Laurie Anderson



album in pagina:

- Live at Town Hall
-
Big Science
- Home Of The Brave
- Mister Heartbreak
-
Life On A String
- Strange Angels
- Bright Red
- The Ungly One With The Jewels
  And Other Stories
- Homeland




collabora in:

- Zoolook
  (Jeanne-Michelle Jarre)

- Strong Currents
- The Arch

  (Hectror Zazou)



Anche Laurie Anderson è stata icona di decenni passati: come un tuono è scoppiata nel cielo plumbeo degli anno Ottanta, rappresentando una delle forme d'arte più elevate in quell'agro periodo. Un talento a tutto campo che non si capiva dove riuscisse a stupire di più, se nella parte teatrale delle sue originalissime performances, o in quella musicale, o visiva, o letteraria: un fuoco di creatività scoppiettante che per qualche anno è arso vigoroso, ridefinendo parecchie coordinate dell'arte nel ventesimo secolo. E che poi ha però cominciato ad affievolirsi riducendosi negli anni Novanta alla brace di un disco fiacchissimo (Bright Red, Tightrope, 1994) uscito a cinque anni dal già poco convinvente Strange Angels precedente. Con fiammate estemporanee, come l'aiuto al suo nuovo compagno, il leggendario rocker Lou Reed, nel suo capolavoro Ecstasy.

The Ugly One With The Jewels And Other Stories, compact disc del 1995, era invece una raccolta di testi teatrali dove la musica aveva un aspetto secondario, mentre in campo teatrale è degli anni seguenti un mastodontico progetto dedicato a Moby Dick, la famosa balena bianca del romanzo di Melville. Da quest'opera sono tratti tre dei dodici brani che compongono Life On A String che sostanzialmente la vede di nuovo impegnata in profondità nella tessitura delle strutture musicali, con un alleggerimento nell'uso dell'elettronica e un ritorno quasi costante al violino, suo primo amore.

Un rilancio cercato e importante per la'rtista, che vede la presenza di parecchi illustri collaboratori (dallo stesso Lou Reed alla chitarra di Bill Frisell), la produzione affilata di Hal Wilner e che ha goduto di un notevole sforzo promozionale da parte della casa discografica.

Sicuramente un'occasione opportuna per riascoltare dopo una sostanziosa pausa di sette anni certi tipici moduli espressivi dell'artista, presentati in più con cornici e sottili infiltrazioni di nuovi elementi. Come il violino della Anderson e un trio d'archi che tutto avvolgono allungandosi in qualche struggente passaggio strumentale; o la direzione musicale del bassista Skuli Sverrison portatrice di pizzichi di atonalità; e i ritmi morbidamente allucinati di un Dj in un brano o lo strepitoso arrangiamento da post-musical di Van Dyke Parks nel successivo
Dark Angel - davvero una delle vette compositive dell'artista. E anche le penetranti visioni, i quadretti legati alla città di New York di Statue Of Liberty e Washington Street: omaggi e invocazioni di una intelettuale americana.

Solo che da quando, nell'undici settembre 2001, l'immaginario occidentale è stato squarciato dal brutale irrompere di altre, crude realtà, tutto questo è restato di colpo distanziato in altri tempi. L'operato artistico, che fino ad un momento prima ci era sembrato portatore di straordinarie rivelazioni, improvvisamente ci è apparso come inadeguato alla complessità che l'esistenza aveva nel frattempo continuato a generare, incapace di lenire quella sorda angoscia esistenziale che da quel momento penso avvinghi consapevolmente tutto l'Occidente.

Così, in un piccolo gioco di citazioni, prendete Empire, lungometraggio di otto ore girato da Warhol nel 1964 con un'inquadratura fissa sull'Empire State Building, quando questo era il grattacielo più alto del mondo prima della costruzione delle Twin Towers; l'installazione Crystals di Brian Eno, che ancora fisicamente nel 1984 sviluppava forme volumetriche luminose influenzate da quell'architettura, o il suo video di tre anni dopo, Mistaken Memories Of Mediaval Manhattan, che trasfigurava lo skyline newyorkese in torrioni di antichi castelli; la rilettura garbatamente ironica del superuomo americano, nel primo e più famoso brano di Laurie Anderson. Avrete alcune espressioni legate da una linea di continuità nel rappresentare un mondo che sembra vicino, giusto dietro l'angolo, e che invece è perso in un'altra epoca ormai distante.

