Golden Palominos
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- Golden
Palominos
Anton Fier, batterista originario del New Jersey, è il promotore
dell'ambizioso progetto Golden Palominos, formazione aperta comprendente
i migliori talenti dell'avanguardia rock di New York degli anni '80 e
'90.
Fier si mette in luce sul finire degli anni '70 nei primi Feelies,
autori di un personale rock chitarristicoin
Crazy Rhythms,
e nei Lounge Lizards, in bilico fra standard jazz e velleità
avanguardistiche. Con questi ultimi resta due anni prendendo parte al
primo album. Dopo qualche collaborazione di un certo peso (collabora a
Song Of The Bailing Man
dei Pere Ubu e partecipa a The Naked
Shakespeare di Peter Blegvad), nel 1983
fonda i Golden Palominos con l'aiuto di Arto Lindsay,
chitarrista/rumorista dei DNA e già suo compagno nei Lounge Lizards.
Fondamentale è l'apporto di un'altra eminenza grigia della scena locale,
il produttore e bassista Bill Laswell (Material). La formazione
iniziale, che ruota intorno a una decina di musicisti, fra i quali John
Zorn (sassofonista jazz). Jamaaladeen Tacuma (bassista con Coleman) e
Fred Frith (chitarrista, ex Henry Cow), dà via ad un intricato insieme
di funk, jazz e rock sperimentale, un sound ispido e violento di cui
The Golden Palominos
costituisce l'unico esempio. Il disco composto quasi completamente dal
duo Fear/Lindsay, si propone come manifesto dell'avanguardia rock di New
York di quei tempi.
Le prove seguenti (Visions Of Excess,
registrato alla fine del 1985, e
Blast Of Silence, pubblicato un anno
più tardi) spostano invece l'attenzione su strutture più accessibili,
con cover come
Omaha
dei Moby Grape (su
Vision Of Excess),
Brides Of Jesus
e
I've Been The One
dei Little Feat (su
Blast Of Silence). Determinati per
questo mutamento di rotta sono la presenza regolare di cantanti solisti
(Michael Stipe dei R.E.M., John Lydon dei Public Image Limited, T-Bone
Burnett, Don Dixon, Jack Bruce, Syd Straw) e l'abbandono di Lindsey, che
lascia il gruppo nelle mani di Fier e Laswell aiutati da
un'impressionante numero di titolati musicisti. Fier in collaborazione
con Blegvad e Jody Harris (dei Raybeats), firma la maggior parte dei
nuovi brani.
Nell'estate del 1986 i Golden Palominos, orfani di Laswell, arrivano in
Europa con Jack Bruce e Syd Straw come cantanti. e un anno più tardi
Bruce e Fier danno vita, con il chitarrista giapponese Kenji Suzuki,
all'effimero trio Inazuma Supersession, per
Absolutely Live. Dopo una lunga
pausa, nell'estate 1989, Fier e Laswell riorganizzano il complesso per
l'incerto
A Dead Horse, nel quale compare
anche il chitarrista Mick Taylor.
Drunk With Passion, in cui compaiono
ospiti vecchi e nuovi come Michael Stipe e Bob Mould (Husker Du), apre
gli anni '90.
This Is How It Feels
è invece un concept basato sulla novella The End Of The Affair di Graham
Greene: la musica ha caratteri di groove ipnotici, sulla scia del sound
in voga degli anni '90 nei club londinesi. Assieme ai soliti Fier e
Laswell compaiono, tra gli altri, la cantante Lori Carson, che entra
stabilmente in formazione, e il basista di colore Bootsy Collins.
