Terje Rypdal
album in
pagina
-
Lux
Aeterna
- Waves
- Skywards
- Blue
- Descendre
- If
Mountains Could Sing
-
Vossabrygg
-
What Comes After
-
Chaser
-
Crime Scene
-
The Singles Collection
-
Whenever I Seem To Be Far Away
collabora in:
- The Sea
- The Sea II
- Water Stories
- Life In Leipzig
(Ketil
Bjornstad)
- Works
(Gary Burton)
- High Lines
(Michael Galasso)
- Esoteric Circle
- Sart
- Afric Pepperbird
(Ian Garbarek)
- High Lines
(Michael Galasso)
- Review
(Michael
Mantler)
- Three Day Moon
(Barre Phillips)
- Trip To Prillarguri
(George Russell)
-
Litania/Music
Of Krzysztof Komeda
(Tomasz Stanko)
- Karta
(Markus Stockhausen)
- Morning Glory
- Nordic Quartet
(John Surman)
-
Satu
(Edward
Vesala)
Il norvegese Terje Rypdal,
un’icona della chitarra jazz, più di trent’anni fa si rivelava come una
nuova voce nel mondo jazzistico, ma il suo ambito di provenienza era
quello della musica rock non jazz. Fortemente influenzato dal jazz
elettrico degli ultimi anni sessanta/primi anni settanta, attirò
l’attenzione degli appassionati con i suoi primi lavori in compagnia di
musicisti del calibro di Jan Garbarek e del compositore George Russell,
grazie anche all’etichetta ECM alla quale è legato dal 1970.
Da quando ha iniziato a registrare regolarmente e a calcare le scene, ha
influenzato molti chitarristi con il suo stile che spesso risulta
costituito più da suoni ascendenti che dalla tipica successione di note
alla Charlie Christian, modello principale per molti chitarristi
americani.
Rypdal, oggi cinquantottenne, era molto noto in Norvegia negli anni
sessanta, benché fosse ancora alla ricerca di uno stile personale.
Mentre per la maggior parte degli americani rimaneva uno sconosciuto,
c’era almeno un ascoltatore delle sonorità blues rock della band di cui
Rypdal faceva parte in quel periodo, i Dream. Il giovane chitarrista era
un grande ammiratore di Hendrix, e ne faceva una imitazione -perfino
nella voce- nelle sue serate. In studio, la band fece un album, nei
tardi anni sessanta, dal titolo
Get Dreamy,
che includeva molta musica di Hendrix.
Pare
che Rypdal avesse una fidanzata al tempo che “stava andando a trovare
una sua amica in Svezia, che era una delle numerose ragazze di Hendrix.
Così, le diedi una copia dell’album dei Dream, nella speranza che
arrivasse fino a Jimi”, dice Rypdal. Dopo anni, si convinse che il disco
non doveva avergli fatto una grande impressione, e forse non l’aveva
neanche mai sentito. Ma nel giugno 2005 Rypdal riceve una lettera da un
collezionista di Los Angeles che aveva acquistato la collezione di
dischi posseduta da Hendrix, ritrovata in Inghilterra, dove aveva
vissuto. E, diceva il collezionista, fra i dischi c’era anche l’album
dei Dream.
Il collezionista “mi spedì una fotocopia di
ciò che avevo scritto, così lo contattai. Non solo Hendrix l’aveva
ricevuto -prima non sapevamo neanche se l’avesse mai scartato- ma
lo aveva portato con sé a Londra. Il tipo mi disse che era stato
sicuramente usato, il che mi fa molto piacere”.
“Venni a sapere della morte di Jimi prima che ne fosse data notizia
ufficiale”, aggiunge Rypdal. “Quando Freddie Hubbard arrivò (in
Norvegia) da Londra, mi chiesero di andarlo a prendere all’aeroporto.
Aveva appena ricevuto la notizia della morte. E stiamo parlando di due
giorni prima della notizia ufficiale”.
Ora abbiamo una nuova
occasione di sentire Rypdal all’opera:
Vossabrygg, registrato nel 2003
partendo da un lavoro commissionatogli dal Vossa Jazz Festival in
Norvegia.
La musica è in parte un omaggio a Miles Davis e
al suo album Bitches Brew.
Il periodo elettrico di Miles Davis è molto importante per Rypdal e per
il trombettista Palle Mikkelborg, suo compagno musicale di lungo corso
presente anche nel nuovo disco e che aveva partecipato a suo tempo
all’album Aura
(Columbia, 1989) di Miles. Ma, dice Rypdal, il disco nel complesso “è un
mix di molte cose”, non solo un tributo a Miles.
