'ambiguità di Taking Tiger
Mountain, dalle dritte per i soft punk Talking Heads
alla sofisticata "linea di massa" con David
Bowie - Eno mescola con impagabile malizia luci e ombre,
evidenza e magia, superficie e profondità. Con gli
sperimentatori più selvaggi e spasmodici del nuovo rock
(Teenage Jesus, DNA, Mars, Contorsions, fino ai Devo
stessi), Eno istiga all'eccesso, orientando verso la
deliranza del suono la forsennata tensione delle bande
metropolitane. Ma dove Eno dispiega fino alla vertigine
la trama della possibilità, è innanzitutto dando
respiro alla musica per ambienti: un lavoro di prodigiosa
sensibilizzazione del suono che, partito dalle
cospirazioni con Robert Fripp e transitato per le
preziose intensità sperimentali della Obscure, è
momentaneamente sfociato nelle sublimi immaginiFor Films
e For Airport. Dove tecnica, ironia, cultura, dove la
potenza stessa della macchina elettronica sono certamente
persenti ma accuratamente dissimilate, perchè è altrove
che questa musica manifesta la sua intensità inventiva:
è nella sensibilità per il suono, nella passione per la
forma, nell'istinto sperimentale. Dove, cioè, la musica
esce dallo spettacolo ed entra nell'esistenza, esce
dall'ordine cadaverico della rappresentazione ed entra
nel patchwork della trasformazione.
Qui, in una musica stupendamente inestricabile dal soffio
della vita stessa, Brian Eno trasporta finalmente il
gusto aristocratico sullo scenario dell'immaginario
collettivo.
Franco
Bolelli da Musica 80
N° 2 marzo 1980
|
- Another Green World
(1975) Eg egcd 21- cd
1. Sky Saw 3.25 - 2. Over Fire Island 1.49 - 3. St. Elmo's Fire 2.56 -
4. In Dark
Trees 2.29
- 5. The
Big Ship 3.01
- 6. I'll
Come Running 3.48
- 7.
Another Green World 1.28 - 8. Sombre Reptiles 2.26 - 9. Little Fisches - 10. Golden Hours 4.01 - 11. Becalmed 3.56 - 12. Zawinul/Lava 3.00 - 13. Everything Merges With The
Night 3.59
- 14.
Spirits Drifting 2.36
Musicians:
Brian Eno, Phil Collins, Percy Jones, Paul Rudolph, Red Melvin, John Cale, Robert Fripp, Brian Turrungton
Produced by Brian Eno and Rhett Davies
Non più
"sound designer" dei leggendari Roxy Music e
non ancora profeta dall'ambient music. Così il primo
Brian Eno solista, che pubblicò quattro dischi destinati
a fare scuola.
Di quel poker stupefacente, la carta migliore, insieme al
successivo Before And After Science,
resta il terzo della serie, che nel titolo allude a
"un altro mondo verde". E un po' un altro mondo
suonavano allora le musiche che ne facevano parte.
Ancora scritte nella forma canzone, erano però
rimodellate secondo i canoni del progressive (St.
Elmo's Fire, Golden
Hours, I'll Come
Running), e prossime all'approdo
ambientale (The Big Ship,
Sombre Reptiles, Becalmed).
Presagi dei suoni che avrebbero preso forma in quel
futuro che ora chiamiamo presente.
Alberto
Campo
da Musiche di Repubblica n° 417 20 maggio 2004
- The Drop
(1997) All Saints ascd 32 - cd
1. Slip, Dip - 2. But If - 3. Belgian Drop - 4. Cornered - 5. Blcok Drop - 6. Out/Out - 7. Swanky - 8. Coasters - 9. Blissed - 10. M.C. Organ - 11. Boomcubist - 12. Hazard - 13. Rayonism - 14. Dutch Blur - 15. Back Clack - 16. Dear World - 17. Iced World
Brian Eno solo
Produced by Brian Eno
Cover by Brian Eno
Sembra che
il "non-musicista" Brian Eno sisia, almeno per
il momento, ritirato dalla mischia confinandosi a San
Pietroburgo e da lì si manifesti affidandosi come suo
solito alla tecnologia. Il che ai nostri giorni significa
le autostrade elettroniche di Internet. Manda però anche
segnali della sua arte con questo The
Drop: un diligente compitino con il
quale ricorda quali effetti potessero accendere le
composizioni di indirizzo strumental-ambient delle sue
prime opere.
Quella materia infatti, è rivisitata con un lavoro
lieve, quasi artigianale, lasciandoci verificare quanto
ancora riesca a impressionare la forza delle inziali
intuizioni. E le brevi composizioni di The
Drop riescono non solo ad incantare
tutte, ma alcune davvero a turbare - con quel magnetismo
innato nel musicista inglese, che nella conclusiva Iced
World dimostra come anche discretissime
drum machine, se reiterate per 33 minuti, possano far
sbocciare florilegi ambientali fra i più puri.
Lunga vita al Re!
Antonello
Antonelli da World Music n° 28 settembre 1997
- The Pearl
with Harold Budd
(1984) Eg eged 37 - vinile
1. Late October 4.42 - 2. A Stream With Bright Fish 3.55 - 3. The Silver Ball 3.23 - 4. Against The Sky 4.46 - 5. Lost In The Humming Air 4.02 - 6. Dark-eyed Sister 4.39 - 7. Their Memories 3.52 - 8. The Pearl 3.08 - 9. Foreshadowed 3.47 - 10. An Echo Of Night 2.26 - 11. Still Return 4.19
Musicians:
Brian Eno, Harold Budd
Produced by Brian Eno and Daniel Lanois
Recorded at Bob and Dan Lanois Studio in Canada
Cover by Russell Mills
(...)