Antonello Antonelli da World Music
n° 53 marzo/aprile 2002

- Live at Town Hall
(2002) Nonenush 7559 79681 - cd

1. Here with You - 2. Statue Of Liberty - 3. Let X = X - 4. Sweater - 5. My Compensation - 6. Washington Street - 7. Piece And Parts - 8. Strange Algels - 9. Dark Angel - 10. Wildebeets - 11. One Beatiful Evening - 12. Poison - 13. Broken - 14. Progress - 15. Animals - 16. Life On A String - 17. Beginning French - 18. O Superman - 19. Slip Away - 20. White Lily - 21. Puppet Motel - 22. Love Among The Sailors - 23. Coolsville

Musicians:
Laurie Anderson, Skull Sverrsson, Jim Blake, Peter Scherer

Recorded on September 19, 20, 2001 at Town Hall in New York City.
Engineering by Jody Elff and Adam Blackburn
Produced by Laurie Anderson

Laurie Anderson era in tour l'11 settembre dell'anno scorso e quel che è successo ha finito per condizionarne le scelte. All'inizio era una show basato sul nuovo album,
Life On A String; dopo è diventato un'antologia della carriera per cercare di catturare in qualche modo l'aria stralunata ("spettrale", dice lei, "come durante una vacanza strana") che si respirava in quei giorni - "per una volta, ho voluto cantare l'assoluto presente". Qui la testimonianza della data-clou, quella appunto a New York, 19 e 20 settembre 2001.
Non c'è un'aria triste come si potrebbe immaginare, ricordando anche i patimenti dell'ultimo disco; ma un clima incerto, umorale, con salti lunghi dalla malinconia a una febbrile eccitazione, dal gioco paradossale al tormento, con i monologhi tipici dell'artista alternati a suoi classici come
Strange Angels, White Lily e anche O Superman, che da tempo non figurava più in repertorio.
Laurie suona in quartetto e ogni tanto inclina verso una specie di elettro-rock forte e teso. Il suo futuro, forse, anche se il quadro complessivo non è in fondo cambiato: "tecnologia, morte, tradimenti, perdite, rabbia, angeli: di questo ho sempre riempito le mie canzoni".
Riccardo Bertoncelli da Musiche di Repubblica n° 330 - 30 maggio 2002

- Big Science
(1982) Warner Bros. WB k 57 002 - vinile

1. From The Air 4.29 - 2. Big Science 6.14 - 3. Sweaters 2.18 - 4. Walking And Falling 2.10 - 5. Born Never Asked 4.56 - 6. O Superman 8.21 - 7. Example 22 2.59 - 8. Let X = X/It Tango 3.01

Musicians:
Laurie Anderson, Roma Baran, Bill Obrecht,
Peter Gordon, David Van Tieghem. Perry Hoberman, Rufus Harley, Chuck Fisher, Richard Cohen

Produced by Laurie Anderson and Roma Baran
Recorded at The Lobby, New York City
Engineering by Leanne Ungar
Cover photo by Greg Shifrin

- Home Of The Brave
(1986) WEA 92 5400 - vinile

1. Smoke Rings 7.00 - 2. White Lily 1.16 - 3. Late Show 4.30 - 4. Talk Normal 5.27 - 5. Languase Is A Virus 4.10 - 6. Radar 2.01 - 7. Sharkey's Night 6.16 - 8. Credit Racket 3.28

Musicians:
Laurie Anderson, Joy Askev, Adrian Belew, Richard Landry, Dolette McDonald,
Bill Laswell, Daniel Ponce, Nile Rodgers, David Van Tieghem, Williams S. Burroughs, Janice Perdarvis, Curtis King, Robert Arron, Jimmy Bralower, Diane Garisto

Produced by Laurie Anderson and Roma Baran
Recorded at: Park Theather, Union City, New Jersey - Blue Rock Studios - Skyline Studios
Engineering by Leanne Ungar