Racconta che alla fine del
2000, prima che gli venisse commissionato il disco, il suo agente Pal
Gjersum gli regalò per Natale The
Complete Bitches Brew Sessions (Legacy
Recordings, 2000). “La notte quasi non dormii, ascoltando quel disco”,
dice con una risata. “Anche quando fu pubblicato (1969) fu molto
importante per me”.
Alcune linee di basso in
Vossabrygg, ma
anche altri elementi, ricordano molto Bitches Brew. In particolare
l’apertura di Ghostdancing, dove emergono frammenti di
Pharaoh’s Dance.
“Anche alcune citazioni, nate durante le prove, rendono il collegamento
più chiaro di quello che doveva essere”, dice Rypdal. Ma, sottolinea con
una risatina, “non ho cercato di rifare
Bitches Brew".
Sia lui che Mikkelborg si dichiarano soddisfatti del progetto. “Non
penso che Palle voglia suonare come Miles. In realtà, sono stati amici e
Miles è stato il suo idolo. Penso che Palle sia cambiato, negli ultimi
cinque o sei anni, specialmente nell’utilizzo dei pedali e altri
effetti. Il suo suono è diverso, in qualche modo rispettoso senza essere
imitativo”.
“Un paio d’anni fa ho suonato in concerto con John McLaughlin
(chitarrista in Bitches Brew)
in Svizzera”, continua Rypdal, “non l’avevo mai incontrato prima. Fu
veramente importante per Bitches Brew.
È un omaggio a Miles e quel particolare periodo, un periodo in cui
McLaughlin aveva molto da dirmi come chitarrista. Da allora l’ho
incontrato diverse volte. Ci sono molti collegamenti. Oltre a Coltrane,
penso sia stato forse il periodo di maggior influenza. È per questo che
voglio dire qualcosa a riguardo”.
Non si tratta dell’unico
riconoscimento a Miles che Rypdal abbia registrato. Provate ad ascoltare
l’inizio di Tough Enough
dall’album Terje Rypdal (ECM, 1971) o anche alcune parti di
Silver Bird Is Heading For the Sun
dal disco Whenever I Seem to Be Far Away
(ECM, 1974).
In
Vossabrygg troviamo anche esempi
estratti dalla lunga storia di Rypdal come chitarrista, assemblati dal
figlio Marius, che nel disco si è occupato di “campionamenti,
electronics e giradischi”. È la prima volta che Terje lavora con uno dei
suoi figli, Marius, batterista, che utilizza campionamenti tratti dalla
lunga discografia di Rypdal, soprattutto
Ineo, per coro e orchesta, dal disco
Undisonus
(ECM, 1992). Sono inseriti in alcune parti dell’album e Terje ci suona
sopra delle successioni di accordi che scrisse tempo fa.
“È anch’esso una aspetto importante”, dice Rypdal. “Marius aveva già
fatto alcune versioni senza che io lo sapessi, e poi io le ho combinate
assieme. Il disco è un mix di tutti questi elementi più, ovviamente,
l’importante contributo dei musicisti”.
Lungo l’intero disco Rypdal suona
sia un jazz/rock in linea con l’omaggio dichiarato, sia nel suo stile
etereo e dilatato, come in Hidden
Chapter (decisamente fuori
dall’influenza di Miles), un brano che inizia in maniera onirica per poi
arrivare ad una moderna sonorità funk, in cui si dispiega l’intervento
del figlio Marius.
In Waltz for Broken Hearts/Makes You
Wonder troviamo un Mikkelborg di
ispirazione davisiana. Anche
Jungeltelegrafen
ha il feeling del Miles elettrico, ma arricchito con effetti elettronici
del giovane Rypdal che non erano stati usati ai tempi di
Bitches Brew.
Il pezzo si ammorbidisce man mano che progredisce, ma il suono della
tromba proviene dal linguaggio di Miles.
“Quegli anni erano speciali”, dice
riferendosi al periodo fine anni sessanta e primi anni settanta. “Venivo
dall’ambiente rock, e dal vivo proponevo quasi tutto il primo album di
Hendrix, poi con Jan Garbarek e George Russell mi sono addentrato nel
jazz. Lungo il percorso ho trovato
Meditations di John Coltrane.
All’inizio non l’ho capito, ma è stato molto importante per me perché ha
quell’apertura musicale che si ricollega al meglio del rock. Quello è
stato un meraviglioso periodo, molto fecondo”.
Di
Ghostdancing dice: “Non sempre ci piace
quello che facciamo, ma in questo caso direi sicuramente di si”, e
sottolinea che c’è l’intenzione di fare un tour live con questa musica.