Ancora una volta l'incanto si compie, la musica
dell'ambiente si espande, assorbe l'essere umano in un
vortice magico di templi e maree. Harold Budd e Brian Eno
dipingono orizzonti nei labirinti onirici della quiete
notturna. Note di piano, assemblate in lievissimi
marchingegni volanti, vibrano nell'eco inquietante di
vaporose correnti elettroniche. I riflessi della perla
solcano i fondali, innamorano i giganti oceanici,
sorridono abissali dolcezze alle più inquiete iridi
umane. La musica e l'anima, e poi l'anima si avvicina
alla mente.
Ognuno con sensibilità e colori per dare significato a
tutto ciò che non può essere descritto, ma può
suscitare reazioni emotive profondissime e affascinanti.
Eno e Budd sono impegnati da anni in questo tipo di
espressione, eppure i loro brani paiono comparire dal
nulla acustico come spettri evanescenti di realtà
isolanti, improvvise, irripetibili. La musica della perla
è colonna sonora di continue riflessioni; non trascina,
ma sospinge e sostiene, culla il ricordo e stimola i
processi mentali, i trasporti emotivi, i limpidi slanci
di tranquilla introspezione. La perla immobile nel palmo
della mano sembra un piccolo mondo lontano: è popolata
di affetti, di sconfinate speranze, di angoli bui
dimenticati dalla luce e dimenticati della propria
esistenza. Piccolo grande mondo, carezzato da ondate di
musica indefinita, dolcemente eterna nelle sue
metamorfosi di prospettiva e armonia.
Bellissimo disco.
Alessandro
Calovolo da Rockerilla n° 50 ottobre 1984
- My Life In The Bush Of Ghosts
with David Byrne
(1981) Eg 2311 060 - vinile
1. America Is Waiting - 2. Mea Culpa - 3. Regiment - 4. Help Me Somebody - 5. The Jezanel Spirit - 6. Qu'ran - 7. Moonlight In Glory - 8. The Carrier - 9. A Secret Life - 10. Come With Us - 11. Mountain Of Needless
Musicians:
Brian Eno, David Byrne, John Coolsey, Chris Franz,
Dennis Keeley, Mingo Lewis, Praire Prince, Jesse Rorsey, Bill
Laswell,
Steve Scales, Tim Wright, David Van Tieghem
Produced by Brian Eno and David Byrne
Cover by Brian Eno
Ogni tanto
capitano situazioni in cui si corre il rischio di
esagerare. Questa può essere una di quelle: i due
signori godono di fama che conta, sono conosciuti ed
apprezzati e si sono d'altra parte dimostrati sempre
riluttanti ad intrapprendere direzioni compromissorie;
celebrati ed intergerrimi (o quasi), un binomio raro. Se
questo non bastasse c'è poi la musica, talmente
"altra" nella sua essenza e così scarna e
lucida nelle'sposizione, priva com'è di concessioni a
manierismi di sorta; sembra che tutto congiuri per
indurre all'esagerazione. Cadere in questo tranello?
Esagerare i toni quindi? Va da sè che comunque la si
prenda è difficile riuscire ad adottare criteri che
appartengono al raziocinio e non piuttosto
all'entusiasmo. Forse My Life In The
Bush Of Ghosts è davvero
entusiasmante, almeno tanto quanto lo si aspettava; il
segreto sta forse proprio nella relazione fra queste
aspettative ed il loro soddisfacimento, da BRian Eno e
David Byrne si attendeva un contributo importante e
significativo a questo "work in progress" che
è la ridefinizione del perimetro in cui inscrivere la
musicalità contemporanea ed il loro intervento c'è
stato: brillante, lucido e pioneristico nella misura
giusta, quella che si poteva auspicare.
Si può quindi considerare fin ora questo lavoro, più
ancora che un "manifesto di intenzioni", un
vero e proprio prototipo di musica moderna, tale è la
sua forza sincretistica. Già nel suo divenire
cronologico è stato possibile ricavare questa
impressione: si intuiva come inizialmente il baricentro
dell'opera fosse spostato a favore di alcune intuizioni
di Eno; la prima stesura riprendeva infatti alcuni
suggerimenti della così detta "musica del quarto
mondo" (formula espressa da Jon Hassell per definire
la sperimentazione di possibili relazioni incrociate fra
la musica occidentale e quella del terzo mondo); di
questi insegnamenti hasselliani pare che Eno avesse fatto
tesoro e lo si avverte distintamente nei quattro brani
"saltati" nel passaggio da "demo" a
prodotto discografico. (...)
In ogni caso si tratta si tratta di pezzi che nascono dal
medesimo ceppo ispirativo pur articolandosi secondo
modalità differenti: lente ed ipnotiche le prime due,
più agili le altre, vicinissime concettualmente alla
musica araba. Ma questa prima stesura peccava forse
proprio di questa lettura acritica dell'intuizione
hasselliana ed appariva quindi un po' impacciata nel
complesso, ma più ancora di questo si segnalavano indizi
di poca coesione fra un frammento e l'altro, soffrendo
probabilmente l'assenza di un filo conduttore. L'ultima
fase di messa a punto, svoltasi a San Francisco
nell'agosto dell'anno passato, ha però chiarito i
lineamenti di questo lavoro, donandogli omogeneità,
smussandone le asperità, offrendogli un suo equilibrio
ed assegnadoli, innanzi tutto, un filo conduttore.
Viene infatti alla luce un vero e proprio studio
antropologico sulla voce umana: degli undici brani
scelti, ben dieci sono organizzati attorno a voci
"casuali", colte nel loro ambiente, espunte e
ricollocate in questo ambito a loro inusuale; l'idea è
quindi anche quella di rintracciare la musicalità celata
fra le pieghe della vita quotidiana, organizzando perciò
armonicamente suoni di solito finalizzati altrimenti.