Sono in molti a domandarsi cosa mai sarebbe accaduto se un Fato in vena di stravaganze non avesse proiettato O Superman, il primo singolo di Laurie Anderson, nelle zone alte delle charts di mezzo mondo: probabilmente, la geniale performer newyorkese avrebbe conosciuto soltanto lo status di "oggetto di culto", e la sua arte audio/visiva sarebbe rimasta appannaggio di pochi eletti.
Fortunatamente per tutti, le cose sono andate diversamente, e la Anderson gode oggi di una popolarità maggiore rispetto a qualsiasi altro artista del giro "avant-garde"; Laurie è acclamata dalle folle e coccolata dalla critica, i suoi incredibili spettacoli multimediali riscuotono strepitosi consensi in ogni parte del globo, i personaggi più significativi dell'ambiente collaborano con lei e la sua casa discografica sembra ben lieta di assecondare gli ambiziosi progetti scaturiti dalla sua infaticabile mente.
Alla categoria di cui sopra appartiene certamente questo
Home Of The Brave, colonna sonora dell'omonima performance/pellicola cinematografica; a differenza del precedente lavoro vinilico dell'autrice, il cofanetto quintuplo con il soundtrack di United States I-IV, l'opera è costituita da un solo 33 giri,, che nell'arco di otto composizioni raccoglie il senso e le suggestioni di un'opera inevitabilmente destinata a far parlare parecchio.
Come nel caso di
United States, il solo aspetto musicale si rivela insufficiente al pieno godimento di una produzione nella quale sono le immagini a ricoprire un ruolo determinante almeno al 50%; il disco, però, ha dalla sua un accuratissimo lavoro di arrangiamento e di produzione, in grado di farlo brillare di luce propria e di renderlo in qualche modo scindibile dal disegno globale: merito, oltre che della Anderson, anche dei prestigiosi ospiti (fra i quali Adrian Belew, David Van Tieghem, Joy Askew, Daniel Ponce, William S. Burroughs e l'onnipresente Bill Laswell) che hanno offerto il loro non trascurabile contributo alla miglior riuscita dei brani.
Nonistante la perfezione dei suoni e delle strutture, l'abilità degli strumentisti e l'innegabile carisma di Laurie, però,
Home Of The Brave non passerà alla storia come Big Science, nè verrà osannato come album fondamentale: esso, piuttosto, si presenta come la realizzazione valida ma prevedibile di un'artista non più "ricoluzionaria", ma ormai consolidata in un clichè sonoro sempre unico ma non certo inedito.
Di differente, rispetto ai vecchi dischi, c'è la forma più elaborata, gli intrecci più rifiniti, il mestiere di chi ha trovato un suo stile espressivo e non sembra intenzionato, almeno per il momento, a distaccarsene; sarà soltanto dovere di cronaca, quindi, segnalare la scintillante bellezza di
Smoke Rings o Credit Racket, la nuova edizione di Sharkey's Night, le divagazioni "caraibiche" di Talk Normal o le intelligenti (ma qualcuno le troverà "scandalose") soluzioni "dance" di Language Is A Virus, attuate con Nile Rodgers alla consolle.
Chi sperava di trovare, in questo 33 giri, una Anderson protesa verso nuove direzioni creative, dovrà dunque mettere in preventivo una delusione e consolarsi con la performance che Laurie porterà presto anche sui nostri lidi; per gli altri
Home Of The Brave rimane una buona occasione (ma non la migliore) per avvicinarsi ad una personalità artistica di tutto rispetto, che oggi come oggi - purtroppo - sembra avere escluso la parola OSARE dal suo vocabolario.
Federico Guglielmi da Mucchio Selvaggio n° 100 maggio 1986

- Mister Heartbreak
(1983) WEA 92 5077 - cd

1. Sharkey's Day 7.41 - 2. Langue D'Amour 6.12 - 3. Gravity's Angel 6.02 - 4. Kokoku 7.03 - 5. Excellent Birds 3.12 - 6. Blue Lagoon 7.03 - 7. Sharkey's Night 2.29

Musicians:
Laurie Anderson, Adrian Belew, Bill Blaber, William S. Burrought, Michelle Cobbs,
Anton Fier, Peter Gabriel, Connie Harvey, Bill Laswell, Dolette McDonald, Brenda Nelson, Sang Won Park, Daniel Ponce, Nile Rodgers, David Van Tieghem, Phoebe Snow, Janet Wright, Atsuko Yuma

Produced by Laurie Anderson, Roma Baran, Bill Laswell and Peter Gabriel
Recorded at The Lobby
Engineering by Leanne Ungar