Per Rypdal si tratta
dell’ennesimo disco di una lunga serie di registrazioni con la ECM e
dell’ultima testimonianza di un lungo viaggio musicale che prese avvio
da Oslo, dove è nato. In tenera età ha studiato pianoforte e per un
periodo anche tromba. Per quanto riguarda la chitarra, è sostanzialmente
un autodidatta. Iniziò a suonare in una band proprio questo strumento,
che al tempo era l’emblema della scena rock in cui era cresciuto. In un
gruppo chiamato The Vanguards suonava la musica degli Shadows (con il
chitarrista Hank Marvin) e dei Ventures. “Avevo preso un paio di
lezioni”, dice Rypdal, “ma con tutti i miei insegnanti finì che formammo
la prima band in cui ho militato, The Vanguards. All’inizio, avevo circa
quattordici anni, suonavamo musica strumentale. Io sapevo leggere la
musica, grazie alle lezioni di piano, e potevo riportala sulla chitarra.
Prima di allora, forse avevo preso quattro lezioni in tutto”.
“Poi Clapton incise con John Mayall (e i Bluesbreakers)”, continua
Rypdal, “e per me fu molto importante. Iniziai ad ascoltare tutti i
musicisti inglesi. Jeff Beck fece una versione di
Jeff’s Boogie,
per me abbastanza difficile. Poi arrivò Hendrix. Penso che i chitarristi
si ascoltassero a vicenda tutto il tempo per imparare nuovi trucchi.
Dimenticavo di menzionare un concerto con Steve Vai. Era eccezionale,
non si fermava mai”.
Alcune delle influenze che si sono
succedute nel tempo includono Eddie Van Halen, Wes Montgomery, Kenny
Burrell, Charlie Byrd e John McLaughlin.
Rypdal iniziò ad utilizzare gli amplificatori Marshall in quel periodo,
senza però averne familiarità. Stava cercando di sviluppare un sound per
la chitarra che sentiva dentro di sé ed ebbe la fortuna di trovare un
aiuto da una autentica rock star. “Ci trovavamo a Londra per registrare,
nel 1965 o 1966. Grazie all’amicizia tra il nostro manager e Chris
Blackwell fui presentato a Steve Winwood, il quale passò una decina di
minuti ad insegnarmi come usare un Marshall, che al tempo era una
autentica novità che noi non conoscevamo. Se Winwood ci sta leggendo,
vorrei ringraziarlo”, dice ridendo. “È stato magnifico”.
Pur continuando a suonare, Rypdal iniziò a studiare composizione con
Finn Mortensen, oltre a prendere lezioni dal compositore jazz George
Russell, il cui lavoro con la musica modale ebbe una enorme influenza
sia su Miles Davis che su John Coltrane. Rypdal iniziò quindi a suonare
jazz con un gruppo guidato da Russell e uno guidato da Garbarek, con cui
aveva già suonato precedentemente nei Dream.
All’incirca in quel periodo, decise di abbandonare l’idea di
iscriversi alla facoltà di ingegneria elettronica e di buttarsi nella
musica. “Quando accadde”, spiega Rypdal, “mio padre, direttore della
banda militare, mi disse: ‘ti prego di non farlo, è una vita dura’. Ma
poi, dopo la parentesi dei Dream, tutto accadde in fretta. Jan Garbarek
mi chiese di unirmi al suo quartetto. Contemporaneamente George viveva a
Oslo, così feci con lui un corso sul concetto lidio, cercando
disperatamente di capire cosa dovessimo fare. Poi suonai con il sestetto
di George, che non aveva mai registrato prima, dove presi la parte di
trombone che era stata di Bob Brookmeyer o di qualcun altro. Era una
parte estremamente difficile, quindi passai due o tre mesi solo per
impararla. George fu molto importante, non solo per l’insegnamento ma
anche per la musica”.
Rypdal partecipò ai due dischi di Russell:
Essence of
George Russell (Soul Note, 1966) and
Electronic Sonata for Souls Loved By
Nature (Soul Note, 1969).
Rypdal era più immerso nel rock e nel pop, oltre ad avere influenze
legate alla musica classica che gli derivavano dall’infanzia. All’inizio
l’idea di suonare jazz lo lasciava un po’ perplesso. “Mi sarebbe
piaciuto suonare più standards”, dice Rypdal, “ma avevo troppo rispetto
per farlo. Qui a casa, di tanto in tanto, li suono e forse se avessi
iniziato a suonare jazz tre o quattro anni prima poteva anche succedere.
Quello che successe veramente invece fu che utilizzai quello che avevo
imparato da Jeff Beck e Jimi Hendrix”.
Il primo album della ECM in cui compare Rypdal è
Afric Pepperbird
(ECM, 1970) di Garbarek, ma già prima aveva suonato in
The Esoteric Circle
(Freedom, 1969) sempre dello stesso Garbarek, e aveva anche registrato
un disco tutto suo, Bleak House
(Polydor/Universal Norway, 1968).
