Anton Fier



album in pagina

- Dreamspeed



collabora in:

- Strange Angels
- Mister Heartbreak

  (Laurie Anderson)


- King Strut And Other Stories
  (Peter Blegvad)

- The Absence Of Time
  (Blind Light)

- Blast Of Silence
- Golden Palominos

  (Golden Palominos)


- Desire Develops An Edge
  (Kip Hanrahan)

- The End Of Law
  (Hashisheen)

- Visitation
  (Bill Laswell)

- Envy

  (Arto Lindsay)

- The Lounge Lizards
  (The Lounge Lizards)


- Song Of The Bailing Man
  (Pere Ubu)


- Happy Come Home
  (Victoria Williams)


- Film Works 1986 - 1990

  (John Zorn)


- Dreamspeed
(1993) Avant 069 - cd

1. Dreamspeed 5.45 (Fier-Laswell-Phew) - 2. Being And Time 7.40 (Fier-Laswell-Phew) - 3. Emotional Smear 4.46 (Fier-Laswell-Stein-Phew) - 4. Cloud Without Water 8.36 (Fier-Laswell-Stein-Makino) - 5. Time Function 5.33 (Fier-Laswell-Phew) - 6. A Vague Sense Of Order 9.43 (Fier-Laswell-Phew) - 7. Never Come Morning 5.49 (Fier-Laswell-Phew) - 8. Dreamspeed 14.22 (Fier-Laswell-Phew) - 9. A Vague Sense Of Order II 6.03 (Fier-Laswell-Phew)

Musicians:
Anton Fier,
Bill Laswell, Matt Stein, Bootsy Collins, Bickethead, Makino Kazu, Phew

Produzione: Anton Fier
Recorded and mixed on June-October 1992
Cover design by Tomoyo T.L.

La metamorfosi dei Golden Palominos in una creatura (country? folk? college?) rock (più o meno la versione evoluta dei REM) aveva abbassato le quotazioni del suo leader Anton Fier, già improvvisatore (
Locus Solus, Gestalt Et Jive) e para-jazzista (Longue Lizards, Kip Hanrahan, Michael Mantler, Steve Weisberg - ma anche Pere Ubu), diventato di punto in bianco produttore di Victoria Williams e Joe Henry e compagno di strada di Don Dixon e Chris Stamey, ma anche della magnifica Syd Straw.
Blast Of Silence, del 1986, era comunque ancora un grande disco, con alcune tra le migliori canconi mai (co)scritte da Peter Blegvad - allora Palomino associato. Poi avevamo perso le tracce del Fier, allibendo, di tanto in tanto, per i segnali che lasciava (batterista degli Swan?! Insieme a Peter Brotzman ?!). Quand'ecco che, auspice lo Zorn come produttore esecutivo, salta fuori questo Dreamspeed, scritto prodotto e pensato per il mercato giapponese. Il Laswell, che nei Golden Palominos ha sempre messo il suo basso (uno dei migliori in commercio, si intende), questa volta è accreditato come coautore di tutti i pezzi, e si sente. Trovato il giro di basso e quello di batteria si va avanti per cinque minuti minimo (nei due remix si arriva anche al quarto d'ora): sopra (o sotto) si muove un tessuto brulicante di voci (femminili e in giapponese: le non cantanti Phew e Makino Kazu), campionamenti e loop (Matt Stein), brandelli di chitarre e assoli falciati dal mixer.
Quando fa capolino la forma-canzone, come in
A Vague Sense Of Order, il refrain viene raggelato dal parlato lunare di Phew, a metà tra l'ecolalia e il rap. L'effetto è in parte truce e ossessivo, come nell'ultimo Laswell, anche se non si arriva alla grevità di Transmutation dei Praxis, il gruppo da lui "prodotto e costruito" che mescola rock spaziale anni settanta a bizzarre Parliament-Funkadelic e asprezze trash (ossia la somma, a volte inferiore ai singoli fattori dei suoi componenti: Bernie Worrell, Bootsy Collins, Buckethead, più il batterista di Limbomaniacs, Brain, e lo scratcher dei Jungle Brothers).
A volte
Dreamspeed sembra deep house, a volte fa fede al suo titolo. Forse è musica da arredamento per i bar di Tokyo. Eppure è stranamente e intelligentemente ipnotico, tanto da provocare asseufazione e da frequentare assiduamente il lettore cd dell'acquirente.
Si va a riascoltare il primo grande Golden Palominos, e si scopre che alcuni pezzi non erano costruiti in modo tanto diverso: solo che là c'erano più musicisti (che si chiamavano Lindsay, Frith, Moss, Zorn, Tacuma), e Laswell usava più bassi. Tutto qua. Tanto basta?
Alberto Pezzotta da Musiche n° 15 1994