Nico
(1943 - 1988)




album in pagina:

- The End...
- Hanging Gardens
-
Camera Obscura
- The Marble Index
-
Behind The Iron Curtain
-
Desert Shore
-
Chelsea Girl



collabora in:

- The Confession Of Dr. Dreams and other stories
  (Kevin Ayers)

- Featuring Nico

  (Velvet Underground)



Abbiamo deciso di scrivere queste righe alla notizia dell'uscita di un libro di "memorie" di James Young, ex tastierista delle ultime bands di Nico, che sospettiamo (ma potremmo sbagliarci) parecchio sbilanciato sul versante scandalistico/tossico della vita della cantantate tedesca.

Noi invece, per quel che è possibile, vorremmo ricordare di Nico le sue canzoni.

Uno dei meriti non secondari dell'antico catalogo Recommended, miniato dall'amanuense Chris Cutler, è stato quello di far scoprire (o riscoprire, a seconda dei casi) diversi musicisti e molti albums fraintesi, emarginati o misconosciuti all'interno del mercato rock. Musicisti come Van Dyke Parks, Phil Ochs, Dan Hicks, album come
Wee Tam e The Big Huge dell'Incredible String Band, Smiley Smile dei Beach Boys, Wonderwall Music di George Harrison, ed anche Academy In Peril di John Cale e gli albums arrangiati da Cale per Nico, Marble Index e Desert Shore.

Opere tutte, per un verso o per l'altro, nuove, anticipatrici, fuori dal coro. E' in questo contensto che abbiamo scoperto una Niico diversa e molto più interessante dell'esangue "femme fatale" alla corte di Andy Warhol.

Il disco con il quale iniziò la carriera solista di Nico - dopo il primo album dei Velvet Underground che con i sussussri du
Sunday Morning, I'll Be Your Mirror e Femme Fatale le aveva spalancato le porte del successo - si potrebbe definire uno strano, affascinante ibrido tra memorie velvettiane, fondali folk, tentazioni da chanteuse. La produzione non è all'altezza delle ambizioni dell'album, che schierava una straordinaria parata di autori, da Reed e Cale a Bob Dylan, da Jackson Browne a Tim Hardin. Dei musicisti che furono accanto a Nico nel trapasso dal ruolo di musa dei Velvet Underground a quello solista manca all'appello il solo Tim Buckley, allora giovane folk singer ad inizio carriera che l'accompagnò nei club per breve tempo.

Chelsea Girl è lavoro ancor oggi piacevole a riascoltarsi, con diversi bei brani ed un paio di canzoni notevoli, la dolcissima ninna nanna di Reed e Cale Little Sister e la cover di Dylan I'll Keep It With Mine, ma certamente non faceva affatto presagire gli sviluppi futuri della produzione di Nico, sembrando indirizzato in un'area di mercato simile a quelle delle cantautrici e delle interpreti di canzoni non banali ( insomma tra Joni Mitchell, Carole King e Linda Ronstadt).

Eppure l'anno seguente Nico incide
The Marble Index, uno degli albums più originali, più personali che si possano trovare sotto la voce rock. Affiancata da John Cale, Nico abbandona ogni struttura e strumentazione convenzionale: lo scheletro del disco è il soffio dell'harmonium su cui Nico intona i suoi canti; attorno alla sua voce, Cale dipinge fondali materici su cui scivolano, con "dripping" degni di ackson Pollock, esili fiati, archi di ghiaccio, tastiere subliminari, chitarre distorte nella stanza accanto.

Il risultato è straordinario ed ha ben poco a che vedere con il rock o con i Velvet Underground, ben lontano anche dalle rilassate atmosfere di
Chelsea Girl; ciò che ascoltiamo sembra piuttosto alludere a "lieder" lontani, tentandone traduzione in una lingua comprensibile al pubblico rock.