Genio e sregolatezza: il gioco intelettualistico della
bizzarria ed il vigore creativo del plasmare ad arte una
materia prima grezzissima; ma non tutto si risolve in
questa chiave, il mosaico è articolatissimo e si
arricchisce dell'interporsi di frammenti di vita
occidentale (il sermone di un reverendo, spezzoni di un
dibattito radiofonico) ed afro-asiatica (una cantante di
montagna libanese, un muezzin, la cantante egiziana) su
di una trama musicale che è a sua volta ibrida,
comprendendo sia la rilettura aggiornatissima della
musica di colore operata da David Byrne che le ricerche
etno-musicali di Eno e Hassell (una vera e propria
presenza incombente la sua in questo lavoro). La
struttura si presenta quindi più "aperta"
rispetto alle realizzazioni precedenti del duo, tentando
di conciliare fra loro elementi già citati in precedenza
ma solo separatamente (Houses In Motion
da un canto e Listening Wind
dall'altro per riferirsi a Remain In
Light).
Mi sembra che sotto questo aspetto simbiotico il vertice
più alto venga toccato in Regiment,
un pezzo firmato anche da "Busta" Jones (l'ex
bassista dei Funkadelic); si addizionano qui con
equilibrio perfetto il "dialetto" funky
suggerito da Jones e Byrne ed il reperto, consistente in
un canto di montagna libanese, dando forma e sostanza al
concetto di musica "universale" tanto la
sintesi di due linguaggi così difformi appare armonica.
Altrove l'equilibrio viene raggiunto ad un livello meno
alto, concedendo più spazio, di volta in volta, all'una
o all'altra delle fonti ispirative, ma nulla in ogni caso
è concesso alla "banalità" di un pezzo di
matrice univoca; la fusione è tentata sempre e comunque.
Spicca l'accento dei "già familiare" nelle
nuove (rispetto alla stesura originale) Help
Me Somebody (dove
"l'estraneo" è addirittura un sermone
radiofonico), Qu'ram,
dense entrambe di umori funky e nell'incredibile The
Jezebel Song, in cui attorno alla voce
alterata di un esorcista (!?) viene architettato un ritmo
tribale di pelle nerissima, quasi fosse il sostanziarsi
dello spirito "dell'invasato". Più inclini
alla filologia etnica si rivelano invece l'altro pezzo
nuovo, Moonlight In Glory,
The Carrier (dove
ricompare Dunya Yusin, la cantante libanese) e Secret
Life; queste ultime due riafferrano il
bandolo della matassa già utilizzata in Listening
Wind e agiscono quindi negli stessi
emisferi, con cadenze ipnotiche fra scenari fuori dal
tempo. Rimangono un po' laterali a queste due
"mainstream" alcuni brani : Come
With Us un esperimento impressionista
in cui gruppi di suoni appaiono e scompaiono velocemente,
America Is Waiting,
aspro e scandito nel suo rincorrere una voce radiofonica
inentelleggibile, decisamente il tassello più
"occidentale" di questo mosaico, così simile
in certe cose alle strategie complesse dei Cabaret
Voltaire.
Ho lasciato non casualmente per ultimi due episodi
"monumentali" per ragioni diverse: Mea
Culpa e Mountain Of
Needless. Il primo è sagomato attorno
ad un ecceso dibattito radiofonico, imbastito su di u
vorticoso tappeto percussivo e mormorato con cadenze
"raga"; si colora di un indefinibile fascino
nel finale, modificandosi in minime variazioni tonali. Il
secondo è "altrove", intento com'è alle
"musiche possibili" di Hassell: fermo e
contemplativo, riprende anche i fili delle esperienze
"ambientali" di Eno. Due "perle" che
potrebbero vivere autonomamente, ma qui è l'insieme che
conta e l'insieme è alla fine assai omogeneo, i brani si
dispongono secondo una logica rigorosa; mai rotture
quindi, bensì una continuità fatta di piccoli e sottili
cambiamenti; ma alla fine, sorprendentemente, ci si
avvede che l'ampiezza del disegno è molto maggiore di
quanto non si potesse supporre. Se da un lato viene dato
spazio a questa dimensione contemplativa, di osservazione
analitica del patrimonio etnico-musicale del mondo,
dall'altro essa stessa viene superata e la collocazione
di questo lavoro, nell'istante stesso in cui si
manifesta, è già tutta proiettata nel domani: un vero e
proprio nuovo indirizzo musicale viene abbozzato e si
delinea la possibilità che si aprano nuove strade. E'
lecito allora immaginare questi suoni come "musica
di transizione" verso nuove forme ed è la stessa
attenzione quasi scientifica che questo
"workshop" applica nel drenare i suoni
emergenti da altre culture che non siano quella
occidentale che ne fa, probabilmente, fede. La tentazione
di fughe in avanti è nel frattempo sviata con destrezza,
attento cone è David Byrne a mantenere i legami con la
realtà contemporanea, salvaguardando perciò la
capacità di esprimersi in modo comprensibile: l'uso
alternato di suoni e ritmi "diversi" e non,
l'assorbimento nella musica di "rumori"
quotidiani, mantengono unitario il discorso nel suo
complesso e mettono in moto un linguaggio di sufficiente
assimilabilità.
Un album, questo, che rasenta il limite della perfezione,
raro come si dimostra nell'acume e nell'equilibrio; suoni
che vivono fra il "prima" e il "dopo"
la scienza: auspicio di futuro.
Alberto
Campo
da Rockerilla n° 12 marzo 1981
- The Plateaux Of Mirror
with Harold Budd
(1980) Polydor 2335 205 - vinile
1. First Light 6.58 - 2. Steal Away 1.25 - 3. The Plateaux Of Mirror 4.09 - 4. Above Chiangmai 2.44 - 5. An Arc Of Doves 6.22 - 6. Not Yet Remembered 3.48 - 7. The Chill Air 2.09 - 8. Among Fields Of Crystal 3.24 - 9. Wind In Lonely Fences 3.50 - 10. Failing Light 4.32
Musicians:
Brian Eno and Harold Budd
Produced by Brian Eno and J. Peter Schwalm
Cover by Brian Eno
Harold
Budd già autore del vol. 10 del catalogo Obscure (The
Pavillon Of Dreans) si ripresenta al
fedelissimo seguito dell'ambient-people con quest'opera
astratta ed articolata sulla variazione di minuscole
cellule timbrico-crebrali.