“All’inizio con Jan non sapevo esattamente cosa fare”, ricorda Rypdal.
“Così ho iniziato a suonare come McCoy Tyner. Il primo album ho cercato
di essere una delle mani di McCoy, pensando agli accordi che conoscevo e
sperimentandoci sopra. Più avanti, con la ECM, ogni volta che il nostro
sound si avvicinava troppo a quello di qualcun altro, Manfred (Eicher,
fondatore e produttore della ECM) ci diceva: ‘cercate una voce
personale’. Senza Manfred sarebbe andata in un altro modo”.
Ammette che ad un certo punto, nei primi anni settanta, “non
volevo suonare la chitarra. Suonavo il flauto e il sax soprano, perché
non ero riuscito a raggiungere il sound che volevo. Poi successe
qualcosa e mi sono detto: ‘OK, ora ci siamo’. Ma poi mi ci sono voluti
un paio d’anni di ricerca per raggiungere una buona qualità”. Suonava
delle linee melodiche più lunghe e gradualmente imparò a controllare la
velocità per poi incorporare il tutto nel suo modo di suonare, proprio
come voleva . Ne venne fuori uno stile in cui si trovava a proprio agio,
da cui poi ne sviluppò altri.
Quando Rypdal stava registrando il secondo album di Garbarek,
Sart
(ECM, 1971), scrisse un brano. “C’è un momento nella versione originale
di Bitches Brew
in cui si può sentire Miles sussurrare: ‘Keep it like that. Tight’.
Così, ho scritto un pezzo chiamato proprio così, nel ’71 credo, ma poi
fu deciso che non sarebbe stato nell’album. Io ero entusiasta del brano
e probabilmente mostrai un certo disappunto, ma Manfred disse: ‘non
preoccuparti, potrai metterlo nel tuo disco’. E così avviò la mia
carriera solista”.
Keep It Like That /Tight,
infatti, si trova nel suo debutto discografico alla ECM come band
leader, Terje Rypdal
(ECM, 1971).
Rypdal afferma che la lunga collaborazione con la ECM è stata una vera e
propria benedizione per la sua carriera. “Se fossi solamente uno dei
tanti artisti in Norvegia (senza la ECM), sarebbe completamente
differente. Sono stato molto fortunato. Abbiamo passato (con Eicher)
così tanto tempo assieme che siamo diventati amici, e questo significa
molto. Di sicuro gli devo molto”.
Rypdal, musicista
pluridecorato in Europa come esecutore e compositore (compreso il Buddy
Price, ricevuto nel 1985, che è la massima onorificenza data dalla
Associazione dei Musicisti Jazz in Norvegia), ha
proseguito una fruttuosa
carriera che gli ha garantito un buon tenore di vita. Oggi vive
in una zona rurale nei pressi di Molde, in Norvegia, circondato dalla
bellezza delle montagne. “Ora sto in campagna, in un posto che
appartiene alla mia famiglia da molto tempo. All’inizio ci venivo solo
per il periodo estivo, poi mi sono fermato stabilmente. Non è molto
lontano dall’aeroporto, per cui va benissimo. Molde ha un bel festival,
dove suonò anche Miles pochi anni prima di morire. Mi è capitato di
sentirlo dal vivo e anche di passargli affianco, ma non gli ho mai
parlato. Palle invece ci fece amicizia e mi ha raccontato parecchie cose
dei loro incontri”.
Rypdal aggiunge un altro aneddoto su Miles: “Un
tipo aveva una specie di limousine che usava per portare chiunque
dall’aeroporto a Molde. Quando gli capitò Miles come passeggero gli
disse: ‘Mister Davis, devo ammettere che non conosco la sua musica’, e
Miles allora gli rispose: ‘che razza di macchina è questa?’. Finì che
fecero amicizia e andarono insieme a cena”.
Per quanto riguarda la scena musicale, l’Europa è un posto in cui i
musicisti americani possono trovare delle occasioni di lavoro che non
hanno negli USA, ma Rypdal afferma che anche se il mercato è buono ha
subito un certo calo.
“Negli anni settanta era possibile suonare dovunque, in Norvegia come in
tutta Europa. Ora ho l’impressione che sia sopravvissuto solo un quinto
dei club, e questo è un problema. I festival sono abbastanza diffusi e,
soprattutto d’estate, l’Europa rappresenta ancora un buon mercato. Ma
non so come sarebbe se dovessi ricominciare tutto da capo, probabilmente
dovrei anche dedicarmi all’insegnamento oltre che suonare. Certo, ci
sono nuovi musicisti in giro, e non ho idea di come facciano. Credo che
suonino in un sacco di gruppi per guadagnare abbastanza”.
E per il futuro?