Questa possibile "neue musik" a cavallo tra avanguardia e consumo fu abbozzata anche nel seguente
Desert Shore, prodotto da Cale e da Joe Boyd appena sbarcato in America, ed ulteriormente approfondita nell'eccellente opera solista di Cale Academy In Peril, ma è da dire che tali semi non sbocciarono nè in ambito rock nè in ambito accademico, dove pure Cale aveva iniziato l'apprendistato con Tony Conrad e con LaMonte Young.
Accade così che nè Cale nè Nico riescano da qui in poi a ripetersi a questi livelli, entrambi riassorbiti all'interno di quella produzione media (seppur "di qualità") dove è necessario indossare maschere per essere più facilmente riconoscibili e vendibili: il destino sarà più generoso con Cale, concedendogliene due, rocker dissoluto o "colto" a seconda dei casi, più tiranno con Nico restituita alla prigione "femme fatale" da cui aveva cercato l'evasione.
Il resto, prima del silenzio, è fatto di dischi ambigui come
The End..., con il bel omaggio a Morrison,, di tentativi di riafferrare l'onda del successo con amici importanti come Cale, Ayers e Eno a giocare il gioco della "decadenza", June 1 1974, dove evocherà quel Lied Der Deutschen che anni dopo in concerto avrebbe dedicato ad Andreas Baader, per dissipare pericolosi equivoci. E poi un lungo epilogo, fatto di tours scombinati con un pugno di musicisti devoti ma mediocri, pochi e deludenti album, Drama Of Exile, Camera Obscura, We Can Be Heroes Just For One Day ripresa dal vivo quasi come un esorcismo e poi la fine, una morte stupida il 18 luglio del 1988 ad Ibiza. Aveva quarantacinque anni.

Di lei rimangono foto che ne dicono il fascino, apparizioni in alcuni films di Philippe Garrel che ne ha poi girato l'estremo e meraviglioso omaggio narrando la loro storia in
J'entends Plus La Guitare. E questa manciata di canzoni sparse su due albums, mappe per esplorare un territorio su cui dopo di lei nessuno s'è più avventurato, se è vero che la pur pregevole trilogia "berlinese" di Bowie e Eno, che ci pare il referente più vicino a
The Marble Index e Desert Shore, si teneva molto più vicina al centro del rock, non sfidandone più di tanto la legge di gravità. (...)

Gian Paolo Rognoli da Musiche n° 15 primavera/estate 1994


- The End...
(1974) Island Records ILPS 19311 - vinile

1. It Has Not Taken Long - 2. Secret Side - 3. You Forget To Answer - 4. Innocent And Vain - 5. Valley Of The Kings - 6. We've Got The Gold - 7. The End - 8. Das Lied Der Deutschen

Musicians:
Nico,
Phil Manzanera, Brian Eno, John Cale, Vicky Wood, Annagh Wood

Produced by John Cale
Recorded at Sound Techniques, London
Engineering by John Wood and Victor Gamm

La maschera e il volto. A volte la maschera è il volto. Sul volto della bionda e bella Christa Paffgen viene calata un giorno la maschera della nera e pallida Nico. Quando esce
The End... Christa non esiste già più, c'è solo Nico. Poi sarà ancora peggio: Nico tossicomane che dimentica le parole delle sue canzoni, Nico su cui tutti hanno da raccontare qualche storia sordita, ma anche Nico tenera e triste che mostra il suo album di ricordi e non si stanca di raccontare che I'll Keep It With Mine Dylan l'ha scritta proprio per lei. Nel 1974 non è ancora arrivata a questo.
Al concerto del primo giugno impressiona tutti con una
The End che nessun maschio saprebbe rendere altrettanto edipica (nemmeno Jim Morrison c'era riuscito). The End... s'intitola anche l'album pubblicato quell'anno, capolavoro di wagnerismo così raggelato e fosco da sdegnare anche le piccole pause di tenerezza che avevano lenito il pathos accecante di Desertshore. Ma non è ancora percepibile alcuna pulsione autodistruttiva, semmai un'altera consapevolezza della diversità del proprio sentire. C'è persino una ricerca sulla forma condotta grazie a John Cale, Eno e Phil Manzanera. I tre in realtà si limitano a pochi ed esatti suoni, consci che al disco basterebbero la voce e l'harmonium di Nico.
I pezzi da lei scritti abbondano la vastità epica di
Janitor Of Lunacy e All That Is My Own per chiudersi nelle stanze senza finestre di Secret Side o nelle camere sigillate di Valley Of The Kings. Se le composizioni originali parlano di spazio, del tempo si occupano invece le due covers: alla tragedia antica rimanda The End, a quella moderna Das Lied Der Deutschen, l'inno tedesco cantato con le parole usate durante il Terzo Reich e poi divenute tabù. Ma solo con quelle era possibile evocare e rendere acuminato l'orrore provato dalla piccola Christa per gli allarmi aerei e i bei palazzi di Colonia rasi al suolo: tutto in nome della follia racchiusa in quei versi.
Quando Nico, statuaria e impassibile, intona il pezzo a Berlino, in sala scoppia il finimondo. Sembra impossibile, ma all'epoca c'erano ancora il Muro e la cortina di Ferro. E c'era Nico.
Antonio Vivaldi da Musiche di Repubblica n° 271 - 15 febbraio 2001