Del 1994 è
Pure, che sviluppa le sonorità del
lavoro precedente e in cui la presenza di Collins ha un ruolo
determinante. Dopo l'oscuro e contorto
Dead Inside, è il turno di una
curiosa antologia del primo periodo della band,
Surrealistic Surfer. Terminata qui
l'avventura dei Golden Palominos, Fier continua ad operare in territori
musicali vicini all'avanguardia alla sperimentazione, sovente al
fianco di John Zorn. Ed è proprio l'etichetta di quest'ultimo, la Tzadik,
a ristampare nel 2003 due lavori solisti di Fier (Dreamspeed
e
Blind Light) usciti in origine
soltanto in Giappone.
da
Enciclopedia del Rock
ed. Arcana
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- Golden Palominos
(1983) Celluloid CELL 5002 - vinile
1. Clean Plate 6.32 (Fier/Lindsay) - 2. Hot Seat 6.13 (Fier/Miller/Noyes) -
3. Under
The Cap 6.32
(Fier/Lindsay) - 4. Monday Night 6.29 (Fier/Lindsay) - 5. Cookout 4.38 (A. Fier) - 6. I.D. 6.45 (Fier/Lindsay) - 7. Two Sided Fist 7.42 (Fier/Lindsay/Frith)
Musicians:
Anton Fier, Fred
Frith, Bill Laswell, Jamaaladen Tacuna, John Zorn, M.E. Miller, Michael
Beihorn, David Moss, Arto
Lindsay,
Nick Skopelitis
Produced by Anton Fier and Bill Laswell
Recorded at Radio City Music Hall Studio N.Y. and OAO
Studio Brooklyn
Engineering by Martin Bisi, Bill Laswell and Anton Fier
Cover photo by Thi-Linn Le
I Golden
Palominos sono dei cavalli con le criniere dorate: una
razza in pericolo di estinzione. The Golden Palominos è
invece un gruppo di talenti musicali newyorkesi, senza
una precisa identità, se non quella di aver militato in
gruppi solitamente definiti come new wave newyorkese;
DNA, Material, Massacre, ecc. Fanno infatti parte di
questo supergruppo della nuova ondata personaggi come
Arto Lindsay, geniale e mitico perturbatore dei sogni
musicali della metropoli americana; Bill Laswell, già
con i Material; Fred Frith, leader dei compianti Henry
Cow e membro dei Massacre; John Zorn, provocatorio
performer ed eccellente sassofonista; David Moss e M.E.
Miller, membri con Lindsay di un gruppo chiamato Ambitius
Lovers. Promotore di tutta l'operazione Anton Fier, un
batterista ormai da molti anni in attività che con
Laswell si è occupato della produzione di questo disco.
La prima impressione è quella di un'opera molto fresca,
ricca di suggestioni jazz, dance e comunquw molto meno
ermetica della musica che questi personaggi sono soliti
eseguire. In particolare sembra che la produzione di
Laswell, il cui efficace basso sottolinea tutto l' Lp,
abbia giovato al "supergruppo" in termini di
comunicatività ed etereogeneità dei risultati.
Fra i pezzi spiccano Hot Seat,
con la voce strozzata di Miller e i fraseggi
chitarristici dell'imprevedibile Lindsay (chi ha detto
che non è capace di suonare?); la veloce e ritmica Cook
Out e la ricca e complessa I.D.
in cui domina ancora il lavoro di Lindsay alla chitarra e
alla voce, sorretto in questo caso dal duo di chitarre
Fred Frith-Nick Skopelitis. In tutto l'album la parte
ritmica è dominata dalle percussioni di Fier e questo
dona al lavoro, nella sua globalità, una notevole
omogeneità, arricchita dalla costante presenza del basso
di Laswell e dei fiati di Zorn.
In conclusione questo primo album dei Golden Palominos
sembra essere un tentativo abbastanza riuscito di
coniugare le esperienze più radicali della scena
newyorkese con un approcio più aperto e meno
condizionato verso il mercato e le esigenze della
sperimentazione. La palma delle stranezze, spetta infine
a David Moss, che in Under The Cap
suona delle sculture(?), e a Mark Miller, che in un paio
di brani alterna le voci ai giradischi.
Guido
Chiesa
da Rockerilla n° 38 ottobre 1983
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