Il titolo si riferisce all'assenza di azione, sostituita
dall'evocazione di puri stati d'animo; il mito
dell'inconoscibile viene qui ritrovato, liberando
necessità interiori di bizzarria mnemonica. Brian Eno
illumina il materiale sonoro, sul punto di diventare
armonicamente terso e semplificato al massimo, ma non per
questo gli fa assumere le tinte del disimpegno.
L'applicazione capillare di metriche invariabili, mai
monotone, i veri e propri "ritratti sonori" che
già tanto ci avevano affascinato, sono capaci di fondere
il rigore ferreo della costruzione razionale con un gusto
impessionistico del tutto particolare. La sensualità
strutturale, il rincorrersi di segmenti armonici, la
stratificazione dell'aggloremanto sonoro, il baluginare
improvviso di rapidi disegni fluttuanti, la
"naturalità" stessa dei compositori/esecutori,
tutto questo serve a constatare una sempre maggiore
spaziatura temporale, una calligrafia raffinata e
minuziosa, che consente alle preziose sementi ambientali
di prosperare ancora a lungo. Gli episodi più
significativi: First Light,
The Plateaux Of Mirror,
An Arc Of Doves, Wind
In Lonely Fences.
Maurizio
Bianchi da Rockerilla n° 8 novembre 1980
- Wrong Way Up
with John Cale
(1990) Opal 7599 2642 - vinile
1. Lay My Love 4.43 - 2. One World 4.34 - 3. In The Backroom 4.01 - 4. Empty Frame 4.35 - 5. Cordoba 4.22 - 6. Spinning Away 5.25 - 7. Footsteps 3.11 - 8. Been There Done That 2.51 - 9. Crime In The Desert 3.38 - 10. The River 4.20
Musicians:
Brian Eno, John Cale, Daryl Johnson, Robert Ahwai, Ronald
Jones, Nell Catchpole, Dave Young, Roger Eno
Produced by Brian Eno
Recorded at Brian Eno's Wilderness Studio, Suffolk
between April and July 1990
Enginereed by Bryan Eno
Cover by Brian Eno
Dopo
tredici anni, a Brian Eno è ritornata la voce. Ha
deciso, l'Archimede Pitagorico dalle fiammate
multimediali, di chiudere per una volta a doppia mandata
le musiche per aereoporti e quelle per i films, i
santuari audiovisuali e gli zigzag ambientali per Apollo
e non.
(...) A John Cale, il gallese con il cervello ben
radicato nella "grande mela", la voce, al
contrario, non è mai mancata. Nè tanto meno in tempi
recenti, dopo il mirabile duetto in Songs
For Drella con l'odiato-amato Lou Reed:
semmai, l'ugola dell'ex Velvet Underground si è
progressivamente disintossicata dalle spigolosità
schizoidi che regnavano sovrane dentro Artificial
Intelligence, per farsi quieta, calda,
rilassata.
La coppia Eno/Cale si è chiusa a Suffolk, nel Wilderness
Studio di Brian, ad aprile; tre mesi più tardi ne è
uscita con i dieci brani che sono l'essenza di Wrong
Way Up: un mazzo di composizioni che, a
tredici anni di distanza dall'album Before
And After Science
e otto da Music For A New Society,
fanno nuovamente palpitare il cuore della pop music
"colta". Le loro, sono pure strategie obblique
che, dal pezzo d'apertura (Lay My Love)
a quello di chiusura (The River),
si liofizzano in mille riferimenti e in mille citazioni:
poggiandosi saldamente su un tappero sonoro estremamente
spontaneo e facilmente memorizzabile, particelle di
splendida creatività disegnano imprevedibili arie dal
respiro westcostiano, miniaturizzazioni tecnopop, micro
terremoti funky, sinfonie tascabili, gingilli
etnico-melodici, enfasi battiatiane.
Ecco, Wrong Way Up è
l'ultima alternativa agli stili e ai generi musicali
standardizzati. L'intelligenza abita qui, tra questi
solchi nei quali Eno abbandona le linee sonore a senso
unico che sono state ispiratirici di Here
Come The Warm Jets, Another
Green World, Before
And After Science, per afferrare e
attualizzar le "istantenee" commestibili di Music
For Films e di Apollo,
e per fare tesoro dell'esperienza pluriennale come
produttore: in Wrong Way Up,
infatti, non sono rari i "dejà vù" alla
Talking Heads, i dribbling africani e certi preziosismi
atmosferici legati a doppio filo con Daniel Lanois di Acadie.
In questo lavoro di oreficeria musicale, John Cale
esprime al meglio il proprio background di
"crooner" voluttuoso e decadente; quello, per
intenderci, di Paris 1919
e di Music For A New Society.
Addomesticate dalla sua voce, canzoni come Cordoba
e In The Backroom si
nutrono di attimi sfuggenti, di improvvisi bagliori, di
notturne suggestioni. Interprete maiuscolo, Cale dimostra
di essersi ulteriormente irrobustito le ossa, dopo il
severo banco di prova di Songs For
Drella. Musicalmente, poi, il gallese
mette in vetrina un magico affiatamento con Brian Eno.