(...) Questa versione riveduta e corretta del nuovo Laurie Anderson conserva i quattro brani del mini-album originario e lo arricchisce di tre tracce che ben ci ripagano di tanta attesa. Ci cala magicamente in una giugla di rumori che si sciolgono elasticamente l'uno nell'altro, con effetto di sinuosa, ipnotica suggestione. Sonorità di flauto - forse simulate da una tastiera - il ritmico zufolare di uccelli tripicali, note in simil-sitar si stringono e si lasciano quasi affidandosi al caso e assecondando una voce femminile dalla cantilena ironicamente orientale. Un'impressione di solarità che si confonde con il liquido fluire di immagini nottirne, in un contrasto che è solo di certi strani sogni inquietanti.
Excellent Birds vive di questa indecisione tra il sonno e la veglia, quasi un sogno di sonnambulo: un gioco percussivo irresistibile, regolato e scandito da un grido d'uccello, si miscela con la voce intensa di Peter Gabriel, la cui presenza si avverte inconfondibilmente anche e sopratutto a livello compositivo. E' una danza indimenticabile, che non cessa di crescere nel ritmico rincorrersi delle voci, e che segna forse il momento più alto dell'intero album. Sharkey's Night è invece una semplice, spiritosa "reprise" dell'iniziale Sharkey's Day, con una ruvida voce maschile in primo piano.
Per il resto rischiamo solo d ripeterci trattandosi dei brani già presi in esame, da
Blue Lagoon, le cui stupefacenti torsioni non cessano di turbarci, attraverso Sharkey's Day e Langue D'Amour, con una chitarra abrasiva in evidenza sino alla memorabile Gravity's Angel, il cui incalzante incedere è ancora sostenuto dal decisivo contributo di Peter Gabriel.
Laurie mobilita insomma tutto il suo personale "cespuglio di fantasmi" certa delle eterne, inossidabili "chances" di seduzione che ha il Mistero. Un universo brulicante, la cui ambiguità, prima ancora che nei testi, viene dichiarata e difesa nelle sfasature e nell'imprevedibilità dei ritmi. Cunei di tenebra e schegge di luce si danno il cambio in un suono inclassificabile, in cui affilano le unghie il solito finissimo David Van Tieghem, Bill Laswell dalla mano leggera e un Adrian Belew la cui chitarra è probabilmente responsabile di qualche uccello gracchiante e di tanti idecifrabili runori.
Raramente il brivido dell'intelligenza ci si è comunicato in forme così segrete e seducenti, e forse per questo che l'ascolto del disco lascia nella memoria come una sete insaziata, che non si acquieta neppure dopo numerosi ascolti. A voi dunque il compito di trovare increspature ed errori in questo nuovo lavoro di Laurie Anderson; se ci sono a noi sono del tutto sfuggiti. Un interrogativo a questo punto ci tormenta: che sia il disco dell'anno?
Antonio Curtoni da Buscadero n° 35 maggio 1984

- Life On A String
(2001) Nonenush 7559 79539 - cd

1. One White Whale 2.03 - 2. The Island Where I Come From 4.07 - 3. Pieces And Parts 3.35 - 4. Here With You 2.23 - 5. Slip Away 5.50 - 6. My Compensation 2.28 - 7. Dark Angel 3.24 - 8. Broken 3.19 - 9. Washington Street 4.40 - 10. Statue Of Liberty 4.25 - 11. One Beautiful Evening 5.05 - 12. Life On A String 2.58

Musicians:
Laurie Anderson, Tom Neils, Joey Baron, Chris Speed, Cuong Vu, Skuli Sverrisson,
David Torn, Greg Cohen, Danny Frankel, Mino Cilenu, Eywind Kang, Eric Frienlander, Mitchell Froom, Liheng, Peter Scherer, Hal Willner, Van Dyke Parks, Bill Frisell, Ben Rubin, Mocean Worker, Lou Reed, Vinicio Cantuaria

Recorded at The Lobby, New York City
Engineering by Martin Brumbach
Produced by Laurie Anderson and Hal Willner
Photography by Victor Schrager