- Hanging Gardens
(1990) Emergo EM 9342 - cd

(note di copertina inesistenti nell'edizione)
1.
Hanging Gardens - 2. The Sound - 3. You Forget To Answer - 4. Vegas - 5. I'm Waiting For The Man - 6. Your Voice - 7. Your Word Against Mine - 8. I Will Be Seven - 9. The Line




- Camera Obscura
(1985) Torso 33005 - vinile

1. Camera Obscura - 2. Tananore - 3. Win A Few - 4. My Funny Valentine - 5. Das Lied Von Elnsamen Madchens - 6. Fearfully In Danger - 7. My Heart Is Empty - 8. Into The Arena - 9. Kooning

Musicians:
Nico, James Young, Graham Dids,
John Cale, Ian Carr

Produced by John Cale
Recorded and mixed at Strongroom Studio, London on March - April 1985
Engineering by Dave Young

Ad onta degli anni e di numerosi additivi più o meno leciti, la chanteuse Nico continua a sfornare albums. Sua peculiarità, non smentita da questo Camera Obscura, è quella di avere al fianco nomi altosonanti, e siamo felici di trovare qui un ospite come Ian Carr. L'indimenticato trombettista, alfiere dei Nucleus, fornisce una prova eccellente nella nota My Funny Valentine - già edita sul recente mix - e, sopratutto, nella davisiana Into The Arena. Il resto dell'album non si discosta molto dalla produzione-tipo di Nico, ma c'è da aggiumgere che questo disco ha molti agganci con tutte le sue uscite.
Dopo le prove più "rock" - se possiamo azzardare - di
Drama Of Exile, Nico ritorna a proporre atmosfere che si legano con i ricordi di The End... e di Desert Shore, ma con delle letture nuove che colpiranno i suoi masochisti amanti.
La prima facciata richiama nettamente il recente Tom Waits e subito viene in mente tutta la letteratura che riguarda i dinosauri del rock oscuro. Come spesso è accaduto John Cale le è accanto a fornire il suo controverso apporto di produttore.
Camera Obscura non ricolta le carte in tavola, ma l'elettronica vi gioca un ruolo diverso per quanto riguarda il modo di cantare di questa signora. Il suo timbro aristocratico, riscoperto di recente da gruppi come i Bone Orchard, si integra con i ritmi come non accadeva da tempo. Non ci sono lunghi abbandoni necrofori e il suo harmonium non sembra accompagnare canti ossianici, ma piuttosto vibrante tristezza e consapevole disillusione.
Senza cadere nella retorica questa dei dei ghiacci ci prepara per l'inverno. Non sappiamo se dischi così serviranno a qualcosa o a renderci più facile la vita, ma è certo che di donne così se ne è perso lo stampo e non basterà invadere i Poli per ritrovarlo. Esso si è frantumato insieme al ricordo di tanti scomparsi del rock, e nulla lo potrà mai ricostruire.
Stefano Ronzani da Mucchio Selvaggio n° 93 ottobre 1985