Del resto, non è la prima volta che le strade dei due
compositori si incrociano: insieme a Nico e a Kevin Ayers
diedero vita al live June 1, 1974,
ipotizzando la nascita dei nuovi Velvet Underground;
sempre nel '74, Eno mise in funzione i sintetizzatori
dettando il sound nevrastenico di un album di John Cale,
l'illustre Fear.Poi,
ci si scambiò la cortesia con due blitz della viola di
Cale in Another Green
World e in Music For
Films di Brian. Infine, è storia di un
anno fa, la stesura del brano The Soul
Of Carmen Miranda, gioiellino
elettronico a sè stante nel mare magnum sinfonico di Words
For The Dying, tributo all'opera
poetica di Dylan Thomas targato Cale. Alla luce di quel
brano, John Cale e Brian Eno decidono di approfondire
insieme il discorso: così, le sedute di Suffolk
materializzano gli incantesimi racchiusi in Wrong
Way Up ma, sopratutto, rendono
possibile il ritorno del Brian Eno cantante; un timido
cantante autoemarginatosi per troppo tempo le cui doti
vocali, oggi come allora, sono inconfondibili e
indiscutibili.
La voce di Eno cammina da sola, poi lascia spazio a
quella di John Cale; e ancora, procedono appaiate. A
conti fatti, ancora una volta, vengono tracciate le
coordinate di un nuovo pop che divora in un sol boccone
questi neonati anni novanta.
Stefano
Ventini da Buscadero n° 111 febbraio 1991
- Nerve Net
(1992) Opal 9362 45033 - cd
1. Fractal Zoom 6.24 - 2. Wirw Schock 5.27 - 3. What Actually Happened? 4.41 - 4. Pierre In Mist 3.47 - 5. My Squelchy Life 4.02 - 6. Juju Space Jazz 4.26 - 7. The Roll, The Choke 5.00 - 8. Ali Click 4.13 - 9. Distributed Being 6.10 - 10. Web 6.21 - 11. Web (lascaux mix) 9.44 - 12. Decentre 3.26
Musicians:
Brian Eno, Sugarfoot Moffett, Robert Fripp, Christine West-Oram, Rod
Melvin, Markus Draws, Wayne Duchamp, Curtis Pelican,
Alice Ngukwe, King Hasting Kwesi Banana, Jamie West-Oram,
Isaac Osapanin, Wiston Ngukwe, Ernest Darling, Cecil
Stamper, Richard Bailey, Laurence Cottle, Gregg Arreguin,
Bemmont Tench, Romeo Williams, Robert Quine, Neil
Catchpole, Ian Dench, John Paul Jones, Rober Ahwai, Roger
Eno
Produced by Brian Eno
Cover by Brian Eno
(...) Nerve
Net estrae acidità dal rock, scava
dissonanze dal jazz e traccia nuove coordinate per il
funky. Nerve Net è un
album violento e spigoloso, nel quale il ritmo si fa
convulso e spezzettato e dentro cui la voce viene
travestita e decodificata.
Così Fractal Zoom
vive su un drumming convulso, su un funky disarticolato o
su riverberi di voce manipolata; mentre Wire
Schock, affidato al canto declamatorio
di Christine West-Oram, riporta alla memoria l'etnia di My
Life In The Bush Of Ghosts e i duetti
synth-chitarra (quest'ultima nella mani di Robert Fripp)
di Baby's On Fire.
What Actually Happened?
invece, ci ricollega ai Cabaret Voltaire della prima ora,
mentre Pierre in Mist
si insinua in uno swing elettronico da spy story.
Squelchy Life torna
alla frammentazione ritmica, fra voci recitanti e un
vociare infantile; Juju Space Jazz lascia
partire cupi rintocchi elettronici, si evolve in fusion e
lancia una chitarra da club anni cinquanta. E ancora: The
Roil, The Choke che corre lungo
percussioni afro, con la voce recitante di Eno a
disegnare atmosfere alle Before And
After Science; Ali
Click, uno strepitoso funky con
rap-filastrocca e gingilli elettronici in ordine sparso: Distributed
Being; ovvero è Fripp in stato di
grazia; Web e Web
2; ambient riveduta e corretta dal
pianoforte di Roger Eno. Infine Decentre,
esercizio di bravura del solitario Brian, al pianoforte.
Splendido nella sua perversione, Nerve
Net, visione cupa di una società allo
sbando. è il nuovo prodigio del "Grande
Alchimista". (...)
Stefano
Ventini da Buscadero n° 129 ottobre 1992
- On Land
(1982) Polydor 2311 107 - vinile
1. Lizard Point 4.30 - 2. The Lost Day 9.29 - 3. Tal Coat 5.48 - 4. Shadow 3.03 - 5. Lantern Marsh 5.35 - 6. Unfamiliar Wind 5.16 - 7. A Clearning 4.06 - 8. Dunwich Beach, Autumn 1960 7.08
Musicians:
Brian Eno, Michael Beinhorn, Axel Gros, Bill Laswell, Jon Hassell, Michael Brook, Daniel Lanois
Produced by Brian Eno
Cover by Brian Eno
Ambient
quattro è planato. Dopo una lunga e fervida attesa, EG
Records si è decisa alla mossa. Quaranta, i giorni
necessari, all'allineamento con le consociate estere, un
album che per motivi oscuri è rimasto a maturare nei
magazzini londinesi, un disinteresse (forse) in patria,
derivante dalla coscienza "dell'europeismo" del
personaggio.
On Land: visione
onirica di mondi soffusi, distorti, lontani, immaginari.
La celebrazione, il divismo, la lucida coscienza di
un'impossibile mutazione, il concorso voluto, nella
sgretolazione della materia. Cibernetica che diviene
musica, esistenzialismo quartomondista, o spiccia
filosofia di tutti i giorni. Ipotesi, supposizioni, per
ora senza risposta.
On Land, strega, è
magia, è culto della letteratura fantastica, improbabile
"soundtrack for liquid pleasure". On
Land, transizione dolorosa dalla
coscienza di essere, all'impotenza della reazione.
Ambiente industriale, proto-nucleare, che permea di una
leggera rugiada (radioattività) la nostra fantasia e,
lentamente, ci trascina in buie e profonde lande, abitate
dal silenzio siderale e dall'antimateria cosmica.