Laurie Anderson è un'artista poliedrica e "creativa" nel senso più ampio del termine, da sempre aperta a sperimentazioni teatrali-letterarie-musicali che nel corso di una carriera mirabile l'hanno portata a frequentare un mondo non sempre fatto di "sola" musica.
Life On A String è il suo primo album di canzoni inedite da sette anni a questa parte e le sue radici affondano nel suo precedente lavoro Songs And Stories Of Moby Dick, spettacolo teatrale (ma che potremmo senza esitazione definire multimediale per la mirabile interazione di musica-letteratura-teatralità che sfoggiava) nel quale si rileggeva in chiave assolutamente personale ed originale il classico di Melville.
Per questo lavoro composto da dodici composizioni rarefatte e raffinatissime, Laurie si è avvalsa di collaboratori assolutamente eccezionali: innanzi tutto la presenza di Hal Willner in qualità di cooproduttore conferisce ancor più al lavoro uno spessore assolutamente "colto" sia per le eleganti soluzioni sonore adottate, sia per l'unitarietà del progetto, che scorre come "un viaggio verso il giardino dell'Eden, ma è anche una breve visita al Rumba Club in una notte piovosa".
Aiutata dal bassista Skuli Sverrisson (coautore di
My Compensation) e dai preziosi contributi di Bill Frisell, Lou Reed (quasi impercettibile la sua presenza in One Beautiful Evening), Mitchell Froom, Greg Cohen, Joey Baron, Mino Cilenu e Van Dyke Parks, il carisma e la creatività della Anderson trova sbocco in arrangiamenti che spesso utilizzano gli archi come elemento fondamentale, ma che fin dai vocalizzi che aprono l'ariosa One White Whale ci introducono a un lavoro di grande spessore. L'album prende quota con i fiati placidamente impazziti e saltellanti di The Island Where I Came From e l'intensa ballata Pieces And Parts, spogliata di ogni orpello e ridotta a musica per voce e trio d'archi.
Nella successiva
Here With You rimangono addirittura solo gli archi per uno strumentale evocativo tratto dal lavoro su Moby Dick, nel quale Laurie riesce a cogliere "quel giusto insieme di bellezza e tristezza che ho sempre cercato". L'estroso e per certi versi inconfondibile arrangiamento di Van Dyke Parks per Dark Angel è un mirabile esempio di fantasia applicata a un brano dalla struttura sfuggente e vagamente jazzata (e qui, come nel caso di Statue Of Liberty, il pensiero vola alla Joni Mitchell più jazzy), mentre è un vero piacere ritrovare il dolente violino della protagonista in Slip Away, piccola sinfonia cantata dedicata al padre.
le architetture sonore approntate da Mitchell Froom e Peter Scherer per
Broken lo rendono tra gli episodi più entusiasmanti dell'album, con la voce che fluttua su un tappeto sinuoso di archi, basso, batteria e tastiere; ancor più magnetica è Washington Street, dove la sempre scintillante chitarra di Bill Frisell si interseca con un gocciolio di un loop campionato e con le linee ruvide del violino elettrico e della voce quasi recitante di Laurie.
Sebbene permeato da atmosfere eteree e rarefatte,
Life On A String suona come un disco molto newyorkese, governato da un'apparente patina di quiete esteriore sotto la quale però si percepisce l'agitazione di un turbinio emotivo ed intelettuale; rimane comunque un'opera accessibile quanto basta da poterla considerare musica da camera ideale per un viaggio interiore.
Marco Grompi da Buscadero n° 227 settembre 2001

- Strange Angels
(1987) Warner Bros. 925 900 - vinile

1. Strange Angels - 2. Monkey's Paw - 3. Coolsville - 4. Ramon - 5. Babydoll - 6. Beautiful Red Dress - 7. The Day The Devil - 8. The Dream Before - 9. My Eyes - 10. Hiawatha

Musicians:
Laurie Anderson, Scott Johnson, Gib Wharton, Dave Lebaoit, Tom Wolk, Kenny Kosek, Hugh McCracken, Robby Kilgore, Bakithi Khumato, Sue Hadjopoulos, Mike Thorne, Eric Liljstrand, Ray Phiri, Gene Tyranny, Mark Egan,
Nana Vasconcelos, Manolo Bodrena, Ian Rotchie, Bobby McFerrin, Earl Gardner, Laurie Frink, Steve Turre, Ale Foster, Lenny Picket, Lew Del Gatto, Peter Scherer, David Van Tieghem, Anton Fier, David Spinoza, Jimmy Bralower, Leon Pendarvis, Steve Gadd, Arto Lindsay, Cyro Baptista, Chris Spedding, Tony Levin, Bill Buchen, Jimmy Tunnell