“Sono in attesa di una chiamata da
Manfred. Ho scritto una cosa chiamata Melodic Warrior, per l’ Hilliard
Ensemble, un gruppo vocale inglese che ha registrato parecchi lavori per
la ECM. È un lavoro basato sulla poesia degli indiani d’America, che ho
conosciuto grazie ad un libro tradotto in inglese regalatomi da un
amico, dove ho trovato dei versi meravigliosi, più che altro sul
rispetto della natura e cose di questo tipo. Probabilmente il disco sarà
la prossima uscita della ECM”.
“Oltre a questo mi piacerebbe fare un altro album con la chitarra in
primo piano. Ho un trio chiamato Skyward, nato proprio quando è uscito
l’album Skywards
(ECM, 1997), ma forse cambierò il nome. Poi ci sono un paio di lavori
già commissionati da realizzare. Credo che sarà un anno abbastanza
pieno”.
“Ci sono stati alti e bassi”, dice della sua carriera musicale.
“Probabilmente con la ECM sono stato più fortunato della maggior parte
dei musicisti. E’ forse la sola casa discografica con la quale si
possano realizzare tutti i propri dischi. Per loro non è importante se
alcuni di questi non vendono molto, e così si può avere una continuità
che è qualcosa di unico”.
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- Lux Aeterna
(2002) ECM 1818 - cd
1. 1st Movement (Luminous Galaxy) - 2. 2nd Movement (Fjelldapen) - 3. 3rd Movement (Escalator) - 4. 4th Movement (Toccata) - 5. 5th Movement (Lux Aeterna)
Musicians:
Terje Rypdal, Palle Mikkelborg, Iver Kleive, Ashild Stubo
Gundersen
Produced by Manfred Eicher
Recorded live July 19, 2000 at Molde Domkirke
Cover photo and design by Sasha Kleis
Si può trovare il nome di Terje Rypdal sparso
dappertutto nella discografia degli ultimi trent'anni: a
fianco di Robert Wyatt e di Ketil Biornstad, con Markus
Stockhausen e perfino accanto a Sugar Cane Harris.
Adesso, che è nel mezzo del cammino di sua vita - o
così almeno gli auguriamo che sia nel suo 50esimo anno
di età - e sempre in bilico fra una carriera jazzistica
e quella di compositore di musica contemporanea, pubblica
Lux Aeterna e si
ripresenta con una formazione davvero splendente - con
Palle Mikkelborg alla tromba, Iver Kleive all'organo,
alla voce del soprano Ashild Stubo Gundersen e la Bergen
Kammerensamble diretta da Kjell Seim - per un cd di
grande poesia e di una motivata ambizione.
Si tratta di musica per chiesa registrata nel luglio del
2000: "una nuova esperienza", come ha
dichiarato l'autore. Entusiasmo comprensibile anche
perchè questa luce eterna si snoda con grazia in cinque
movimenti.
La chitarra di Rypdal non è mai in primissimo piano,
lasciando l'onore alla composizione pura.
Luca
Damiani da Musiche di Repubblica n° 348 - 7
novembre 2002
- Waves
(1978) ECM 1110 - vinile
1. Per Ulv 8.33 (T. Rypdal) - 2. Karusell 8.08 (T. Rypdal) - 3. Stenskoven 3.42 (P. Mikkelborg) - 4. Waves 5.38 (T. Rypdal) - 5. The Dain Curse 8.41 (T. Rypdal) - 6. Charisma 6.15 (T. Rypdal)
Musicians:
Terje Rypdal, Palle Mikkelborg, Sveinung Hovensjo, Jon
Christensen
Produced by Manfred Eicher
Recorded September 1977 at Talent Studio, Oslo
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo Klaus Knaup
- Skywards
(1996) ECM 1608 - cd
1. Skywards
4.01 - 2.
Into The Wilderness 7.34 - 3.
It's Not Over Until The Fat Lady Sings! 4.27
- 4. The Pleasure Is Mine, I'm
Sure 3.12 - 5.
Out Of This World (Sinfonietta)
15.58 - 6. Shining 5.40
- 7. Remember To Remember 8.44
Musicians:
Terje Rypdal, Palle Mikkelborg, Terje Tonnesen,
David Darling, Christian Eggen, Paolo Vinaccia, Jon
Christensen
Produced by Manfred Eicher
Recorded at Rainbow Studio, Oslo on February 1996
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo by Jean-Guy Lathuiliere
- Blue
(1987) ECM 1346 - cd
1. The
Curse 1.24 - 2.
Kompet Gar 6.49 - 3.