Nell'eccezione dei termini è compreso anche l'esatto
opposto, decuplicando così la fruizione dell'involucro.
Lizard Point, pezzo
d'apertura, vede la collaborazione del nucleo storico dei
Material. Bill Laswell e Michael Beinhorn, e il pezzo
risulta anche essere l'unico coofirmato. La presenda dei
due non può dare adito a supposizioni del tipo: Eno è
interessato ai Material, e già sta preparando il terreno
per i prossimi lavori. Ben inteso che Lizard
Point, non è un pezzo funky, la
presenza dei due è molto velata dai filtri di Eno.
The Lost Day, su
tutti, emerge per la potenza evocatrice, per la mole di
loop in esso contenuto, e per il lento svolgersi. Shadow,
la chiusura della prima parte ha nella tromba di Hassell,
il perno su cui costruire un'improbabile danza. Unfamiliar
Wind, è il nostro deltaplano che vola
nelle correnti ascensionali, contro nubi e tempeste, è
la coscienza di essere nella corrente giusta, energia
sconosciuta di movimento. La fine Dunwich
Beach, Autumn 1960, è lo scorrere dei
ricordi d'infanzia attraverso una lettura elettronica, la
composizione su video di immagini, forme e colori appena
abbozzate, è l'inesorabile moto del tempo.
Su tutte le composizioni, quindi, una forte componente
onirica, un tratto discreto che possa aiutare la nostra
fantasia a ricomporre frammenti del passato. Da notare il
forte incupimento delle musiche, dettate forse, dalla
coscienza di un imbarbarimento della vita quotidiana (?).
Un disco carico di fascino oscuro, che soddisferà
appieno gli amanti dell'elettronica dark, e che
richiamerà in diversi passaggi Conal di Schnitzleriana
memoria.
Brian Eno ancora una volta ha saputo sorprenderci nel
giusto momento.
Angelo
Gaiazzi Buscadero n° 16 maggio 1982
- Apollo
(1983) EG Records 813 535 - vinile
1. Under Stars 4.24 - 2. The Secret Place 3.33 - 3. Matta 4.15 - 4. Signals 2.42 - 5. An Ending 4.22 - 6. Under Stars II 3.16 - 7. Drift 3.04 - 8. Silver Morning 2.40 - 9. Deep Blue Day 3.57 - 10. Weightless 4.32 - 11. Always Returning 3.52 - 12. Stars 7.30
Musicians:
Brian Eno, Roger Eno, Daniel Lanois
Produced by Brian Eno and Daniel Lanois
Cover by Russell Mills
Un
gigantesco apparato di leggi e rapporti non scritti
decide, con minima percentuale di fallibilità, quale
suono verrà premiato e quale punito, chi scalerà le
classifiche e chi resterà in un tenebroso anonimato. In
tutto questo c'è qualcosa di assolutamente lugubre, ed
è che ogni prodotto ha scritto addosso, sin dalla
nascita, il suo prevedibile destino.
Per qualche strana e indecifrabile alchimia, Eno ha
saputo scavalcare questa odiosa regola, in forza di un
nome ormai prestigioso che gli permette di mettere su
vinile qualsiasi nuova idea, per quanto bizzarra possa
essere. Da sempre Eno obbedisce ciecamente ai propri
umori. Se così non fosse, se Eno si piegasse alla
domanda del mercato, non faticherebbe certo a cucinare un
disco alla moda, trattato con i "sapori" che
lui solo conosce e destinato a piazzarsi inesorabilmente
in ogni "top ten" che si rispetti.
(...) Apollo è un
disco di non facile commestibilità. Questo suomo
mestamente caotico e lontano, funestato da rumori, un
suono che resta sempre fuori fuoco e tende a confondersi
con lo sfondo, depone a sfavore della
"popolarità" e ne impedirà certamente un
"consumo di massa".
Lento, quasi avesse difficoltà ad avviarsi, il primo
lato pesca sequenze da Music For Film
(Under Stars II), da Decreet
Music (An Ending),
e indugia nei territori desertici di On
Land.
Eno abita ormai luoghi sui quali la forza di gravità non
ha più alcun potere ed ogni movimento è sciolto,
libero, senza vincoli. Apollo
aspira a divenire lo spazio stesso dell'uomo sulla luna,
cerca di dire l'inpercettibile rumore delle "sfere
celesti". Eno sembra volerci dire che i grandi spazi
sono il luogo della levità, dell'assenza di calcolo,
della libertà; la sua musica è simile ad un vento che
non si preoccupa di sillabare alcunchè - se non le
parole che gli regala il caso... Non manca di
sorprendere, in tal senso, l'irruzione di sonorità
"hawaiane" (la chitarra di Daniel Lanois) e un
profumo di West Coast che infesta episodi come Silver
Morning, Deep Blue Day, Weighthless.
Un suono datato, noto, che solo Eno si può permettere di
citare senza cedere nel ridicolo - e noi possiamo
leggerla come un ironico "regolar l'orologio"
con il suono di quindici anni fa, visto che questa era la
musica che avvolgeva la terra quando l'uomo ha messo
piede sulla luna. E poi c'è il lusso di potersi
concedere il piacere di qualcosa di assolutamente demodè
senza dover rendere conto a nessuno, se non al proprio
desiderio. (...)
Antonio
Curtoni da Buscadero n° 30 ottobre 1983
- Thrusday Afternoon
(1985) EG Records egcd 64 - cd
1. Thursday Afternoon 60.58
Brian Eno solo
Produced by Brian Eno
Engineering by Daniel Lanois and Tim Hunt
Cover painting by Tom Phillips
(...) Thursday
Afternoon è la distillazione estrema
dell'essenza ambient, un fondale sonoro di lente
dissolvenze cromatiche che avvolge le meningi per
sessantun minuti filati. Lo scenario si svolge su quattro
piani percettivi: una serie di note della scala
pentatonica sparse a intervalli regolari da pianoforti
alonati, un accordo costante di synth polifonico
variabile solo in frequenza e risonanza, un flusso
ciclico di infra-bassi, e il balenio a sorpresa di colori
medio-acuti.