Produced by Laurie Anderson and Roma Baran

Sharkey è un genio bizzarro che lavora nei laboratori della Grande Scienza. Con pochi collaboratori e pochi mezzi a disposizione costrisce macchine meravigliose, un Superuomo addirittuara
Improvvisamente, tuttavia, Sherkey si stanca di quella routine e, fatti i bagagli, si trasferisce in un’isola tropicale. Bella la vita tra lussurreggianti barocchismi vegetali e pappagalli multicolori, ma presto Sharkey si ammala di un virus sconosciuto proveniente dallo spazio profondo, o così almeno si dice. Lo ricoverano a sirene spiegate nella “Casa del Guerriero”, una clinica efficiente e moderna; tentativo inutile, Sharkey è ormai spacciato. Passa dunque a miglior vita, con il sorriso sulle labbra, ed ecco una legione di angeli si avvicina al capezzale del poveretto per accompagnarne l’anima al cospetto del Signore.
Strani angeli però: invece di elevare inni di diafana purezza al Principale si mettono a danzare malinconici su ritmi sensuali e sinuosi che ricordano tramonti tropicali, profumano di terra e di amore.
Scherzi e manovalanze a parte, quest’album di Laurie Anderson è fonte generosa di mille sorprese che alcuni deluderanno ed altri faranno saltellare di gioia.
Cosa ha cambiato quest’artista per suscitare reazioni così contrastanti? Semplice: si è ingegnata a costruire dieci meravigliose canzoni (pop)olari.
Chi ha storto il naso ascoltando
Language Is A Virus farà meglio a tapparsi ora i canali auricolari: non più il gelido e splendido esotismo tecnologico di Mister Hearbreack, ma un linguaggio sonoro diverso, più caldo, immediato, che parla in egual misura all’intelligenza e al cuore.
Nessun taglio netto con il passato: Laurie Anderson di oggi è la stessa di sempre, solo discorre con maggior semplicità, con dolcezza e malinconia. Accarezza le tradizioni musicali del centro e sud America, le culla con sguardo ironico ma non cinico, le riveste di eleganza europea e le porge cantando con grazia inaudita. Laurie Anderson canta divinamente, abbandonandosi senza freni ad un’ondata melodica irresistibile.
L’atonismo fonetico, l’esclusiva attenzione alle valenze materiali della singola parola, l’esaltazione della sillaba, si stemperano in una concezione sonora di più ampio respiro; è il periodare rilassato delle linee melodiche che ora conta, il loro fluire su un tappeto percussivo che media tra la scarna linearità dell’esordio e il florilegio stordente di
Mister Heartbreack.
La voce di Lurie Anderson passeggia tranquilla, si innalza ad acuti improvvisi, si trasforma con la stessa plastica duttilità di Kate Bush, ritrova oasi di dolcezza che potrebbero appartenere a Cassell Webb, rincorre suggestioni esplicitamente pop, si insinua tra cori gospel, tra ballate caraibiche con tanto di slade guitar, saltella tra le note squillanti dei fiati, rimbalza sui morbidi ed armonicissimi tappeti di tastiere per poi riposare all’ombra del canto suadente della fisarmonica.
Un disco tranquillo e sereno, che rilega nell’angolo dissonanze e squilibri tonali, senza rinunciare ad essere acuto, lucido, penetrante e convincente.
È una Laurie Anderson musicalmente terrena, screva da intellettualismi compiaciuti, un’artista che si impadronisce dell’idioma pop, lo raffina, lo purifica ma non lo raffredda in glaciali schematismi, lo elabora senza complicarlo e lo restituisce facendosi gridare di meraviglia, come se fosse la prima volta che si ascolta una canzone.
Non si parli di commerciabilità, si dica piuttosto della genialità, della sincerità, del divertito candore con cui Laurie Anderson ha creato un suo ennesimo capolavoro.
Alberto Rossini da Buscadero n° 97 novembre 1989

- Bright Red
(1994) Warner Bros. 9362-45534 - cd

1. Speechless 5.20 - 2. Bright Red 3.12 - 3. The Puppet Motel 3.09 - 4. Speak My Language 3.38 - 5. World Without End 2.47 - 6. Freefall 4.32 - 7. Muddy River 3.02 - 8. Beautiful Pea Green Boat 4.20 - 9. Love Among The Sailors 2.49 - 10. Poison 3.47 - 11. In Our Sleep 2.31 - 12. Night In Baghdad 3.23 - 13. Tightrope 5.58 - 14. Same Time Tomorrow 3.51