- The Marble Index
(1968) Elektra 42065 - cd

1. Prelude '50 - 2. Lawns Of Dawns 3.12 - 3. No One Is There 3.36 - 4. Ari's Song 3.20 - 5. Facing The Wing 4.52 - 6. Julius Caesar 4.57 - 7. Frozen Warning 4.00 - 8. Evening Of Light 5.33 - 9. Roses In The Snow 4.06 - 10. Nibelungel 2.44

Musicians:
Nico,
John Cale

Produced by Frazier Mohawk
Cover photo by Guy Webster

(...) È stato John Cale a volere che l’opera fosse rimasterizzata; lui che ne fu straordinario facitore di suoni. The Marble Index, infatti, sancisce l’incontro di due cervelli mitteleuropei: John Cale, che proprio in questa occasione si dimostrò manipolatore della materia classica e sinfonica.
(...) Dieci brani nei quali gli arrangiamenti di John Cale si accostano di volta in volta all’avanguardia minimale, alla cupa atmosfera neogotica, a relitti di folk e regressioni nel medioevo, a fantasmi di canti gregoriani e ad istantanee di musica da camera. Paesaggi fluttuanti, allucinanti, senza spazio nè tempo. La sua viola e l’harmonium di Nico. Il breve soffio dello strumentale
Prelude, scandito da un’inquietante carillon, dà il benvenuto nel Regno dell’Inelluttabile: Lawns Of Dawns è un tappeto sonoro in ardor di Terry Riley sopraffatto dall’orazione funebre di Nico; No One Is There dissossa spartiti classici lasciando a briglia sciolta la viola, mentre la voce della tenebrosa Divina trascolora in un canto liturgico. Ari’s Song è harmonium e cattedrali gotiche, Facing The Wing è invece sperimentazione ad oltranza, voce catacombale e una pianola straniante da cabaret di Wiemar. Julius Caesar è folk straziato ed enfasi declamatoria; Frozen Warning, martella elettronica e giochi pericolosi di viola; Evening Of Light, di stampo medievaleggiante, si lascia progressivamente schiacciare dall’incedere vorticoso dell’orchestra, mentre l’urlo dissonante del violino gonfia per poi incenerire il caos sonoro.
Roses In The Snow e Nibelungen sono i due inediti, il primo, goticheggiante, è alimentato dalla nenia dell'harmonium, con, in sottofondo, un rimbombare di archi; il secondo è voce allo stato puro: maestosa, austera, impossibile da scalfire.
Stefano Ventini da Buscadero n° 114 maggio 1991

- Behind The Iron Curtain
(1986) Dojo Records lp 27 - vinile

1. All Saint Night From A Polish Motorway - 2. One More Change - 3. Frozen Warnings - 4. The Song Of The Lonely Girl - 5. Win A Few - 6. Koning - 7. Purple Lips - 8. All Tomorrow's Parties - 9. Fearfully In Danger - 10. The End - 11. My Funny Valentine - 12. 60/40 - 13. Tamanoori - 14. Janitor Of Lunacy - 15. My Heart Is Empty - 16. Femme Fatale

Musicians:
Nico, James Young, Eric Random, Graham Didos, Toby Toman, Michael Ward