Le sonorità ovattate abbinano la suggestione aerea di Music
For Airports e dei lavori con Harold
Budd all'impenetrabile universo sotterraneo di On
Land. Aloni e riverberi sono i veri
protagonisti, suggerendo suoni potenziali e immaginari
più importanti di quelli realmente percetibili.
La precisione e l'assoluta fedeltà del Compact Disc
scoprono i risvolti più nascosti della musica di Eno,
donando un'ulteriore profondità tridimensionale con la
potenza dei bassi e la spazialità dell'immagine stereo.
La concentrazione richiesta all'ascoltatore è assoluta,
ma se si riesce a superare l'impressione di immobilità
monolitica si penetra in un limbo di profonda astrazione,
più arcano e inafferrabile di quando Eno abbia evocato
prima d'ora. Se invece l'ambient-music vi lascia dubbiosi
o annoiati, questo Thursday Afternoon è
la suprema proocazione al rifiuto definitivo.
Massimo
Bracco
da Buscadero n° 54 dicembre 1985
- Music For Film III
(1988) Opal 925 769 - vinile
1. Saint Tom 3.35
- 2. White Mustang 3.01
- 3. Sirens 3.08
- 4. Zaragoza 3.05
- 5. Quixote 3.30
- 6. Fleeting Smile 2.30
- 7. Kalimba 2.17
- 8. Tension Block 3.09
- 9. Err 4.02
- 10. Four Minutes Warning 3.53
- 11. For Her Atoms 3.33
- 12. Balthus Bemused By Color 3.17
- 13. Theme From "Creation" 3.04
Musicians:
Brian Eno, Daniel Lanois, Laraaji, Roger Eno, Michael Brook, John Paul Jones, Misha Mahlin, Lydia Theremin,
Harold Budd
Produced by Brian Eno
- Music For Film
(1978) Eg egs 105 - vinile
1. Aragon 1.39
- 2. From The Same Hill 2.58
- 3. In Land Sea 1.25
- 4. Two Rapid Formations 3.24
- 5. Slow Water 3.15
- 6. Sparrowfall I 1.13
- 7. Sparrowfall II 1.52
- 8. Sparrowfall III 1.24
- 9. Alternative Three 3.12
- 10. Quartz 2.01
- 11. Events In Dense Fog 3.46
- 12. There Is Nobody 1.43
- 13. Patrolling Wire Borders 1.42
- 14. A Measured Room 1.02
- 15. Task Force 1.21
- 16. M 386 2.50
- 17. Strange Light 2.10
- 18. Final Sunset 4.10
Musicians:
Brian Eno, Phil Collins, Percy Jones, Paul Rudolph, Bill McCormick, John Cale, Robert Fripp, Dave Mattacks, Fred Frith, Rod Melvin, Rhett Davis
Produced by Brian Eno
- Neroli
(1993) All Saint ascd 15 - cd
1. Neroli (thinking
music part IV) 57.58
Musicians:
Brian Eno solo
Produced by Brian Eno
Recorded at the Wilderness Studios, Suffolk
- After The Heat
(1978) Sky 3021 - cd
1. Foreign Affairs 3.30
- 2. The Belldog 6.16
- 3. Base And Apex 4.29
- 4. Tzima N'Arki 4.30
- 5. Luftscholoff 3.10
- 6. Oil 4.12
- 7. Broken Head 5.25
- 8. Light Arms 1.29
- 9. The Shade 3.08
- 10. Old Land 4.10
Musicians:
Brian Eno, Hans Joachim Roedelius, Mobi Moebius, Holger Czukay
Produced by Brian Eno, Hans Joachim Roedelius, Mobi Moebius and Conny
Plank
Recorded at Conny's Studio Engineering by Conny Plank
Cover photo by Martha Roedelius
- Cluster & Eno
(1977) Sky 010 - vinile
1. ho Renono 5.10
- 2. Schome Hande 3.00
- 3. Steinsame 4.20
- 4. Wehrmut 5.00
- 5. Mit Simaen 1.30
- 6. Selange 3.30
- 7. Die Bunge 3.50
- 8. One 6.00
- 9. Fur Lulse 3.50
Musicians:
Brian Eno, Hans Joachim Roedelius, Mobi Moebius
Recorded at Conny's Studio on June 1977
Engineering by Conny Plank
Produced by Cluster and Conny Plank
- Before And After Science
(1977) Polydor 2310 547 - vinile
1. No-One Receiving 3.41
- 2. Backwater 3.42
- 3. Kurt's Rejoinder 2.53
- 4. Energy Folls The Magician 2.03
- 5. King's Lead Hat 3.57
- 6. Here He Comes 5.39
- 7. Julie With... 6.24
- 8. By This River 3.01
- 9. Through Hollow Lands 4.15
- 10. Spider And I 4.25
Musicians:
Brian Eno, Phil Collins, Percy Jones, Paul Rudolph, Rhett Davis, Jaki
Liebezeit, Dave Mattacks, Shirley Williams, Kurt Schitters, Fred Frith, Andy Fraser, Phil Manzanera, Robert Fripp, Hans Joachim Roedelius, Mobi Moebius, Bill MacCormick, Brian
Turrington
Produced by Brian Eno and Rhett Davies
- Another Day On Earth
(2005) Hanniball hncd 1475 - cd
1. This - 2. And Then So Clear -
3. A Long Way Down -
4. Going Unconscious -
5. Caught Between -
6. Passing Over -
7. How Many Worlds -
8. Bottonliners -
9. Just Another Day -
10. Under -
11. Bonebomb
Musicians:
Brian Eno, Leo Abrahams, Alfreda Benge, Tim Booth, Michael Bracewell,
Neil Catchpole, Marcus Draws, Michel Faber, Robert Fripp, Danny Hillis, Steve Jones, Clare Kenny, Annie
Lennox, Eck Ogilvie-Grant, Lola Perrin, Crispin Robinson, Peter
Schwalm, Clodagh Simonds, Noel Wallace, Robert Wyatt
Produced by Brian Eno
Cover photo by Brian Eno