Musicians:
Laurie Anderson, Phil Ballou, Cyro Baptista, Joey Baron,
Brian Eno, Ben Fenner, Guy Klucevsek, Gerry Leonard, Arto Lindsay, Greg Cohen, Jamie West-Oran, Kevin Killen, Adrian Belew, Neil Conti, Phil Ballou, Marc Ribot, Dougie Browne, Lou Reed, Peter Scherer

Recorded at The Lobby in New York
Engineering by Kevin Killen
Produced by Brian Eno

- The Ungly One With The Jewels And Other Stories
(1995) Warner Bros. 9362-45847 - cd

1. The End Of The World 5.00 - 2. The Salesman 3.19 - 3. The Night Flight From Huston 1.33 - 4. Word Of Mouth 4.50 - 5. The Soul Is A Bird 3.56 - 6. The Ouija Board 4.11 - 7. The Ungly One With The Jewels 5.06 - 8. The Geographic North Pole 5.22 - 9. John Lilly 3.34 - 10. The Rotowhirl 3.54 - 11. On The Way To Jerusalem 1.20 - 12. The Hollywood Strangler 1.50 - 13. Maria Teresa Teresa Maria 5.43 - 14. Someone Else's Dream 2.25 - 15. White Lily 1.17 - 16. The Mysterious "J" 2.57 - 17. The Cultural Ambassador 6.47 - 18. Same Time Tomorrow 7.49

Musicians:
Laurie Anderson, Cyro Baptista, Joey Baron,
Brian Eno, Gerry Leonard, Greg Cohen

Produced by Laurie Anderson
Recorded at Sadler's Wells, London
Engineering by Ben Fenner

- Homeland

(2010) Nonenush 7559 79681 - cd + dvd

1. Transitory Life - 2. My Right Eye - 3. Thinking Of You - 4. Strange Perfumes - 5. Only An Expert - 6. Falling - 7. Another Day In America - 8. Bodies In Motion - 9. Dark Time In The Revolution - 10. The Lake - 11. The Beginning Of Memory - 12. Flow

Musicians:
Laurie Anderson, Skull Sverrsson, Peter Scherer, Eyvind Kang, Igor Koshkendey, Mongoun-ool Ondar, Aidysmaa Koshkendey, Rob Burger, Lou Reed, Shahzad Ismaily, Omar Hakim, Kieran Hebden, Ben Wittman, John Zorn, Lolabelle, Joey Baron, Mario McNulty

Produced by Laurie Anderson, Lou Reed and Roma Baran
Recorded at Masterdisk, New York, N.Y.
Engineering by Laurie Anderson, Pat Dillett, Mario McNulty amd Marc Usselli
Cover photo by Andrew Zuckerman

Ancora oggi, la critica della società americana e del fallimento del sogno a stelle e striscie rappresenta un punto fermo nella poetica di Laurie Anderson.
Tematiche ampieamente (e splendidamente) sviscwerate trent'anni fa, agli esordi dell'artista di Chicago. Album come Big Science e Mister Heartbreak e la piece multimediale United States I-IV hanno contibuito, già nei primi anni Ottanta, alla definizione dello stile, sia musicale che poetico, della Anderson: temi politici come il collasso economico e l'erosione della libertà personale prendono corpo in un canto che muta in declamazione, mentre la voce filtrata e manipolata elettronicamente, gioca con i dialoghi e i personaggi.
Questa era Laurie Anderson ieri, così è oggi. A sessantatre anni suonati, l'attuale compagna di Lou Reed ritorna sul mercato discografico a distanza quasi di un decennio di silenzio dai tempi di Life On A String (2001), riproponendo pressapoco le stesse dinamiche di allora in un disco che trasporta in studio l'omonimo spettacolo portato in giro negli ultimi due anni dall'artista americana.
Gli ingredienti, musicali e tematici del suo stile ci sono tutti. E forse è proprio questo il problema, perchè, in fin dei conti, sono sempre gli stessi.
Daniele Follero da Rock&Rilla n° 357 maggio 2010