I Disremember Quite Well 5.04 -
4. Og Hva Synes Vi Om Det 5.45
- 5. Last Nite 3.29
- 6. Blue 5.40
- 7. Tanga 4.14
- 8. Om Bare 3.03
Musicians:
Terje Rypdal, Bjorn Kjellemyr, Audun Kleive
Produced by Manfred Eicher
Recorded at Rainboe Studio, Oslo on November 1986
Engineering by Jan Erik Kongshaug
- Descendre
(1980) ECM 1144 - cd
1. Avskjed
5.42 - 2.
Circles 11.13 - 3.
Descendre 3.10 - 4.
Innseiling 7.57 - 5.
Men Of Mystery 8.23 - 6.
Speil 8.23
Musicians:
Terje Rypdal, Palle Mikkelborg, Jon Christensen
Produced by Manfred Eicher
Recorded at Talent Studio, Oslo on March 1979
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo and design by Dieter Rehm
- If Mountains Could Sing
(1995) ECM 1554 - cd
1. The
ReturnOf Per Ulv 5.01 - 2.
It's In The Air 4.04 - 3.
But On The Other Hand 5.07 - 4.
If Mountains Could Sing 5.14 -
5. Private Eye 5.46
- 6. Foran Peisen 4.26
- 7. Dancing Without Reindeers 3.26
- 8. One For The Roadrunner 5.01
- 9. Blue Angel 3.03
- 10. Genie 3.47
- 11. Lonesone Guitar 2.51
Musicians:
Terje Rypdal, Bjorn Kjellmyr, Audun Kleive, Terje Tonnensen, Lars Anders
Tomter, Oystein Birkeland, Christian Eggenn
Produced by Manfred Eicher
Recorded on January and June 1994 at Rainbow Studio, Oslo
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo by Michael Trevillion
- Vossabrygg
(2006) ECM 1984 - cd
1. Ghostdancing
18.31 - 2. Hidden Chapter
5.39 - 3. Waltz For Broken Hearts/Makes You Wonder
10.06 - 4. Incognito Traveller
4.04 - 5. Key Witness
1.35 - 6. That's More Like It
10.07 - 7. De Slagferdige
2.38 - 8. Jungeltelegrafen
2.39 - 9. You're Making It Personal
8.53 - 10. A Quiet Word
3.46
Musicians:
Terje Rypdal, Palle Mikkelborg,
Bugge Wesseltoft, Stale Storlokken,
Marius Rypdal, Bjorn Kjellemyr, Jon Christensen, Paolo Vinaccia
Produced by Manfred Eicher
Recorded live on April 12, 2003 at Vossa Jazz Festival, Norway
Engineering by Per Ravnaas
Cover photo Vidar Langeland
Il chitarrista norvegese Terje Rypdal
è certamente uno degli artisti più longevi sulla scena della musica
creativa, con una lunga militanza iniziata nei primissimi anni sessanta
nel paese natale, con il gruppo The Vanguards. Un progetto di successo
modellato su gruppi inglesi e americani coevi come gli Shadows e i
Ventures, cavalieri di quel rock strumentale ingenuo e disimpegnato che
anticipò l'arrivo di Jimi Hendrix. Quest'ultimo, nel suo incedere
devastante, andò spesso in tour nei paesi scandinavi fra il 1967 e il
1969 e ben presto diventò uno degli ispiratori più importanti nel
percorso del giovane chitarrista nato a Oslo nell'agosto del 1947.
Ma l'istinto
e la curiosità di Rypdal non si fermarono al grande chitarrista mancino
di Seattle e ben presto, con l'amico saxofonista Jan Garbarek, il
giovane norvegese ebbe modo di entrare in contatto con l'arrangiatore
americano George Russell che li coinvolse immediatamente nei suoi
progetti visionari che trovavano poche possibilità di essere portati
avanti negli States e che invece fortunatamente trovavano finanziamenti
da parte delle istituzioni culturali
dei paesi scandinavi.
Fra teorie un po'astruse ma affascinanti e una solida pratica
strumentale, il manipolo di giovani musicisti nordici che si era
cristallizzato attorno all'attività di Russell iniziò a produrre dischi
in proprio e ben presto entrò nel giro della ECM, etichetta che muoveva
allora i primi passi e che diventerà centrale in quei progetti che
guadagnarono velocemente l'interesse degli ascoltatori più attenti alle
proposte irrituali e coraggiose.
Dopo trentacinque anni Rypdal è ancora un fedele scudiero dell'etichetta
tedesca, anche se verso la metà degli anni settanta era arrivato quasi
al punto di rottura con Manfred Eicher, boss della ECM, che non gradiva
le sue scorribande in territorio rock-jazz col progetto Odyssey. In
realtà quel gruppo faceva musica di grande spessore e il chitarrista è
riuscito a preservarne i valori nel corso degli anni, rimanendo una
straordinaria anomalia all'interno della raffinata etichetta spesso
caratterizzata da lavori che hanno la fragile consistenza della
filigrana.