- Taking Tiger Mountain
(1974) Polydor Deluxe 5305 - vinile
1. Burning Airlines Give You So Much More 3.18
- 2. Back In Judy's Jungle 5.16
- 3. The Fat Lady Of Limbourg 5.03
- 4. Mother Whale Eyeless 5.45
- 5. The Great Pretender 5.11
- 6. Third Uncle 4.48
- 7. Put A Straw Under baby 3.25
- 8. The True Wheel 5.11
- 9. China My China 4.44
- 10. Taking Tiger Mountain 5.32
Musicians:
Brian Eno, Phil Manzanera, Brian Turrington, Freddie Smith, Robert Wyatt, Andy McKay, Phil Collins, Polly Eltes
Produced by Brian Eno
Recorded at Island Studios London on September 1974
Engineering by Rhett Davis
Cover art by Andrew Day
-
Small Craft On A Milk Sea
with Jon Hopkins and Leo Abrahams
(2010) Warp 207 - cd
1. Emerald And Lime
- 2. Complex Heaven
- 3. Small Craft On A Milk Sea
- 4. Flint March
- 5. Horse - 6. Two Forms Of Anger
- 7. Bone Jump
- 8. Dust Shuffle
- 9. Paleosonic
- 10. Slow Ice, Old Moon
- 11. Lesser Heaven
- 12. Calcium Needless
- 13. Emerald And Stone
- 14. Written, Forgotten
- 15. Late Anthropocene
Musicians:
Brian Eno, Jon Hopkins, Leo Abrahams, Jez Wiles
Produced by Brian Eno and Jon Hopkins
Recorded at Soundmasters
Engineering by Pete Chilvers
Cover photo by Nick Robertson
Leo Abrahams collabora con Brian Eno, sia in studio che
dal vivo, dai tempi di Drawn From Life (20001). Jon Hopkins è uno
dei produttori più quotati in Europa degli ultimi dieci anni. Dopo
averlo incontrato in un negozio di strumenti musicali Eno lo ha invitato
a collaborare su alcune tracce dell'ultimo lavoro dei Coldplay (Life
In Technicolor è farina del suo sacco).
Per il suo nuovo album in studio, Small Craft On A Milk Sea,
Brian Eno ha voluto Abrahams e Hopkins al suo fianco. Prima delle
registrazioni i tre hanno spesso suonato insieme dal vivo. Esperienza
che è valsa a creare una forte sintonia. Il risultato è sbalorditivo.
Nella parte iniziale e in uella finale del disco Eno, Abrahams e Hopkins
scrivono alcuni nuovi capolavori di ambient music(Emerald And Lime,
Complex Heaven, Small Craft On A Milk Sea, Slow Ice,
Old Moon, Lesser Heaven, Emerald And Stone). Nel bel
mezzo della scaletta stupiscono con sonorità che oltrepassano i confini
della musica ambient, così come quelli dell'universo digitale della
stessa Warp: Flint March è una corsa contro il tempo come
potrebbe immaginarla Steve Roach; Horse è una visione di dubstep
cerebrale, svuotato dalla sua componente fisica; Two Forms Of Anger
un omaggio all'arte del rumore, un incontro supersonico tra Aphex Twin e
LCD Soundsystem; Paleosonic una sorta di fantascientifico omaggio
hendrixuano.
Roberto Mandolini da Rock&Rilla n° 363 novembre 2010
-
Lux
(2012) Warp 231 - cd
1. Lux (part One) - 2. Lux (part Two) - 3. Lux (part Three) - 4. Lux (part Four)
Musicians:
Brian Eno, Leo Abrahams, Neil Catchpole
Produced by Brian Eno
Engineering by Kevin Metcalfe
Recorded at The Soundmasters
Cover art by Brian Eno
-
The Ship
(2015) Warm 272- cd
1. The Ship - 2. Fickle Sun -a) Fickle Sun
-b) The Hour Is Thin - c) I'm Set Free
Musicians:
Brian Eno, Peter Chilvers, Leo Abrahams, Jon Hopkins, Neil Catchpole,
Peter Serafinowicz, Nuria Homs, Menbers Of The Elgin Marvels
Produced by Brian Eno
Engineering by Brian Eno and Peter Chilvers
Cover art by Brian Eno
E giunse il giorno in cui Brian Eno tornò a far sentire la propria voce.
Il destro per tornare a cantare glielo ha dato quest'opera in quattro
tracce, in origine destinata ad un'installazione artistica e
parzialmente ispirata dall'affondamento del Titanic.
Non un "album tradizionale quanto un romanzo musicale", come ha spiegato
lui stesso. Naturalmente, troppa acqua è passata sotto ai ponti e non
siamo più dalle parti di Before And After Science. A dominare
sono piuttosto le pratiche ambient a cui il geniale artista/produttore
ci ha da anni abituato, in particolare nella lunga atmosferica traccia
che dà il titolo all'album.
A scompaginare le attese, e a far gridare al miracolo, sono
rispettivamente: Fickle Sun dove sembra di ritrovare le atmosfere
berlinesi di Warsawa; e lo strepitoso finale avviato dal
recitativo dell'attore Peter Serafinowicz, The Hour Is Thin, che
sfocia nella rivisitazione di I'm Set Free dei Velvet
Underground, con la voce di Eno finalmente in primo piano, degna di
battersela con l'originale loureediano.
Francesco Donadio da Vinile, luglio 2016
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