Recorded live in Warsawa and Prague between 29/9/1985 and 31/10/1985

Le opinioni critiche su Christa Paffgen, in arte Nico, hanno il pregio dell'unanimità, non certo quello della chiarezza. La si legge, ormai da anni, come sopravissuta alla grande stagione dell'undeground, in virtù dall'antica militanza nei Velvet Underground di Cale e Reed, dimenticando che ormai da vent'anni la sua è una strada rigidamente - persino eroicamente - solistica. Non si considera che la sua musica, intrisa di una cultura mitteloeuropea che non è certo quella dell'alternativa statunitense, trasporta valenze oscure e tragiche per cui i referenti più ovvi non valgono.
Ciò detto, è necessario scendere dalle gelide vette di
Marble Index o The End..., opere di sofferta coerenza, alle secche di questo oppio album dal vivo. Perchè il disco, registrato come da titolo durante una serie di concerti oltrecortina, non è certo una delle prestazioni più fulgide dell'artista, che pare a tratti svogliata e a tratti addirittura lgoora.
L'ambientazione semielettronica, che aveva avuto così bella resa nel recente
Camera Obscura, sembra qui prolissa e inconcludente, e la voce della protagonista vi si aggira vagamente disambientata. Ascoltata così, nella versione "a cappella" di All Tomorrow's Parties, quella che fu una delle più suggestive cantanti a cavallo tra i sessanta e i settanta risulta spenta e opaca, i toni bassi in cui eccelleva sono ora così cupi da diventar sgraziati. Affiorano i tanti dubbi già palesati da chi l'abbia vista in concerto in questi ultimi anni: se nella concentrazione dello studio di registrazione Nico rende ancora e da quella musicista nata che è, in concerto accusa le flessioni inevitabili dopo una così lunga quanto sregolata attività. Eppure, nonostante questo Nico non sia la migliore, gli aficionados troveranno ancora qualche brivido nell'ascoltare gli eccenti netti di Janitor Of Lunacy o la solennità di The End... Ma non siamo più nel campo della qualità musicale, qui, questo è puro carisma.
Paolo Bertrando da Buscadero n° 60 giugno 1986

- Desert Shore
(1970) Reprise Records 44 102- vinile

1. Janitor Of Lunacy 4.01 - 2. The Falconer 5.39 - 3. My Only Child 3.27 - 4. Le Petit Chevalier 1.12 - 5. Abschied 3.02 - 6. Afraid 3.27 - 7. Mutterlein 4.38 - 8. All That Is My Own 3.54

Musicians:
Nico,
John Cale

Produced by John Cale and Joe Boyd
Engineering by John Wood

Dopo la breve apparizione sul primo disco dei Velvet Underground, Nico intrapprende la carriera solista. Una discografia quantomai centellinata (sei album in venti anni), fatta di momenti più o meno intensi senza però mai scendere al di sotto di un'abbondante sufficienza, con l'apice nei due capolavori, The Marble Index e Desert Shore, rispettivamente del 1969 e del 1970, entrambi prodotti da John Cale, nel secondo dei due affiancato da Joe Boyd.
Album indecifrabili, lontano dalle regole, fuori dai generi, oltre... come se vi fosse una barriera che li separa dal resto del mondo. Dischi fondamentali che rioportano la "femme fatale" alle sue origini berlinesi, a quel seducente mondo fatto di orgoglio intrinseco, di atmosfere gotiche, di superfici gelide che mascherano un trasporto emotivo. Di questo universo culturale
Desert Shore mette in scena una visione intima e personale scandita da quella voce per cui qualsiasi parola suonerebbe banale e dall'incombente suono dell'harmonium, un drone continuo che scava fin nel profondo dell'anima.
Otto canzoni che a distanza di oltre trentanni non hanno perso un grammo del proprio fascino (compresa
Le Petit Chevalier cantata dal figlio Ari), della propria traversalità, della propria intensità. Due di queste, Abschied e Mutterlein, erano parte anche della colonna sonora del film "La Cicatrice Intèrieure" del regista Philippe Garrel, ultimo compagno di vita di Nico e autore anche dello stupendo J'Entends Plus La Guitare, lucido e penetrante ricordo della loro comune esperienza.
Roberto Munnicchi da Blow Up n° 56 gennaio 2003

- Chelsea Girl
(1967) Polydor 835 209 - cd

1. The Fairest Of The Seasons 4.06 - 2. These Days 3.20 - 3. Little Sister 4.22 - 4. Winter Song 3.17 - 5. It Was A Pleasure Then 8.02 - 6. Chelsea Girls 7.22 - 7. I'll Keep It With Mine 3.17 - 8. Somewhere There's A Feather 2.16 - 9. Wrap Your Troubles In Dreams 5.07 - 10. Eulogy To Lenny Bruce 3.45

Musicians:
Nico,
John Cale

Produced by Tom Wilson
Engineering by Gary Kellgren
Cover photo by Paul Morrisey