Questo album, registrato dal vivo nell'aprile del 2003 ma pubblicato
solo nei primi mesi del 2006, vede il chitarrista alla testa di un
gruppo allargato che viene coinvolto in una sorta di rievocazione dello
spirito inafferrabile che aveva portato nell'agosto del 1969 alla
creazione del capolavoro di Miles Davis, quel Bitches Brew che
ancora oggi può essere considerato uno dei dischi più importanti
prodotti dalla musica del ventesimo secolo. Il riferimento sottile è
evidente sin dal titolo. Ma bisogna conoscere l'idioma norvegese per
comprenderlo. Infatti Vossabrygg significa 'Vossa Brew' ed è un
piccolo gioco di parole che prende spunto dal nome della località
norvegese Voss, cittadina dove per l'appunto si tiene un bel Festival di
Jazz che ha commissionato questo progetto a Rypdal.
Il lungo brano che apre l'album è
intitolato Ghostdancing ed è dichiaratamente una rilettura di
Pharoah's Dance, il pezzo scritto da Joe Zawinul che apriva
Bitches Brew. I musicisti scandinavi che affiancano Rypdal in questa
bellissima cavalcata, sembrano dapprima intenzionati a girare con
circospezione e appassionata attenzione attorno alle frasi incantate
della composizione originale, sospese fra brandelli melodici
caratterizzati da bizzarre assonanze e frammenti infuocati puramente
ritmici, per poi proseguire verso un percorso originale, fatto di spazi
allargati, luminescenze abbacinati e ripartenze degne di una tribù
completamente nomade. Al posto della giungla urbana così bene delineata
da Miles e dai suoi compari in quel capolavoro inarrivabile che marcò il
passaggio dagli anni sessanta al decennio successivo, qui troviamo
escursioni a cavallo dei crinali dei fiordi, alla ricerca delle nevi
perenni e della luce che non si spegna mai.
Questa scorribanda affascinante sulle tracce di Miles cede poi il posto
ad altre suggestioni sempre dense di richiami e rimandi, per esempio ai
Weather Report nel bel brano Incognito Traveller. La forza di
questo progetto è data però dal fatto che questi richiami sono ben
individuabili ma, allo stesso tempo, sempre carichi di originalità e
sono caratterizzati dallo sguardo acuto, ispirato dalla estrema
curiosità, di un esploratore instancabile come Terje Rypdal. La sua
chitarra ha da sempre una peculiare caratteristica timbrica che la fa
sembrare una lama di luce che arriva dal nulla e si materializza
tagliente e guizzante davanti ai nostri sensi. Tutto deriva da un
perfetto controllo dei pedalini che stanno fra la chitarra e
l'amplificazione, ma anche dalla sapiente capacità artigianale della
diteggiatura del chitarrista e dal suo tocco morbido, lieve sin dalle
intenzioni.
La tromba di Palle Mikkelborg è la perfetta compagna di viaggio per
questo tipo di avventure, sempre morbida e concreta, pronta a saettare
via dalle ovvietà per tuffarsi nel mare freddo, battuto dal vento e
risalire in cima alle vette imbiancate dal ghiaccio. Le due tastiere e
le due batterie si specchiano a vicenda, seguendo gli schemi che già
erano evidenti in Bitches Brew. Anche qui però, giustamente, il
gioco è condotto con una diversa sensibilità, adattando una
strutturazione pre-esistente ad un diverso tipo di scenario e di clima.
Il basso di Bjorn Kjellemyr è spesso centrale nel suo ruolo di corrimano
ritmico sul quale si appoggiano le idee dei compagni di viaggio. La sua
dimestichezza con la musica di Rypdal, del quale è partner da moltissimi
anni, aiuta certamente a mantenere altissima la coesione di questa
musica apparentemente impalpabile e in realtà sempre concreta, delineata
e circoscritta.
Le divagazioni elettroniche di Marcus Rypdal, figlio del chitarrista,
aggiungono un tocco di sana ingenuità che fornisce una dimensione
multi-generazionale che si sposa alla perfezione con il contesto e con i
riti di passaggio che già avevano avuto un ruolo determinante nell'opera
milesiana che ha ispirato questo lavoro. Un parallelo fra l'ingresso
sulla scena di questo giovane folletto nordico e l'influsso che ebbe in
Bitches Brew la giovanissima moglie di Miles Davis, la straordinaria
Betty Mabry, vera musa di quel periodo artistico di Miles e ispiratrice
di una intera epoca, potrebbe essere azzardato, ma vale la pena tenerlo
in considerazione.
Maurizio
Comandini
da All About Jazz
- What Comes After
(1974) ECM 1031 st - vinile
1. Bend It (T. Rypdal) 9.52 - 2. Yearning
(T. Rypdal) 3.21 - 3. Icing (T. Rypdal/J. Christensen) 7.48 - 4. What Comes After
(T. Rypdal) 10.59 - 5. Sejours (B. Phillips) 3.51 - 6. Back Of J.
(B. Phillips) 4.17
Musicians:
Terje Rypdal, Barre
Phillips, Jon Christensen, Erik Niord Larsen, Sveinung
Hovensjo
Produced by Manfred Eicher
Recorded on August 7 and 8
1973 at Arne Bendiksen Studio, Oslo
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo and design by Frieder Grindler
- Chaser
(1985) ECM 1303 - cd
1. Ambiguity
8.41 - 2. Once Upon A Time
6.12 - 3. Geysir 5.58 - 4. A Closer Look
4.55 - 5. Ornen 6.18 - 6. Chaser 5.49 - 7. Transition
1.33 - 8. Imagi (theme) 4.59
Musicians:
Terje Rypdal, Audun Kleive, Bjorn Kjellemyr
Produced by Manfred Eicher
Recorded on May 1985 at Rainbow Studio, Oslo
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo by Dieter Rehm
- Crime Scene
(2010) ECM 2041 - cd
1. Clint/The Menace
2.15 - 2. Prime Suspect
6.55 - 3. Don Rypero
5.31 - 4. Suspicious Behaviour
2.55 - 5. The Good Cop
3.44 - 6. Is That A Fact
4.14 - 7. Parli Con Me?
5.26 - 8. The Criminals
3.02 - 9. Action 2.17 - 10. One Of Those
2.59 - 11. It's Not Been Written Yet
8.53 - 12. Investigation
5.46 - 13. A Minor Incident
2.18 - 14. Crime Solved
3.03
Musicians:
Terje Rypdal, Palle Mikkelborg, Stale Storlokken, Paolo Vinaccia and
Bergen Big Band
Produced by Manfred Eicher
Recorded live at Nattjazz, Bergen on May 2009
Engineering by Per Ravnaas
Cover painting by Eberhard Ross
Commissionato dal Nattjazz Festival di Bergen, città
nella quale è stato registrato live nel maggio 2009, Crime Scene
inscena un colossale clash tra il trio Skywards -composto dal leader
Terje Rypdal, Stale Storlokken (menro fondatore dei Supersilent) alle
tastiere e dal batterista napoletano (residente in Norvegia dal 1979)
Paolo Vinaccia- e la Bergen Big Band diretta da Olav Dale.
A dialoghi prelevati da celebri crime movie, ciò che conferisce una
parvenza di concept al progetto, si alternano pachidermiche movenze free
e jazz-rock dal sapore vagamente progressive. Mostly Coltrane potremmo
dire parafrasando il titolo di un recente lavoro di Steve Khun, ma il
Coltrane di Ascension e dei lavori più ostici: e comunque, anche
molto Coleman (Prime Suspect) e tante -troppe- svisate da stadium
rock di chitarra e tastiera (Don Rypero e Suspictious
Behaviour) che inquinano leggermente l'atmosfera complessiva di un
live meritevole comunque di essere repertato su disco.
Vincenzo Santarcangelo da Rock&Rilla n° 359 luglio 2010
- The Singles Collection
(1989) ECM 1383 - vinile
1. There Is A Hot Lady In Mu Bedroom
4.25 - 2. Sprott 4.33 - 3. Mystery Man
4.39 - 4. The Last Hero
2.35 - 5. Strange Behaviour
2.50 - 6. U.'N.I.
5.33 - 7. Coyote 2.50 - 8. Somehow, Somewhere
2.58 - 9. Steady 4.03 - 10. Crooner Song
2.50
Musicians:
Terje Rypdal, Allan Dangerfield, Bjorn Kjellermyr, Audum Kleive
Produced by Manfred Eicher
Recorded at Rainbow Studio, Oslo on August 1988
Engineering by Jan Erik Kongshaug
Cover photo by Dieter Rehm
- Whenever I Seem To Be Far Away
(1975) ECM 1045 - vinile
1.
Silver Bird Is Heading For The Sun
14.05 - 2.
The Hunt 5.18 - 3.
Whenever I Seem To Be Far Away (image for
electric guitar, string, oboe and clarinet)
17.37
Musicians:
Terje Rypdal, Sveinubg Hovensjo, Pete Knutsen, Odd Ulleberg, Jon
Christensen, Members of Sudfunk Symphony Orchestra, conducted by Mladen
Guthesha, Christian Hedrick, Helmut Geiger
Produced by Manfred Eicher
Recorded on 1974 in Oslo and Ludwingsburg
Engineering by Jan Erik Kongshaugh and Martin Wieland
Cover photo by Tadayuki Naito
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